«Non è importante la vita. Importante è cosa si fa della vita» (Beppe Niccolai - Roma, Dicembre 1984)

Anno III - n° 6 - 31 Ottobre 1994

 

dalla Liguria

Tormentata l'intera Liguria
per la pesante negatività della politica di compromesso


Respinto da 15.711 cittadini -da Sanremo a Sarzana- lo slittamento badogliano, liberaloide e reazionario di Alleanza nazionale nell'incertezza dell'era berlusconiana. L'autunno '94 chiede di stimare, nell'indugio della virtù attiva della politica ed in misura reale, quale futuro socio-economico spetterà a quell'area produttiva ligure che, per l'Italia, nel passato non molto remoto, partecipò in guisa risolutiva -cioè, attiva e di crescita- allo sviluppo qualificante dei redditi in quello che fu il nostro più importante triangolo industriale, incrementando con lo zelo del lavoro specializzato le attitudini alle possibilità (di recente ancora emergenti) per investimenti, di stabilità occupazionale e di commercio da espandere con la Comunità Economica Europea, la quale beneficia già adesso della riunificazione germanica, sia attraverso l'allargamento della collocazione dei prodotti finiti nel mondo intero, quanto per la sicurezza di conservazione di clientele permanenti nell'avvenire. Nell'indice dei cambi monetari, la costante crescita valutaria del marco tedesco fornisce garanzia di continuità costruttiva della Repubblica Federale di Germania che assicura contemporaneamente, ad ogni altro Stato aderente alla CEE, un futuro di maggiore emancipazione civile e tecnica specie a chi collabora con serietà imprenditoriale e con perfezionata operosità nel lavoro onde realizzare nel Vecchio Continente un maggiore ordine sociale, in particolare per le nuove generazioni, liberandole così dal pericolo del vassallaggio partitocratico oppure della droga o di alcolismo.
Frattanto, quel triangolo italiano di così pregiata qualificazione e di continuo incremento delle attività nell'industria, nell'artigianato, in agricoltura, nella cantieristica navale e nei trasporti marittimi -insieme alle possibilità di vero accrescimento nell'espansione delle imprese e, quindi, dell'occupazione- non c'è più; è sparito da quando nel Piemonte, nella Lombardia e nella Liguria si devono rigorosamente pagare le conseguenze rovinose del regime di concubinaggio politico tra democristiani semiliberali, comunisti statalizzanti socialisti sempre accorrenti dove maturavano possibilità per loro fruttifere nella gestione della vita pubblica, favoriti in ciò dall'accondiscendenza interessata per altri compromessi di circostanza, ai quali la... rinomata «triplice intesa» sindacale tra i sindacati politici Cgil, Cìsl e Uil ha sempre appetitosamente partecipato, in fraternità di intenti speculativi pure con i liberali, i repubblicani e con diversi settori accomodanti delle finanze.

Difettano le speranze per imprenditori e lavoratori
Induce, a questa analisi, il fatto che a Genova, con l'incedere del solleone nei recenti mesi di luglio e agosto, la Regione Liguria ha provveduto al rinnovo dell'Ufficio di presidenza e della Giunta regionale. Ciò, è avvenuto in piena canicola mediante un compromesso politico definito «matematico» tra ex comunisti del PDS ed ex democristiani del PPI che, con il soccorso affrettato di qualche «disperso» della variegata partitocrazia genovese, riusciranno -mediante una risicata maggioranza numerica- ad arrivare alla primavera 1995, quando con lo scioglimento di questa assemblea i cittadini potranno finalmente maturare il rinnovo di essa attraverso nuovi e migliori schieramenti politici, con uomini freschi e con programmi diversi, non solo di chiacchiere.
È purtroppo già ora scontato che la Liguria alla primavera '95 perverrà in condizioni socio-economiche davvero pietose, perché l'attuale andamento congiunturale non consente speranze -anche illusorie- su una possibile, acceleratissima riattivazione produttiva dei comparti operativi in precedenza indicati: pure con la riduzione dei margini di guadagno, l'imprenditore genovese e delle due Riviere non potrà (con le tassazioni correnti) intraprendere maggiori attività che assicurino una continuità d'impegno produttivo com'è in uso nelle aree centrali della CEE, mentre al consumatore viene imposta una sensibile riduzione dei propri consumi, soggetti ad una ristretta politica salariale oppure a pensionamenti angusti che obbligano (quando si riesce!) ad una piccola incentivazione dei risparmi, nel timore di crisi più restrittive.
Infatti, nell'annuale rapporto dei redditi pro-capite, mentre Trieste, Bologna, Cremona, Mantova, Milano ed Aosta svettano in testa nel termometro di località ed aree meno sofferenti per la congiuntura negativa in atto, Genova, Savona, La Spezia ed Imperia calano al 18°, 26°, 45° e 46° posto della classifica nazionale, con stime rispettivamente di 29.107; di 27.953; di 25.907,7 e di 25.743,3 migliaia di lire a persona e, questo, mentre tra le province che vedono decrescere le loro quote nel totale nazionale -oltre a quelle di Genova e degli altri capiluogo provinciali liguri- eccellono anche i territori milanesi, torinesi, napoletani e fiorentini. È inoltre lapalissiano che, a questo regresso dell'economia e del lavoro sempre più incalzanti su Genova, sulle altre province liguri e sui loro territori rivieraschi oppure sull'Appennino, non sono estranee le responsabilità politiche e le notevoli carenze programmatiche dei Verdi, di Lega Nord, di Pensionati, Antiproibizionisti, Cristiani per Servire e dell'Unione ligure autonoma, ma più di loro devono sentirle gli ex missini adesso confluiti in Alleanza nazionale, perché le loro opposizioni nelle assemblee regionale, provinciali e comunali della Liguria si sono sostanzialmente ristrette a quella sequela di O.d.g., mozioni, interpellanze, interrogazioni e qualche esposto alla Magistratura che non distinguono in modo chiaro e convincente la loro azione politica da quella degli altri schieramenti, persuadendo la gente che non sono diversi da chi fa soltanto demagogia.
Dall'ex MSI-DN e tanto meno da Alleanza nazionale, sua costola ripudiante addirittura le sue origini fasciste e repubblicane, non sono stati avanzati progetti utili alla rigenerazione reale dell'economia ambientale, necessari da adottare mediante iniziative davvero capaci di promuovere trasformazioni istituzionali e legislative che non ostacolino -ad esempio- la neo-socializzazione di quei comparti della produzione cantieristica e metallurgica regionali che, nel 1938, ebbero da Mussolini e dal Fascismo il migliore sprone evolutivo e modernizzante, che adesso i partiti di maggioranza e dell'opposizione (sia ieri, quanto oggi) accollano per la sopravvivenza alla Cassa integrazione guadagni, alla quale nel 1993 sono ricorse 89 aziende liguri. Non si deve poi dimenticare che i disegni di Legge speciale per Genova oppure per la sua regione, presentati dai candidati del MSI-DN oppure di Alleanza nazionale alla vigilia di competizioni elettorali politiche oppure amministrative, sinora non hanno fatto almeno un po' di strada verso la loro approvazione ed applicazione.

La giostra inarrestabile della cassa integrazione
II fatto che nel '93, nella Liguria, il ricorso alla CIG ha continuato ad essere alquanto incisivo, deve preoccupare sul serio quanti a Roma, e poi a Genova, dovranno approntare e poi perfezionare con valida operosità sociale le Leggi finanziarie per l'esercizio economico 1995, perché nel territorio interessato le ore di cassa integrazione ordinaria durante tale annata (esclusa la gestione edilizia) rivelano l'aggravante di incremento del +159,18% in abbigliamento e arredamento, +678,64% nell'industria del legno, +117,54% negli alimentari, +51,43% nell'industria meccanica, +97,10% nei tessili, +102,83% in trasporti e comunicazioni ecc, mentre negli interventi straordinari si verifica un + 126,00% nell'industria per pelli e cuoio.
Continua la fase discendente anche nella cantieristica di tutta Italia e delle 39 navi iniziate a costruire nel '93 solo 9 sono state affidate ai cantieri liguri (7 a La Spezia, 2 a Savona, nessuna a Genova). Intanto, nei cantieri del capoluogo ligure solo 6 navi sono in corso di realizzazione e per ordinazioni precedenti, con una stazza lorda di circa 200mila tonnellate.
Sul movimento di merci nei quattro porti liguri nel '93 si è registrato un leggero decremento dei traffici complessivi pari al -5,13%, ma la problematica portuale di Genova, Savona, La Spezia e Imperia richiede un esame più adeguato e che va inserito non soltanto nel movimento marittimo e mercantile del Mediterraneo, bensì in considerazione dello sviluppo del traffico navale complessivo della CEE con gli altri Continenti e mai perdendo di vista la potenzialità commerciale in materia dell'Oriente asiatico, principalmente di Giappone e della Cina.
In queste indicazioni, il Centro studi dell'Unioncamere liguri di Commercio è particolarmente preciso nella valutazione schematica dell'andamento effettivo dell'intera regione e si rifà a valori che portano a considerare, con giustificata apprensione, come la Liguria è il territorio italiano con il più vistoso calo demografico a livello nazionale: infatti, il tasso ligure di natalità nel '93 è stato appena del 6,5%, inferiore del 2,8% rispetto al 9,3 di quello nella nostra Penisola. Tutti i giorni, la Liguria perde 14 persone, con un corrispettivo di un nato ogni due morti. Prosegue anche l'invecchiamento della popolazione, con un dimezzamento degli abitanti in età inferiore a 5 anni ed un aumento del 21,5% di chi è superiore ai sessantacinque. Durante il '94, gli ambienti finanziari e produttivi liguri hanno affannosamente ricercato nell'incerta e complessa «stabilità» del costo del lavoro, nel deprezzamento di quello della lira e nella riduzione dei tassi di interesse le ragioni di un sintomo -almeno apparente- della ripresa economica in questa regione, ma essendo il tessuto industriale della Liguria fortemente caratterizzato da imprese a partecipazione statale i riflessi della presente congiuntura si manifesteranno parecchio in ritardo, tanto più che la realtà politica è soggetta nel futuro a notevoli variazioni rispetto ai precedenti equilibri e squilibri, tanto che si palesa ovunque una grande insicurezza.

Il castigo ligure per Alleanza Nazionale
Allora, è il momento di considerare con più attenzione la politica corrente nella Liguria, anche in riflesso dell'applicazione della nuova Legge elettorale. Il 27 e 28 marzo di quest'anno, per il Senato della Repubblica, i liguri hanno così votato: Progressisti, 401.913; Forza Italia-Lega Nord, 361.157; Popolari-Patto Segni, 160.172; Alleanza nazionale, 100.346; Pensionati, 44.442; Marongiu (Ind.), 11.857. Nel contempo, per la Camera dei Deputati, ecco l'altro risultato: Rifondazione comunista, 100.151; Patto Segni, 73.011 ; Alleanza nazionale, 98.722; Lega Nord, 140.132; Part. Pensionati, 15.552; Partito Popolare, 98.592; Forza Italia, 276.814; PDS, 273.820; Rete, 11.764; Verdi, 32.571; PSI, 21.208; Pannella, 68.782; Alleanza democratica, 17.369. Alle elezioni europee dell'11 giugno, ecco i nuovi risultati liguri: Forza Italia, voti 324.593; Lega Nord, 82.432; Alleanza nazionale, 83.034; Lista Pannella, 26.121; Partito popolare, 71.704; Patto Italia, 34.820; PDS, 240.904; Rifondazione comunista, 79.235; Verdi, 34.045; Rete, 4.321; PSI-AD, 14.736; Liberali, 3.314; PSDI, 10.192; Union Valdòtaine, 1.524; PRI, 5.054; Lega Alpina, 2.219, Lega Meridionale, 5.363. Questi risultati sono precisi nell'indicare chi è stato penalizzato dagli elettori, e non soltanto per la crescente affermazione di Forza Italia: Alleanza nazionale (ex MSI-DN) e Lega Nord sono gli sconfitti dal successo dei «clubs» degli uomini di Berlusconi ed i dati sono più espliciti di ogni commento. Gli ex missini di Alleanza nazionale sono scivolati da 100.346 suffragi al Senato e da 98.722 alla Camera dei deputati agli 83.034 delle «europee», con la perdita di -15.711 voti, e limitando la considerazione con quelli per Montecitorio, perché se si considerassero gli altri di Palazzo Madama la sconfitta salirebbe a -17.312 e ciò sarebbe più doloroso per i «trombati» di marzo e di giugno. La Lega Nord è, a sua volta, precipitata da 139.946 ad appena 82.432 consensi, con -51.514 voti, ma se si rammenta il baccano che continua a fare, con vero spirito circense il senatùr Bossi, non c'è da meravigliarsi. Comunque, due catastrofi politiche!
Prima di approfondire le ragioni del fatale regresso di Alleanza nazionale non solo in tutta Italia, ma particolarmente nella Liguria, a conferma che i tradimenti ideologici non consentono ripensamenti e penitenze, è opportuno indicare alcune località liguri dove le perdite dei suffragi sono germogliate spontanee da parte degli elettori, che non possono tollerare il ripudio da parte degli ex missini di ogni istanza fascista di progresso sociale.
Ecco, come Alleanza nazionale (già devastata dalla prosopopea adesso liberaloide e reazionaria di molti suoi adepti, prima rumorosi strilloni di «viva il Duce!» nelle adunate del MSI) è stata castigata: a Genova, -7.967 voti; Imperia, -347; La Spezia, -1.394; Sanremo, -338; Alassio, -109; Albenga, -216; Cairo Montenotte, -187; Loano, -163; Finale Ligure, -98; Arenzano, -50; Busalla, -38; Camogli, -82; Chiavari, -405; Rapallo, -355; S. Margherita Ligure, -106; Sestri Levante, -168; Lavagna, -113; Casarza Ligure, - 30; Anche a Zoagli -30; Lerici, -67; Levante, -51; Ortonovo, -90; Sarzana, -261; Portovenere, -162; Vezzano Ligure, -67; e si può continuare. Le situazioni di Savona e Bordighera vanno esaminate diversamente, essendosi svolte contemporaneamente elezioni europee e municipali, con risultati profondamente diversi.

La politica non è mercato di scanni remunerativi
In questi significativi rilievi abbiamo indicato capiluogo, città, cittadine e paesi del Genovesato, delle loro riviere di Levante e nel Ponente, del loro retroterra sull'Appennino dove -dal 1919- la gente migliore si è prodigata e sacrificata con la convinzione di Fede politica e con coraggio non solo per le molteplici ed impegnative battaglie del primo Fascismo, ma anche in tutte quelle susseguitesi nei momenti fulgenti dell'Impero e poi, quando Mussolini nel 1938 dimostrò a Genova e alla Liguria il valore delle nuove realizzazioni e la validità civile del progresso sociale inserito dal Corporativismo nelle fabbriche, nei cantieri e nelle aziende agricole di questa regione. In questa civiltà sociale e nel suo perfezionamento anche nel terzo millennio dell'umanità progredita continuano a credere i figli dei veri Italiani e -quindi- anche Europei di ieri, quelli che, dopo il tradimento dei Savoia e di Badoglio il 25 luglio e l'8 settembre 1943, realizzarono con la Repubblica Sociale Italiana quel Manifesto di Verona attualmente moderno e validissimo, con i suoi punti fondamentali per lo sviluppo più avanzati del progresso civile, tecnico e popolare, per la realizzazione di un efficiente Stato nazionale del Lavoro e che non contrasta con le finalità evolutive della Comunità Economica Europea.
Quanti sono deragliati attualmente in Alleanza nazionale, ripudiando i valori ideali di progresso civile e sociale inseriti nell'agonizzante MSI-DN da quanti ad esso pervennero nel dicembre 1946 e successivamente, provenendo dall'esperienza valorosa e di sacrificio vissuta nella RSI oppure nei campi di concentramento dei «non-cooperatori» in Albione oppure negli USA, o dalle carceri partigiane, possono trovarsi... benissimo con i riciclati neo-badogliani, con quanti hanno abbandonato l'ex DC e con quanti altri -nella nuova era berlusconiana- vogliono ad ogni costo conquistare una più comoda posizione, perché sono «maturi» per accedere al neo-schieramento politico di liberalismo maggiormente reazionario esistente nell'Europa, che lo stesso duca di Serracapriola -nel tramontato regno delle Due Sicilie- non avrebbe osato proporre a Ferdinando II di Borbone.
Ci vengono queste considerazioni, con le loro apparizioni ideali nelle nostre riflessioni sulla realtà politica attuale, da quei Camerati che dopo gli eroismi degli Alpini della «Monterosa» nel Levante Ligure ed in Garfagnana oppure dei Marò della «San Marco» nel Ponente savonese e della Riviera dei Fiori nel 1944-'45, ridiedero vitalità all'Idea a Genova e nell'altro, aspro territorio ligure, quando nessun posto di parlamentare, di consigliere provinciale oppure comunale era soltanto immaginabile, ma si poteva appena gettare la base per la resurrezione politica della socialità repubblicana e fascista. Olivari, Marchetti, Sangermano, Gustavino, Abirascid, Minoliti, Stadelmann e tutti gli altri che, a Staglieno o in altra terra consacrata, vivono l'eterno riposo dei giusti, ci confermano che la via giusta rimane la nostra, come allora, quella dell'Onore e del progresso sociale. Soltanto così si può costruire il migliore futuro europeo.

 

Bruno De Padova

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