Di complotto «loro»
vivono: da sempre
Mentre il condottiero di
Alleanza nazionale trascorreva i suoi meritati ozi in California, taluni suoi
seguaci -occupanti, peraltro, spazi all'interno del Governo- si sono
improvvisamente scoperti «trasgressivi»: forse perché divenuti coraggiosi
trovandosi il capo lontano, ospite nella terra dei mitici «berretti verdi», o
forse soltanto perché colpiti da stravolgimento caniculare. E si sono messi a
parlare dell'esistenza di «poteri forti» (naturalmente senza indicare le lobbies
che esercitano il potere reale) e persino a chiedere «chiarezza» sugli affari di
Bankitalia. È a tutti ben noto quale virulenta campagna d'insofferenza si sia
scatenata contro i «nazional-governativi» colpevoli di aver timidamente chiesto
contezza su talune operazioni -quale quella che ha per oggetto la fusione della
BNC con il San Paolo di Torino- o di averne denunciate talaltre. Gazzettieri
«organici», politici «progressisti», sindacalisti di mestiere, illustri
economisti si sono scoperti difensori d'ufficio dei «poteri forti» ed hanno
stampellato le impennate «mariane» dell'Uomo del Colle, quello -per intenderci-
chiamato «disinteressatamente» dal Capo del Governo ad esercitare la funzione di
Garante della Repubblica... «Bisogna porre fine al complottismo della destra», e
l'eco risponde: «Bankitalia non si tocca»... E perché?
Perché è costituzionalmente prevista l'autonomia della Banca centrale
dell'Esecutivo -che formalmente è in «democrazia» espressione della volontà
popolare- o perché è demandata a rappresentare gli interessi della Banca
mondiale e, quindi, il potere supernazionale degli usurocrati? Naturalmente, con
il ritorno di Fini in Italia, si è chiusa la parentesi «trasgressiva» e tutto è
rientrato nell'alveo della «normalità» mercantile che soprassiede alla logica
del potere. Quella logica che ha preteso l'incontro-accordo di Arcore tra
Berlusconi, Agnelli e De Benedetti avvenuto -e non a caso- subito dopo il
proclama recitato a Cernobbio dinanzi ai quadri osannanti della Confindustria (e
ad Eric Crawl, presidente della Warburg) dall'ineffabile inquisitore Di
Pietro...
Ricordo l'indignazione dell'«ambasciatore» Sergio Romano espressa, con sarcasmo
d'accatto nel maggio scorso sulle pagine del quotidiano di Agnelli. Ce l'aveva
con me e con alcuni miei amici eretici -provenienti da esperienze e da aree
politiche diverse- rei di aver svelato i retroscena dell'«operazione
privatizzazioni» orchestrata dall'alta finanza internazionale e di aver fatto i
nomi degli advisors, vale a dire della banche straniere d'affari (J.P. Morgan,
Goldman Sachs, Lehman Brothers, Warburg, First Boston, Rothschild, Kleinwort,
Merril Lynch e via di seguito) incaricate di gestire l'intiera operazione non a
caso ritenuta «l'affare del secolo per i capitali stranieri».
Gli è che l'arroganza dei servi della finanza è addirittura superiore a quella
dei signori dell'usura: se ne ha la dimostrazione continua attraverso le
campagne di stampa organizzate dai pennivendoli al soldo del grande capitale il
cui compito è quello di disinformare -o, se più piace, di fornire informazioni
«truccate»- e per costruire un'immagine in negativo di chiunque osi opporsi al
«disegno» e per spianare, a livello di opinione, la strada alle operazioni che
di esso di volta in volta sono espressione. Quindi, la manipolazione
dell'opinione pubblica è simmetricamente speculare alla manipolazione del prezzo
del petrolio o del valore della moneta... O a quant'altro stia comunque a
rappresentare il predominio finanziario...
Insomma, da una parte ci sono i noti trecento filantropi dello Iobb di cui ebbe
a parlare Walter Rathenau (e non Giovanni Preziosi come sostiene
cialtronescamente Sergio Romano) sacrificato al sole il 21 giugno 1922,
dall'altra tutti coloro che evocano «complotti» -naturalmente
giudaico-massonici- per cercare d'impedire che l'umanità possa beneficiare della
disinteressata generosità dei Brothers. E se i nazional-populisti (termine
coniato con intendimenti sarcastici dai politologi liberal-democratici) osano
denunciare l'esistenza di un progetto inteso a rapinare i Popoli -già
storicamente privati della loro sovranità e spogliati della loro identità- e si
permettono di svelare i retroscena di certi incontri quali quelli tenutisi sullo
yacht della regina Elisabetta o nel salotto buono del «Nasfika Astor Palace
Hotel», i gazzettieri insorgono e denunciano gli «eretici» invocandone
l'abbruciamento sul rogo.
Rimanendo in tema di «complottismo» mi torna alla mente quanto sostenne, in
polemica con gli statolatri, un mio amico a proposito della «cultura del
digerente» anch'essa «disegnata» nelle conferenze dei Bildelberg Groups... Ma
quando l'«Hæreticus» parlava, gli stampellatori da destra del Sistema, i
difensori dell'autorità e dell'ordine (l'ordine, naturalmente, dei bottegai, dei
qualunquisti, dei benpensanti) erano ben pronti a bollare le sue parole e a
definirle farneticanti. Ma proprio non sapevano i «trasgressivi» caniculari
quale fosse la funzione di un Ciampi -uomo di Bankitalia, del FMI ed espressione
degli interessi della Banca mondiale- a fronte dell'«operazione
privatizzazioni»? E non sapevano, ancora, che insieme a Ciampi, ad Agnelli, a
Maccanico, a Monti vi era al «Nafiska», a prendere ordini dai dirigenti della
finanza internazionale, anche quel certo Dini che oggi, in qualità di ministro
del Tesoro, risponde all'interrogante sottosegretario al Bilancio che non sono
mai esistiti fondi presso l'ufficio studi dell'istituto di via Nazionale? Erano,
forse, troppo intenti a coltivare le loro suggestioni forcaiole...
Il «complottismo»... Non accettiamo lezioni da «ambasciatori» framassoni, e
soprattutto non tolleriamo la loro insolenza di servi. Noi non siamo mai stati
avvezzi al «vittimismo», né disponibili per le dietrologie. E non si permetta
nessuno di venirci a raccontare che i Brìtish Invisibles (anch'essi noti
filantropi) potranno essere contestati soltanto il giorno in cui nasceranno gli
Italian Invisibles: noi siamo di un'altra razza, quella, per intenderci, della
guerra del sangue contro l'oro. C'è chi da sempre di complotto vive devastando e
distruggendo uomini e Popoli in nome della Banca e del Mercato, c'è chi evoca ed
inventa complotti utilizzando «facitori d'opinione» e giudici compiacenti per
costruire emergenze finalizzate alla conservazione della conduzione affaristica
del Potere.
Ebbene, costoro -con la stessa disinvoltura con cui il boia appronta i suoi
strumenti di morte- passano ad accusare di «complottismo» chiunque si ponga su
posizioni antagoniste. Mi chiedo -per dirla con Nietzsche- se non sia il tempo
di «lotte e conoscenze temerarie per porre fine alla storia dell'abbuiamento
moderno, per ridonare all'uomo il gusto di tornare a vivere il suo destino di
ribelle».
Paolo
Signorelli
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