«Non è importante la vita. Importante è cosa si fa della vita» (Beppe Niccolai - Roma, Dicembre 1984)

Anno III - n° 3 - 30 Aprile 1994

 

Criminali di guerra e di pace

 


Che la «Storia» sia maestra di vita è una di quelle ardite affermazioni che troppo spesso rasentano il luogo comune, rischiando di trasformarsi in un ripetuto nonsense. Eppure alla notizia che ad opera di G. Alperovitz, dagli archivi del National Security Agency era saltato fuori che l'olocausto di Hiroshima e Nagasaki fu «assolutamente non decisivo» ai fini del conflitto; ebbene, è attraverso «ispirate notizie» di tal genere che la musa Clio acquisisce -secondo il mio profano parere- ancora una volta (e nonostante tutto) onorabilità e credito!
La scoperta della gratuità del massacro nucleare è stata sottaciuta dai mass-media nostrani. È ovvio. Sottaciuta quando non del tutto ignorata, dagli autorevoli, autorizzati, commentatori massmediatici per i quali sembra che la storia di ieri (e la politica, la sociologia, la religione, la morale ...) debba fermarsi ad un unico, dogmatico Olocausto.
Ma tant'è: noi «contro» di loro, diversamente da loro e nonostante loro, restiamo convinti che «Storia» e «Verità» siano inseparabili. Perciò, prendendo a prestito Eliot («non ci resta che il tentare, il resto non ci riguarda»), tenteremo con le nostre misere forze d'inserire nel gigantesco mosaico disegnato dai vincitori una tessera fuori posto. Grazie al determinante aiuto, in questo caso, dello studioso «revisionista» americano. Grazie alla sua tenacia ed al suo coraggio, che hanno reso possibile lo scoprimento di «un'altra verità» sulla 2ª Guerra Mondiale.
L'emersione di questi relitti di «storia-vera» ci dice dunque come già 3 mesi prima dei voli inaugurali l'Era Atomica (e sulla cui scia furono circa 120mila i morti «in diretta», nel mentre risulta di difficile contabilità il numero di quelli «in differita») l'Intelligence americana avesse segnalato -ed Henry Truman fu messo al corrente!- che l'Impero del Sol Levante, ormai allo stremo, era sul punto d'arrendersi. Ma che gli Stati Uniti volevano ad ogni costo un risultato eclatante e «di prestigio», tale da dimostrare agli Alleati la sterminata loro potenza (: ai sovietici in particolare, ma anche ai francesi, le cui mire geopolitiche in Indocina erano considerate lesive degli interessi americani nel Sud-Est asiatico).
Com'è noto, al massacro effettivo del 6 e 9 agosto '45 seguì il bombardamento (metaforico, stavolta) sul resto del Globo - allo scopo di far sapere a tutti, Alleati e non, come quei 120mila fossero stati «sacrificati» per abbreviare il corso della guerra. Fu all'uopo detto, ridetto e stradetto che erano «i musi gialli» a voler resistere ad oltranza, e che si sarebbe perciò resa necessaria -in alternativa alla bomba "A"- l'invasione del territorio giapponese. Operazione questa, che avrebbe comportato la perdita di non meno di mezzo milione di «liberatori».
Orbene, sappiamo che quel duplice lancio non rispondeva affatto ai dichiarati scopi umanitari e pacifici (...) e che, per mezzo secolo, si è fatto uso sistematico di menzogne per occultare l'«inutilità» della strage.
Sappiamo peraltro come durante la guerra si ricorra abitualmente alla cosiddetta propaganda, la quale assai spesso non è sinonimo di verità. Sappiamo anche che in guerra l'obiettivo primario è vincerla, e che ciò subordina ogni altra considerazione. E dunque potrebbe quasi sostenersi che la ferocia dell'olocausto atomico di popolazioni inermi, e le relative bugie al seguito avessero -come dire?- una loro logica, una loro spietata legittimità. Ma così non è. E così non può e non deve essere. Anche perché gli americani, cessata ogni «giustificazione» bellica, continuarono -seguiti dall'URSS, con a ruota le altre Potenze vincitrici- a sperimentare sempre nuovi e «audaci» tests nucleari.
Sugli effetti e scopi dei quali si comincia, finalmente, a far luce.


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Ma c'è un interessante precedente a questa follia radioattiva. Giusto un anno prima di Hiroshima e Nagasaki -era il 16 agosto '44- il celebre fisico Oppenheimer, dall'altrettanto celebre laboratorio atomico di Los Alamos dove il futuro «benefattore dell'umanità» stava alacremente lavorando per la «sua» bomba, avanzava la singolare richiesta di testare la tossicità del plutonio su degli esseri umani. Sicché, superati gli inevitabili intoppi burocratici, il 1° marzo 1945 si provvide ad iniettare su un campione di 18 pazienti. Dai documenti resi noti lo scorso 13 marzo, risulta che in un solo caso riguardante un malato terminale, venne richiesta all'interessato una sorta d'autorizzazione; per gli altri diciassette, l'esperimento fu condotto «liberamente» e liberamente si concluse nel '47, col decesso dell'ultimo «caso». Altro particolare: almeno 6 delle 18 cavie non risultavano affette da alcuna malattia incurabile.
Ma l'apertura degli archivi già top secret, nonché le confessioni dei pentiti: scienziati, politici e militari - non cessa di riservare... sorprese. Che tali, è lecito ritenere, risulteranno a quanti per mezzo secolo, giorno dopo giorno, si sono beati di atrocità nazi-fasciste e di crociate liberatorie.


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Nel gennaio di quest'anno, per esempio, il fisico Aftergood ha reso noto che su incarico della CIA vennero compiute «ricerche scientifiche» su circa novecento individui, e per la durata di un trentennio, «anche dopo il disgelo con l'URSS, quando -ha osservato scandalizzato il deputato democratico E. Markey- gli esperimenti non avevano più alcuna giustificazione». Il ministro per l'Energia, O'Leary, si è spinto oltre, dicendosi «sconvolta» alle rivelazioni «agghiaccianti» per le quali «sappiamo di avere sulla coscienza atroci violazioni dei diritti umani». Di che si tratta?
Di cibo radioattivo per adolescenti, onde studiare il loro metabolismo; di pillole radioattive in gravidanza, al fine di verificarne le ripercussioni sui feti; ovvero di irrorazioni radioattive su testicoli di detenuti quale test per la valutazione dell'impotenza.
Il "Boston Globe" ha rivelato a tal fine che, a cavallo degli Anni Cinquanta, fu fatto bere latte «arricchito» di sostanze «particolari», a 19 ritardati mentali d'età compresa fra i 15 e i 17 anni - e che lo «studio» venne condotto da ricercatori del prestigioso MIT di Harvard. Ma fu il governo in prima persona a sponsorizzare alla fine degli Anni Quaranta, non solo quei tests (un centinaio) sulla virilità dei reclusi, ma persino la somministrazione (gratuita) di 751 pillole «speciali» ad altrettante future mamme. In particolare, su quest'ultima tranche di esperimenti su donne nubili, povere e di colore - i risultati ufficiali furono confortanti: nei dieci anni successivi al parto, appena 3 (tre) bambini risultavano morti a causa di metastasi cancerogene. Epperò ci sarebbe da aggiungere che nulla si sa (o si dice) del destino di gran parte degli altri 748 ex-pargoli...
Un altro tassello, risalente alla prima metà degli Anni Cinquanta, ci giunge ora dall'"Albuquerque Tribune" e riguarda anch'esso dei neonati. Soltanto 7 (sette). Sette babies svezzati radioattivamente durante la loro permanenza in un ospedale di Memphis (Tennessee). Lo afferma un professore emerito di fisiologia e biofisica, allora giovane ricercatore dell'equipe che condusse su scala nazionale una non meglio precisata «ricerca» su 235 mini-cavie umane...
Ma gli scoops non conoscono soste. Nonostante l'Amministrazione Clinton -che pure ha promesso «inchieste severe sui possibili abusi»- abbia ammonito di star tutti attenti che, altrimenti: «questi episodi possono attirarci le critiche dell'opinione pubblica mondiale, che potrebbe paragonarli alle pratiche messe a punto dai nazisti nei campi di concentramento». Anche se: «sarebbe meglio per le nostre ricerche utilizzare delle scimmie» aveva obiettato J. Hamilton, uno scrupoloso funzionario del governo USA, scrivendo (1950) al proprio superiore, responsabile della Commissione per l'energia atomica. Ma non fu ascoltato, con gran sollievo delle scimmie.


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Qui in Italia ci si è ben guardati dal prendere a pretesto simili incidenti per fare dello scandalismo antiamericano. Rispondendo alle (legittime) preoccupazioni d'Oltreoceano, «i nostri» (i Levi, i Biagi, i Colombo, i Feltri e compagnia bella) non han ritenuto -non dirò di muovere campagne d'informazione (e di obiezione) su questi fatti e fatterelli d'America- ma nemmeno di spendersi in qualche «nota» polemica, in qualche commento di routine; o, chessò, di esternare un cenno di dissenso, magari con l'arcata sopraccigliare. Nulla di nulla!
E noi, nonostante il silente zelo di questi stoici servitori della Causa, noi di "Tabularasa" andiamo avanti. Che lo scandalo continua e s'arricchisce di nuovi particolari, degni di meritare l'interesse di chi non abbia esaurito la propria riserva di sdegno umanitario con la lettura del "Diario di Anna Frank" e con la visione obbligata di "Schindler's list".
Si viene così a sapere (la novità è stata sobriamente divulgata dalla stampa coloniale italiana, il 21.6.1993) che i tests nucleari nel deserto del Nevada provocarono la morte di centinaia, e forse migliaia, di individui. Martha Laird, una dei sopravvissuti che aveva all'epoca 26 anni, racconta di quando fu svegliata da una luce abbagliante che le avvampò il volto. A qualche secondo di distanza seguì un sordo boato; la casa tremò, i vetri andarono in frantumi ed un vento caldo, irreale, investì lei e la sua famiglia. Il marito di lì a poco s'ammalò di cancro al pancreas. Il bambino più grande morì di leucemia, l'altro di cancro osseo. Il terzo figlio, ancora in grembo, nacque prematuro e deforme, spirando poche ore dopo il parto. Morirono anche uno dopo l'altro quasi tutti gli animali della fattoria. Una testimonianza fra le tante, per un caso fra i tanti.
Seguirono altre 103 esplosioni nucleari dopo quella del 3 maggio 1951, nei dintorni di casa Laird. Sino al 1963, quando J. F. Kennedy firmò la messa al bando degli esperimenti nell'atmosfera. Secondo fonti giornalistiche americane, durante quei dodici anni si ebbero cinquantamila vittime, da suddividersi fra gli Stati dello Utah, dell'Arizona e del Nevada. Ma un preciso calcolo risulta impossibile, trattandosi -nel caso di radiazioni- di effetti diluiti e dilatati nel tempo e nello spazio. Chi mai potrà sapere «effettivamente» quali siano state le «ricadute» di quelle 104 bombe sulle ignare ed ignote famiglie Laird; su quelle cioè che il Pentagono soleva definire «popolazioni marginali»? E di certo «marginali» furono considerati quei Navajos impiegati per estrarre uranio dalla loro Riserva Indiana, e che nel giro di pochi anni furono falcidiati da tumori ai polmoni...
Per decenni il silenzio è calato feroce, impenetrabile, assoluto. La «ragion di Stato» ha sempre prevalso. Ora, a bassa voce, si dice che persino il «mito» John Wayne umanamente finì a causa delle radiazioni, assorbite nella Riserva Navajo durante la lavorazione del suo ultimo film western: lo proverebbe che quasi l'intera troupe cinematografica, pellerossa compresa, è prematuramente scomparsa...
L'establishment politico-industriale e militare era al corrente di questo e dì altro. Ma le autorità «per patriottismo» tacquero.
Nel Nevada per anni furono distribuite, quale misura profilattica per le scolaresche, pasticche... antiradioattive allo iodio, dicendo a famiglie ed insegnanti che si trattava di vitamine. E quanti operavano nelle aree a rischio di contaminazione (esclusi, beninteso, i «marginali») erano retribuiti con stipendi molto superiori alla media nazionale. Eppoi si trattava di «difendere l'America dal comunismo», così come qualche tempo addietro la si era difesa dal fascismo, europeo e giapponese! Scrive Vittorio Zucconi su "la Repubblica": «II fatto è che la gente si fidava. La propaganda funzionava e la "Bomba" non dispiaceva affatto. Quel fungo enorme contro il cielo terso d'America era una bandiera, un segno di trionfo. Era quella l'America. Miss Nevada 1953 vinse il titolo indossando un costumino da bagno fatto di bambagia a forma di fungo. Parve una gran trovata. Il due pezzi rivelatore non si chiamava forse bikini, l'atollo della prima bomba H? Nel deserto spuntavano gli "Atomic bar", gli "Atomic restaurant", "Atomic casino". Le prostitute di Reno e Las Vegas offrivano alla clientela "the atomic fuck", la scopata atomica. E le famiglie andavano a fare picnic sulle colline, per guardare il "sole a mezzanotte" attraverso gli occhiali affumicati».


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A proposito di Bikini, dove il 1° marzo 1954 si ebbe l'esplosione di una bomba 1.300 volte più potente di quelle di Hiroshima e Nagasaki, sono stati di recente sollevati del segreto di Stato alcuni grotteschi dettagli, in grado certo di arricchire la casistica horror. Basti pensare che sino al 7 aprile 1954, data di «impiego sperimentale» della sesta bomba all'idrogeno, il Pentagono non aveva ancora disposto l'evacuazione degli abitanti l'arcipelago attorno a Bikini. Essa avvenne solo dai primi di maggio (NB: il personale militare era stato allontanato dalla zona sin da febbraio), allorché si manifestarono i primi, evidenti sintomi di disadattamento radioattivo sulle popolazioni locali...
Da quella primavera del '54 fu posta in essere una delle più colossali opere d'insabbiamento che la storia ricordi. Le vittime accertate, e ufficialmente imputate alla disgraziata circostanza del cambio di direzione del vento, furono 287. Ora però si fa avanti un'altra versione dei fatti e si scopre che le devastanti conseguenze -che perdurano anche sulle ultime generazioni polinesiane- interessarono non meno di ventimila persone e, con esse, l'intero ecosistema (aria, acqua, vegetazione, pesci ...) di quell'angolo di paradiso, come si dice, o diceva. Perché adesso più non si può dire, dato che lì tutto è morto o ha subito irreparabili danni nel raggio di 180-200 miglia.
Meglio non andò nelle isole Marshall, dove gli yankees -che le detenevano e le detengono in «Amministrazione fiduciaria» dall'ONU- fecero esplodere qualcosa come 66 bombe termonucleari. Qui però gli Stati Uniti, non solo avvertirono preventivamente gli isolani, trasferendoli a loro spese in luoghi più sicuri, ma addirittura li risarcirono: 184milioni di dollari, nel 1983!


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Ma le azioni a tutela dei diritti dei popoli non si limitano ai generosi rimborsi. Per il bene del genere umano gli USA agiscono in tutte le direzioni.
Ricordate ad esempio lo spiegamento di forze contro le armi batteriologiche in possesso all'«Hitler del Golfo», il quale sembrava smanioso d'impiegarle sui generosi Alleati accorsi in difesa del piccolo Kuwait? Bene, a parte che tali armi erano frutto di tecnologia occidentale e che l'Occidente le aveva fornite a Saddam Hussein contro l'Iran, alla fin fine «il criminale» si dimostrò meno criminale di quanto era lecito aspettarsi, dato che -a quanto se ne sa- di quelle armi non fece uso sugli Alleati. È storia di ieri.
Quel che è certo, invece, è che -l'altro ieri- sono stati gli USA ad utilizzare quel tipo di «deterrenti». Lo ha scoperto il Congresso al termine di una lunga inchiesta. Il parlamento americano ha così appurato l'uso «para-bellico» di batteri nell'aeroporto di Washington, nel '65 e, l'anno dopo, nella metropolitana newyorchese, dove «vennero liberati batteri per studiarne gli effetti sulla popolazione civile nelle ore di punta».
Sempre sognandone l'impiego a Mosca, gli strateghi a stelle e strisce ordinarono il rilascio di un gas nervino in un'area dello Utah, che causò (1968) la moria di seimila capi di bestiame. Risulta anche che i Nostri condussero, sino agli Anni Ottanta, vari esperimenti con vari gas tossici in 170 località degli States, e non si può escludere -ha osservato L. Cole, uno degli esperti incaricati dell'indagine- che la malattia misteriosa che colpì i pellerossa del New Mexico (1993) abbia origine da analoghi tests.
Secondo invece la Commissione per gli Affari governativi del Senato, questa «gara fra zombies» è cessata con la fine della guerra fredda. C'è chi ne dubita, facendo riferimento al fatto che sin dagli esordi, la guerra NBC (: nucleare-batteriologica-chimica) fu condotta sui cosiddetti marginali e si cita a tale proposito l'«Aspergillus», un batterio testato per la prima volta nel '49 su di un gruppo di neri, nella base navale di Norfolk...


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Io mi fermo qui; anche perché ne avrei abbastanza di questa sequela di «sorprese» che fuoriescono dal cilindro dello Zio Sam. Restano però due domande, ineludibili. La prima: se questi dementi hanno condotto simili esperimenti su loro stessi, chissà a quante e quali «prove» avranno sottoposto le genti da essi dominate dal '45 ad oggi?! Una seconda, conseguente e rabbiosa domanda: per quanto ancora dovremo subire il dominio assoluto di questi criminali, che pretendono ergersi a difensori della libertà, dei diritti, del progresso dell'umanità?!
 

 Alberto Ostidich

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