le lettere
Caro Carli,
io ho verso di Lei una grande stima personale ed un particolare riguardo, quello
che ritengo meriti chi, come Lei, ha combattuto disinteressatamente, per le sue
idee, una vita in trincea. Ed è per questo motivo che, al di là delle molte idee
ed ideali comuni, rispetto profondamente anche il Suo attuale travaglio e le
prese di posizione che talvolta non mi trovano d'accordo.
E tuttavia c'è una svolta, nell'ultimo numero della Sua bella rivista, che
proprio non mi va giù e mi induce a scriverLe. Non mi riferisco al Suo fondo
"Causa trasloco vendesi tutto" che ho in buona parte apprezzato, anche se a mio
avviso troppo pessimistico e probabilmente ingeneroso verso tanti uomini del
MSI. Mi riferisco invece all'articolo del Suo amico Beniamino Donnici il quale,
dopo aver lamentato a sua volta il crollo di ideali, princìpi, memorie ecc, si
lancia nelle lodi di Umberto Bossi e della sua Lega, anticipando alleanze con
«quanti giudichiamo i meno compatibili con il nostro patrimonio ideale e
culturale». E no, caro Carli! Io li conosco bene questi beceri di leghisti,
bottegai e signorotti della Padania. Nel totale sfascio della Nazione hanno
captato soltanto il pericolo per il loro conto in banca, unico ideale della loro
vita. Allora hanno inventato il federalismo e tornerebbero ai Comuni medievali
pur di pagare meno tasse. Loro peggior nemico è il povero «vu' cumprà» che
staziona accanto al loro negozio. Loro capopopolo è un personaggio rozzo,
sguaiato ed ignorante. Dicono alcuni che sia però più furbo ed intelligente. Non
direi, dopo averlo visto recentemente in televisione proclamarsi erede dei
partigiani e continuatore della Resistenza ed urlare al suo popolo «con i
fascisti mai», il che dimostra che dell'Italia del 1994 non ha capito nulla e
dei fascisti nemmeno (visto che si riferiva a Gianfranco Fini). E li ha visti in
televisione, Carli, questi beceri di leghisti insorgere contro il sindaco di
Bologna (per l'occasione ho provato simpatia per il pidiessìno) che si era
permesso di ricordare il dovere di solidarietà dei ricchi verso i poveri?
Caro Carli, questa volta non ci siamo proprio.
Se il Suo Donnici ravvisa in questa gente un patrimonio ideale e culturale
compatibile con il nostro, sarà meglio fare subito «tabula rasa» una seconda
volta. E se questo è il «nuovo» che tutti ansiosamente ricerchiamo, credo che le
bandiere e gli altari dei nostri ideali possano rimanere ancora per secoli nella
sede del MSI. Cordialmente La saluto.
Avv.
Marcello Lanfranconi
Milano
Caro Avvocato,
che Bossi sia becero, sguaiato e ignorante, non è una novità. Come non è una
novità che Fini sia televisivamente accattivante. In comune, i due, hanno la
capacità di vendere il vuoto per pieno: l'uno nelle botteghe della Sua
Lombardia, l'altro nei salotti bene. Qualcosa d'altro, hanno i due, in comune:
il padrone. Quel Berlusconi, prodotto della Sua Lombardia, che dopo essersi
servito di Craxi e delle sue bande, oggi ha trovato due valletti che avrebbero
fatto una fine ingloriosa senza l'aiuto di siffatto padrone. E siccome dopo il
27 marzo il padrone metterà in «mobilità» uno dei due valletti, ecco lo scambio
reciproco di insulti fra i due. Quello di Bossi a Fini è certamente un insulto:
quando mai, Fini, è stato un fascista? Giorgio Bocca, recentemente, ha scritto:
«Fini è autenticamente figlio politico di nessuno». E questo non è un insulto.
L'amico Donnici Le risponderà personalmente.
Caro Antonio,
ho l'impressione che "Tabularasa" trascuri che l'imperativo del momento è il
raggiungimento della vittoria anticomunista (non uso la parola vincere perché
questa portò sfortuna all'Italia non per colpa di chi la pronunziò). Non
possiamo dimenticare i torti e le persecuzioni ricevute e quelle che ancora
riceviamo giorno per giorno non solo perché siamo missini, ma come onesti
cittadini non vogliamo renderci complici di illegalità e spesso non troviamo
neanche in questa ribellione l'appoggio dei tutori dell'ordine perché essi sono
sottoposti ad un potere trasgressivo e disonesto. Sappiamo che le cellule
marxiste sono state sempre attive nello schedare gli anticomunisti perché la
loro organizzazione capillare si è dimostrata più che ferrea ed in ogni
quartiere vi sono «soldati» rossi della provocazione e sopraffazione mascherate
di altri motivi. Né ci può sfuggire l'infiltrazione catto-comunista in una parte
della magistratura per cui quei giudici giusti sono avversati appena cercano di
indagare in tutte le direzioni. Del resto Beppe Niccolai diceva, se ricordo
bene, che bisogna fare politica per governare, e questo è il momento favorevole,
inoltre anche voi de "L'Eco della Versilia" sostenevate che non con i saluti
romani o le camicie colar nero si sarebbero affermati i nostri ideali. Il
passato noi ce lo portiamo nel cuore fino alla morte ed oltre: nell'aldilà; ma
ora dobbiamo volare alto per la purificazione ed il governo della nostra Patria.
Quindi vogliamo dare una mano a Fini che nel panorama degli uomini politici si
staglia nettamente e facciamo così rendere vittoriosa Alleanza Nazionale? Questo
per impedire ai comunisti di poter fare le loro vendette non solo su noi ma
anche su magistrati onesti, su funzionari dell'ordine pubblico integerrimi e su
quanti vogliono vivere da uomini liberi. Se poi per una inverosimile ipotesi
Alleanza Nazionale diventasse maneggio ippico per esercitazioni di «burocrati a
cavallo» (per dirla con Vito Errico) allora sapremmo insieme a quelli di
"Tabularasa" dall'interno disarcionare questi cavallerizzi; così come ci
insegnarono Berto Ricci, Guido Pallotta, Leo Longanesi ed il grande Beppe
Niccolai.
Con infinita stima.
Franco Ottata
Napoli
Caro Ottata,
basta la tua chiusa per giustificare appieno la condotta di "Tabularasa". Non so
come tu e tanti altri amici pensiate di potere in ipotesi- disarcionare i
cavallerizzi. Per il momento, costoro, hanno creato un grande allevamento dove
pascolano, in numero sempre maggiore, strani incroci che han dato vita a curiosi
esemplari che tu, e tanti altri amici, accudite con amorevole cura dopo esservi
fatti montare. E se parte qualche calcione, pazienza. In nome dell'anticomunismo
-oggi che non ci sono più comunisti- si sopporta questo ed altro. Ma ci pensi,
caro Ottata? Ci pensi, se tornasse Guareschi, con quante narici raffigurerebbe i
moderni missini?
Egregio direttore,
la Sua rivista è meravigliosa. Le Sue idee, le Vostre idee, non sono «astruse e
condannabili», ma chiarissime e le uniche atte «a risvegliare le coscienze». lo
non sono che un insegnante in pensione (sono nato nel 1927) quindi posso fare
ben poco. Quello che posso fare è di suggerire qualcosa per la diffusione della
rivista. (A volte, di qualche scritto che mi pare particolarmente importante,
faccio fotocopie che poi mando o consegno personalmente a qualche amico; ma è
una goccia nel mare).
Suggerirei di inviare la rivista a biblioteche e scuole. Soprattutto mi parrebbe
utile sintetizzare le idee-forza su volantini da distribuire davanti alle scuole
e alle fabbriche. Proporrei di prendere contatto con gli amici de "L'uomo
libero" e organizzare conferenze. Bisognerebbe trovare qualche bravo
organizzatore, perché come diceva Hitler «Raramente i grandi idealisti sono
grandi organizzatori». E -cito sempre Hitler- «Tutti i capovolgimenti storici
veramente grandi non furono provocati dagli scrittori, furono tutt'al più uniti
ad essi». Ciò che ci vuole è «l'oratore» che «accenda le passioni».
Organizzatori e oratori. Se li trovassimo potremmo davvero «risvegliare le
coscienze».
Claudio Simonetti
Cumiana - TO
Gentile direttore,
troverà allegata la ricevuta relativa al versamento di un contributo per
"Tabularasa".
È da un certo tempo, ormai, che ricevo il Suo periodico; a dire il vero, pur
apprezzando alcuni articoli, non ho mai trovato qualcosa che mi spingesse a
sostenerlo.
Non mi piace, devo dire, quel continuo guardare al MSI solo per ragioni di
critica: mi chiedo, a volte, se qualche articolista non abbia come unico scopo
della sua esistenza l'attacco (spesso personale e sarcastico) al MSI,
Penso che se uno ritiene di avere un'altra strada da percorrere la debba seguire
senza continuamente guardarsi indietro. Penso, inoltre, che i confronti siano
più costruttivi sul piano ideale piuttosto che su quello personale. Infine, mi
sembra che certi collaboratori cadano nel solito equivoco tra «fare
testimonianza» o «fare politica»; mi sembrano cose da non confondersi e che
probabilmente sono anche inconciliabili.
Desidero precisare che non sono un difensore acritico del MSI; credo solo che o
uno debba prendere quel che passa il convento o trovarsi altre «mense». È la via
di mezzo che trovo quantomeno poco elegante.
Per queste ragioni, forse, non ho mai trovato le motivazioni per sostenere il
Vostro impegno.
Invece, nell'ultimo numero ho letto l'articolo di Alfredo Stirati e ne sono
rimasto favorevolmente impressionato ed un poco sorpreso; per il contenuto in
generale, certo, ma soprattutto perché un po' fuori dai Vostri abituali temi e
per l'uso appropriato che l'autore fa di una certa terminologia.
Tutto ciò, mi porta non solo ad inviarLe il mio contributo, peraltro modesto
(sono insegnante in una scuola privata), ma anche a chiederle di essere così
cortese da fornirmi qualche ragguaglio circa l'autore che mi ha tanto
incuriosito e che mi piacerebbe conoscere. Nella speranza di non averLa tediata
troppo con le mie non richieste considerazioni, La saluto con cordialità.
Dott.
Marco Allasia
Mestre - VE
Gentile dott. Allasia,
la Sua disinteressata e generosa prodigalità nell'istruirci, nonché
nell'indicarci la retta via, non ci può esimere dall'obbligo di esprimerLe la
nostra incommensurabile gratitudine. Sa, noi siam gente semplice -gente da bosco
e da riviera-, ma attenta e fermamente convinta che l'uomo può quotidianamente
apprendere. Da chiunque. Se poi è Lei ad impartirci lezioni, Ella non può
neppure lontanamente immaginare con quanta orgogliosa partecipazione mettiamo a
frutto i Suoi insegnamenti. E ci sentiamo profondamente in colpa per l'aver
provocato il catastrofico accadimento che L'ha distolta dai suoi intensi studi
sull'acqua calda. Cagion per cui, chiediamo umilmente scusa a Lei ed ai Suoi
discenti, ai quali, per qualche attimo, abbiamo fatto mancare la diuturna
assistenza di cotanto docente. Una domanda: per caso, è l'italiano la Sua
materia d'insegnamento? Una precisazione: abbiamo un palato particolare, quindi,
non frequentiamo conventi e relative mense. Con zuppa o pan bagnato, ogni dì
desiniamo a casa nostra e a questo fine le restituiamo, in allegato, le
ventimila lire. Sarebbe troppa grazia per noi che, questa sera, ceniamo con pan
raffermo e cipolle stagionate.
N.B. - Informerò il prof. Stirati del Suo desiderio.
Gentile direttore,
già da molto tempo avrei voluto scriverle alfine di testimoniarle tutta la mia
stima per il lavoro da lei svolto. Iniziai a leggere "Tabularasa" due anni
orsono e da allora attendo con impazienza l'uscita di ogni numero. Sono una
studentessa universitaria di ventidue anni, militante del MSI e del FdG da
quattro, animata da un forte spirito critico nei confronti dell'ambiente, degli
uomini, delle idee, dei valori (ormai pochi), portati avanti dal Movimento.
Concordo pienamente con quanto da lei affermato nell'articolo di copertina
dell'ultimo numero. Trovo sia una critica feroce e crudele ma più che mai vera,
più che mai sincera, più che mai giusta e meritata.
Ho fino ad ora letto le splendide pagine di "Tabularasa" prestatemi da una sua
attenta ed affezionata lettrice e mia cara amica. Ora mi piacerebbe ricevere
personalmente ogni copia che uscirà. Le mie ristrette possibilità economiche di
studentessa mi permettono di mandarle solamente una modesta cifra.
Ringraziandola anticipatamente e rinnovando la mia stima le mando un caro
saluto.
R. C.
Milano
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