«Non è importante la vita. Importante è cosa si fa della vita» (Beppe Niccolai - Roma, Dicembre 1984)

Anno III - n° 3 - 30 Aprile 1994

 

La vittoria dei vinti


«E tu onore di pianti, Ettore, avrai,
ove fia santo e lagrimato il sangue per la patria versato,
e finché il Sole risplenderà su le sciagure umane»

 


Così Ugo Foscolo chiude il suo carme "Dei Sepolcri", scritto tra il luglio e il settembre del 1806, e pubblicato a Brescia nel 1807.
La grande poesia, quella che si nutre di alti valori civili, celebra insieme la gloria del vincitore, Achille, e quella del vinto, Ettore. Il Greco e il Troiano hanno combattuto entrambi per la patria; l'uno e l'altro si sono battuti eroicamente, si sono sacrificati nel nome di un'etica che va al di là degli interessi personali: l'onore, la pietà, la memoria non possono fare scelte di campo.
È tanto difficile capire questa grande, eterna lezione della storia? Ed è tanto difficile accettare il fatto che la storia si nutre della passione di uomini che scelgono e militano, accesi dal furore delle idee, e che magari si scannano in allegre vendemmie di sangue, lasciando però a chi resta l'obbligo di rimarginare le ferite, per ricostruire la comunità lacerata?
Evidentemente è difficile, è ancora difficile. Altrimenti la trasmissione "Combat film" -cioè i filmati degli operatori di guerra USA, trasmessi dalla nostra Rai- non avrebbe dovuto accendere polemiche ma invitare alla riflessione.
E la riflessione, serena ed obbiettiva, è quella che dice che venti anni di Fascismo sono stati, nel bene e nel male, venti anni d'Italia, di cui l'Italia tutta ha meriti e colpe; che nessuna guerra è bella e che nessun capo, aureolato dal carisma totalitario o santificato dall'investitura democratica, ha in tasca la vittoria; che coloro che perdono non sono di necessità più cattivi di coloro che vincono; che, in ogni caso, le logiche spietate di ogni guerra civile debbono essere messe da parte una volta che il conflitto sia finito; che la ferocia delle idee contrapposte e mobilitate nell'urgenza dello scontro deve essere superata in una ritrovata concordia costruttiva; che la storia troverà, nello scorrere degli anni, la pacatezza necessaria per ragionare sine ira et studio di uomini, idee, eventi che furono causa di divisione.
Le immagini del martirio delle Fosse Ardeatine, dello scempio dei cadaveri di Mussolini e della Petacci a Piazzale Loreto, dei fascisti o dei partigiani uccisi servono e alla memoria e alla pietà per entrare nel futuro superando il rancore, non per restare inchiodati al presente riattizzandolo con velenoso compiacimento.
I vincitori debbono capire questo. Non si chiede loro una lacrimuccia da spargere sui cadaveri dei vinti, in forza del coraggioso riconoscimento che «anche loro erano uomini» o, se si preferisce, figli di mamma o di Maria; gli si chiede -è un impegno troppo arduo? eppure quella parola c'è sui vocabolari- di rispettare, nella verità dei vinti, non meno degna della loro, così come Ettore non è meno degno di Achille, la tensione etica di chi cerca la Patria (sì, rigorosamente maiuscola!) al di sopra della parte (sì, rigorosamente minuscola!).
Retorica? Si fa sempre, in qualche modo retorica, quando ci si sforza di volare un po' più su del fango. Ma se la retorica è ordine dei pensieri e armonica trama di parole, io credo che ne abbiamo bisogno.
Andare avanti significa sapere, capire. Significa che non dovrebbero più circolare nelle scuole certi livorosi testi di storia che, impeccabili nell'uso della ricerca e del documento fino alle soglie del Novecento, abbandonano lo sforzo di obiettività per far proprio ogni appello fazioso, sinistro, demagogico, deformatore, allorché si parla di Fascismo. E allorché il Fascismo diventa quello di Salò e spunta la lotta partigiana, apriti cielo! Bene e male vengono divisi a colpi di mannaia. E per qualcuno si meriterebbe, a seguire le polemiche esplose sui giornali, un colpo di mannaia anche Giano Accame, reo di aver scelto, a sedici anni la RSI e di aver detto che i martiri in camicia nera non sono meno eroi dei partigiani.
Cari signori, questa Italia futura la vogliamo preparare? E allora nessuna censura, dibattiti a tutto campo, revisioni, documenti, voglia di verità.
 

 Mario Bernardi Guardi

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