i trasporti in Italia
Il
rapido europeo dei trasporti
penalizza l'accelerato italiano
Trasporti su rotaia oppure su ruote gommate, per via marittima o fluviale, con
aeroplani o mediante elicotteri rappresentano nell'Europa comunitaria e, quindi,
anche nella nostra Penisola -con l'esigenza di loro perfezionamento innovativo
nelle strutture, di mezzi più sofisticati e di personale tecnicamente più
specializzato- una compagine di occorrenze di serio vincolo nella programmazione
effettiva dell'azione futura che il Parlamento di Strasburgo dovrà appagare dopo
la consultazione elettorale nella CEE di giugno '94 e, per la quale, l'intera
partitocrazia italiana (di vecchio e di nuovo conio) è immersa nel consueto,
rumoroso e demagogico subbuglio propagandistico, ben lontana però, in fatto
d'iniziative positive ed improrogabili, dalla propria corresponsabilizzazione
effettiva per le nuove esigenze emergenti in questo primario settore di continuo
accrescimento operativo ed occupazionale, mancando in Italia un sufficiente
coinvolgimento economico di aziende nei maggiori settori di produttività.
L'Europa comunitaria, e in particolare nella Germania riunita, in Francia, nella
Gran Bretagna, nel Benelux, nelle Penisole scandinava ed iberica, prosegue a
realizzare trasporti maggiormente rifiniti nel trasporto intermodale tra rotaia,
strada e via fluviale, sollecitando nel contempo agli operatori italiani un
indispensabile miglioramento di mezzi e di strutture, altrimenti quest'ultimi
rimangono ineluttabilmente danneggiati dal loro ritardo nell'ambito realizzativo
e commerciale, ed in modo irreversibile, con grave danno per tutte le nostre
categorie sociali. Imprenditori, politici e sindacalisti della nostra Penisola
scaricano gli uni sugli altri, oppure tutti insieme sulla cosiddetta
«contingenza sfavorevole», il loro mancato adeguamento d'iniziative responsabili
rispetto alla celerità con la quale nei Paesi cointeressati si è già provveduto
ai perfezionamenti impellenti.
Per quanto concerne il grande trasporto ferroviario, l'Europa ha già veduto la
SNCF (Société Nationale des Chemins de Fer Francais), la DB (Deutsche Bundesbahn)
e le analoghe organizzazioni societarie e settoriali di Gran Bretagna, Belgio,
Danimarca, Olanda e di altri Stati partecipi, quali Austria, Svizzera,
Scandinavia, ecc, produrre uno sviluppo considerevole di strutture proiettate
alla realizzazione commerciale di quell'Alta velocità oscillante tra i 250 e i
300 Km/h e del trasporto combinato intermodale che, in Italia, tarda parecchio a
concretizzarsi, quando non si è tuttora fermi alla progettazione o poco più in
là.
Infatti, nel nostro Paese, sono stati aperti da pochissimo tempo i primi due
cantieri per la costruzione di linee ferroviarie ad Alta velocità e, per quanto
concerne le FS SpA (Ferrovie dello Stato), il progetto adeguato all'allineamento
della rete italiana a quelle citate della CEE riguarda la tratta orizzontale
Torino-Milano-Verona-Venezia; quelle verticali Milano-Genova e
Milano-Bologna-Firenze-Roma-Napoli. L'adeguamento della rete ferroviaria
italiana a quella europea richiederà, per le tratte indicate e nella fase
programmatica ed iniziale, un preventivo di spesa di ben 30mila miliardi di
lire, con un volano eccezionale, coinvolgente indotto, occupazione e servizi.
È vero che l'Unione europea sembra intenzionata a fornire all'Italia per l'Alta
velocità un prestito a tasso agevolato di 130milioni di Ecu per la realizzazione
della tratta Roma-Napoli, ma è altrettanto reale che gli altri 700milioni di Ecu
per finanziare realizzazioni di collegamenti ferroviari nelle regioni del Sud
fino al '99, non risolvono la più vasta problematica dei trasporti ferroviari
nazionali sui suoi Km 16.085 di rete (della quale appena Km 7.943 sono
elettrificati), perché le linee lungo la litoranea tirrenica da Ventimiglia a
Roma e da Napoli a Palermo, quelle esistenti nelle riviere adriatica ed jonica
da Ferrara a Brindisi e da Bari a Reggio Calabria, nonché nei rispettivi
entroterra con diverse direttrici di movimento interregionale, rimangono
tagliate fuori dal complesso generale delle innovazioni europee.
In materia, data l'incidenza della funzionalità dei trasporti in genere
nell'efficienza dell'andamento socio-economico delle varie Regioni italiane, i
Centri Studi delle molteplici Unioncamere di Commercio esistenti in tutta Italia
segnalano da tempo come la limitata (diciamo: ristretta) ristrutturazione
ferroviaria italiana -quella a «T», da Torino a Venezia in orizzontale; da
Milano a Genova e da Milano a Napoli via Bologna e Firenze in verticale- viene
realizzata in subordine alle esigenze dei trasporti degli altri Stati
comunitari, sia per l'Alta velocità quanto per il sistema intermodale di
comunicazioni. Ad esempio, come la Toscana con la sua problematica per il porto
di Livorno e per il movimento turistico dalla Versilia alla Maremma, la Liguria
ha constatato la pesantezza delle ripercussioni negative derivanti dalle
innovazioni dell'Alta velocità e dal metodo del trasporto combinato, in quanto
-per adesso, e per molto tempo nel futuro- ben poche delle sue strutture nei
movimenti mercantili e commerciali in genere reggeranno al confronto con la
concorrenza e la fluidità degli altri servizi europei: per Imperia e Savona, per
Genova e La Spezia, sia a Ponente quanto a Levante, e nella maggioranza dei
collegamenti stradali e ferroviari con la Padania e con l'area toscana,
l'Unioncamere di Commercio ha specificatamente tratteggiato come l'intero
comparto regionale annoterà ben presto passività derivanti, oltre che dalla
recessione cronica già immessa nell'economia dal centrosinistra, anche da un
isolamento strutturale di traffici che nel più recente passato (nei momenti di
asprezza congiunturale) si sono ben delineate in pesanti perdite di attività e
di occupazione.
Sul piano politico, tutto ciò come viene avvertito? Sinora, in modo non
rilevante, sebbene l'approssimarsi della consultazione elettorale per il rinnovo
del Parlamento europeo in giugno ha già destato nei «deputati italiani» di
Strasburgo l'appetito per una riconferma, tanto più che -in questa occasione- si
ritorna al sistema proporzionale.
Intanto, i «vincitori» del 27 e 28 marzo non hanno mancato di fare sentire il
loro parere sullo sviluppo dell'Alta velocità ferroviaria in Italia, secondo il
progetto della CEE che, nella soluzione a «T» tra Torino e Venezia e tra Milano
e Napoli, concede alle FS SpA la nostra realizzazione moderna su rotaie per il
2000, e con tutte quelle insufficienze di sviluppo e di mancata soddisfazione
delle necessità italiane esistenti nel traffico in genere, da lasciare
stupefatti. Quelli di Forza Italia sono coscienti che, senza l'integrazione dei
trasporti del nostro Paese all'Alta velocità ed al sistema intermodale, c'è
soltanto il rischio per l'intera economia nazionale di rimanere tagliata fuori
dallo sviluppo accelerato della CEE, ma ritengono «tragico» questa realizzazione
tramite le FS; per la Lega Nord, invece, si sottolinea che l'iniziativa privata
avrebbe risolto, da sola, ed a sue spese (in cambio della gestione per un certo
numero di anni), lo sviluppo di questo servizio, mentre indica non conveniente
-perché senza ritorno economico- quell'Alta velocità programmata sulla
Roma-Napoli; per Alleanza nazionale (integrata da ex resistenzialisti in piena
metamorfosi post-referendaria) la scoperta dell'Alta velocità è stata turbinosa
e, nella romana via della Scrofa, i «sudisti» di turno hanno lamentato che è un
grave errore bloccare l'Alta velocità a Napoli, ma bisogna farla procedere più
in giù, alla svelta, anche laddove la rete ferroviaria si snoda ad un solo
binario, perché non se ne avvantaggi solo il Nord.
Ma la problematica dei trasporti in Europa segue anche due dinamiche di
ulteriore perfezionamento: quella del traffico fluviale e l'altra
dell'ammodernamento autostradale.
Il trasporto fluviale possiede in numerosi Stati europei una tradizione di
sviluppo altamente remunerativo per l'economia di questo settore d'attività: in
Germania, nella Francia, nella Gran Bretagna, in Austria (con riflusso
nell'intera aerea balcanica e sino al mar Nero, per il Danubio) la quantità di
merci che ogni anno usufruisce molto convenientemente dello smistamento
attraverso battelli e autocarri sta ampliandosi in misura eccezionale e fiumi
come la Senna, il Rodano, il Tamigi, il Reno, la Vistola, l'Oder, insieme ai
laghi con superficie e profondità utilizzabili per traghetti, hanno una
tradizione in proposito che si ricollega, nella storia, ad eventi ed uomini di
maggiore evidenza. Il fiume più europeo e più storico del nostro Continente è
certamente il Reno, perché seguì l'espansione dell'Impero romano, facendo
congiungere il mondo latino a quello germanico e sino ad avere, in Richard
Wagner e nel ciclo nibelungico, i cantori del suo oro musicale e di sviluppo:
ebbene, la modernità europea dei trasporti abbisogna anche di queste sfumature
poetiche, per non essere inferiore nei valori della tradizione ai battellieri
del Volga ed ai cantori del Mississippi. L'Italia deve riuscire a farle
riscontrare, nella loro originalità, al Po, all'Arno e al Tevere, che poi nella
storia e nello sviluppo d'Italia non sono estranei.
Per l'aumento del trasporto fluviale, il Po è sempre stato utilizzato, nel
passato, sin dal tempo degli Etruschi, con precise intenzioni di utilizzo civile
e commerciale; prima gli Austriaci (quando l'imperatore Francesco Giuseppe
dominava a Vienna) e poi Roberto Farinacci avanzarono valide progettazioni che,
se non fossero state devastate dalla miopia e dalla dimenticanza degli attuali
pseudo-democratici ad oltranza, oggi consentirebbero all'economia padana di
potere usufruire di questo genere di trasporto a basso costo altamente
trascurato per evidente incapacità.
L'ammodernamento del traffico autostradale e delle sue strutture sollecita una
valutazione ben precisa agli effetti dei costi e degli aspetti della loro
commercializzazione, perché attraverso un forte rilancio del trasporto
mercantile ferroviario l'economia può trarne risparmi considerevoli, migliorando
nel contempo le condizioni di viabilità anche per il turismo e nella tutela
dell'ambiente. In Europa, ciò sta facendosi sentire, specie nell'Austria e nella
Svizzera, ma è un argomento da affrontare con ampia analisi della politica
comunitaria in materia di tutela dell'ambiente e del perfezionamento
dell'economia sociale.
Quindi, quanto tratteggiato indica che la politica europea dei trasporti ha
notevole importanza per l'Italia e per il suo sviluppo economico: essa va
plasmata, dalla complessità continentale della CEE, in strumento di
rigenerazione valida dell'economia nazionale e non si dimentichi che lo
svolgimento della civiltà romana, duemila e più anni or sono, ebbe propulsione
proprio attraverso le vie di comunicazione, le famose strade, che dall'Urbe
conducevano nell'intero mondo allora conosciuto e, da esso, facevano affluire
nei Fori imperiali ogni richiamo utile all'emancipazione produttiva.
La storia che sviluppa civiltà continua, non si ferma mai.
Bruno De
Padova
|