Rinnegata la civiltà sociale dalla soubrette
Alleanza Nazionale
Faticoso, per nulla tranquillante, davvero precario è stato il tragitto della
partitocrazia in genere dall'undicesima alla dodicesima legislatura del
Parlamento italiano che, per l'eterogeneità e per la conflittualità sempre
emergente tra le diverse forze appartenenti a quella che poteva essere la
possibile maggioranza oppure alla poco rassegnata minoranza scaturite dalla
consultazione elettorale del 27 e 28 marzo appena trascorsi, già consente di
rilevare come i guai di tutti i cittadini e di ogni categoria sociale
proseguiranno soltanto ad intensificarsi, peggiorando le condizioni attuali di
vita.
Inoltre, mentre le fragorose risse post-elettorali tra Lega Nord, Forza Italia
ed Alleanza Nazionale si articolano maggiormente sull'eventualità di un leader
oppure di un altro nel riuscire ad accedere a palazzo Chigi in qualità di capo
del futuro governo, anziché sulla buona qualità dei programmi politici ed
economici per il superamento della grave condizione di costante recessività in
cui versa l'intera Nazione, dal Parlamento europeo è scattata la convocazione
alle urne -anche per gli Italiani- per il rinnovo dell'assemblea di Strasburgo
nel prossimo mese di giugno, riaddensando la focosità demagogica degli
schieramenti politici e dei loro possibili candidati nella loro negletta
divulgazione di teorie insufficienti rispetto alle effettive necessità.
Mentre scriviamo, il nuovo Parlamento italiano sta provando di arrivare alla
consultazione europea almeno con un nuovo governo (se le farneticazioni di Bossi
e compari lo consentiranno) e, in attesa di ciò, si riesce a constatare quanto
manca nelle programmazioni dei diversi schieramenti per avere la statura con
vigore rispondente oggi, alla vigilia del Tremila, alle esigenze impellenti del
nostro popolo. Sebbene lo abbiano reiteratamente annunciato, i partiti varii non
hanno insistito con la necessaria incidenza per ottenere davvero il rinnovo ed
il rafforzamento della Costituzione repubblicana che, confermando il potere
sovrano di origine popolare, garantisca l'elezione diretta del Capo dello Stato
da parte dei cittadini, ogni cinque anni oppure con scadenza diversa, ma mai
rinviabile oppure sopprimibile. Il rinnovo costituzionale deve attuarsi, oltre
che con la partecipazione dei rappresentanti popolari, anche con quella degli
esponenti effettivi delle categorie produttrici, della Magistratura, delle
Università e di ogni altro Corpo o Istituto la cui partecipazione contribuisce a
fare della Costituzione la sintesi di tutti i valori della Nazione.
In politica estera, l'Italia può ottenere notevoli vantaggi se, inserendosi con
equilibrio produttivo e davvero qualitativo nell'ambito della CEE, in essa
riesca a conservare le proprie funzioni storiche di centro attivo delle
comunicazioni e del commercio nei rapporti mediterranei, sia con l'Africa quanto
con il Medio Oriente. Ciò esige una politica estera d'elite, non di sudditanza
nei confronti degli USA, ma di contributo alla realizzazione di maggiore
efficienza nella Comunità europea, che la renda capace di valorizzare i rapporti
che anche la sua posizione geografica facilita.
In materia sociale, urge rafforzare la base della Repubblica italiana che ha,
come soggetto primario, il lavoro, sia manuale che tecnico ed intellettuale, in
ogni sua manifestazione. Inoltre, va difesa la proprietà privata, frutto del
lavoro e del risparmio individuale, integrazione della personalità umana che è
garantita dallo Stato, mentre essa non può diventare disintegratrice della
personalità fisica e morale di altri uomini, attraverso lo sfruttamento del loro
lavoro. In ogni azienda (industriale, privata, parastatale) le rappresentanze
dei tecnici e degli operai devono cooperare intimamente -attraverso una
conoscenza diretta della gestione- all'equa ripartizione degli utili tra il
fondo di riserva, il frutto del capitale azionario e la partecipazione agli
utili stessi per parte dei lavoratori e questa socializzazione, già operante in
qualche Stato europeo, non riesce ad ottenere applicazione in Italia, perché è
stata sinora impedita dalla «triplice» sindacale Cgil, Cisl e Uil ed in base
alla strategia di vessazione, applicata da ogni specie di socialcomunisti e loro
utili affini, a tutto svantaggio delle categorie più bisognose.
Nell'agricoltura, l'iniziativa privata del proprietario trova il suo limite là
dove l'iniziativa stessa viene a mancare e, mentre in Europa questo sforzo è
incisivo, occorre anche avere il coraggio di ricorrere all'esproprio delle terre
incolte e delle aziende mal gestite per condurre alla lottizzazione fra
braccianti da trasformare in coltivatori diretti o alla costituzione di aziende
cooperative, o parastatali, a secondo delle varie esigenze dell'economia
settoriale del territorio.
Negli ultimi cinquanta anni il problema dell'abitazione ha raggiunto in Italia
punte di estrema gravita e di spudorata speculazione: orbene, quello della casa
non è soltanto un diritto di proprietà, è un diritto alla proprietà del
cittadino che lo Stato deve tutelare mediante l'istituzione di un vero Ente a
ciò adibito in ogni Regione per la casa del popolo, che riesca a provvedere e
fornire in possidenza la casa alle famiglie dei lavoratori di ogni categoria,
mediante diretta costruzione di nuove abitazioni o graduale riscatto delle
esistenti. In proposito, è da rammentare che l'affitto -una volta rimborsato il
capitale e pagatone il giusto frutto- costituisce titolo di acquisto.
Questa impegnativa complessità di problematica sociale, insieme a quella
altrettanto vasta di svariati punti della riforma istituzionale, per
l'occupazione, il fisco, le privatizzazioni, la sanità, l'informazione e
l'ambiente non ha scomposto e tanto meno impegnato l'intera partitocrazia di
origine ciellenista, perché l'evoluzione contemporanea ed europea delle
strutture consociate la trova bloccata su posizioni tanto arretrate che umiliano
ed offendono la civiltà del lavoro.
Sin qui, poco di sbalorditivo.
Quella partitocrazia è globalmente ferma, sul piano ideologico e in ogni
concetto, addirittura alla fine del secolo passato, mentre del prossimo
millennio (il Tremila) neppure si è accorta.
Il novello, davvero stupefacente, è ben altro!
Entrando spettacolarmente (per farsi notare) a fare parte del salotto
liberaloide e reazionario della cosiddetta «destra moderata», l'ex MSI-DN si è
rapidamente simbiosizzato con numerosi rappresentanti della vecchia
partitocrazia, ed anche con le loro opinioni, per creare quell'Alleanza
Nazionale roteante sullo zoccolo del ripudio più ostinato e più disgustoso
proprio dei punti fondamentali per cui il vero MSI, nel dicembre 1946, assunse
sostanza politica e volontà di rappresentanza degli interessi popolari,
impegnandosi a trasformare in realtà operante la sostanza sociale dei punti
fondamentali del "Manifesto di Verona" che, già nel novembre '43, diedero allora
-nonostante l'infuriare della Seconda guerra mondiale- il migliore impulso
civile alla Repubblica Sociale Italiana. Da allora, sino all'altro ieri, prima
che comparisse sulla scena da operetta della politica italiana la soubrette
Alleanza Nazionale, tanti missini -giovani ed anziani- hanno sacrificato anche
la propria vita per quei princìpi fondamentali della Civiltà del Lavoro (da
espandere in Europa come forma istituzionale di maggiore valore) e quei
dirigenti dell'ex MSI-DN che hanno osato tradire postulati così alti, per
semplice calcolo elettoralistico e con l'appetito di più stabili seggi
parlamentari oppure regionali, non meritano più considerazione da parte dei
cittadini.
Infatti, con la reiezione dei valori principali della civiltà politica a cui il
MSI si riferiva -collegandosi sin dalla sua fondazione alla RSI- per affermarli
con maggiore incisività, Alleanza Nazionale ed i suoi esponenti si
camaleontizzano in beati rappresentanti di una democrazia salottiera che non ha
più rapporti con il popolo, ma svolge una funzione reazionaria che è esattamente
in posizione opposta ai motivi ideali del movimento da cui proviene.
È pacifico che, alle elezioni per il rinnovo del Parlamento europeo nel prossimo
mese di giugno, il concerto propagandistico delle varie coalizioni politiche
sfornerà ritornelli di nuova coniazione, ma è interessante controllare in virtù
di quali valori esse oseranno chiedere ai cittadini italiani il loro voto
quando, ancora adesso, non hanno saputo rispondere alla principale esigenza
nazionale: ripresa dell'economia con sicurezza di lavoro.
Senza ciò, la civiltà è in dubbio.
Bruno De
Padova
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