«Non è importante la vita. Importante è cosa si fa della vita» (Beppe Niccolai - Roma, Dicembre 1984)

Anno III - n° 2 - 15 Marzo 1994

 

le lettere


 

Caro Carli,
io ho verso di Lei una grande stima personale ed un particolare riguardo, quello che ritengo meriti chi, come Lei, ha combattuto disinteressatamente, per le sue idee, una vita in trincea. Ed è per questo motivo che, al di là delle molte idee ed ideali comuni, rispetto profondamente anche il Suo attuale travaglio e le prese di posizione che talvolta non mi trovano d'accordo.
E tuttavia c'è una svolta, nell'ultimo numero della Sua bella rivista, che proprio non mi va giù e mi induce a scriverLe. Non mi riferisco al Suo fondo "Causa trasloco vendesi tutto" che ho in buona parte apprezzato, anche se a mio avviso troppo pessimistico e probabilmente ingeneroso verso tanti uomini del MSI. Mi riferisco invece all'articolo del Suo amico Beniamino Donnici il quale, dopo aver lamentato a sua volta il crollo di ideali, princìpi, memorie ecc, si lancia nelle lodi di Umberto Bossi e della sua Lega, anticipando alleanze con «quanti giudichiamo i meno compatibili con il nostro patrimonio ideale e culturale». E no, caro Carli! Io li conosco bene questi beceri di leghisti, bottegai e signorotti della Padania. Nel totale sfascio della Nazione hanno captato soltanto il pericolo per il loro conto in banca, unico ideale della loro vita. Allora hanno inventato il federalismo e tornerebbero ai Comuni medievali pur di pagare meno tasse. Loro peggior nemico è il povero «vu' cumprà» che staziona accanto al loro negozio. Loro capopopolo è un personaggio rozzo, sguaiato ed ignorante. Dicono alcuni che sia però più furbo ed intelligente. Non direi, dopo averlo visto recentemente in televisione proclamarsi erede dei partigiani e continuatore della Resistenza ed urlare al suo popolo «con i fascisti mai», il che dimostra che dell'Italia del 1994 non ha capito nulla e dei fascisti nemmeno (visto che si riferiva a Gianfranco Fini). E li ha visti in televisione, Carli, questi beceri di leghisti insorgere contro il sindaco di Bologna (per l'occasione ho provato simpatia per il pidiessìno) che si era permesso di ricordare il dovere di solidarietà dei ricchi verso i poveri?
Caro Carli, questa volta non ci siamo proprio.
Se il Suo Donnici ravvisa in questa gente un patrimonio ideale e culturale compatibile con il nostro, sarà meglio fare subito «tabula rasa» una seconda volta. E se questo è il «nuovo» che tutti ansiosamente ricerchiamo, credo che le bandiere e gli altari dei nostri ideali possano rimanere ancora per secoli nella sede del MSI. Cordialmente La saluto.

 

Avv. Marcello Lanfranconi

Milano


Caro Avvocato,
che Bossi sia becero, sguaiato e ignorante, non è una novità. Come non è una novità che Fini sia televisivamente accattivante. In comune, i due, hanno la capacità di vendere il vuoto per pieno: l'uno nelle botteghe della Sua Lombardia, l'altro nei salotti bene. Qualcosa d'altro, hanno i due, in comune: il padrone. Quel Berlusconi, prodotto della Sua Lombardia, che dopo essersi servito di Craxi e delle sue bande, oggi ha trovato due valletti che avrebbero fatto una fine ingloriosa senza l'aiuto di siffatto padrone. E siccome dopo il 27 marzo il padrone metterà in «mobilità» uno dei due valletti, ecco lo scambio reciproco di insulti fra i due. Quello di Bossi a Fini è certamente un insulto: quando mai, Fini, è stato un fascista? Giorgio Bocca, recentemente, ha scritto: «Fini è autenticamente figlio politico di nessuno». E questo non è un insulto. L'amico Donnici Le risponderà personalmente.

 



 


Caro Antonio,
ho l'impressione che "Tabularasa" trascuri che l'imperativo del momento è il raggiungimento della vittoria anticomunista (non uso la parola vincere perché questa portò sfortuna all'Italia non per colpa di chi la pronunziò). Non possiamo dimenticare i torti e le persecuzioni ricevute e quelle che ancora riceviamo giorno per giorno non solo perché siamo missini, ma come onesti cittadini non vogliamo renderci complici di illegalità e spesso non troviamo neanche in questa ribellione l'appoggio dei tutori dell'ordine perché essi sono sottoposti ad un potere trasgressivo e disonesto. Sappiamo che le cellule marxiste sono state sempre attive nello schedare gli anticomunisti perché la loro organizzazione capillare si è dimostrata più che ferrea ed in ogni quartiere vi sono «soldati» rossi della provocazione e sopraffazione mascherate di altri motivi. Né ci può sfuggire l'infiltrazione catto-comunista in una parte della magistratura per cui quei giudici giusti sono avversati appena cercano di indagare in tutte le direzioni. Del resto Beppe Niccolai diceva, se ricordo bene, che bisogna fare politica per governare, e questo è il momento favorevole, inoltre anche voi de "L'Eco della Versilia" sostenevate che non con i saluti romani o le camicie colar nero si sarebbero affermati i nostri ideali. Il passato noi ce lo portiamo nel cuore fino alla morte ed oltre: nell'aldilà; ma ora dobbiamo volare alto per la purificazione ed il governo della nostra Patria. Quindi vogliamo dare una mano a Fini che nel panorama degli uomini politici si staglia nettamente e facciamo così rendere vittoriosa Alleanza Nazionale? Questo per impedire ai comunisti di poter fare le loro vendette non solo su noi ma anche su magistrati onesti, su funzionari dell'ordine pubblico integerrimi e su quanti vogliono vivere da uomini liberi. Se poi per una inverosimile ipotesi Alleanza Nazionale diventasse maneggio ippico per esercitazioni di «burocrati a cavallo» (per dirla con Vito Errico) allora sapremmo insieme a quelli di "Tabularasa" dall'interno disarcionare questi cavallerizzi; così come ci insegnarono Berto Ricci, Guido Pallotta, Leo Longanesi ed il grande Beppe Niccolai.
Con infinita stima.

 

Franco Ottata

Napoli


Caro Ottata,
basta la tua chiusa per giustificare appieno la condotta di "Tabularasa". Non so come tu e tanti altri amici pensiate di potere in ipotesi- disarcionare i cavallerizzi. Per il momento, costoro, hanno creato un grande allevamento dove pascolano, in numero sempre maggiore, strani incroci che han dato vita a curiosi esemplari che tu, e tanti altri amici, accudite con amorevole cura dopo esservi fatti montare. E se parte qualche calcione, pazienza. In nome dell'anticomunismo -oggi che non ci sono più comunisti- si sopporta questo ed altro. Ma ci pensi, caro Ottata? Ci pensi, se tornasse Guareschi, con quante narici raffigurerebbe i moderni missini?




 

Egregio direttore,
la Sua rivista è meravigliosa. Le Sue idee, le Vostre idee, non sono «astruse e condannabili», ma chiarissime e le uniche atte «a risvegliare le coscienze». lo non sono che un insegnante in pensione (sono nato nel 1927) quindi posso fare ben poco. Quello che posso fare è di suggerire qualcosa per la diffusione della rivista. (A volte, di qualche scritto che mi pare particolarmente importante, faccio fotocopie che poi mando o consegno personalmente a qualche amico; ma è una goccia nel mare).
Suggerirei di inviare la rivista a biblioteche e scuole. Soprattutto mi parrebbe utile sintetizzare le idee-forza su volantini da distribuire davanti alle scuole e alle fabbriche. Proporrei di prendere contatto con gli amici de "L'uomo libero" e organizzare conferenze. Bisognerebbe trovare qualche bravo organizzatore, perché come diceva Hitler «Raramente i grandi idealisti sono grandi organizzatori». E -cito sempre Hitler- «Tutti i capovolgimenti storici veramente grandi non furono provocati dagli scrittori, furono tutt'al più uniti ad essi». Ciò che ci vuole è «l'oratore» che «accenda le passioni». Organizzatori e oratori. Se li trovassimo potremmo davvero «risvegliare le coscienze».

 

Claudio Simonetti
Cumiana - TO



 

 

Gentile direttore,
troverà allegata la ricevuta relativa al versamento di un contributo per "Tabularasa".
È da un certo tempo, ormai, che ricevo il Suo periodico; a dire il vero, pur apprezzando alcuni articoli, non ho mai trovato qualcosa che mi spingesse a sostenerlo.
Non mi piace, devo dire, quel continuo guardare al MSI solo per ragioni di critica: mi chiedo, a volte, se qualche articolista non abbia come unico scopo della sua esistenza l'attacco (spesso personale e sarcastico) al MSI,
Penso che se uno ritiene di avere un'altra strada da percorrere la debba seguire senza continuamente guardarsi indietro. Penso, inoltre, che i confronti siano più costruttivi sul piano ideale piuttosto che su quello personale. Infine, mi sembra che certi collaboratori cadano nel solito equivoco tra «fare testimonianza» o «fare politica»; mi sembrano cose da non confondersi e che probabilmente sono anche inconciliabili.
Desidero precisare che non sono un difensore acritico del MSI; credo solo che o uno debba prendere quel che passa il convento o trovarsi altre «mense». È la via di mezzo che trovo quantomeno poco elegante.
Per queste ragioni, forse, non ho mai trovato le motivazioni per sostenere il Vostro impegno.
Invece, nell'ultimo numero ho letto l'articolo di Alfredo Stirati e ne sono rimasto favorevolmente impressionato ed un poco sorpreso; per il contenuto in generale, certo, ma soprattutto perché un po' fuori dai Vostri abituali temi e per l'uso appropriato che l'autore fa di una certa terminologia.
Tutto ciò, mi porta non solo ad inviarLe il mio contributo, peraltro modesto (sono insegnante in una scuola privata), ma anche a chiederle di essere così cortese da fornirmi qualche ragguaglio circa l'autore che mi ha tanto incuriosito e che mi piacerebbe conoscere. Nella speranza di non averLa tediata troppo con le mie non richieste considerazioni, La saluto con cordialità.

Dott. Marco Allasia
Mestre - VE


Gentile dott. Allasia,
la Sua disinteressata e generosa prodigalità nell'istruirci, nonché nell'indicarci la retta via, non ci può esimere dall'obbligo di esprimerLe la nostra incommensurabile gratitudine. Sa, noi siam gente semplice -gente da bosco e da riviera-, ma attenta e fermamente convinta che l'uomo può quotidianamente apprendere. Da chiunque. Se poi è Lei ad impartirci lezioni, Ella non può neppure lontanamente immaginare con quanta orgogliosa partecipazione mettiamo a frutto i Suoi insegnamenti. E ci sentiamo profondamente in colpa per l'aver provocato il catastrofico accadimento che L'ha distolta dai suoi intensi studi sull'acqua calda. Cagion per cui, chiediamo umilmente scusa a Lei ed ai Suoi discenti, ai quali, per qualche attimo, abbiamo fatto mancare la diuturna assistenza di cotanto docente. Una domanda: per caso, è l'italiano la Sua materia d'insegnamento? Una precisazione: abbiamo un palato particolare, quindi, non frequentiamo conventi e relative mense. Con zuppa o pan bagnato, ogni dì desiniamo a casa nostra e a questo fine le restituiamo, in allegato, le ventimila lire. Sarebbe troppa grazia per noi che, questa sera, ceniamo con pan raffermo e cipolle stagionate.

N.B. - Informerò il prof. Stirati del Suo desiderio.




 

 

Gentile direttore,
già da molto tempo avrei voluto scriverle alfine di testimoniarle tutta la mia stima per il lavoro da lei svolto. Iniziai a leggere "Tabularasa" due anni orsono e da allora attendo con impazienza l'uscita di ogni numero. Sono una studentessa universitaria di ventidue anni, militante del MSI e del FdG da quattro, animata da un forte spirito critico nei confronti dell'ambiente, degli uomini, delle idee, dei valori (ormai pochi), portati avanti dal Movimento. Concordo pienamente con quanto da lei affermato nell'articolo di copertina dell'ultimo numero. Trovo sia una critica feroce e crudele ma più che mai vera, più che mai sincera, più che mai giusta e meritata.
Ho fino ad ora letto le splendide pagine di "Tabularasa" prestatemi da una sua attenta ed affezionata lettrice e mia cara amica. Ora mi piacerebbe ricevere personalmente ogni copia che uscirà. Le mie ristrette possibilità economiche di studentessa mi permettono di mandarle solamente una modesta cifra. Ringraziandola anticipatamente e rinnovando la mia stima le mando un caro saluto.

 

R. C.

Milano

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