I
servizi e le stragi
Ingiustizia è fatta
E siamo alla «quarta verità» sulla strage del 2
agosto 1980 alla stazione di Bologna. Tre ergastoli agli «esecutori», condanne
per calunnia confermate ai vertici dei servizi segreti e della loggia P2. Gli
«spontaneisti» Valerio Fioravanti e Francesca Mambro ed il «comune» Sergio
Picciafuoco (reo di essersi trovato per caso in stazione quel maledetto 2 agosto
e di essere rimasto ferito nell'esplosione) sono stati i destinatari degli
ergastoli che sono serviti agli ineffabili giudici di Bologna per sgravarsi la
loro cattiva coscienza e per appagare la richiesta di «giustizia» dei
mestieranti dell'antifascismo. E questo dopo che nel precedente processo
d'appello erano stati assolti «per non aver commesso il fatto». Ma una
provvidenziale sentenza della Cassazione a sezioni unite riaprì, nel febbraio
del '92, i giochi. Giochi sporchi, con carte truccate proprio da quelle sezioni
unite della Suprema Corte che vennero investite del procedimento dopo che questo
era stato spudoratamente «scippato» alla 1ª Sezione che ne era titolare, grazie
alle «buone» entrature dell'avvocato Guido Calvi rappresentante della Parte
civile e dirigente dell'Ufficio legale del PDS. Le mie affermazioni non sono
smentibili. Non fosse altro che per il fatto di essere stato l'unico tra gli
«imputati» ad avere avuto confermata l'assoluzione in Cassazione. Ma
ripercorriamo le tappe del «processo infame».
* * *
L'origine del teorema
II 4 agosto 1980 Francesco Cossiga -al tempo Presidente del Consiglio dei
Ministri- dichiara in Parlamento che l'attentato alla stazione di Bologna è
«fascista». Mentre l'informazione di massa aggredisce «l'eversione di destra»,
il Governo spinge la magistratura a fornire una risposta «politica».
Gli sviluppi giudiziari
II 26 agosto 1980 la Procura della Repubblica di Bologna emette ventotto
ordini di cattura nei confronti di militanti di «destra» accusati di aver
ricostituito sotto sigle diverse il disciolto Movimento Politico Ordine Nuovo.
Il 28 agosto scatta la retata nei confronti dei militanti.
È il questore Russomanno (SISDE) a commissionare in carcere al delinquente
comune Piergiorgio Farina le «rivelazioni» che consentono il blitz.
L'assemblaggio dei nomi dei catturati -tutti romani- è stato fatto sulla base
del «Rapporto Minozzi» (il funzionario della Digos di Roma che raccolse
nell'aprile del 1980 le dichiarazioni rese dal «superteste» Marco Mario Massimi)
travasato nel «Rapporto Lazzerini» (Dirigente della Digos di Roma). Ambedue i
rapporti risalgono alla primavera del 1980. Da mesi, dunque, i nomi di «quei
fascisti» erano «pronti per essere usati».
I «depistaggi» dei servizi: l'operazione «terrore sui treni»
Nel novembre 1980 il Procuratore della Repubblica di Bologna Ugo Sisti
chiede al generale Santovito le «prove» per poter mantenere in stato di arresto
i militanti catturati tra la fine di agosto e la metà di settembre: gli
«indizi», infatti, stanno crollando.
Ha inizio l'operazione «terrore sui treni». Il 13 gennaio 1981 viene fatta
rinvenire dal SISMI sul rapido Taranto-Milano una valigia contenente esplosivo
ed armi «riconducenti» a Massimiliano Fachini. Ricompare il T4 «compatibile» con
l'esplosivo che sarebbe stato usato nell'attentato alla stazione. Nella valigia
ci sono biglietti aerei intestati a fantomatici appartenenti all'«Internazionale
nera» diretta da Stefano Delle Chiaie. Un'informativa del SISMI fa figurare a
nome Fiorvanti (sic!) e Bottacin (nome al tempo usato dal latitante Gilberto
Cavallini) la prenotazione aerea ed indica in Giorgio Vale la persona che a Bari
ha acquistato i biglietti rinvenuti nella valigia.
Vale notoriamente faceva parte del «gruppo Fioravanti - Mambro - Cavallini» che
al tempo disponeva di una base logistica a Gandoli, nei pressi di Taranto. Ecco
perché Bari e Taranto. E Vieste...
In breve Santovito, Musumeci e Belmonte non hanno compiuto un «depistaggio»
inteso a «coprire» -come spudoratamente è stato sostenuto dagli inquirenti- i
«neri» Signorelli e Fachini: la loro è stata un'operazione mirata ad indicare
«quei colpevoli» che -prescelti come capri espiatori- saranno prima incriminati
e poi condannati chi per strage e chi per banda armata.
Il SISMI -nella migliore tradizione di tutti i Servizi- ha, dunque, costruito
una pista falsa per una strage vera. Ma c'è ben altro: la pista la si è
cominciata a costruire prima della strage!
Belmonte, infatti, riattiva un suo vecchio contatto -trasferito dal servizio di
intelligence al comando della caserma dei CC di Vieste- nel mese di luglio 1980.
Dopo, quindi, l'abbattimento nel cielo di Ustica del DC9 dell'Itavia e prima
dell'attentato alla stazione di Bologna. Il maresciallo Sanapo, incaricato di
«costruire» la falsa pista, ne parla in sede d'interrogatorio dibattimentale e
dinanzi alla Corte d'Assise di Roma (chiamata a giudicare sul «depistaggio») e
dinanzi a quella di Bologna chiamata a giudicare sulla strage. Eppure nessun
magistrato ha fornito un qualsivoglia rilievo ad un elemento di importanza e di
gravita eccezionali. Ma si sa: il farlo avrebbe significato sconfessare il
teorema accusatorio.
Il 5 maggio 1982 Giorgio Vale, sorpreso a letto da un'irruzione della polizia
nell'appartamento dove è rifugiato, viene «suicidato».
La pista indicata dall'operazione «terrore sui treni» viene momentaneamente
«messa in sonno». Le risse che lacerano la magistratura bolognese favoriscono
altre ipotesi di lavoro.
L'«operazione ciolini»
II 26 novembre 1981 ha inizio l'«Operazione Ciolini» con cui si attiva
una nuova pista. Nell'operazione rimangono coinvolti tutti gli «uomini del
potere»: dai magistrati Gentile, Floridia e Nunziata a Giovanni Spadolini
(Presidente del Consiglio dei Ministri), a Clelio Darida (Ministro della
Giustizia), a Virgilio Rognoni (Ministro degli Interni), a Giulio Andreotti
(Ministro degli Esteri), a Ferdinando Mor (Console generale a Ginevra), al
Direttore del SISDE De Francesco, al Vice-direttore del SISDE Parisi, al
dirigente dell'Ucigos Alessandro Milioni, ai dirigenti del SISMI Sportelli e
Reitani.
Il delinquente comune Elio Ciolini è stato al centro di un vergognoso intreccio
-fatto di «favoreggiamenti», di «protezioni», di «versamenti» di cifre cospicue
sottratte al pubblico erario- finalizzato a «ripulire» l'immagine di Gelli e ad
indicare come responsabile della strage del 2 agosto Stefano Delle Chiaie.
In questa logica il dottor Milioni organizza le due operazioni note come «Marlboro»
e «Pall Mall» che hanno come obiettivo l'eliminazione fisica di Delle Chiaie.
Il 9 ottobre 1982 viene «fucilato» a Santa Cruz de la Sierra Pierluigi Pagliai.
Delle Chiaie riesce ancora a sfuggire ad un'improbabile «cattura»: la sua morte
in un «conflitto a fuoco» avrebbe risolto definitivamente il «caso Bologna».
Il ritorno all'operazione «terrore sui treni»
Fallita l'operazione di cattura del 10 dicembre 1985 si rilancia la tesi
del PCI -e fatta propria dai suoi militanti togati- della «Super-organizzazione»
sponsorizzatrice delle stragi e composta da uomini dei Servizi «deviati», agli
ordini di Gelli e Pazienza in collusione con Reversione di destra».
Il teorema, dunque, si amplia e si arricchisce sino ad ipotizzare l'esistenza di
«una struttura segreta composta da militari e civili» con il fine del
«condizionamento politico del paese» nell'ambito di una «visione
politico-strategica» riferita già alla prima metà degli anni Sessanta e che si
«è servita delle stragi in funzione di potere».
Nonostante le risultanze dell'istruttoria condotta dal Giudice istruttore di
Roma dottor Luigi Gennaro; nonostante le varie istruttorie ed i vari processi
riguardanti il FUAN-NAR, i NAR e "Terza Posizione"; nonostante il diverso
indirizzo fornito dai riscontri processuali, non solo si ripropone ad opera
degli inquirenti e dei requirenti l'esistenza di una «centrale unica» del
«terrorismo nero» e si nega la realtà dello «spontaneismo», ma si sostiene la
presenza ventennale di una innaturale ed impossibile alleanza strategica ed
operativa tra gli apparati dello Stato e gli uomini di vertice dei Movimenti
extraparlamentari neofascisti. Da una tale «cupola» sarebbero via via dipese le
diverse bande armate di «destra». Ultima nel tempo la banda armata
«romano-veneta» di cui avrebbero fatto parte i «falsi spontaneisti» ed il cui
obiettivo finale sarebbe stato rappresentato dall'attentato alla Stazione di
Bologna...
Dagli atti non emerge nessun elemento che giustifichi il teorema accusatorio.
Eppure i giudici istruttori parlano di loro convincimenti formatisi grazie ad
una «rilettura critica degli atti». Parlano, ancora, di «dialettica
processuale». In realtà la «critica» e la «dialettica» sottendono l'accettazione
acritica del teorema, giustificata con le dichiarazioni (basate su «impressioni»
e generici «sentiti dire») ad «anelli successivi» di svalutatissimi «pentiti».
Il teorema ed il processo di 1° grado
II teorema non regge alla verifica dibattimentale. Si dissolve la
associazione eversiva: e con essa scompare la «Super-organizzazione». I vertici
del SISMI e gli affaristi della P2 vengono condannati per calunnia nei confronti
di Vale e di altri militanti della «destra». Ma nel grottesco «Teatro delle
Verità» Massimiliano Fachini, Valerio Fioravanti e Francesca Mambro (insieme ad
un piccolo malavitoso di nome Picciafuoco), vengono riconosciuti colpevoli del
reato di strage: proprio come sostenuto dai «pistaroli» del SISMI.
Signorelli, Cavallini ed altri vengono condannati per un'inesistente banda
armata costruita in laboratorio dagli inquirenti.
Il teorema, dunque, considerato «chiuso» dalla requisitoria del PM Libero
Mancuso e dall'ordinanza istruttoria dei Giudici Istruttori Zincani e Castaido,
non trova in 1° grado la sua definitiva consacrazione: ma la strage deve
-comunque- essere «fascista». Esattamente come sostenuto da Francesco Cossiga e
come stabilito per editto sulla lapide sul frontale della stazione di Bologna.
Il processo di 2° grado e la «cancellazione» del teorema
La sentenza emessa il 18 luglio 1990 dalla Corte d'Assise di Appello
cancella il teorema assolvendo tutti gli imputati dal reato di strage e
condannando Fioravanti, Mambro, Cavallini e Giuliani per banda armata.
Musumeci e Belmonte vengono ancora una volta riconosciuti come calunniatori.
In sentenza si mette in discussione la stessa filosofia che aveva ispirato gli
inquirenti nella loro paranoia teorematica. «La matrice fascista della strage
poteva costituire una delle possibili ipotesi su cui lavorare, non certo una
verità data per scontata e, quindi, da dimostrare ad ogni costo». Questo ed
altro si legge nella sentenza dei giudici di Appello. Tra l'altro non si esclude
la possibilità di un collegamento tra la strage alla stazione e l'abbattimento
del DC9 dell'Itavia, riprendendo in via di ipotesi quanto sostenuto con forza da
Signorelli in aula. «Ustica chiama Bologna: una strage per coprire un massacro».
La sentenza di appello-bis e la «quarta verità»
La sentenza del 16 maggio (se si prescinde dall'assoluzione di
Massimiliano Fachini) si conforma a quanto statuito dalle sezioni unite della
Cassazione. Con la condanna degli «esecutori» e con la consegna a Gelli,
Pazienza, Musumeci e Belmonte della patente di «calunniatori» si è preteso
«ristabilire la verità» sulla strage che può -a giusto titolo!- definirsi
«fascista». Anche se sono scomparsi definitivamente i «mandanti» e se si
sostiene che i «bugiardi» istituzionali hanno depistato non più per volgari
motivi di lucro ma per fini di terrorismo. Insomma affaristi della P2 e uomini
dei Servizi avrebbero creato una «falsa pista» per far ricadere la colpa su
altri che non fossero Fioravanti e Mambro. Salvo che poi, proprio seguendo
quella pista, si sia giunti ad «incastrare» coloro da cui si voleva depistare.
A tal punto a noi non interessa la semplice denuncia degli inquinamenti operati
nella ricerca della Verità né interessa stigmatizzare i comportamenti
«licenziosi» con cui talune Corti vanno avallando quella Verità: smentire la
tesi della matrice «fascista» dello stragismo significherebbe assumere un
atteggiamento riduttivo a fronte della Storia e della realtà politica
caratterizzata dalle strategie storicamente messe in atto dal sistema.
Perché dovrebbe a tutti essere ormai ben chiaro che le bombe le ha messe lo
Stato. Per stabilizzare maggioranze ed equilibri internazionali.
Quanto agli «assassini» si costruiscono. Appositamente. Con i teoremi. Una
costruzione che ha visto la complicità sistematica degli uomini degli apparati,
delle logge e delle lobbies del potere. Centrale e locale. Come i comportamenti
di certe cosche bolognesi di falsa «opposizione» al potere centrale insegnano.
Ustica chiama Bologna, abbiamo sostenuto. L'ipotesi di una «strage per coprire
un massacro» ha una sua precisa valenza che non potrà non fornire la spiegazione
politica delle stragi che per anni hanno insanguinato la colonia Italia. E già
si tenta di rilanciare la tesi della bomba a bordo del DC9... Che si voglia
attribuire agli «spontaneisti» del NAR anche la strage di Ustica?
Paolo
Signorelli
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