Una politica per valori e
finalità che non scadono
Caro Carli, è sempre un piacere
leggere "Tabularasa". Si può non essere d'accordo su alcuni o tutti i commenti e
le tesi, ma non si può non dare atto della grande libertà di linea e di
espressione del proprietario-direttore e dei collaboratori. Né tu né gli altri
praticate la captatio benevolentice, anzi... E questo, a mio modo di
vedere, fa grande un piccolo giornale, così come il contrario immiserisce i
giornaloni.
Ma non è per dirti questo che ho preso carta e penna. L'apprezzamento per un
giornale credo che si possa confermare cercando di esporre qualche riflessione
e, magari, qualche proposta. E ci provo. Come libero cittadino, ovviamente: e
quindi come da tempo, troppo ormai, non mi è dato di fare; ma a cui non ho mai
rinunziato, tant'è che mi appresto, anzi procedo a recuperare.
Una riflessione su cui mi affanno da diverso tempo, è la seguente. Fra i nostri
vecchi amici, molti della mia età, per quasi cinquant'anni (altri per un tempo
minore, ma pur sempre eccessivo) si sono baloccati a rintracciare e mettere alla
gogna le antiche ruffianerie verso il Duce ed il fascismo di numerosi campioni
dell'Era Antifascista. Io, per la verità, a questo gioco, forse per incapacità,
non ho mai partecipato. Ma comunque, mi ci comprendo anch'io, abbiamo perso
tempo prezioso per ben altre ricerche e approfondimenti. Inoltre, a ben vedere,
a quei girasoli abbiamo fatto il grosso regalo di costruirgli o accrescergli una
popolarità che certamente non meritavano.
Ebbene, se è così, non credo sia lecito dissipare intelletti e mezzi per
avvantaggiare, questa volta, chi era inconsapevolmente o cripto-antifascista, ma
s'è redento alla Verità e già svolazza come leggiadra farfalla nei prati della
Nuova Repubblica. Cioè: è utile votarsi all'osservazione di cotanti fenomeni,
anziché prendere atto che s'è fatta libera una buona porzione di terra e di
cielo ove si potrebbe costruire un qualcosa da esibire e proporre alle nuove
generazioni?
Altra riflessione. Ciascuno è libero di sollazzarsi replicando l'abusato «Solo
noi ...». Che però, direi, attiene a una vecchia operetta: eseguita con buoni
sentimenti dai più, ma solo «per mestiere» da concertatori e da orchestrali di
prima fila. Chi ci prova gusto è bene che insista. Ma forse è una baggianata
guardare sempre dall'alto in basso i non pochi che in buona fede, come noi, si
tengono cari i loro ideali, che magari differiscono solo per le bardature
(imposte in alto loco) dagli obiettivi finalistici cui si deve ancora tendere,
vista la loro piena attualità.
Possibile che «altrove» ci sia soltanto il Male? E dove finisce l'altrove, visto
che nemmeno «in prossimità» ci sarebbe più qualche residuo di Buono? Si pensa di
«tornare al bosco»? Ma non ci si è stati già per troppo tempo? Restarci, semmai,
quindi, nel bosco. Per «rifondare» qualcosa, sulla cui natura resta impossibile
concordare anche discutendo in due o in tre; oppure per farvisi raggiungere da
altri, i Malvagi di un tempo, magari?
E ancora: restare nel bosco per sortirne ogni volta che passa un ciarlatano di
patacche elezionistiche; oppure uscirne una volta per sempre e collocarsi bene
in vista (nella porzione libera di terra e di cielo) per chiamare a raccolta
chiunque voglia rischiare per gli altri e non per sé, e quindi faccia voto di
non rotolare a candidarsi per il primo cadreghino che gli si prospetti?
Insisto. Sinistra, destra: ancora? Ma chi lo ascolta più questo linguaggio? Nel
vocabolario popolare, si sa, destra equivale a guardia bianca del capitale. Il
che è una grossa sciocchezza, ma che si è saputa imporre, comunque è accezione
comune, e non puoi farci niente. Peggio ancora il termine sinistra. Nemmeno
elettoralmente parlando viene usato più; nemmeno dai pochi o tanti che davvero
si sentono votati alla solidarietà operante per il progresso sociale. Forse con
un po' di fantasia se ne può uscire, se si vuole; ma insistervi può servire
soltanto a restare soli. La qual cosa è senza dubbio alcuno una scelta
rispettabilissima. Ma non è inguaribilmente sterile?
A queste riflessioni, che poi sono domande, mi viene da rispondere di sì,
derivandone una proposta. Non «politica», almeno nel significato usuale,
truffaldino, della scalata ai Palazzi. Ma invece volta a ricercare le volontà di
«influire» sui processi politici senza farsene corrompere. Con l'animo di chi
vuoi correre assieme ad altri per una mèta, un trìpode molto lontano: per il
quale occorrono corridoi intimamente e solennemente votati a passare la fiaccola
ai più freschi, perché essi a loro volta la passino rapidamente ad altri e
questi ad altri ancora.
Certo, è una corsa che chi la inizia non potrà parteciparvi sino al traguardo.
Ma che importa? La politica si può anche intendere, e forse più correttamente,
come l'arte di comporre manipoli e centurie e aggregazioni sempre più numerose e
concordi: ma per valori e finalità che non scadono, non per trame onori e
vantaggi personali. Per lo meno, questa è l'unica politica da cui resto
affascinato e cui mi sentirei di partecipare.
Quell'«altra», per quanto mi riguarda, se la faccia chi ha stomaco di struzzo e
faccia di bronzo, o magari cervello di gallina.
Ivo Laghi
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