C.V.D.
(Come volevasi dimostrare)
La lingua batte dove il dente duole. È proprio così. Non possiamo esimerci dal
tornare a parlare di quel MSI che per più di trenta anni ci ha visto militanti e
dirigenti locali e nazionali. Di quel MSI al quale, disinteressatamente, abbiamo
dedicato una buona metà della nostra esistenza. Niente rimpianti, sia ben
chiaro. Ma tanta tristezza in cuore e una immensa amarezza. E sicuramente tanta
rabbia, nel momento in cui apprendiamo che entro la fine di questo anno quel
Movimento Sociale -e sottolineo l'ultimo termine- non esisterà più. Cancellato
con un colpo di spugna dall'uomo seguace dei «berretti verdi». Ma non solo da
lui. Da tutti coloro che, colpiti da una mai nascosta voglia di potere e
poltrone ad ogni costo, hanno rinnegato origini e valori. Confermando quanto
ebbe a dichiarare nel lontano 1700 lo scrittore inglese Addison sulla sua
rivista "The Spectator": «La politica è l'ultimo rifugio dei mascalzoni.» Mai
frase fu più attuale e più calzante.
Dunque, MSI addio. Come volevasi dimostrare. Un drammatico punto di arrivo che
noi già avevamo capito e pronosticato tre anni orsono, allorché ce ne andammo.
Proprio perché sentivamo che quella, già allora (figuriamoci oggi!) non era più
la nostra famiglia.
Tristezza, amarezza e rabbia, non tanto per la forma: resti o no il simbolo
della fiamma. Sia grande o piccola, al centro o relegata in un angolo. Ma per
una questione di sostanza. Vengono cancellati, in un solo colpo, tutti quei
valori e tutti quei postulati -diciamo pure quegli ideali- che portarono molti
di noi ad entrare nel MSI quando ancora avevamo i pantaloni corti; che ci
spinsero a difenderli, in pochi e malvisti, nell'immediato dopoguerra e nei
cosiddetti anni di piombo; che costarono a molti la vita, ad altri anni di
ingiusta galera. Oggi si rinnega tutto, passato remoto e passato prossimo, in
nome di una destra liberale e conservatrice. Si va con Berlusconi, si abbraccia
il libero mercato, si diventa accesi filocapitalisti. Si sale, in poche parole,
sul carro del momentaneo vincitore. Fino a far affermare a Fini, in una recente
intervista rilasciata a Giorgio Bocca che chiedeva «che Fascismo è possibile?»:
«Nessuno, noi non siamo fascisti».
Ciò, sia ben chiaro, non ci meraviglia né ci sorprende più di tanto. Conosciamo
Fini fin dalla sua entrata nel MSI. Quando fa certe affermazioni è in buona
fede. E lui stesso, sempre nella sopraccitata intervista, dice: «Non ero un
attivista... ero uno che aveva preso quella strada come avrebbe potuto prenderne
un'altra».
Fini non ha mai creduto in quei valori ed in quelle tesi sociali che, al
contrario, spinsero noi ad entrare nel Movimento. Quanto è accaduto negli ultimi
tempi e accadrà tra qualche mese, ne è la riprova più eclatante.
Meravigliano invece altri «personaggi» che hanno accettato o accetteranno questa
scellerata e vigliacca svolta. Senza battere ciglio. Rinnegando in poche ore
quanto detto e fatto nel corso di una intera esistenza. Che tristezza! Che
schifo! Tutti piccoli uomini, degni sicuramente di essere magari i protagonisti
di questi anni grigi, cupi e colmi di un micidiale qualunquismo. E per diventare
tali hanno rinnegato la socializzazione per il capitalismo, la nazione e la
tradizione per l'americanismo, la comunità per l'affarismo, la fede per le
poltrone. Perfettamente uguali alla vecchia DC. Hanno sputato financo sui morti,
pur di poter sedere nella stanza dei bottoni. Si va alle Fosse Ardeatine, si
dimentica Piazzale Loreto.
Sono diventati parlamentari, ministri, sottosegretari. Hanno consentito alla
repubblica delle tangenti e del malaffare di sopravvivere. Agli impostori di
riciclarsi. Anzi, siedono accanto a loro e con loro si spartiscono la torta.
Lottizzano come nella migliore tradizione consociativa. Occupano poltrone e
ministeri con abissale incompetenza. Altro che Seconda Repubblica! È un film che
già abbiamo visto. Come prima, peggio di prima. Meno male che dichiarano di non
essere fascisti.
Mussolini, Bombacci, Berto Ricci, Niccolai e lo stesso Almirante trasalirebbero
nell'aldilà se Fini e soci sostenessero il contrario. In risposta a tutto ciò
noi restiamo fedeli al motto «non mollare» e continuiamo ad attestarci su quella
trincea che scegliemmo tanti e tanti anni orsono. La trincea della giustizia
sociale, dell'onore, della competenza, della parola data, della solidarietà, del
socialismo nazionale.
E che i Giuda vadano per la loro strada.
Con l'augurio, per il bene del popolo italiano, che il percorso sia il più breve
possibile.
Gianni
Benvenuti
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