«Non è importante la vita. Importante è cosa si fa della vita» (Beppe Niccolai - Roma, Dicembre 1984)

Anno III - n° 6 - 31 Ottobre 1994

 

Anagramma: «Berlusconi è il capobanda»
Noi, la seconda Repubblica

 

Sarà il gran caldo di questi giorni agostani. Sarà l'afa che ottunde energie e sentimenti, e stempera i risentimenti, ma sta di fatto ch'io ci ho perso la voglia: di agitarmi, di sfiatarmi, di fare il solito polemico. Mica si può continuare così, direttore.
Mica ci saremo messi in testa, a "Tabularasa", d'aprire gli occhi ai dormienti e ai non vedenti, di dare coraggio ai non coraggiosi, di rinsavire gli stolti e risanare gli storpi?!? Basta così. Basta con quest'insana voglia di voler procedere a testa in su, oltre le nuvole. Basta con i richiami a vuoto alla dignità, serietà, fedeltà e trallallà. E diamoci un taglio alla ricerca di valori inutili, non quotabili né negoziabili! Finiamola con l'opera buffa «Le idee non sono optionals», che qui si cerca alla bell'e meglio di rappresentare, con scarsissimo successo di pubblico.
Bisogna rinnovarsi. Andare incontro alla gente, entrare nel mercato, saper vendere.
Già sono in molti, nei nostri paraggi, ad aver capito.
Neo-azzurri, neo-alleati, neo-leghisti, neo-cicisbei. È tutto uno sbocciare vezzoso, sull'incipriato volto del Nuovo.
E noi? Sempre fermi all'hic manebimus optime?? Massì, recitiamola 'sta pubblica ammenda, noi passatisti, noi irriducibili.
«L'uomo è sempre pronto -scrivi giustamente sul n° 4/94 di "Tabularasa"- a mancare alla parola data. A cambiare stile di vita, ad offrirsi al miglior offerente». Prendiamolo come suggerimento e -con filosofia- offriamoci; finché siamo in tempo.
Perché Berlusconi è un uomo buono. Sa perdonare e sa condonare. Per 45mila miliardi e per decreto-legge. Lui vuole ridare slancio e libera iniziativa a genti e tangenti, ridare fiato alle opere buone, salvare l'anima e l'appalto. Per questo lui ci appare dai teleschermi: per rassicurare gli inquieti, spronare gli operosi, ammonire gli increduli.
Ogni ottimismo è, con lui, doveroso. Lui è il protagonista indiscusso di un grande monòpoli padronal-popolare. Lui, con la sua gioiosa macchina da quattrini, è l'Immagine e il Consenso. Lui è.
Sì, il Presidente Berlusconi è buono, e sorride (e anche tu, scusami direttore, ma ti pare bello ricordarci ad ogni pie' sospinto i trascorsi da incappucciato, l'oscuro suo passato di palazzinaro & faccendiere dell'infausto Regime?! - chiudo la parentesi).
Questo intonano cori di fedeli. Così cantano in fitta schiera gli eletti, ora assisi su celesti troni e dall'alto di angeliche dominazioni. È quel suo sorriso che ha vinto. Riscattando peccatrici e peccatori smarritisi nei meandri della prima e corrotta repubblica. (Ti dirò -perché tu possa trarne ragione di sprone e di esempio- che qui, nella mia Venezia, si sono ravveduti gli ultimi due ex-sindaci della città, già in quota l'uno a Bernini e l'altro a De Michelis; li han seguiti o preceduti sulla via del riscatto: il presidente (socialista) del Consiglio regionale, numerosi assessori ed uomini d'affari, vari consiglieri ed aspiranti tali, intellettuali e droghieri, factotum e portaborse targati PSI-PLI-DP-PSDI-DC... E le conversioni continuano). Ovunque, d'intorno alla sua -invero non alta- figura (: ma c'è chi, la figura, la vede Grande come quella di un Fratello. E c'è chi invece la trova paterna. E chi sexy. Chi possente e chi carismatica) ormai si muove una vera e propria corte. Dei miracoli, ca va sans dire, stando al milione di posti in più e alle tasse in meno.
Si potrà aggiungere che il Presidente Berlusconi è pure bello?
In verità i maligni, che lo guardano da sinistra, lo descrivono calvo e grassoccio. Non risulta. O, perlomeno, non lo si nota affatto in un tal Uomo, capace di essere così all'altezza di ogni situazione: «Anch'io sono stato un po' donnina di casa, perché quando studiavo ero io che toglievo la polvere e facevo la spesa» (: assemblea nazionale della Federcasalinghe, estasiate); «Con la mia discesa in campo ho cambiato la Storia di questo Paese» (: conferenza stampa al vertice dei G7); «Signora, non lo dica a me che ho 28 giardinieri!» (: risposta alla richiesta della presidente del WWF italiano per una maggiore cura dell'ambiente); «Attenzione, che sennò stanotte aumentiamo la prole!» (: riferendosi all'atmosfera «romantica» venutasi a creare alla Reggia di Caserta, assieme a Bill, Hillary e Veronica)...
Per fartela breve, una simile, doverosa raccolta di frasi celebri (che solo invidiosi e comunisti, reputa in stile con le battute da Bar Sport) necessiterebbe d'essere oggetto di culto popolare: se ne potrebbe fare una sorta di «Libretto azzurro», Carli ed. Perché, caro direttore, è lui che l'Italia ammira ed invidia. È l'Italia multicolore dei consigli per gli acquisti; l'Italia che s'incolonna felice nei week-ends; l'Italia del tutto-esaurito; l'Italia delle megadiscoteche e degli ipermercati; l'Italia de «la partita».
È l'Italia -se vogliamo- del Bar Sport, ma è l'Italia profonda, vera, genuina, democratica: è quella che lavora, spende e produce a identificarsi in lui.
Inoltre, la gente in, quella che conta e sta con lui, è così elegante, così capace, così sicura di sé, così abbronzata... (e noi qui, al caldo, senza neanche una vice-presidenza che ci attenda o una prospettiva d'assessorato...).
Ma nel benedetto polo delle libertà e del buongoverno mica c'è solo l'anima altolocata (che, poi, non farebbe al modesto caso nostro). No, esiste anche -facendosi sentire!- quella alta e basso-padana, più popolaresca, sanguigna, un po' volgarotta. E ci sta persino, a quanto dicono, l'«anima sociale» - anche se, in quest'ultimo caso, deve di certo trattarsi di presenza simbolica, o quantomeno discreta: non si sente né si vede. Non c'è che l'imbarazzo della scelta, in quel polo: basta passare per conservatori o innovatori, nazionalisti o occidentali, liberali o solidaristi; moderare i termini, miscelare il tutto, et voilà!
Venendo al concreto, caro direttore, ritengo dunque che il nostro pubblico apparire dovrà d'ora innanzi uniformarsi all'aureo motto «Piatto ricco, mi ci ficco»; ovvero al celebre «Più buio che a mezzanotte non è», come amava dire un vecchio professionista parlamentare.
Si tratta, convengo con te, di relitti del passato, risaliti alla memoria più per trascorsa passione di gioco che non per fredda ragione politica. La quale ragione ci dice che abbiamo sbagliato molto, nella vita. E con la quale ragione -è evidente- abbiamo sinora dimostrato scarsa dimestichezza, lungo le nostre più o meno durevoli, brillanti e onorate carriere.
Tutto ciò è tanto più vero in considerazione che oggi, con il Nuovo, si può divenire membri del CSM senza cambiali e protesti (Franchi); essere nominati presidenti dell'Unire -Unione Nazionale Incremento Razze Equine- per meriti di difesa (Valentino); entrare nel Consiglio di amministrazione di Telecom Italia da corporativisti (Rasi); venir eletti «professori» di RAI-TV senza avere il televisore (Cardini); esser promossi ministri agricoli grazie alle non-letture di Evola, Gentile e Mussolini (A. Bortone Poli) ecc. ecc.
Mentre vergo queste nostalgiche note di ripensamento, ecco che il Cavaliere decide di «dare comunicazioni perfettamente legali per promuovere la conoscenza dell'attività» del suo governo. Ossia di trasmettere una serie di spots «socialmente utili», sotto forma di «Pubblicità & Progresso», in modo da dare una «corretta informazione» sull'operato di Lorsignori.
Insomma, caro Antonio, tira aria di regime. Un regime ancora forse giocoso e pasticcione -da «dilettanti allo sbaraglio»- ma sempre regime è; o sarà. E dunque, a quanti non possano (ahinoi!) vantare meriti antemarcia, non resta (o resterà) che conformarsi, adattarsi, sistemarsi.
O no?
Tuo,
 

Alberto Ostidich

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