Mussolini e "la Voce"
Bello e simpaticamente protervo
il giovane Mussolini televisivo che, a conclusione della seconda puntata del
film, fa il suo ingresso, come neodirettore, nella sede de "l'Avanti!". L'attore
spagnolo Antonio Banderas, uno tra i più acclamati sex-simbols delle ultime
generazioni, è probabilmente molto più fascinoso del capopopolo di Romagna, ha i
lineamenti più aggraziati e le mascelle meno squadrate: ma gli occhi di fuoco
sono gli stessi. E bisognava pur darglieli al giovane Mussolini questi occhi
scintillanti e febbrili che seducevano e spogliavano le donne, si puntavano
minacciosi sugli avversari e sui compagni troppo morbidi, e ubriacavano le plebi
di passione rossa. E non solo le plebi. Perché Mussolini piaceva molto anche
agli intellettuali.
A Losanna, fra sfarfallii di gonne e furori rissaioli, aveva trovato il modo di
seguire le lezioni universitarie dell'elitista Vilfredo Pareto; collaborava -e
non soltanto scrivendo cronachette locali- a varie riviste dell'ambiente;
scriveva saggi abbastanza corposi su Klopstock e su Nietzsche. E, soprattutto,
durante l'esperienza trentina (fra il 6 febbraio e il 26 settembre 1909), si era
fatto conoscere e apprezzare da uno dei più grandi organizzatori culturali
d'Italia, Giuseppe Prezzolini, fondatore de "la Voce".
Quando Mussolini parte per Trento per dirigere il segretariato della Camera del
Lavoro e "L'Avvenire del Lavoratore", organo della Camera stessa, i suoi
contatti con Prezzolini li ha già stabiliti. Infatti gli ha scritto,
presentandosi come un vecchio affezionato lettore del "Leonardo" (la rivista che
Papini aveva fondato con Prezzolini nel 1903 e che aveva chiuso le sue
pubblicazioni nel 1907) desideroso di collaborare alla neonata "la Voce" e di
diffonderla.
Arrivato a Trento, il Nostro si da subito da fare: il 3 aprile, su "Vita
Trentina", si augura che «La Voce continui a squillare per un pezzo»; nel maggio
recensisce sul "Popolo" di Cesare Battisti il saggio prezzoliniano "La Teoria
sindacalista"; un mese dopo, occupandosi per la stessa testata delle
"Riflessioni sulla violenza" di Sorel, accenna alla parentela spirituale tra il
Normanno e Benedetto Croce, dunque tra il neomarxismo dei sindacalisti
rivoluzionari e l'idealismo. Siamo sulla stessa lunghezza d'onda di Prezzolini.
E i due, sia pure a distanza, simpatizzano. «[...] Ti sono debitore di molte
cose e ti voglio bene» scriveva Mussolini a Prezzolini il 20 ottobre del 1917. E
il toscano ricorderà più volte di avere intuito nell'agitatore socialista i
tratti di una grande personalità, di un «Uomo con la U grande». Un uomo fiero e
orgoglioso che, quando si presenta a Prezzolini, si mostra però umile, senza
infingimenti: si sente davvero allievo di fronte a un grande maestro.
Promette un impegno fattivo, reale, di divulgatore: una cosa che fa subito
piacere a Prezzolini, già stufo degli italiani che arrivano sempre tardi agli
appuntamenti, che tradiscono la parola data, che (se aspiranti letterati) si
credono tutti geni incompresi. Guai se le loro eccelse produzioni non vengono
pubblicate ma, se si tratta di dare una mano per la diffusione della rivista,
ecco che tutti si tirano indietro. Mussolini, no.
E in un ambiente tutt'altro che ricettivo nei confronti dei fermenti culturali
che agitano lo scenario italiano (a Trento signoreggiano i clericali e gli
austriacanti), riesce a far abbonare a "la Voce" la Pro Cultura locale e anche
quella di Rovereto, a far conoscere la rivista agli amici, a presentarla al
pubblico.
Che cosa piace a Mussolini della battaglia vociana? Prima di tutto l'italianismo
e cioè l'idea che l'Italia ha da svolgere una propria importante funzione
spirituale nell'ambiente della società moderna: e per farlo non ha bisogno di
tirar fuori smanie guerrafondaie come vorrebbero i nazionalisti. Poi, Mussolini
è attratto dall'apologia degli eretici cara un po' a tutti i vociani e che
consiste nell'apertura di credito a coloro che, liberi battitori dello spirito,
rifiutano di sottomettersi ai dogmi di un partito o di una scuola. Probabilmente
il ventiseienne Benito si accorge di essere già su questa strada.
E infatti, recensendo le osservazioni prezzoliniane su Sorel, si dichiara
sindacalista, in nome di una mistica rivoluzionaria e di una morale eretica che
liberino gli uomini dalla servitù, in una grande festa dei cuori e degli
spiriti. Frutto maturo dell'esperienza trentina e libro veramente vociano per
precisione e puntualità d'indagine (proprio ciò che Prezzolini pretende dai
collaboratori) è "Il Trentino visto da un socialista" che esce nel 1911 per i
"Quaderni della Voce". Mussolini vi fa delle interessanti riflessioni sul
pangermanesimo teorico con l'esame dei vari sistemi dottrinari (del Gobineau,
del Mapourge, del Chamberlain e così via) e sul pangermanesimo pratico, ruotante
intorno alle potentissime associazioni sudtirolesi.
È veramente efficace, si chiede, l'azione di difesa italiana volta a
rivendicare, mediante leghe, associazioni ecc, l'unità linguistica del Trentino?
Non si celano qua e là tentativi di compromesso con l'Austria nel santo nome del
mantenimento dell'ordine? E che fanno i tre principali partiti: il Liberale
Nazionale, il Clericale, il Socialista? Secondo Mussolini né autonomia né
annessione sono possibili: resta la difesa dell'unità culturale, grazie
all'intensificazione di rapporti fra il Trentino e le altre regioni italiane.
Impresa tutt'altro che facile: austriaci e austriacanti sono forti, è inutile
cullarsi nelle attese di un'improbabile guerra di liberazione. Gli Absburgo
godono di vaste simpatie presso tutti gli strati sociali. Mussolini parla franco
e scrive chiaro, e a Prezzolini garba proprio questo.
Quando Benito va a Forlì a dirigere "La Lotta di Classe", non ammaina la
bandiera de "la Voce". Vociana è l'idea del lettore-militante; vociane sono le
polemiche contro il riformismo e la massoneria; vociana è la battaglia per il
suffragio universale; vociano è lo spirito con cui Mussolini spinge tanto in là
i contrasti con la direzione del Partito socialista, al punto di far proclamare
l'autonomia della sezione forlivese; vociana sarà di lì a poco la lotta contro
l'avventurismo giolittiano che, invece di risolvere i problemi di casa, manda in
Libia i proletari.
E il Mussolini che nel '12, a Reggio Emilia, fa cacciare i riformisti dal
Partito socialista, sente il bisogno di scrivere a Prezzolini: «Io mi sento un
po' depaysé anche tra i rivoluzionari [...] La mia concezione religiosa del
socialismo è molto lontana dal rivoluzionarismo filisteo di molti miei amici
[...] Forse chiederò l'ospitalità de "la Voce" per i miei tentativi di
revisionismo in senso rivoluzionario...»
Molte cose già sono nell'aria. E presto verranno fuori con la direzione de
"l'Avanti!" e in seguito con la battaglia interventista e con "Il Popolo
d'Italia". Poi, il Vero Eretico diventerà duce e dittatore; e Giuliano il
Sofista un chierico vagante nel nome della libertà. Così non chiederà mai nulla
né al capo del fascismo né agli antifascisti, ma vent'anni dopo la fine del
regime scriverà ne "L'italiano inutile": «Nonostante le differenze gravi di
metodo, potevo dire che in un certo senso Mussolini appariva la realizzazione
degli ideali de "la Voce" ...».
Mario
Bernardi Guardi
"L'Indipendente", 12.2.1994
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