«Non è importante la vita. Importante è cosa si fa della vita» (Beppe Niccolai - Roma, Dicembre 1984)

Anno III - n° 2 - 15 Marzo 1994

 

Noterelle scherzose (ma non troppo) di metapolitica
E bravo Grillo!


 

Ci voleva un comico per smuovere, anche se solo un po', le acque putride e stagnanti che ammorbano con i loro miasmi il mondo intero.
Quello che ha detto in due ore di trasmissione lo showman genovese non sono stati capaci di accennarlo generazioni di politici ignavi, ignominiosamente succedutisi a pontificare da diverse cattedre, ma tutti ugualmente proni ad un identico, occulto, livellante e degradante potere: quello del dio denaro. Ma perché continuiamo a scriverlo con la minuscola? Meglio dire del Dio dollaro, dal momento che l'unico, vero, imperante Dio nelle coscienze dei più è l'oro; l'altro Dio, infatti, è morto e non fa più ascoltare la sua voce all'interno degli animi abbrutiti di chi è disposto a vendersi per un vile pugno di monete gialle. Ci voleva Beppe Grillo, dunque, a far riflettere gli italiani, per scuotere le coscienze, per far tremare il Palazzo al suono delle sue impietose e dissacranti battute? Sembra proprio di sì e ben venga tutto ciò. Onore al merito di colui che, emarginato per anni, colpito dall'anatema dei potenti per aver osato scalfire la coriacea corazza da cui sono ben protetti, ha ritenuto opportuno dare la stura a quanto covava da tempo nel suo animo, senza più reticenza alcuna, dicendo pane al pane e vino al vino.
E così, con la scusa di castigare ridendo mores, il comico genovese ha dimostrato come la forza travolgente del riso sia più dirompente di quella della dinamite, come in modo non violento si possano abbattere mostri sacri, luoghi comuni, pregiudizi inveterati, tabù inviolabili. Giocandosi eroicamente il tutto per tutto, Beppe Grillo ha reso un servizio alla nazione, ha tenuto una magistrale lezione di educazione civica, migliore delle logorroiche e stantie tiritere di accademici tromboni, superiore alle prediche di chi si proclama illibato e razzola male, utile quant'altre mai alla crescita più responsabile delle nuove generazioni. Non intendiamo intessere un panegirico di chi ha dimostrato coraggio e fermezza, capacità d'indicare con abilità magistrale e nel contempo con sovrana semplicità il centro del problema, ma dire che siamo con lui, per non farlo sentir solo dopo l'ennesima querela ricevuta per aver detto la verità, finalmente senza ambagi e coperture di sorta. Sì, perché le sue non sono state le solite insulse melensaggini dei comici che vanno per la maggiore o le gratuite oscenità di chi intende facilmente suscitare il riso plebeo senza peraltro minimamente intaccare il potere dei padroni del vapore; le sue sono state, invece, tremende mazzate inferte con determinazione ed intelligenza al cuore del Moloch che avvinghia e stritola il mondo intero, ignaro di subirne il fascino mortale.
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II potere -ci ha detto un buffo ometto arruffato, sbraitante sulla scena, citando prove inoppugnabili- non è quello detenuto dai politici. Attenzione -ci ha ammonito- questi sono solo i burattini manovrati da Mangiafuoco. E chi è mai costui? È un'eminenza grigia che s'asconde sotto fattezze diverse, a volte dimesse ed insignificanti, ma che possiede la potenza strisciante e turpe, immonda ed onnivora, sozza ed appestante del denaro. Costui e solo costui è responsabile dei mali del mondo, vissuti sia dal singolo che dalla collettività: ansia, stress, inquinamento, frode, consumismo, guerra, crisi esistenziale e dei valori. Tutto è calpestato e disprezzato da chi si ritiene (ed a buon diritto, perché nessuno ne mette in discussione lo smisurato potere) il padrone delle universe cose.
Che splendida serata ci hai fatto passare, Beppe! Sei stato eroico come un antico cavaliere, commovente come può esserlo un'anima candida che professa umilmente il vero, più convincente dell'oratore consumato, che però si scalda a freddo. Come possiamo sdebitarci con te, che tanto ci hai dato, in un breve volger di tempo? Che ci hai nuovamente donato il gusto della dignità, l'idea di contar qualcosa con il geniale invito a ribellarci alle vergognose istituzioni, agli enti parassitari, agli immondi incravattati che riscuotono, nonostante tutto, ancora la stima degli ingenui e degli sprovveduti? Come possiamo dimostrarti di essere solidali con le tue nobili denunce contro un sistema aberrante, corrotto e corruttore, marcio fin nelle midolle? È sufficiente spedire la lettera contro le piovre che ci stritolano coi loro tentacoli, contro i vampiri assetati di sangue fresco e mai sazi dell'immondo banchetto? È sufficiente imitare il gesto coraggioso da te caldeggiato, ma che, comunque, ci assicurava l'impunità, mentre solo tu rischiavi per tutti noi? E, infatti, solo a te è arrivata la denuncia, mamma RAI non t'ha pagato un soldo per il provvidenziale exploit e, per giunta, sparirai per molto dai teleschermi. Ma di ciò non ti cale più di tanto, perché hai fegato, più di noi e di quanti brontolano al desco di casa propria o al bar con gli amici, ma poi continuano ad inchinarsi ai potenti di sempre ed a baciare la mano che li ha frustati a sangue.
Un po' di dignità, perdio! Se ognuno di noi avesse il coraggio di sbugiardare pubblicamente i loschi sfruttatori del genere umano, di boicottare senza mezze misure i loro sporchi traffici, di vivere coerentemente col proprio pensiero, senza piegarsi a ridicole
mode, quante cose cambierebbero!
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Senza violenza si compirebbe la più grande, sconvolgente, inimmaginabile rivoluzione del mondo, che priverebbe del loro diabolico potere i satanassi che l'hanno detenuto con astuzia sottile, usando come carne da cannone non solo le masse ignare, ma anche i loro compari politici che pensavano d'aver trovato il paese di cuccagna e che ora, invece, pagano lo scotto della loro ingenuità. Occorre che l'umanità si scrolli il giogo che l'opprime da secoli, da quando siamo stati abbagliati da slogans abilmente manovrati, tesi a dar credito alle «magnifiche sorti e progressive» legate alla prosperità d'alcuni ed allo sfruttamento di tutti gli altri. Bisogna scoprire il subdolo gioco di chi ha usato finora l'intelligenza per il male, per la rovina del pianeta e dei suoi abitanti, senza rispetto per nulla e nessuno, proteso solo al guadagno ed all'utile personale. Loro e solo loro hanno ordito complotti, manovrato intrighi, causato guerre, fomentato rivolte. E mentre la gente moriva, casomai inseguendo un luminoso ideale fomentato ad arte, loro ingrassavano spropositatamente, grazie alle lacrime, al sudore, al sangue di tante brave persone illuse.
Sì, ma ora -si dirà- le cose stanno cambiando e non sarà più come prima! Davvero? Si è solo rivoltata la frittata per l'ennesima volta. Sono stati catturati all'amo i pesci piccoli, ma gli squali continuano a girare al largo, fendendo indisturbati le onde, spalancando le temibili mascelle ed arrotando la spaventosa, duplice dentatura di cui sono dotati con le ossa dei malcapitati che si trovano nei paraggi. Il centro del sistema, infatti, finora appare indenne da qualunque attacco. Fuori infuria la guerra nucleare, ma loro si trovano al sicuro nel bunker antiatomico.
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Cosa fare, allora? Né guerre, né rivoluzioni, come hanno creduto, forse in buona fede, i peones della riscossa nazionalpopolare e/o proletaria dei tempi andati. Niente terrorismo, che finisce per fare il loro gioco, niente chiassose contestazioni, che vengono ben presto addomesticate, assumendo l'aspetto folkloristico d'una moda adatta a distrarre i teen-agers dai veri problemi, a creare miti fasulli.
Quello che funzionerebbe davvero sarebbe una disubbidienza civile, una non collaborazione gandhiana o tolstoiana che sia, il trionfo del buonsenso che, vivaddio!, non è morto del tutto, ma solo stordito dal suono delle orchestrine da circo create ad arte per confonderci. Quello che ci vuole è cambiare radicalmente il sistema di vita, non prestando più orecchio alle sirene ammaliatoci che intendono solo sfruttarci fino alla morte. E allora, ragazzi, cosa s'aspetta? Proviamo a boicottare il consumismo caro ai padroni? Proviamo non solo e non tanto a riciclare (altra moda su cui finiscono per lucrare i già ricchi), ma a riutilizzare. Proviamo a semplificare la vita, a trovare spazio per noi stessi, a pensare. Proviamo ad essere liberi e non a sentire i gozzoviglianti che danzano su montagne di dollari, stupendosi, in fondo, della nostra dabbenaggine.
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E allora? Grillo for president? Perché no? Meglio lui di tanti altri. Tuttavia, se non gradisse tale onorificenza, cominciamo a scrollarci di dosso secoli di tremebonda soggezione, di statiche paure, di sdilinquimenti fuori luogo al cospetto dei nostri carnefici e riacquistiamo una buona volta la nostra dignità di esseri ragionevoli, autonomi, capaci di cambiare un sistema che esiste solo per la nostra colpevole e complice connivenza con lo stesso. Non per altro.
Perché, tuttavia, Grillo for president? Perché ancora sussiste il vizio di attendere le riforme dall'alto? Perché aspettare dall'esterno il cambiamento, inteso come una paternalistica concessione da parte del «liberatore» di turno? Perché non fare tutti un primo passo per prendercela questa liberazione? Un passo non costa nulla, soprattutto se compiuto all'unisono. Sarà più facile poi, compierne altri e più in fretta ancora. Tutto potrebbe avvenire hic et nunc, purché lo si voglia. Utopia? No, realtà.
Proviamo, allora, a modificare anche gradualmente le nostre abitudini indotte ad arte? Cominciamo a non sorridere della pubblicità, fidando nel nostro discernimento, ma, piuttosto, a non seguirne i dettami? Cominciamo a farci furbi, una volta per tutte? Vedremo, allora, come la tigre che ha terrorizzato il villaggio possedesse, in realtà, solo dei grossi denti di carta, che noi stessi avevamo contribuito a ritagliare e ad incollare sul suo brutto muso di cartapesta. Solo allora potremo dare alle fiamme il simulacro di paglia del tiranno che aveva terrorizzato i nostri sonni di bambini con la sua mole ingigantita da un abile gioco d'ombre cinesi. Ed allora sì che sarà festa e festa grande e duratura! Scenderà la pace tanto invocata sul mondo e gli uomini si riscopriranno fratelli, quando verrà smascherato il fondamento dell'arte di governare d'ogni dispotismo: il divide et impera nefando, che ha permesso giochi di potere infiniti e loschi intrighi di palazzo.
Alleluia alleluia, fratelli; il re è morto e non sarà più gridato viva il re! Verrà pure il giorno della santa anarchia, non quella bombarola ed assembleare, volgarmente promiscua e confusionaria, ma quella serena di chi è padrone di sé stesso, di chi ha trasceso e ripudiato la legge esteriore, troppe volte favorevole solo ai tiranni, interiorizzando quella eterna ed universale, espressione della voce pacata della coscienza che non erra. Solo quando l'auriga di platonica memoria avrà domato il cavallo nero che trascinava il carro all'impazzata verso l'abisso; solo quando la religione naturale ed interiore di Giovanni l'Apostolo, dei maghi Bruno e Campanella, ispiratisi agli antichi Misteri, avrà trionfato sui riti di quella puramente esteriore; solo quando la molteplicità caotica e vanamente contrapposta per il gioco diabolico dell'illusione si sarà ricomposta nell'Unità pitagorica e plotiniana, nell'Assoluto del Vedanta, solo allora potremo dire che les jeux sont faits ed inizieremo a vivere davvero.
Fino a quel momento, al contrario, avremo solo vanamente impazzato, prendendo cantonate continue nella stanza degli specchi, più o meno deformanti la Realtà; fino ad allora, ci saremo follemente aggirati in tondo, rimanendo prigionieri del nostro io e delle sue lusinghe.
La rivoluzione interiore, l'unica vera e risolutrice d'ogni antinomìa, è la via da percorrere per liberare definitivamente lo Spirito che vive in noi, oppresso da tante scorie che ne offuscano ancora la luce abbagliante.
 

Alfredo Stirati

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