Fascismo impossibile o
possibile?
Lo spunto viene da un libro di
Paolo Buchignani, "Un fascismo impossibile", di recente edito dalla Rizzoli. Un
libro interessante e uscito nel momento giusto. Il protagonista è quel Berto
Ricci, scrittore e poeta fiorentino, rimasto a lungo sconosciuto soprattutto nel
dopoguerra.
A riscoprirlo e rivalutarlo fu, non a caso, proprio Beppe Niccolai.
Principalmente a lui si deve il merito di averci fatto conoscere, apprezzare ed
amare colui che, nella cultura del Ventennio, fu dai più considerato un eretico
e quindi messo quasi all'indice. Non però da Bottai e dallo stesso Mussolini che
lo vollero come loro collaboratore sia in “Critica fascista" che su "Il Popolo
d'Italia". Già questa la dice abbastanza lunga circa la figura ed il pensiero di
Berto Ricci.
Sicuramente personaggio scomodo. Inviso a tutti coloro, e purtroppo furono
tanti, che videro il fascismo solo ed esclusivamente come un punto di approdo,
di consolidamento e di difesa dei loro interessi particolari. Mal visto da
quella crassa borghesia pantofolaia e arrivista contro la quale proprio lui si
scagliò e lanciò i suoi anatemi.
«Il borghese vede i nemici in forma di pericoli. Esiste un pericolo comunista,
ma vedere il comunismo sotto la specie del pericolo è tipico del borghese di
destra, mentre a quello di sinistra succede altrettanto con il fascismo. Il
Fascismo è e vuol essere non un pericolo ma il pericolo per il mondo borghese e
i suoi rossi derivati, per il mondo del valore ricchezza... L'ideale del
borghese è la vita comoda».
Ed ancora: «Partito dalla ricchezza come valore il borghese arriva alla
ricchezza come valore unico di riferimento, metro degli uomini e dei popoli».
Evidentemente, e non poteva che essere così, la spietata e condivisibile critica
di Berto Ricci al pensiero e all'azione borghese non fu che il punto di partenza
per lo svolgersi del suo lucido ragionamento e delle sue taglienti e perentorie
prese di posizione. Ciò avvenne principalmente ne "l'Universale", la rivista
culturale da lui diretta. È qui che egli, soprattutto con i suoi "Avvisi",
delinea compiutamente quello che Buchignani chiama, in chiave non certo
negativa, «un fascismo impossibile» e che invece, per molti versi e per molte
ragioni, oggi senza dubbio più attuali e più chiare di allora, si può
sicuramente definire «il fascismo possibile».
Fino ad affermare che Berto Ricci, come spesso accade nella esistenza degli
individui, fu per molti versi «eretico» in vita, ma è del tutto vivo e presente
a tanti anni dalla sua morte. L'essere stato «eretico» da vivo non fu comunque
certo un demerito. Fu anzi un merito. Oggi, dopo averlo letto e conosciuto, lo
possiamo affermare con sicura e meditata fermezza.
I suoi "Avvisi", scritti a cavallo degli Anni Trenta e Quaranta e le sue
"Stoccate", evidenziano a chiare lettere come egli sia, se lo si vuole
etichettare, da considerarsi un fascista di sinistra, che si battè per la
rivoluzione sociale. E lo fu con convinzione e determinazione. «Bisogna ricreare
l'antitesi fascismo-capitalismo all'interno nell'istante in cui essa si
attenua... Il nostro più immediato e più grave compito è qui. Le energie dirette
altrove sono da considerarsi come disperse».
In contemporanea Romano Bilenchi, stretto collaboratore de "l'Universale", così
si esprimeva: «II fascismo non è liberalismo, non è comunismo, non è sagristia o
polizia borbonica -come molti vorrebbero- ma Rivoluzione, Rivoluzione
dell'Italia perché Mussolini così partì e così arriverà».
Importanti le ultime parole che fanno chiaro riferimento al fascismo delle
origini, quello sansepolcrista, e quasi profetizzato il fascismo repubblicano
con i suoi diciotto punti di Verona.
Ma lasciamo parlare ancora lui, Berto Ricci: «Ma si sa o non si sa, si vuole o
non si vuole sapere quello che significano le parole Stato Corporativo? Si vuol
o non si vuole sapere che esse implicano l'intero governo della produzione e
l'intera revisione della distribuzione: cioè presumibilmente la fine della
borghesia patrimoniale e della ricchezza improduttiva in genere, la sintesi
tecnica-capitale-lavoro, la mobilitazione economica senza più diserzioni
possibili, la trasformazione radicale dei concetti di proprietà e d'intrapresa,
la mussoliniana partecipazione sempre più intima dei lavoratori al processo
produttivo, la mussoliniana giustizia sociale che sta all'assistenza,
all'inquadramento sindacale, al riassorbimento dei disoccupati, alla risoluzione
delle vertenze, come la conclusione sta alle premesse?»
Sono forse queste considerazioni superate? È forse questo, a distanza di
sessanta anni, un fascismo impossibile? O non sono invece di estrema attualità
per costruire il presente e guardare al futuro?
«Nel fascismo non hanno senso le parole sinistra o destra, e se l'avessero
sarebbe senso esiziale e tale da combattersi ad ogni modo».
Ma andiamo avanti e lasciamo parlare sempre il nostro protagonista: «L'obiettivo
della nostra marcia, sul terreno economico, è la realizzazione di una più alta
giustizia sociale per il popolo italiano».
Ma a riguardo dei termini sinistra e destra ecco un altro tagliente e perentorio
pensiero: «Tocca guardarsi non tanto dal nemico di sinistra, domabile se non
domo, quanto dall'amico di destra, e destramente buttarlo a mare».
Ma l'attualità di Berto Ricci va oltre. «Il centro è compromesso, noi fummo
affermazione simultanea degli estremi della loro totalità. Il centro è una media
aritmetica, noi fummo una composizione di forze. Il centro, cioè la mediocrità
accomodante, fu e resta per noi il nemico numero uno».
Sembrano parole dette qualche giorno fa e indirizzate a tutti coloro, e sono
oramai tantissimi, che si affannano, rinnegando identità e memoria storica,
nella folle corsa verso il centro. Tra compromessi, appunto, e mediocri
accomodamenti.
Un fascista «rosso» come Berto Ricci, calato nella realtà attuale, rifiuterebbe
senza alcun dubbio la corsa al moderatismo che caratterizza, in negativo, lo
scontro elettorale in atto nel nostro Paese.
Ma il fascismo impossibile-possibile di Berto non si ferma sicuramente qui,
anche se sarebbe già sufficiente. Vi è altro ancora. La sua «eresia» aveva da
tempo puntato il dito accusatore verso quello che noi siamo soliti chiamare il
male americano. Quel tipo di società che giorno dopo giorno sta distruggendo
inesorabilmente la nostra società e i nostri più autentici valori.
«Gli anglosassoni. La lotta è dunque tra noi e loro. Tra loro che sono bestie
progredite e noi che siamo civilissimi uomini primitivi. Ecco perché l'America
ci invade e ci avvelena con la sua civiltà senza sale... Sulla via del Primato
c'è John Bull e Uncle Sam. E Cesare dovrà levarseli di tra piedi».
Fascismo impossibile anche questo? Fuori dalla realtà? Da consegnarsi alla
storia come qualcuno vorrebbe? La risposta è no. Secca e urlata.
Di recente in un articolo dal titolo "Oggi ci vorrebbe un Berto Ricci", l'amico
Giano Accame ha testualmente scritto: «Berto Ricci proprio ora ci riappare come
un patrimonio non più solo di parte e un po' per tutti... Testimone di un modo
possibile e universale di intendere ed amare l'Italia senza inchinarsi ai poteri
del denaro, che supera i confini elettorali e di regime».
Componente e testimone oggi vivo più che mai di quel fascismo-movimento in
antitesi al fascismo-regime che egli avversò sempre apertamente e criticò senza
mezzi termini, al quale sicuramente si può e si deve ancora guardare e
abbeverarsi.
La conclusione, come ci sembra ovvio e doveroso, la lasciamo ancora una volta a
lui, ad uno dei suoi tanti e indimenticabili "Avvisi": «Finché il controllore
ferroviario avrà un tono con i viaggiatori di prima classe, e un altro tono,
leggermente diverso, con quelli di terza; finché l'usciere ministeriale si
lascerà impressionare dal tipo "commendatore" e passerà di corsa sotto il naso
del tipo "povero diavolo", magari dicendo torno subito; finché l'agente
municipale sarà cortesissimo e indulgentissimo con l'auto privata, un po' meno
col taxi o quasi punto con quella marmaglia come noi che osa ancora andare con i
suoi piedi; finché il garbo nel chiedere i documenti sarà inversamente
proporzionale alla miseria del vestiario; finché il principale criterio nello
stabilire la gerarchia sociale degli individui sarà il denaro o l'apparenza del
denaro, secondo l'uso delle società nate dalla rivoluzione borghese, delle
società mercantili... potremo dire e ripetere che c'è molto da fare per il
fascismo. Il che poi non è male. Non è male, a patto che lo si sappia bene».
E noi, caro Berto e caro Beppe, questo lo sappiamo benissimo. Perché siamo un
po' eretici, poco accomodanti e un po' presuntuosi come voi. Maledetti toscani
senza dubbio. Ma soprattutto perché sappiamo che il vostro fascismo, che è il
nostro, è possibile.
Gianni
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