«Non è importante la vita. Importante è cosa si fa della vita» (Beppe Niccolai - Roma, Dicembre 1984)

Anno III - n° 4 - 15 Giugno 1994

 

le lettere


Caro missino,
hai creduto in un partito, quello della fiamma tricolore; eri sicuro che rappresentasse le tue idee, anzi che fosse la continuazione dell'Idea.
Per questo partito hai lottato per anni, solo contro tutto e tutti. Spesso sei stato deriso, altre volte malvisto e perseguitato. E qualcuno, che come te ha creduto e combattuto per l'Idea, ci ha pure lasciato la pelle.
Ora il tuo partito ha vinto, è al governo con cinque ministri. Ma che fine hanno fatto le tue idee?
Non hai mai avuto paura, nella tua vita, di dichiararti fascista e di fare il saluto romano. Certo, forse lo hai fatto per nostalgia, oppure per pura sfida al regime demo-comunista. Ora, però, il tuo partito ti dice che devi essere antifascista e che, se fai il saluto romano, sei un naziskin. Il fascismo, ti dicono, è solo violenza e dittatura.
Hai sempre lottato contro questa società materialista e mondialista dove l'uomo è considerato come mero strumento di produzione e consumo. Ora, il tuo partito, ti dice che devi essere un liberaldemocratico e che, quindi, devi accettare il modello di sviluppo capitalista; con tanto di Coca Cola e patatine prefritte.
Hai sempre creduto che la nostra Nazione fosse stata umiliata in quanto colonia economica e militare degli Stati Uniti d'America. Ora, il tuo partito, ti dice che devi rispettare l'alleanza atlantica e, magari, partecipare ai festeggiamenti per la liberazione. Hai sempre lottato per abbattere questo regime partitocratico per cacciare i politici corrotti. Ora, il tuo partito, ti dice che tu non conti più nulla e che, anzi, devi supinamente prendere ordini dai riciclati. Cioè da quei ladri e maneggioni democristiani che volevi cacciare via ma che, invece, si sono iscritti al tuo partito.
Caro camerata -pardon!- caro alleato, oggi tu sei diventato liberale, democristiano, antifascista e, magari, anche un buon massone. Credi nel capitalismo e nella società dei consumi, ti inchini al padrone americano e al sionismo internazionale.
Non sei d'accordo con la nuova linea del partito? Non importa. C'è sempre chi, nel partito, ti rappresenterà nel gioco delle parti. L'opposizione interna sta crescendo: il fascismo non si tocca, dicono. Ma è un film già visto. I soliti sciacalli che, nel nome dell'Ideale, cercano di piazzare sul mercato il pacchetto di azioni rappresentato dai duri e puri. Ma, come al solito, sono pronti a barattare le tue idee con qualche carica istituzionale, o magari con un impiego alla Rai-Tv.
Complimenti, caro amico, in tutti questi anni sei stato molto utile alla causa. All'inizio sei servito, nella logica degli opposti estremismi, per stabilizzare il regime clerico-borghese. Poi sei servito a mandare al parlamento tanta brava gente che, nel nome dell'Idea, si è sistemata alla faccia tua. Infine sei servito a mandare al governo gli uomini del tuo partito. Che ora ti dicono: grazie di tutto, ma non ci servi più.
Come hai detto...? te ne vuoi andare dal partito? Ma... allora sei un traditore! Vergognati!


un coglione come te

 

 



È da qualche numero che "Tabularasa" viene permeata di un ritrovato graffiante vigore; sembra che sia tornato a scrivere Beppe Niccolai. Complimenti. Con un auspicio di buon lavoro, colgo l'occasione di inviarvi una lettera già da molto tempo spedita a quelli de "L'Italia settimanale" (i post-fascisti, per intenderci) e cestinata all'istante. Non mi meraviglio e non mi lamento per questo: li compiango. Non certo per aver gettato quel foglio di carta, ma perché a volte per dimostrare a sé stessi e agli altri di essere così post-post-fascisti, si rischia di assorbire i «migliori» vizi della democrazia. Ovvero imparare tutti la stessa canzone, un unico e fervido batter di mani. Una liberazione da un certo passato con quel rassicurante «amici» che vien loro rivolto dal «loro» Fini.
Ma ci si può radere la testa e diventare «arancioni»; ci si può comprare una valigetta di pelle, impugnare la "Torre di Guardia" e diventare Testimoni di Geova, ci si può comprare "Capital" e sentirsi come Agnelli; ma in tutti questi casi, come in altri, nessuno ti dirà mai: «Che capacità di coalizione, quanta forza di aggregazione». Al massimo ti diranno che ti sei convertito o che ti sei rincoglionito. Ed è ciò che sta avvenendo nel nostro mondo politico. Una nebulosa grigia, inodore, chiamata «Alleanza nazionale» si aggira in cerca di teste, inneggia al moderatismo, al presidenzialismo, al conservatorismo, ad un polo da opporre alla sinistra. Già, alla sinistra, come se ciò fosse sufficiente per abbracciare reazionari d'ogni età, bigotti clericali destrorsi, mummie DC modello Pomicino. Tutti uniti per arginare «il rosso».
Questa prospettiva può anche essere valida per chi sogna come unico progetto politico un soggetto anti-sinistra. Ma è stato forse dimostrato da qualche parte che la sommatoria di tutte le componenti esterne alla sinistra sia migliore della sinistra stessa? Ma forse si vuole semplicemente dimostrare e dare avallo alla tesi che il fascismo sia uguale a reazione. Perché vogliamo dare validità a questo teorema che non ci appartiene e che ci hanno costruito intorno? Perché finire nel credere di essere quello che non siamo ma che altri vorrebbero che fossimo. È stato detto che avevamo bisogno di aggregazione per fare una destra di governo che, altrimenti, saremmo stati dei semplici nostalgici con il piacere dell'autolesionismo del ghetto. Sono le stesse considerazioni che avrebbe potuto fare, o che forse ha fatto, l'on. Turchi al tempo di «Democrazia nazionale».
Non si può credere che «Alleanza nazionale» sia un soggetto politico nuovo. È come voler credere che Achille Occhetto ha inventato la socialdemocrazia. AN, in realtà, rappresenta un progetto politico che mira, consciamente o non, a disintegrare la Destra radicale, la Nuova Destra, per costringerla a diventare Destra economica. Già, destra economica. Non ci piacque al tempo di DN, l'etichetta «destra», ma a malincuore la metabolizzammo. Si disse che era un problema di differenziazione, ma mai e poi mai riusciremo a digerire una coalizione con la «destra economica», ovvero la destra mercantilistica, usuraia, mondialista. La destra del capitale.
E poi, di quale capacità di aggregazione si tratta? Questa è una resa. Si, è vero che bisogna dare un taglio ai simboli del passato, ma attenzione, a questa esteriorità non abbiamo mai creduto in quanto era l'espressione dell'apparire non dell'essere. Se è vero che bisogna scrollarsi di dosso i feticci del passato (appartenuti o appartenenti all'apparire) non è altrettanto vero che dobbiamo snaturalizzarci a livello intellettivo. Ciò equivarrebbe metterci in fila per farci lobotomizzare.
Ideali come Socializzazione, Stato sociale hanno un valore o anche questi fanno parte di un retaggio del passato dì cui bisogna vergognarsi?
È opportuno, ora più che mai, fermarsi a guardare dentro di noi con una rapida e sincera introspezione che ci consenta di pensare a dare concretezza alle nostre idee per attuare quel progetto che fu incompiuto. Dobbiamo far conoscere la nostra dottrina sociale. Ritrovare il gusto del rifiuto alla vita borghese e pantofolaia (propria della destra conservatrice) ed il rifiuto della grettezza di classe (tipica della sinistra storica). Per rompere quella dualità destra-sinistra e creare la trasversalità popolare e nazionale autentica.


Lorenzo Chialastri

 

 



Egregio signor Carli,
mi scusi se oso disturbarla. Sono una ragazza che ha avuto la fortuna di leggere, per puro caso, il n° 1 del gennaio 1993 di "Tabularasa". Mi creda, sono rimasta molto contenta e sorpresa di sapere di autori «nostri» che il mondo missino nasconde: cioè Berlo Ricci, Niccolai ed altri. Vede, sono giovane ed ogni tanto leggo il "Secolo d'Italia", anche perché non arriva altro qui nell'edicola. Le chiedo se lei ha la raccolta di "Tabularasa"; se esce ancora e se ha qualcosa sugli scrittori ed uomini d'azione prima citati. Le spese le può fare a mio carico. Mi creda, ho tanto bisogno di leggere. Aspetto con ansia una sua risposta.
Sua, se permette, giovane amica,

Angela



Gentile signorina,
ho provveduto a spedirLe tutta la raccolta di "Tabularasa". Nessuna spesa. Riguardo agli scritti di Beppe Niccolai, provvederò ad inviarLe fotocopie di articoli da lui pubblicati negli anni 1979-80-81 e da me raccolti in volume. Volume che, purtroppo, è oggi irreperibile.

Per quanto concerne Berto Ricci, gli unici suoi scritti che hanno visto la stampa -"Lo scrittore italiano" e "Poesie e Ritmi"-, sono disponibili presso la "Libreria Europa" dell'amico Enzo Cipriano, via Sebastiano Veniero, 74 - 00192 Roma, Tel. 06 - 39722155.

Un cordiale saluto.

A. C.

 

 



Egregio direttore,
sento il dovere di scriverle perché lei raffigura quei personaggi eroici, forse d'altri tempi, e per questo sempre più rari, che amano vivere controvento, senza farsi trascinare mai dal fragore della tempesta. Ma, purtroppo, i nostri tempi, quelli che viviamo, sono fatti di inchini e riverenze, cervelli assopiti da tanti impulsi automatici senza più neanche l'ombra dei sentimenti.
Intenzioni senza progetti, discussioni prive di idee, insomma tanta e tanta mediocrità ed ignoranza. È questo il tempo dell'annullamento dell'individuo capace di sentire, i cui valori sono un «Festival» o una «Telenovela», consigliati ad acquistare per telecomando alla fiera del nulla! Sì, ma ai nostri figli cosa insegneremo? Come faremo a spiegare che dovrebbero esistere la fede, l'amore, il rispetto, la dignità, l'orgoglio? È dura, caro direttore, quando si scopre una realtà come questa! È vero, bisogna reagire, ribellarsi, ma come? Con quali strumenti: la cultura, la politica, o cos 'altro ?
Mi dia una risposta, direttore, e se questa non sarà sufficiente, continuerò a stimarla lo stesso.
Cordialmente,

Antonella Fortunato



Gentile signora,
sono abituato a ricevere anonimi improperi, grazie ai quali riesco a mantenermi vivo, ma non ad essere il destinatario di sì benevole considerazioni; men che meno così esagerate. E mi creda, mi ha fatto intimamente vergognare perché ben conosco i miei limiti e, soprattutto, i miei difetti. Dei quali però non mi dolgo. Insieme a loro ho trascorso tutta la mia vita e ad essi sono particolarmente affezionato; che, ogni tanto, mi procurano tali e tante soddisfazioni per cui sento ragionevolmente il dovere di accudirli e coltivarli con tanta passione. Ma queste sono considerazioni del tutto personali epperò, timidamente, mi permetto rivolgerLe l'invito ad evitare -sempre- la profusione di elogi nei confronti di chicchessia, fosse pure il Padreterno. L'uomo, o per necessità, o per ambizione, o per meschinità, è sempre pronto a mancare alla parola data. A cambiare il suo stile di vita, a offrirsi al miglior offerente. Raramente rimane ligio e fedele ai princìpi naturali, anche se essi gli sono stati insegnati da qualcuno che, per poterli trasmettere ad altri in modo tale che li potesse praticare senza affanno, ha duramente pagato. In ciò io sono stato fortunato ed ho la certezza che anche Lei lo è stata e lo saranno i Suoi figli. Offra pure, e sempre, l'amore; viva nella fede che l'essere umano può migliorare; abbia rispetto, ma solo verso chi lo merita; mantenga sempre la Sua dignità e dimostri, in ogni occasione, tutto l'orgoglio che da essa ne deriva. Come vede, anziché indicarLe gli strumenti necessari per combattere questo nostro tempo, utilizzo e commento i valori che Lei teme non possano essere assorbiti dai Suoi figli a causa del mondo che li circonda. Ma non sarà così. Lei chiede a me una risposta che non sono in grado di dare. Anzi. È Lei che mi ha dato una lezione, che mi ha fatto soffermare sulle miserie di questa società, ma dandomi anche la speranza che essa possa essere cambiata, migliorata. Io, Lei e tantissimi altri amici in ogni parte d'Italia, vi possiamo contribuire fattivamente. Mettendo a disposizione il nostro altruismo -oggi ostacolato- ma la cui richiesta non tarderà a giungere. Sia pronta a ricevere -quando ciò accadrà- grandi delusioni, ma non ne soffra. È naturale che ciò avvenga. La maggioranza dei nostri simili ritiene che i valori siano merce di scambio, per cui, se Lei ha infuso fede e coraggio, loro La ripagheranno con i peggiori torti. Questa sarà la loro moneta. Ma, Le ripeto: non ne dovrà soffrire. L'altruismo e il sacrificio non sono unità di misura.
Lei scrive: «È vero, bisogna reagire, ribellarsi, ma come? Con quali strumenti: la cultura, la politica, o cos'altro?» Ed io Le rispondo: non certamente con la politica finché l'uomo non sarà diventato tale. Essa, così come oggi è intesa, è un artifizio per gabbare gli ingenui. Con la cultura? Certo. Ma io la intendo come studio ed affinamento del pensiero; mezzo di sostentamento intellettivo per la comprensione delle nostre ed altrui carenze; insostituibile strumento per tenere viva, in noi, l'insofferenza per i cialtroni. Piano piano, maturerà la ribellione. Saremo stati noi a produrla, saremo noi a guidarla. La ringrazio per le belle parole e spero di poterLa sempre annoverare tra gli amici più cari.
 

A.C.

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