Le metamorfosi
Nell'attualità farraginosa della
trasmigrazione subdola ed arrogante degli apparati partitocratici e di quelli
pseudo sindacali dell'agonizzante prima Repubblica italiana, di conio
resistenziale, verso quella di prossima, alquanto incerta caratterizzazione nei
possibili requisiti istituzionali (repubblica bicamerale, oppure presidenziale,
forse alla kolkoz, ecc.) ed in quelli politici, emerge dalla collettiva rincorsa
alla «centralizzazione» oppure alla «moderazione» di facciata un'ampia paura di
perdere anche il più periferico e distratto consenso elettorale, anziché
presentare con concretezza la necessaria coscienza di responsabilità civile per
garantire alla Nazione ed al nostro popolo un preciso programma di riattivazione
economica, di effettiva ripresa della produttività industriale ed artigianale,
di regolamentazione operante dei servizi pubblici e di risanamento delle
funzionalità sociali. E tutto in dimensione e rigorosità europee.
Nel contempo, emerge la necessità non meno impellente di pre-bonificare la
realtà italiana del futuro, per ogni giorno e in provata continuazione, del
grave pericolo di rigenerazione parassitaria di quel falso, ipocrita ed
ingannevole «progressismo» di origine comunista e, quindi, anche di genere
pidiessino -comunque di sinistra- che ha vigorosamente aiutato la defunta
«democrazia cristiana», ed i suoi successori di parte, nel generare tutte le
forme immaginabili di compromessi speculativi e di danneggiamento delle risorse
esistenti, fatti di cui l'intero popolo italiano è rimasto a sue spese testimone
e vittima.
Nel suo traghetto dalle ultime, già franose sponde della tramontante Repubblica
ciellenista -devastata in finale anche dall'esplosione della tempesta di
tangentopoli- verso quei lidi dove gli Italiani di buona volontà auspicano di
riuscire a realizzare e potenziare effettive innovazioni istituzionali,
politiche e sociali, la devastante partitocrazia di vecchia impronta ha
imbarcato sulle proprie zattere di salvataggio (vedasi l'elenco dei candidati
nei posti sicuri alle prossime elezioni politiche di fine marzo '94 sia nel
maggioritario quanto nel proporzionale bloccato) quasi tutti coloro che l'hanno
servita e di essa si sono serviti nel dominare lo scenario decisionale a proprio
vantaggio, anche se in veste di... oppositori, naturalmente di comodo.
Nel contempo, sono cambiate quasi tutte le denominazioni dei partiti oppure dei
movimenti esistenti, ma in realtà le strutture di ognuno di essi sono rimaste
quelle di prima, con gli stessi dirigenti, con il medesimo personale addetto ai
lavori ed ai «clienti», eccettuati gli «esuberi» sbocciati dalla modernizzazione
delle attrezzature e, quindi, avviati in Cassa integrazione e poi in
pre-pensionamento, come di solito a spese degli... utenti, cioè dei
contribuenti; l'industria dei partiti dev'essere accettata giocoforza quanto
un'azienda produttrice di beni effettivi, anziché qual'è sul serio: una centrale
disseminatrice di demagogia e di paurosi disavanzi ed inefficienze nell'economia
pubblica.
Assistere, nella Liguria, a questa metamorfosi politico-rappresentativa delle
varie forze nelle sedi parlamentari e poi anche in quelle da esse derivanti
(quali Regioni, Province, Comuni, Enti vari ecc.) non consola, perché questa
trasformazione viene seguita dai cittadini con preoccupazione, con il rammarico
e con il tormento di quanto sofferto socialmente nei redditi durante il recente
passato, per quanto è traballante nell'andamento socio-economico del mercato del
lavoro, con pesanti riduzioni della produzione industriale ed una collaterale
disarticolazione di funzionalità nel movimento delle imprese, della
cantieristica, nell'edilizia, nell'artigianato e nei consumi in genere.
Forte incremento esiste unicamente nella Cassa integrazione guadagni, nei
pre-pensionamenti e nella disoccupazione, con a lato la trasformazione in
cimiteri della produzione e del fallimento commerciale di tante, troppe aziende
della province di Genova, Imperia, Savona e La Spezia.
In coda a queste considerazioni, è bene rammentare -per concludere- come tra le
zattere politiche in navigazione della vecchia Repubblica ciellenista verso i
lidi del futuro, c'è anche quella del MSI-DN e soggetta a trasformazione
(durante il periplo elettorale) da schieramento portatore delle più vitali
istanze istituzionali, politiche e sociali, ad iniziare dallo Stato Nazionale
del Lavoro e sino agli avanzati postulati della Repubblica Sociale, in
quell'agglomerato reazionario, vagamente liberale e scarsamente popolare che
ripudia tutto quanto sostenuto da Mussolini ad Almirante, da Gray a Niccolai;
che se continua a deragliare con tanta celerità dai princìpi per cui venne
fondato nel 1946, il prossimo 25 aprile avrà tra i suoi maggiori paladini la
cosiddetta élite degli attuali missini.
Bruno De
Padova
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