La vittoria dei vinti
«E tu onore di pianti, Ettore, avrai,
ove fia santo e lagrimato il sangue per la patria versato,
e finché il Sole risplenderà su le sciagure umane»
Così Ugo Foscolo chiude il suo carme "Dei Sepolcri", scritto tra il luglio e il
settembre del 1806, e pubblicato a Brescia nel 1807.
La grande poesia, quella che si nutre di alti valori civili, celebra insieme la
gloria del vincitore, Achille, e quella del vinto, Ettore. Il Greco e il Troiano
hanno combattuto entrambi per la patria; l'uno e l'altro si sono battuti
eroicamente, si sono sacrificati nel nome di un'etica che va al di là degli
interessi personali: l'onore, la pietà, la memoria non possono fare scelte di
campo.
È tanto difficile capire questa grande, eterna lezione della storia? Ed è tanto
difficile accettare il fatto che la storia si nutre della passione di uomini che
scelgono e militano, accesi dal furore delle idee, e che magari si scannano in
allegre vendemmie di sangue, lasciando però a chi resta l'obbligo di rimarginare
le ferite, per ricostruire la comunità lacerata?
Evidentemente è difficile, è ancora difficile. Altrimenti la trasmissione
"Combat film" -cioè i filmati degli operatori di guerra USA, trasmessi dalla
nostra Rai- non avrebbe dovuto accendere polemiche ma invitare alla riflessione.
E la riflessione, serena ed obbiettiva, è quella che dice che venti anni di
Fascismo sono stati, nel bene e nel male, venti anni d'Italia, di cui l'Italia
tutta ha meriti e colpe; che nessuna guerra è bella e che nessun capo, aureolato
dal carisma totalitario o santificato dall'investitura democratica, ha in tasca
la vittoria; che coloro che perdono non sono di necessità più cattivi di coloro
che vincono; che, in ogni caso, le logiche spietate di ogni guerra civile
debbono essere messe da parte una volta che il conflitto sia finito; che la
ferocia delle idee contrapposte e mobilitate nell'urgenza dello scontro deve
essere superata in una ritrovata concordia costruttiva; che la storia troverà,
nello scorrere degli anni, la pacatezza necessaria per ragionare sine ira et
studio di uomini, idee, eventi che furono causa di divisione.
Le immagini del martirio delle Fosse Ardeatine, dello scempio dei cadaveri di
Mussolini e della Petacci a Piazzale Loreto, dei fascisti o dei partigiani
uccisi servono e alla memoria e alla pietà per entrare nel futuro superando il
rancore, non per restare inchiodati al presente riattizzandolo con velenoso
compiacimento.
I vincitori debbono capire questo. Non si chiede loro una lacrimuccia da
spargere sui cadaveri dei vinti, in forza del coraggioso riconoscimento che
«anche loro erano uomini» o, se si preferisce, figli di mamma o di Maria; gli si
chiede -è un impegno troppo arduo? eppure quella parola c'è sui vocabolari- di
rispettare, nella verità dei vinti, non meno degna della loro, così come Ettore
non è meno degno di Achille, la tensione etica di chi cerca la Patria (sì,
rigorosamente maiuscola!) al di sopra della parte (sì, rigorosamente
minuscola!).
Retorica? Si fa sempre, in qualche modo retorica, quando ci si sforza di volare
un po' più su del fango. Ma se la retorica è ordine dei pensieri e armonica
trama di parole, io credo che ne abbiamo bisogno.
Andare avanti significa sapere, capire. Significa che non dovrebbero più
circolare nelle scuole certi livorosi testi di storia che, impeccabili nell'uso
della ricerca e del documento fino alle soglie del Novecento, abbandonano lo
sforzo di obiettività per far proprio ogni appello fazioso, sinistro,
demagogico, deformatore, allorché si parla di Fascismo. E allorché il Fascismo
diventa quello di Salò e spunta la lotta partigiana, apriti cielo! Bene e male
vengono divisi a colpi di mannaia. E per qualcuno si meriterebbe, a seguire le
polemiche esplose sui giornali, un colpo di mannaia anche Giano Accame, reo di
aver scelto, a sedici anni la RSI e di aver detto che i martiri in camicia nera
non sono meno eroi dei partigiani.
Cari signori, questa Italia futura la vogliamo preparare? E allora nessuna
censura, dibattiti a tutto campo, revisioni, documenti, voglia di verità.
Mario
Bernardi Guardi
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