«Non è importante la vita. Importante è cosa si fa della vita» (Beppe Niccolai - Roma, Dicembre 1984)

Anno III - n° 3 - 30 Aprile 1994

 

25 aprile dell'anno che verrà

 


Giorni fa, in un ristorante della Sila catanzarese, una ventina di giovani avventori con le mani tese nel saluto romano, celebravano la vittoria di Alleanza nazionale cantando e ritmando come negli stadi. Non le note di "Camerata Richard" oppure l'"Inno dei sommergibilisti" e, che so?, "Il domani appartiene a noi". Nossignori. Cantavano "Forza Italia" interrompendosi in cori del tipo: Berlusconi nostro duce èèèè, Chi non salta comunista èèèè!
Giovani, in bilico tra una canna ed una lattina di diet-cola, così come li vorrebbe Fukujama: oltre la Politica, ben oltre la Storia. Possiamo condannarli? Di quale colpa li accuseremmo? Quali modelli hanno avuto in questi anni? A quali sorgenti si sono abbeverati? Che libri hanno letto? Quali padri ed insegnanti e capipopolo li hanno forgiati?
Giovani, di carne morta.
C'è anche questo, ahinoi, tra i risultati delle «epocali» elezioni del 27 e 28 marzo dell'anno di grazia 1994. Tra meno di 48 ore si insedieranno le nuove Camere. All'insegna del nuovismo: non ci sarà Craxi, ma pare almeno 22 suoi fedelissimi siano stati eletti nelle liste di Forza Italia; ci sarà l'ex braccio destro di Forlani, la Ombretta fedelissima di Andreotti; l'ex luogotenente di De Mita; generali riciclati ed imprenditori rampanti; managers Fininvest che si stanno preparando alla tenzone bevendo acqua Fiuggi a tavola con il Ciarra, nutrite schiere di ex portaborse e tanta, tantissima, mediocrità.
Al via dunque la seconda repubblica. Mentre, dietro le quinte, gongolano i protagonisti e saccheggiatori della prima. L'operazione salvataggio del sistema sembra mirabilmente riuscita.
Tuttavia, neppure stavolta, mi lascio sopraffare dal pessimismo. Sarà che ho appena finito di contare i voti racimolati in Calabria dalla neonata Unione Mediterranea: 29.897 al Senato e 40.358 alla Camera. Una facilissima proiezione conferma che, se avessimo espresso candidature in tutti i collegi uninominali, saremmo andati oltre i 40.000 al Senato ed avremmo sfiorato o sforato i 60.000 alla Camera. Roberto Bigliardo ha fatto le somme sul piano interregionale: circa 250.000 voti per i nostri candidati o per liste collegate tra Campania, Basilicata, Puglia, Calabria e Sicilia. Non sono bruscolini. Soprattutto ove si rifletta che tutto questo sforzo è partito nella settimana precedente l'indizione dei comizi; che non abbiamo disposto di alcun mezzo, né struttura; che questa campagna elettorale è stata la più difficile del dopoguerra: pesantemente condizionata dallo scontro destra-sinistra; dal perentorio invito a collocarsi o di qua o di là; dal ruolo decisivo ed oppressivo dei mass-media; dalle ingenti risorse finanziarie che (vi) si sono mobilitate; dall'azione combinata e sinergica di tutti i poteri, palesi ed occulti, legali ed illegali. Dal '48, il voto popolare non è stato mai caricato di tante valenze ideologiche, a sinistra come a destra. Con l'esplosiva aggiunta, su quest'ultimo versante, dell'uso micidiale dei consigli per gli acquisti, del marketing applicato alla politica: il consenso imposto come si impongono gli omini bianchi dei detersivi, l'unico fustino al posto di due...
No! Non è davvero poco, in queste condizioni, l'essere riusciti a convincere tanti elettori, tra l'altro meridionali epperciò impigriti da sudditanze antiche e recenti, a ragionare con la propria testa: a riflettere, per come abbiamo chiesto loro di fare che cosa questo era -e per noi rimane!- il tempo degli uomini e delle idee.
Di queste idee, del progetto che abbiamo, infine, elaborato e che ruota intorno al ruolo dell'Italia nel Mediterraneo -con tutto quello che ne deriva in termini economici e politici, sul versante interno e su quello internazionale- potremmo discuterne diffusamente in un apposito convegno che potrebbe essere patrocinato proprio da "Tabularasa". Sarebbe l'occasione per chiarire alcuni equivoci che si sono ingenerati tra noi, per superare differenze e diffidenze, per verificare se vi siano le condizioni per costruire una prospettiva di impegno che vada oltre la rivista e la sua pur utilissima funzione. Anche perché, gli ultimi numeri testimoniano di uno sforzo certamente non concordato e per questo confortante da parte di redattori e collaboratori di ritrovare assonanze che si erano alquanto affievolite, ma che non potevano essere andate perdute.

... Scenari politici prossimi venturi. Non possiamo davvero chiamarci fuori. In questo inverno di ritorno, a stare sulla riva del fiume si rischia di prendere i reumatismi. C'è una tendenza alla polarizzazione del quadro politico che sembra inarrestabile e che potrebbe essere accelerata dalla manifesta volontà dei vincitori di riformare il sistema elettorale in direzione del maggioritario a turno unico.
Di qua o di là? Destra o sinistra? Posto in questi termini il problema è difficilmente risolvibile. Non v'è dubbio, infatti, che questa nuova destra liberista, tecnocratica, reagan-tatcheriana, edonistica, tutta permeata del sogno americano è l'esatto contrario di tutto ciò che mi (ci?) ha spinto e spinge all'impegno politico.
Ad essa, al perverso e disgregante disegno di cui è portatrice, va fornita una risposta improntata al più categorico e definitivo antagonismo. Ma la sinistra? Dov'è la sinistra verso cui dovremmo essere fatalmente ed ontologicamente attratti? Sarà capace di superare tentazioni neo-consociative e miti incapacitanti, pregiudizi e settarismi, le forme attuali?
Sono solo alcuni dei quesiti, tra i tanti, che mi fanno ritenere che la sinistra è oltre, ben oltre i progressisti di oggi. Per rigenerarsi, l'attuale sinistra dovrà essere capace di un salto di qualità e di livello rifiutando di pensare in termini di pura e semplice alternanza tra schieramenti solo formalmente opposti. Dovrà essere, cioè, capace di radicalizzare lo scontro sui contenuti, definendo una propria progettualità alternativa non solo sul versante delle scelte di una politica sociale ed economica, ma anche su quelle, davvero strategiche, del ruolo dell'Italia nell'Europa e nel Mediterraneo, dei rapporti non più subalterni rispetto alle strategie ed agli interessi americani. Una sinistra, aggiungo, che non può fermarsi a registrare il dato di ingiustizia in una realtà per la quale il 20% degli abitanti del pianeta continuano a consumare l'80% delle risorse ma che deve avere il coraggio di interrogarsi sul perché questo accada e su come sarà possibile porvi rimedio.
Staremo a vedere, ma forse non è il caso di starsene con le mani in mano perché a questo processo potremmo dare anche noi un piccolo ma prezioso contributo.

... Continuiamo a leggere di mobilitazioni in vista del 25 aprile. E sappiamo che, accanto ai tanti in buona fede che intendono legittimamente ricordare i propri morti, ci sono gli avvoltoi e gli sciacalli. Da una parte e dall'altra. Chi dissotterra i morti per prendersi rivincite elettorali e chi li copre di ulteriore terra e fango in funzione di strumentali pacificazioni. Ho appreso che Zeffirelli ha invitato l'on. Fini a partecipare alle celebrazioni. Speriamo che lo faccia davvero, come ha già annunciato di fare il Cavaliere. Così, finalmente, i badogliani di tutte le casacche si stringeranno la mano ed affogheranno nel ridicolo.
Noi aspetteremo gli antifascisti veri, magari il 25 aprile dell'anno che verrà: solo ad essi possiamo stringere la mano. Il nostro fascismo, ch'era quello di Berto Ricci e Niccolai è già molto vicino agli uomini e le donne di quella sinistra che non ha dimenticato la lezione di Nicolino Bombacci. Non possiamo svenderlo in cambio del Governo. Perché esso non ha nulla a che fare col regime di ieri e con quello di oggi e, soprattutto, perché ci permette di onorare degnamente i morti di ciascuna parte. Guardando avanti, guardando oltre.
 

 Beniamino Donnici

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