l'ultima
Non scherziamo con le
parole
O eroici, italianissimi vigliacchi,
delle altrui glorie pavidi e pentiti,
che andate in giro a raccattar sputacchi
per far veder che siete buoni e miti,
(...)
giorno verrà che pagherete i danni»
(Curzio Malaparte, «II battibecco», 1949)
Intervista telefonica di Gianluca Luzi de "la Repubblica" (12.4.1994) a
Gianfranco Fini. Incipit. «Il fascismo era totalitario». Trovo, tra gli appunti
di Beppe Niccolai: «II fascismo è stato un istituto di recupero per popoli in
ritardo, sventurati, sconfitti, falliti. Una sorta di GEPI della Storia».
Domanda, Luzi: «On. Fini, quelli che aderirono alla Repubblica di Salò, li
considera eroi oppure no?»
Risposta: «Si trattava di ragazzi che credevano di servire la patria. Non
escludo che altri vi abbiano aderito per ideali meno nobili».
«Credevano ...».
La frase compiuta, espressa con arrogante sufficienza, è di commiserazione per
quei ragazzi. Secondo lui erano ottocentomila povericristi, tra i quali (non ci
dice se essi fossero in minore o maggior numero) degli opportunisti o peggio.
Ancora non lo ha detto, ma sicuramente la pensa come il suo grande amico Cossiga
e, prima o poi, anche lui si adeguerà: «Hanno combattuto dalla parte sbagliata».
Uno spogliarello indecente. Abbassata una bandiera dietro l'altra, ora viene
messa in atto la definitiva opera di disgregazione di una comunità umana -ancora
degna di tale definizione- per ottenere ulteriori concessioni dagli «amici».
Magari un attestato di benemerenza antifascista. È il segretario di un partito
che si lascia inventare, giorno dopo giorno, pur di poter cavalcare questa
società. Una società pragmatica, basata sull'economia e sul denaro, governata da
uomini che impiegheranno la polizia e le forze della repressione per far
rispettare le leggi del libero mercato.
Quando, in una comunità, colui che la rappresenta ne mette in discussione
l'identità, le radici, o ne sminuisce i meriti, ebbene, costui dovrebbe essere
considerato il peggior nemico. Ma se l'ambiente missino accetta tutto questo,
vuoi dire che gli è stato iniettato un veleno insidioso: la mediocrità. È
divenuto una steppa che ognuno può invadere e, secondo il tipo di animali che vi
faranno il nido, sarà trasformato in cloaca. Persa la memoria, si scatenerà la
stupidaggine e la relativa bassezza. Nutrita di parole, di autorità senza
programma, di culto dell'uomo, farà la fine dell'asino trascinato dal gendarme.
Tutto sarà dimenticato, comprese le motivazioni per cui questa comunità era nata
e per le quali si era autoimposta uno stile comportamentale: fierezza,
precisione della parola data, generosità, rispetto dell'avversario coraggioso;
protezione dei deboli e dei disarmati, disprezzo per coloro che mentono, stima
per coloro che dissentono lealmente; volontà di compiere, altrettanto lealmente,
il proprio mestiere di uomo, per costruire il proprio destino, per sviluppare in
sé la disciplina, il gusto dell'ordine, il sentimento del dovere e dell'onore e
tutti quei principi che si manifestano con il senso della responsabilità e della
solidarietà. Con il sentimento di essere al proprio posto in un ordine accettato
per svolgere un compito importante.
Per queste «cosucce», abbiamo combattuto in Repubblica Sociale prima e militato
nel MSI poi. Non per le poltrone, non per il quieto vivere, non per accattivarci
la benevolenza dei moderati. Di queste «cose»... ce ne freghiamo.
un
ragazzo che «credeva»
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