«Non è importante la vita. Importante è cosa si fa della vita» (Beppe Niccolai - Roma, Dicembre 1984)

Anno III - n° 5 - 15 Agosto 1994

 

Pensieri e parole


 

Sull'ultimo numero di "Tabularasa", Gino Logli ha inteso annunciare la sua iscrizione ad un club forzista (si dice così?) di Pisa. Non me ne stupisco. Così come non mi scandalizzano quegli ex compagni di viaggio (lasciamo perdere i nomi, che non serve) folgorati dal fascino delle sigle emergenti CCD, UDC, Clubs Pannella-riformatori; né quelli che si cospargono il capo di cenere davanti a qualche dignitario della corte di Fini ricevendone il manuale di istruzioni sul nuovo corso, ivi comprese le indicazioni su tipo e durata della penitenza. Nessuna meraviglia: l'addio con rancore era solo una riflessione autoironica sul tempo andato, l'epopea dei coglioni. Più deserto dei tartari che amarcord... Ma è storia vecchia, come quella degli italiani pronti a soccorrere i vincitori. Non mi piace il moralismo peloso. Che c'è di strano o di incomprensibile in queste folgorazioni? Il panorama politico a lungo congelato dal diffuso consociativismo si va semplificando. Le forze in campo subiscono un processo di polarizzazione. Inizia la fase dei grandi rimescolamenti, delle riflessioni, magari dei ripensamenti: individuali e di gruppo.
Che credi, Gino, son grato anch'io al dottor Berlusconi. Perché ha finalmente sgombrato il campo da alibi, ambiguità ed ipocrisie. Sappiamo chi è, da dove viene, di quali mezzi dispone, quali interessi rappresenta, quale è il suo programma. Non solo quello stampato negli eleganti dépliant s in dotazione ai suoi clubs. A te piace: lo vuoi studiare ed approfondire. La maggioranza di questo Paese la pensa come te. A me non va proprio a genio: per motivi assolutamente razionali, ininfluenzabili dal tarlo del pregiudizio. Di conseguenza, ho deciso di combatterlo con tutte le mie forze. Non ho la puzza sotto il naso, né uso trastullarmi con la purezza della razza. Non sottilizzo sulla sudorazione sgradevole, sulle caratteristiche fisiognomicoantropologiche degli eventuali compagni in armi. Figurarsi il look.
Tuttavia, non penso affatto che tu appartenga alla categoria degli italiani pecoroni (la maggioranza) e lo scrivente a quella degli intelligenti (orgogliosa minoranza in via di estinzione). Semplicemente che siamo su fronti contrapposti, non solo di «approfondimento e studio». Spero che presto si smetta di studiare in questo nostro Paese. Che venga il tempo della lotta dura. Altrimenti come potremmo farci male? Quando s'incontra un guado od un'asperità durante un cammino, c'è chi decide di andare avanti e chi torna sui propri passi. Non serve interrogarsi sulle rispettive motivazioni, che tanto non le cambieresti. Di pazzi e savi è piena la storia dell'umanità. Quasi sempre i secondi hanno ragione, eppure i primi... a volte...
Buona fortuna, Gino. Ma non volermene se altrettanta ne auguro a quel mio amico mandrillone ossessionato dal sesso impossibile il quale è convinto di poterti possedere, nonostante le «mutande di ferro».
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Mi consolo con le vittorie dei poveri...
Piccoli segnali in controtendenza nel voto di ballottaggio del 26 giugno. No! non è passata la sbornia. L'ennesima onda lunga che sospinge i nuovi potenti verso lidi di gloria è ancora spumeggiante e minacciosa. Epperò, diamine!, per qualche giorno ho visto meno spocchiosa arroganza negli stati maggiori di Arcore, meno sorrisi a prova di telecamera, meno voglia di un altro tressette elettorale per tentare il cappotto. Quando la carta gira bisogna approfittarne...
Non che sia il caso di enfatizzare un voto che ha interessato appena sei milioni di italiani, metà dei quali hanno preferito il mare o la montagna alle gabine elettorali (ne abbiamo davvero le tasche piene di urne, schede ed exit-poll). Ma lasciatemi dire che qualche motivo di soddisfazione c'è, altrimenti faccio torto al mio fottuto ottimismo.
Primo: il dato relativo al consenso ormai fluttuante. Gli zoccoli più duri si stanno consumando. Ce la faranno gli asini a trasportare le masserizie nelle case dei nuovi padroni o scoppieranno prima? Giriamo il quesito all'on. Pilo per un sondaggio sui quadrupedi.
Chi non è Pilo-dipendente nel frattempo potrà illudersi che cadute le appartenenze ideologiche o partitiche, gli umori degli italiani siano, appunto, umori: variabili, volubili. E ne trarrà l'auspicio che non ci saranno più stagioni politiche quarantennali. Oggi a te, domani a me. Secondo, più significativo elemento: la crescita del dissenso attivo o passivo. Basta dare un'occhiata alle percentuali di astensionismo ed a quelle del voto inespresso od annullato. Si potrebbe dedurre che un gran numero di cittadini, ad ogni latitudine, non si riconosca nelle attuali rappresentanze, nelle offerte che provengono dal mercato della politica. Restano dunque ampi spazi per una proposta alternativa a quella costruita negli uffici di Publitalia?
Certamente sì. A patto di non cadere nella trappola del pregiudizio, della polemica sterile, della disputa ideologica di tipo tradizionale. La destra -questa destra!- può essere sfidata su ben altri terreni evidenziandone limiti e contraddizioni. Forse non bisogna neppure sfidarla, tante sono le questioni sulle quali verrà puntuale la verifica e, per molti, la disillusione. Un esempio: da Napoli, in occasione del vertice dei potenti della Terra, il Cavaliere annuncia 100.000 nuovi posti di lavoro già «creati dal nulla». Il giorno dopo la smentita. Da Confindustria e sindacati, non dal Padreterno preoccupato della sua celeste poltrona. Sarebbero dati ISTAT, per giunta contraddittori, relativi al periodo gennaio-aprile, quando Berlusconi era sì presidente, ma di una squadra di calcio per quanto blasonata.
In fondo, a guardare certi ministri e sottosegretari, sembra di essere usciti da una qualche apocalisse con i pochi sopravvissuti chiamati a compiti e funzioni più grandi di loro. Invece di governare e decidere parlano, combinando così tanti guai da costringere il padre-padrone a zittirli. Ci penserà Ferrara: la grande rivoluzione ha finalmente la voce che merita. Tutto a posto, adesso? Macché.
La RAI, la giustizia, i monopoli, la nuova legge elettorale: «più che una maggioranza sembra un pollaio», strilla Casini reclamando un vertice (ma non erano riti da prima repubblica?). «Il nuovo puzza ancora di stantio», ammonisce Pivetti sbattendo la porta in faccia a Scognamiglio ed il telefono al Presidente sulla questione delle nomine televisive. «Lottizzare non è facile», ironizza Manca che di queste cose se ne intende.
La Politica, il Governo di una nazione, lo Stato e le sue leggi, la Democrazia e le sue regole sono cose ben diverse e complesse della gestione di un'azienda. Non dovremmo farcelo rammentare dall'on. Bossi.
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Altro che antifascismo. Non si può dare l'impressione di non aver altre frecce al proprio arco, facendo apparire strumentale persino il diritto alla memoria. Forse non è sufficientemente chiara la strategia dei vincitori su questo versante? Per sostenere la svolta di Fini e farne lievitare credibilità e quotazioni c'è bisogno di un contemporaneo attacco da sinistra, dove purtroppo pullulano gli imbecilli, e da destra. Dall'interno, con le solite sortite di Buontempo o della Mussolini, quanto dall'esterno dove, guarda caso, si moltiplicano le accuse di alto tradimento al leader di AN. Le cronache riferiscono del ritorno in campo di Pisanò (l'uomo giusto al momento giusto, quando serve) che annuncia future battaglie attraverso un nuovo foglio: titolo "Seconda Repubblica", sottotitolo «periodico dei fascisti e dei produttori per la democrazia corporativa».
Ancora le cronache sui progetti di Maurizio Boccacci, capo dei naziskin, che avrebbe depositato la sua dichiarazione di guerra al liberalcapitalismo presso un'agenzia di stampa pronto a stringere alleanze politico-militari con la sinistra estrema.
Per ultimo leggiamo di un appuntamento viareggino organizzato da tale Leccisi per una sorta di «rifondazione fascista». Dietrologia a parte, l'analisi di questi tempestivi «movimenti» appare sufficientemente chiara. Quanto meno rispetto all'effetto raggiunto. Fascismo, antifascismo... non è questa la strada. Chi vuoi percorrerla, da una parte e dall'altra, si accomodi pure: renderà un buon servizio al Cavaliere ed ai suoi scudieri.
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Che succede all'ombra della Quercia e sotto i suoi aridi cespugli? La corsa alla segreteria è stata vinta da D'Alema. Ho sperato anch'io che a spuntarla fosse Veltroni, senz'altri elementi di giudizio che la simpatia. Magari sarò stato influenzato dagli stereotipi costruiti dai mass-media. Veltroni o D'Alema, il PDS si trovava e si trova davanti ad un bivio, l'appuntamento con una scelta a lungo differita. Subire il ricatto dei vetero-comunisti per ricomporre, sia pure sotto mentite spoglie, il vecchio PCI, oppure andare oltre sé stesso e la sua storia; smantellare ciò che resta degli apparati; contribuire, al di fuori di ogni tentazione egemonizzante, alla costruzione di un nuovo soggetto politico. Lo sforzo innovativo, l'ulteriore strappo che attende la Quercia, appare inevitabile quanto indipendente -questa, almeno, l'impressione- dall'attuale capo di Botteghe Oscure. I cui baffetti, si dice, nasconderebbero molte e positive sorprese.
D'altra parte, la stessa questione si pone su un fronte più ampio. Quella cioè di costruire un'alternativa al liberismo selvaggio, alla telecrazia, all'offensiva del supermercato, portando a sintesi quanto meno programmatica differenti culture e sensibilità che vanno dalla sinistra post-comunista ai cattolici. In questo processo, in qualche modo già avviato, troverei affascinante che ciascuno di noi, magari la stessa rivista, potesse assumere un compito ed un ruolo.
Il rischio -assai concreto- è che il processo diventi un semplice procedimento, l'operazione di assemblaggio di numeri e sigle in una grande confusione politica, culturale e programmatica. Il fallimento del cartello elettorale progressista ne è la prova più recente.
Un compito ed un ruolo in questa fase! Questa è stata, in definitiva, la riflessione dell'ultima riunione (20 giugno) dei Movimenti federalisti del Sud, afferenti al progetto di Unione Mediterranea, che si sono dati un coordinamento provvisorio in vista della Assemblea con funzione costituente che si terrà probabilmente a Napoli il 7-8-9 ottobre. Discutendo del tema «Oltre la vecchia sinistra, per battere la nuova destra: la sfida federalista, meridionalista e mediterranea», è stato ribadito quanto sia riduttiva e fuorviante la contrapposizione destra-sinistra. Non si tratta di collocarsi nominalmente a destra o a sinistra, ma di scegliere da che parte stare rispetto alla difesa di valori, princìpi, bisogni ed interessi reali.
Senza inseguire il mito, tutto americano, dei due partiti diversi nei colori delle bandiere ma identici nella sostanza, bensì radicalizzando il confronto e lo scontro sui contenuti, su questioni vere, di carattere interno ed internazionale, per obbligare ciascuno ad una scelta che non sia di mero opportunismo ma di sostanziale adesione a due griglie di valori tra esse conflittuali ed alternative, due modelli di società e di sviluppo.
Questa capacità di indicare una prospettiva ed un cammino autenticamente alternativi ed antagonisti al modello proposto da Forza Italia -accettato dal Polo delle Libertà senza riserve, salvo l'interessante distinguo da parte della Lega- è sin qui mancata allo schieramento di opposizione, sicché il vuoto va rapidamente colmato. Destra e sinistra sono ormai etichette appiccicate ad abiti consunti. Non riescono ad interpretare dialetticamente una realtà profondamente mutata ed assai più complessa di quella che emergeva tra l'Ottocento ed il Novecento. Lo abbiamo sostenuto per tanti anni, non vedo perché si debba smettere di farlo.
In questi giorni mi sono lasciato catturare dall'attualità dei temi sui quali molti di noi hanno scritto in questi anni, sempre con un certo significativo anticipo rispetto al generale dibattito politico. La fine del comunismo; il cambiamento dell'asse geopolitico Est-Ovest - Nord-Sud; la perdita di ruolo e di senso dei partiti tradizionali; i nuovi strumenti del consenso; la scomposizione e la riaggregazione delle differenti culture secondo nuove ed inedite polarità; l'impossibilità di interpretare la società contemporanea alla luce di schemi e risposte ideologiche e dottrinarie; i problemi di tipo nuovo e l'indicazione delle risposte quale cemento per la costruzione di nuovi soggetti.
A questo potrei aggiungere la scelta federalista fatta da chi scrive in una realtà dove a parlarne si veniva apostrofati come disfattisti; le tante iniziative in tema di protagonismo meridionale quando ancora si era in pieno regime da intervento straordinario, oppure quelle recentissime riguardanti il Mediterraneo.
Sto riflettendo, certamente non in termini autoconsolatori, su queste piccole intuizioni, indicative di sensibilità e maturità politica e le confronto con l'elaborazione che c'è stata in questi anni su altri versanti. Vedo uno spazio ed un futuro.
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L'UNICEF ha presentato il suo ultimo rapporto sul progresso delle Nazioni. Si apprende che un terzo dei bambini dei Paesi in via di sviluppo è gravemente denutrito. Per malattie banali ne muoiono, ogni anno, sette milioni; 250.000 diventano ciechi; 160.000 poliomelitici; 600.000 sono le vittime del tetano. Eppoi stupri, violenze, sevizie, sfruttamento, prostituzione, commercio di organi.
Quanti occidentali hanno dedicato una riflessione a queste notizie? Quanti forzisti? Quanti liberisti? Ne hanno parlato a Napoli i «7 Grandi»? E, dopo gli incontri, le passerelle, il teatro, lo shopping delle ladies tutto non riprenderà ad andare come prima?
Fino al giorno in cui i grandi saranno arroganti, egoisti ed onnipotenti, ed i piccoli potranno far sentire la propria voce, i tremendi morsi della loro fame.
È consentito ancora in questo Paese -in questo Pianeta!- stare dalla parte dei perdenti, degli esclusi, degli emarginati? Dalla parte dei bambini? Sognare ch'essi abbiano cittadinanza in terra, non solo un posto sicuro nel regno dei cieli? Avere pietà dei ricchi che non vedono oltre le barricate e chiedere loro di rinunciare ad un pezzo del loro benessere materiale perché non siano soltanto i dannati dell'inferno?
È possibile immaginare che queste non debbano essere soltanto riflessioni estemporanee per mettersi in pace la propria coscienza, ma oggetto di azione politica, qui ed ora? La mia risposta è sì!
 

Beniamino Donnici

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