Se questa è la destra...
... non rimane che collocarsi alla sinistra dell'estrema sinistra.
Questa è una destra che conosce soltanto la maniera di distribuire diplomi e
attestati di benemerenza. È vero che è stata espressa dalla volontà del popolo,
ma il popolo si pronuncia, di volta in volta, per le più opposte soluzioni.
Anche se, in realtà, il popolo non esiste. Esistono, invece, i vari gruppi
sociali in cui ciascuno ha una propria soluzione del problema politico, in più o
meno aperto antagonismo con la soluzioni proposte dal gruppo sociale avversario.
Con questa destra si disattende il vivo desiderio di poter ottenere una
sistematica pulizia morale e l'eliminazione di tutto ciò che scoraggia e
disgusta: le fortune accumulate senza lavoro, le carriere subitanee
ingiustificate. È riuscita ad impadronirsi dell'animo degli ingenui ed ora
permetterà alle nuove «cordate» di costruirsi imperi economici e, ad altri, di
potenziare ulteriormente quelli già sfacciatamente sin qui tollerati. I vari
gruppi che hanno concorso alla formazione di questa maggioranza e che sono
riusciti, attraverso i media, ad imporre la loro volontà, rappresentano, per lo
più, gli spostati della società, il rifiuto di tutte le professioni: avvocati
senza cause, scrittori di terz'ordine, intellettuali da strapazzo, commercianti
falliti, gente senza nome che cova l'odio per l'ordine sociale che li aveva
espulsi. Il tono sentimentale della loro psicologia è dato dall'invidia e dalla
chiusura nei propri egoismi.
Si dice che questa destra è fascista. L'errore della sinistra è stato proprio
quello di aver paventato un pericolo fascista individuandolo in quell'insieme
gelatinoso che è la faccia ributtante del fascismo, lo stesso che ha impedito, a
suo tempo, l'attuazione del programma sansepolcrista. Non solo. La sinistra, con
questi allarmi, ha riesumato un clima da 18 aprile '48 che le si è ritorto
contro; e per impedire il bivacco della cavalleria cosacca in Piazza S. Pietro,
il popolo bue ha votato questa destra, questo falso fascismo che andava alla
ricerca di professorali consensi per strabiliare gli ingenui. Una volta
trovatili, si è messa a disposizione del liberalesimo e della plutocrazia.
È ora, per la sinistra (che non è monopolio di una sola fazione politica) di
rifare i conti con la storia per creare le condizioni che permettano di
affidare, alle giovani generazioni, un compito: la rivisitazione della storia
stessa e la ricucitura del tessuto nazionale. Una coesione popolare basata sul
dialogo paziente, ragionato, da svolgere per gli anni a venire. Contro il fronte
dei rancori imbalsamati per rompere i vecchi schieramenti. Per diventare,
finalmente, Popolo e Nazione. Per stare dalla parte della sofferenza, vicino a
coloro che non riescono ad essere sé stessi perché oppressi. Per impedire la
creazione del villaggio globale, per rompere l'accerchiamento del potere
tecnologico che crea l'anonimato metropolitano. Per infondere in ogni uomo il
gusto di essere tale, con le sue idee di libertà che rispettano le diversità
qualitative e culturali, e la irripetibilità di ogni singolo. Idee che non
debbono essergli sottratte o sommate a quelle di altri. Occorre dar vita ad un
progetto in grado di produrre energia storica.
Ognuno, nel proprio albero genealogico, ha qualche bruttura da dimenticare, da
rimproverarsi. Ma dove andiamo a finire se tutta la dialettica, se tutto il
dialogo si riduce a rinfacciarsi, per secoli, il dolore e la sofferenza
attraverso le quali si partorisce la storia, che si scrive con il sangue, non
con l'inchiostro?
Che senso ha dichiararsi antifascisti, mettere davanti ad ogni problema la
pregiudiziale antifascista? Che significato ha, alle soglie del Duemila,
ripetere riti ormai antichi e che per di più (il 27 marzo lo ha dimostrato) non
pagano? Non è fuor di tempo? Ben altri sono gli ostacoli che si frappongono alla
creazione di una società più giusta. Intanto, il più grosso, è questa
maggioranza che si accinge a governare, che non è fascista ma l'espressione
delle classi privilegiate. (Sì, si può ancora dire classi, anche se
tendenzialmente esse si stanno riducendo solo a due: quella dei ricchi che si fa
le leggi e quella dei sudditi). Eppoi c'è una miriade di altri problemi che solo
una sinistra nazionale e popolare può risolvere: la disoccupazione, le pensioni,
il problema giovanile, l'inflazione, la corruzione, l'intreccio della malavita
con il mercato finanziario e con le attività produttive, l'inefficienza dei
pubblici servizi, la droga, la microcriminalità, la degradazione ambientale, la
crisi industriale...
La storia sta subendo una fase di accelerazione esponenziale perché è collegata
alla scienza e alla tecnica. Dare segni di immobilismo, ora, equivale ad un
vuoto di idee. Non c'è tempo per le mediazioni; bisogna essere inquieti,
sentirsi vivi, ritrovare il temperamento e individuare le costanti con chiarezza
intransigente. Ridare un senso alla politica per costruire un grande laboratorio
dove possano operare i portatori delle tradizioni nazionali e le grandi masse di
diseredati.
Oggi che tutto è stato ridotto a valore monetario; appiattito nella misura del
denaro; che tutti i rapporti umani sono stati monetizzati, è necessaria la
ribellione. Lo sforzo della sinistra dev'essere volto a ricondurre il valore
economico entro una gerarchia ove non sia dato il primato all'oro, ma al
problema esistenziale. Che abbisogna, con la ricerca comune, di essere tradotto
politicamente.
a. c.
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