«Non è importante la vita. Importante è cosa si fa della vita» (Beppe Niccolai - Roma, Dicembre 1984)

Anno III - n° 3 - 30 Aprile 1994

 

Rinnegata la civiltà sociale dalla soubrette Alleanza Nazionale

 

Faticoso, per nulla tranquillante, davvero precario è stato il tragitto della partitocrazia in genere dall'undicesima alla dodicesima legislatura del Parlamento italiano che, per l'eterogeneità e per la conflittualità sempre emergente tra le diverse forze appartenenti a quella che poteva essere la possibile maggioranza oppure alla poco rassegnata minoranza scaturite dalla consultazione elettorale del 27 e 28 marzo appena trascorsi, già consente di rilevare come i guai di tutti i cittadini e di ogni categoria sociale proseguiranno soltanto ad intensificarsi, peggiorando le condizioni attuali di vita.
Inoltre, mentre le fragorose risse post-elettorali tra Lega Nord, Forza Italia ed Alleanza Nazionale si articolano maggiormente sull'eventualità di un leader oppure di un altro nel riuscire ad accedere a palazzo Chigi in qualità di capo del futuro governo, anziché sulla buona qualità dei programmi politici ed economici per il superamento della grave condizione di costante recessività in cui versa l'intera Nazione, dal Parlamento europeo è scattata la convocazione alle urne -anche per gli Italiani- per il rinnovo dell'assemblea di Strasburgo nel prossimo mese di giugno, riaddensando la focosità demagogica degli schieramenti politici e dei loro possibili candidati nella loro negletta divulgazione di teorie insufficienti rispetto alle effettive necessità.
Mentre scriviamo, il nuovo Parlamento italiano sta provando di arrivare alla consultazione europea almeno con un nuovo governo (se le farneticazioni di Bossi e compari lo consentiranno) e, in attesa di ciò, si riesce a constatare quanto manca nelle programmazioni dei diversi schieramenti per avere la statura con vigore rispondente oggi, alla vigilia del Tremila, alle esigenze impellenti del nostro popolo. Sebbene lo abbiano reiteratamente annunciato, i partiti varii non hanno insistito con la necessaria incidenza per ottenere davvero il rinnovo ed il rafforzamento della Costituzione repubblicana che, confermando il potere sovrano di origine popolare, garantisca l'elezione diretta del Capo dello Stato da parte dei cittadini, ogni cinque anni oppure con scadenza diversa, ma mai rinviabile oppure sopprimibile. Il rinnovo costituzionale deve attuarsi, oltre che con la partecipazione dei rappresentanti popolari, anche con quella degli esponenti effettivi delle categorie produttrici, della Magistratura, delle Università e di ogni altro Corpo o Istituto la cui partecipazione contribuisce a fare della Costituzione la sintesi di tutti i valori della Nazione.
In politica estera, l'Italia può ottenere notevoli vantaggi se, inserendosi con equilibrio produttivo e davvero qualitativo nell'ambito della CEE, in essa riesca a conservare le proprie funzioni storiche di centro attivo delle comunicazioni e del commercio nei rapporti mediterranei, sia con l'Africa quanto con il Medio Oriente. Ciò esige una politica estera d'elite, non di sudditanza nei confronti degli USA, ma di contributo alla realizzazione di maggiore efficienza nella Comunità europea, che la renda capace di valorizzare i rapporti che anche la sua posizione geografica facilita.
In materia sociale, urge rafforzare la base della Repubblica italiana che ha, come soggetto primario, il lavoro, sia manuale che tecnico ed intellettuale, in ogni sua manifestazione. Inoltre, va difesa la proprietà privata, frutto del lavoro e del risparmio individuale, integrazione della personalità umana che è garantita dallo Stato, mentre essa non può diventare disintegratrice della personalità fisica e morale di altri uomini, attraverso lo sfruttamento del loro lavoro. In ogni azienda (industriale, privata, parastatale) le rappresentanze dei tecnici e degli operai devono cooperare intimamente -attraverso una conoscenza diretta della gestione- all'equa ripartizione degli utili tra il fondo di riserva, il frutto del capitale azionario e la partecipazione agli utili stessi per parte dei lavoratori e questa socializzazione, già operante in qualche Stato europeo, non riesce ad ottenere applicazione in Italia, perché è stata sinora impedita dalla «triplice» sindacale Cgil, Cisl e Uil ed in base alla strategia di vessazione, applicata da ogni specie di socialcomunisti e loro utili affini, a tutto svantaggio delle categorie più bisognose.
Nell'agricoltura, l'iniziativa privata del proprietario trova il suo limite là dove l'iniziativa stessa viene a mancare e, mentre in Europa questo sforzo è incisivo, occorre anche avere il coraggio di ricorrere all'esproprio delle terre incolte e delle aziende mal gestite per condurre alla lottizzazione fra braccianti da trasformare in coltivatori diretti o alla costituzione di aziende cooperative, o parastatali, a secondo delle varie esigenze dell'economia settoriale del territorio.
Negli ultimi cinquanta anni il problema dell'abitazione ha raggiunto in Italia punte di estrema gravita e di spudorata speculazione: orbene, quello della casa non è soltanto un diritto di proprietà, è un diritto alla proprietà del cittadino che lo Stato deve tutelare mediante l'istituzione di un vero Ente a ciò adibito in ogni Regione per la casa del popolo, che riesca a provvedere e fornire in possidenza la casa alle famiglie dei lavoratori di ogni categoria, mediante diretta costruzione di nuove abitazioni o graduale riscatto delle esistenti. In proposito, è da rammentare che l'affitto -una volta rimborsato il capitale e pagatone il giusto frutto- costituisce titolo di acquisto.
Questa impegnativa complessità di problematica sociale, insieme a quella altrettanto vasta di svariati punti della riforma istituzionale, per l'occupazione, il fisco, le privatizzazioni, la sanità, l'informazione e l'ambiente non ha scomposto e tanto meno impegnato l'intera partitocrazia di origine ciellenista, perché l'evoluzione contemporanea ed europea delle strutture consociate la trova bloccata su posizioni tanto arretrate che umiliano ed offendono la civiltà del lavoro.
Sin qui, poco di sbalorditivo.
Quella partitocrazia è globalmente ferma, sul piano ideologico e in ogni concetto, addirittura alla fine del secolo passato, mentre del prossimo millennio (il Tremila) neppure si è accorta.
Il novello, davvero stupefacente, è ben altro!
Entrando spettacolarmente (per farsi notare) a fare parte del salotto liberaloide e reazionario della cosiddetta «destra moderata», l'ex MSI-DN si è rapidamente simbiosizzato con numerosi rappresentanti della vecchia partitocrazia, ed anche con le loro opinioni, per creare quell'Alleanza Nazionale roteante sullo zoccolo del ripudio più ostinato e più disgustoso proprio dei punti fondamentali per cui il vero MSI, nel dicembre 1946, assunse sostanza politica e volontà di rappresentanza degli interessi popolari, impegnandosi a trasformare in realtà operante la sostanza sociale dei punti fondamentali del "Manifesto di Verona" che, già nel novembre '43, diedero allora -nonostante l'infuriare della Seconda guerra mondiale- il migliore impulso civile alla Repubblica Sociale Italiana. Da allora, sino all'altro ieri, prima che comparisse sulla scena da operetta della politica italiana la soubrette Alleanza Nazionale, tanti missini -giovani ed anziani- hanno sacrificato anche la propria vita per quei princìpi fondamentali della Civiltà del Lavoro (da espandere in Europa come forma istituzionale di maggiore valore) e quei dirigenti dell'ex MSI-DN che hanno osato tradire postulati così alti, per semplice calcolo elettoralistico e con l'appetito di più stabili seggi parlamentari oppure regionali, non meritano più considerazione da parte dei cittadini.
Infatti, con la reiezione dei valori principali della civiltà politica a cui il MSI si riferiva -collegandosi sin dalla sua fondazione alla RSI- per affermarli con maggiore incisività, Alleanza Nazionale ed i suoi esponenti si camaleontizzano in beati rappresentanti di una democrazia salottiera che non ha più rapporti con il popolo, ma svolge una funzione reazionaria che è esattamente in posizione opposta ai motivi ideali del movimento da cui proviene.
È pacifico che, alle elezioni per il rinnovo del Parlamento europeo nel prossimo mese di giugno, il concerto propagandistico delle varie coalizioni politiche sfornerà ritornelli di nuova coniazione, ma è interessante controllare in virtù di quali valori esse oseranno chiedere ai cittadini italiani il loro voto quando, ancora adesso, non hanno saputo rispondere alla principale esigenza nazionale: ripresa dell'economia con sicurezza di lavoro.
Senza ciò, la civiltà è in dubbio.
 

Bruno De Padova

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