«Non è importante la vita. Importante è cosa si fa della vita» (Beppe Niccolai - Roma, Dicembre 1984)

Anno III - n° 3 - 30 Aprile 1994

 

Se questa è la destra...

 


... non rimane che collocarsi alla sinistra dell'estrema sinistra.
Questa è una destra che conosce soltanto la maniera di distribuire diplomi e attestati di benemerenza. È vero che è stata espressa dalla volontà del popolo, ma il popolo si pronuncia, di volta in volta, per le più opposte soluzioni. Anche se, in realtà, il popolo non esiste. Esistono, invece, i vari gruppi sociali in cui ciascuno ha una propria soluzione del problema politico, in più o meno aperto antagonismo con la soluzioni proposte dal gruppo sociale avversario.
Con questa destra si disattende il vivo desiderio di poter ottenere una sistematica pulizia morale e l'eliminazione di tutto ciò che scoraggia e disgusta: le fortune accumulate senza lavoro, le carriere subitanee ingiustificate. È riuscita ad impadronirsi dell'animo degli ingenui ed ora permetterà alle nuove «cordate» di costruirsi imperi economici e, ad altri, di potenziare ulteriormente quelli già sfacciatamente sin qui tollerati. I vari gruppi che hanno concorso alla formazione di questa maggioranza e che sono riusciti, attraverso i media, ad imporre la loro volontà, rappresentano, per lo più, gli spostati della società, il rifiuto di tutte le professioni: avvocati senza cause, scrittori di terz'ordine, intellettuali da strapazzo, commercianti falliti, gente senza nome che cova l'odio per l'ordine sociale che li aveva espulsi. Il tono sentimentale della loro psicologia è dato dall'invidia e dalla chiusura nei propri egoismi.
Si dice che questa destra è fascista. L'errore della sinistra è stato proprio quello di aver paventato un pericolo fascista individuandolo in quell'insieme gelatinoso che è la faccia ributtante del fascismo, lo stesso che ha impedito, a suo tempo, l'attuazione del programma sansepolcrista. Non solo. La sinistra, con questi allarmi, ha riesumato un clima da 18 aprile '48 che le si è ritorto contro; e per impedire il bivacco della cavalleria cosacca in Piazza S. Pietro, il popolo bue ha votato questa destra, questo falso fascismo che andava alla ricerca di professorali consensi per strabiliare gli ingenui. Una volta trovatili, si è messa a disposizione del liberalesimo e della plutocrazia.
È ora, per la sinistra (che non è monopolio di una sola fazione politica) di rifare i conti con la storia per creare le condizioni che permettano di affidare, alle giovani generazioni, un compito: la rivisitazione della storia stessa e la ricucitura del tessuto nazionale. Una coesione popolare basata sul dialogo paziente, ragionato, da svolgere per gli anni a venire. Contro il fronte dei rancori imbalsamati per rompere i vecchi schieramenti. Per diventare, finalmente, Popolo e Nazione. Per stare dalla parte della sofferenza, vicino a coloro che non riescono ad essere sé stessi perché oppressi. Per impedire la creazione del villaggio globale, per rompere l'accerchiamento del potere tecnologico che crea l'anonimato metropolitano. Per infondere in ogni uomo il gusto di essere tale, con le sue idee di libertà che rispettano le diversità qualitative e culturali, e la irripetibilità di ogni singolo. Idee che non debbono essergli sottratte o sommate a quelle di altri. Occorre dar vita ad un progetto in grado di produrre energia storica.
Ognuno, nel proprio albero genealogico, ha qualche bruttura da dimenticare, da rimproverarsi. Ma dove andiamo a finire se tutta la dialettica, se tutto il dialogo si riduce a rinfacciarsi, per secoli, il dolore e la sofferenza attraverso le quali si partorisce la storia, che si scrive con il sangue, non con l'inchiostro?
Che senso ha dichiararsi antifascisti, mettere davanti ad ogni problema la pregiudiziale antifascista? Che significato ha, alle soglie del Duemila, ripetere riti ormai antichi e che per di più (il 27 marzo lo ha dimostrato) non pagano? Non è fuor di tempo? Ben altri sono gli ostacoli che si frappongono alla creazione di una società più giusta. Intanto, il più grosso, è questa maggioranza che si accinge a governare, che non è fascista ma l'espressione delle classi privilegiate. (Sì, si può ancora dire classi, anche se tendenzialmente esse si stanno riducendo solo a due: quella dei ricchi che si fa le leggi e quella dei sudditi). Eppoi c'è una miriade di altri problemi che solo una sinistra nazionale e popolare può risolvere: la disoccupazione, le pensioni, il problema giovanile, l'inflazione, la corruzione, l'intreccio della malavita con il mercato finanziario e con le attività produttive, l'inefficienza dei pubblici servizi, la droga, la microcriminalità, la degradazione ambientale, la crisi industriale...
La storia sta subendo una fase di accelerazione esponenziale perché è collegata alla scienza e alla tecnica. Dare segni di immobilismo, ora, equivale ad un vuoto di idee. Non c'è tempo per le mediazioni; bisogna essere inquieti, sentirsi vivi, ritrovare il temperamento e individuare le costanti con chiarezza intransigente. Ridare un senso alla politica per costruire un grande laboratorio dove possano operare i portatori delle tradizioni nazionali e le grandi masse di diseredati.
Oggi che tutto è stato ridotto a valore monetario; appiattito nella misura del denaro; che tutti i rapporti umani sono stati monetizzati, è necessaria la ribellione. Lo sforzo della sinistra dev'essere volto a ricondurre il valore economico entro una gerarchia ove non sia dato il primato all'oro, ma al problema esistenziale. Che abbisogna, con la ricerca comune, di essere tradotto politicamente.
 

a. c.

Indice