«Non è importante la vita. Importante è cosa si fa della vita» (Beppe Niccolai - Roma, Dicembre 1984)

Anno III - n° 6 - 31 Ottobre 1994

 

C.V.D.
(Come volevasi dimostrare)


La lingua batte dove il dente duole. È proprio così. Non possiamo esimerci dal tornare a parlare di quel MSI che per più di trenta anni ci ha visto militanti e dirigenti locali e nazionali. Di quel MSI al quale, disinteressatamente, abbiamo dedicato una buona metà della nostra esistenza. Niente rimpianti, sia ben chiaro. Ma tanta tristezza in cuore e una immensa amarezza. E sicuramente tanta rabbia, nel momento in cui apprendiamo che entro la fine di questo anno quel Movimento Sociale -e sottolineo l'ultimo termine- non esisterà più. Cancellato con un colpo di spugna dall'uomo seguace dei «berretti verdi». Ma non solo da lui. Da tutti coloro che, colpiti da una mai nascosta voglia di potere e poltrone ad ogni costo, hanno rinnegato origini e valori. Confermando quanto ebbe a dichiarare nel lontano 1700 lo scrittore inglese Addison sulla sua rivista "The Spectator": «La politica è l'ultimo rifugio dei mascalzoni.» Mai frase fu più attuale e più calzante.
Dunque, MSI addio. Come volevasi dimostrare. Un drammatico punto di arrivo che noi già avevamo capito e pronosticato tre anni orsono, allorché ce ne andammo. Proprio perché sentivamo che quella, già allora (figuriamoci oggi!) non era più la nostra famiglia.
Tristezza, amarezza e rabbia, non tanto per la forma: resti o no il simbolo della fiamma. Sia grande o piccola, al centro o relegata in un angolo. Ma per una questione di sostanza. Vengono cancellati, in un solo colpo, tutti quei valori e tutti quei postulati -diciamo pure quegli ideali- che portarono molti di noi ad entrare nel MSI quando ancora avevamo i pantaloni corti; che ci spinsero a difenderli, in pochi e malvisti, nell'immediato dopoguerra e nei cosiddetti anni di piombo; che costarono a molti la vita, ad altri anni di ingiusta galera. Oggi si rinnega tutto, passato remoto e passato prossimo, in nome di una destra liberale e conservatrice. Si va con Berlusconi, si abbraccia il libero mercato, si diventa accesi filocapitalisti. Si sale, in poche parole, sul carro del momentaneo vincitore. Fino a far affermare a Fini, in una recente intervista rilasciata a Giorgio Bocca che chiedeva «che Fascismo è possibile?»: «Nessuno, noi non siamo fascisti».
Ciò, sia ben chiaro, non ci meraviglia né ci sorprende più di tanto. Conosciamo Fini fin dalla sua entrata nel MSI. Quando fa certe affermazioni è in buona fede. E lui stesso, sempre nella sopraccitata intervista, dice: «Non ero un attivista... ero uno che aveva preso quella strada come avrebbe potuto prenderne un'altra».
Fini non ha mai creduto in quei valori ed in quelle tesi sociali che, al contrario, spinsero noi ad entrare nel Movimento. Quanto è accaduto negli ultimi tempi e accadrà tra qualche mese, ne è la riprova più eclatante.
Meravigliano invece altri «personaggi» che hanno accettato o accetteranno questa scellerata e vigliacca svolta. Senza battere ciglio. Rinnegando in poche ore quanto detto e fatto nel corso di una intera esistenza. Che tristezza! Che schifo! Tutti piccoli uomini, degni sicuramente di essere magari i protagonisti di questi anni grigi, cupi e colmi di un micidiale qualunquismo. E per diventare tali hanno rinnegato la socializzazione per il capitalismo, la nazione e la tradizione per l'americanismo, la comunità per l'affarismo, la fede per le poltrone. Perfettamente uguali alla vecchia DC. Hanno sputato financo sui morti, pur di poter sedere nella stanza dei bottoni. Si va alle Fosse Ardeatine, si dimentica Piazzale Loreto.
Sono diventati parlamentari, ministri, sottosegretari. Hanno consentito alla repubblica delle tangenti e del malaffare di sopravvivere. Agli impostori di riciclarsi. Anzi, siedono accanto a loro e con loro si spartiscono la torta. Lottizzano come nella migliore tradizione consociativa. Occupano poltrone e ministeri con abissale incompetenza. Altro che Seconda Repubblica! È un film che già abbiamo visto. Come prima, peggio di prima. Meno male che dichiarano di non essere fascisti.
Mussolini, Bombacci, Berto Ricci, Niccolai e lo stesso Almirante trasalirebbero nell'aldilà se Fini e soci sostenessero il contrario. In risposta a tutto ciò noi restiamo fedeli al motto «non mollare» e continuiamo ad attestarci su quella trincea che scegliemmo tanti e tanti anni orsono. La trincea della giustizia sociale, dell'onore, della competenza, della parola data, della solidarietà, del socialismo nazionale.
E che i Giuda vadano per la loro strada.
Con l'augurio, per il bene del popolo italiano, che il percorso sia il più breve possibile.

 

Gianni Benvenuti

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