«Non è importante la vita. Importante è cosa si fa della vita» (Beppe Niccolai - Roma, Dicembre 1984)

Anno III - n° 6 - 31 Ottobre 1994

 

Di complotto «loro» vivono: da sempre

 

Mentre il condottiero di Alleanza nazionale trascorreva i suoi meritati ozi in California, taluni suoi seguaci -occupanti, peraltro, spazi all'interno del Governo- si sono improvvisamente scoperti «trasgressivi»: forse perché divenuti coraggiosi trovandosi il capo lontano, ospite nella terra dei mitici «berretti verdi», o forse soltanto perché colpiti da stravolgimento caniculare. E si sono messi a parlare dell'esistenza di «poteri forti» (naturalmente senza indicare le lobbies che esercitano il potere reale) e persino a chiedere «chiarezza» sugli affari di Bankitalia. È a tutti ben noto quale virulenta campagna d'insofferenza si sia scatenata contro i «nazional-governativi» colpevoli di aver timidamente chiesto contezza su talune operazioni -quale quella che ha per oggetto la fusione della BNC con il San Paolo di Torino- o di averne denunciate talaltre. Gazzettieri «organici», politici «progressisti», sindacalisti di mestiere, illustri economisti si sono scoperti difensori d'ufficio dei «poteri forti» ed hanno stampellato le impennate «mariane» dell'Uomo del Colle, quello -per intenderci- chiamato «disinteressatamente» dal Capo del Governo ad esercitare la funzione di Garante della Repubblica... «Bisogna porre fine al complottismo della destra», e l'eco risponde: «Bankitalia non si tocca»... E perché?
Perché è costituzionalmente prevista l'autonomia della Banca centrale dell'Esecutivo -che formalmente è in «democrazia» espressione della volontà popolare- o perché è demandata a rappresentare gli interessi della Banca mondiale e, quindi, il potere supernazionale degli usurocrati? Naturalmente, con il ritorno di Fini in Italia, si è chiusa la parentesi «trasgressiva» e tutto è rientrato nell'alveo della «normalità» mercantile che soprassiede alla logica del potere. Quella logica che ha preteso l'incontro-accordo di Arcore tra Berlusconi, Agnelli e De Benedetti avvenuto -e non a caso- subito dopo il proclama recitato a Cernobbio dinanzi ai quadri osannanti della Confindustria (e ad Eric Crawl, presidente della Warburg) dall'ineffabile inquisitore Di Pietro...
Ricordo l'indignazione dell'«ambasciatore» Sergio Romano espressa, con sarcasmo d'accatto nel maggio scorso sulle pagine del quotidiano di Agnelli. Ce l'aveva con me e con alcuni miei amici eretici -provenienti da esperienze e da aree politiche diverse- rei di aver svelato i retroscena dell'«operazione privatizzazioni» orchestrata dall'alta finanza internazionale e di aver fatto i nomi degli advisors, vale a dire della banche straniere d'affari (J.P. Morgan, Goldman Sachs, Lehman Brothers, Warburg, First Boston, Rothschild, Kleinwort, Merril Lynch e via di seguito) incaricate di gestire l'intiera operazione non a caso ritenuta «l'affare del secolo per i capitali stranieri».
Gli è che l'arroganza dei servi della finanza è addirittura superiore a quella dei signori dell'usura: se ne ha la dimostrazione continua attraverso le campagne di stampa organizzate dai pennivendoli al soldo del grande capitale il cui compito è quello di disinformare -o, se più piace, di fornire informazioni «truccate»- e per costruire un'immagine in negativo di chiunque osi opporsi al «disegno» e per spianare, a livello di opinione, la strada alle operazioni che di esso di volta in volta sono espressione. Quindi, la manipolazione dell'opinione pubblica è simmetricamente speculare alla manipolazione del prezzo del petrolio o del valore della moneta... O a quant'altro stia comunque a rappresentare il predominio finanziario...
Insomma, da una parte ci sono i noti trecento filantropi dello Iobb di cui ebbe a parlare Walter Rathenau (e non Giovanni Preziosi come sostiene cialtronescamente Sergio Romano) sacrificato al sole il 21 giugno 1922, dall'altra tutti coloro che evocano «complotti» -naturalmente giudaico-massonici- per cercare d'impedire che l'umanità possa beneficiare della disinteressata generosità dei Brothers. E se i nazional-populisti (termine coniato con intendimenti sarcastici dai politologi liberal-democratici) osano denunciare l'esistenza di un progetto inteso a rapinare i Popoli -già storicamente privati della loro sovranità e spogliati della loro identità- e si permettono di svelare i retroscena di certi incontri quali quelli tenutisi sullo yacht della regina Elisabetta o nel salotto buono del «Nasfika Astor Palace Hotel», i gazzettieri insorgono e denunciano gli «eretici» invocandone l'abbruciamento sul rogo.
Rimanendo in tema di «complottismo» mi torna alla mente quanto sostenne, in polemica con gli statolatri, un mio amico a proposito della «cultura del digerente» anch'essa «disegnata» nelle conferenze dei Bildelberg Groups... Ma quando l'«Hæreticus» parlava, gli stampellatori da destra del Sistema, i difensori dell'autorità e dell'ordine (l'ordine, naturalmente, dei bottegai, dei qualunquisti, dei benpensanti) erano ben pronti a bollare le sue parole e a definirle farneticanti. Ma proprio non sapevano i «trasgressivi» caniculari quale fosse la funzione di un Ciampi -uomo di Bankitalia, del FMI ed espressione degli interessi della Banca mondiale- a fronte dell'«operazione privatizzazioni»? E non sapevano, ancora, che insieme a Ciampi, ad Agnelli, a Maccanico, a Monti vi era al «Nafiska», a prendere ordini dai dirigenti della finanza internazionale, anche quel certo Dini che oggi, in qualità di ministro del Tesoro, risponde all'interrogante sottosegretario al Bilancio che non sono mai esistiti fondi presso l'ufficio studi dell'istituto di via Nazionale? Erano, forse, troppo intenti a coltivare le loro suggestioni forcaiole...
Il «complottismo»... Non accettiamo lezioni da «ambasciatori» framassoni, e soprattutto non tolleriamo la loro insolenza di servi. Noi non siamo mai stati avvezzi al «vittimismo», né disponibili per le dietrologie. E non si permetta nessuno di venirci a raccontare che i Brìtish Invisibles (anch'essi noti filantropi) potranno essere contestati soltanto il giorno in cui nasceranno gli Italian Invisibles: noi siamo di un'altra razza, quella, per intenderci, della guerra del sangue contro l'oro. C'è chi da sempre di complotto vive devastando e distruggendo uomini e Popoli in nome della Banca e del Mercato, c'è chi evoca ed inventa complotti utilizzando «facitori d'opinione» e giudici compiacenti per costruire emergenze finalizzate alla conservazione della conduzione affaristica del Potere.
Ebbene, costoro -con la stessa disinvoltura con cui il boia appronta i suoi strumenti di morte- passano ad accusare di «complottismo» chiunque si ponga su posizioni antagoniste. Mi chiedo -per dirla con Nietzsche- se non sia il tempo di «lotte e conoscenze temerarie per porre fine alla storia dell'abbuiamento moderno, per ridonare all'uomo il gusto di tornare a vivere il suo destino di ribelle».
 

Paolo Signorelli

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