Anagramma: «Noi, la seconda
Repubblica»
Il capobanda è
Berlusconi
Klaus Wagenbach, editore
tedesco, intervistato alla Buchmesse di Francoforte: «L'anomalia italiana? Beh,
sì, indubbiamente esiste. Ma, da editore, non me ne dolgo più di tanto:
Berlusconi è troppo stupido per fare buoni libri ...» Vuoi dire, Herr Wagenbach?
«Voglio dire che non è un concorrente pericoloso. Basta sentirlo parlare: non si
avverte propriamente il fruscio delle pagine lette. E tra quei pochi libri che
avrà in casa ci sarà anche il suo clown, come si chiama? Vittorio Sgarbi ...»
Simonetta Fiori, "la Repubblica", 6.10.1994.
Questo è il ritratto di Berlusconi fatto da uno straniero, ma buon conoscitore
delle nostre cose.
A presentare la sua eventuale futura corte, invece, ci pensa Lorenzo Viani,
vàgero versiliese, nel suo romanzo "Barba e capelli": «Roba di sottobanco.
Scarti di governo, eroi dei furti con destrezza, frode con raggiro, rapine,
abigeati, scassi, firme false, e giuramenti, lenocinio, oltraggi al pudore,
stupri violenti, corruzione di minorenni, e gli altolocati di questa pattaruglia
sono quelli della bancarotta semplice e di quella fraudolenta».
E ti chiedi, caro Alberto, se sia il caso di «conformarsi, adattarsi (per),
sistemarsi»? Che la vecchie marmaglie si sian oggi rispulizzite, io lo metto in
non cale. Son come le folaghe: puoi scottarle, sbollentarle, tenerle in fusione
nell'aceto, ma il puzzo di rigno lo rendon sempre. Se poi mi dovessi soffermare
su una parte di codesta «pattaruglia» (mi riferisco agli Alleati nazionali) e
del relativo repentino imbastardimento, tre sono le specie che mi vengono in
mente: i giannizzeri, i marrani, i cani. I primi, cristiani al servizio dei
turchi e istruiti nella religione musulmana, diventarono i più fanatici adepti
del nuovo credo; i secondi, per mantenere integro il privilegio di praticare
l'usura, rinnegarono la religione dei padri. Ed oggi si vendicano. Dal
"Corriere" del 19.10.1994: «Gianfranco è un vero filoamericano» lo dice l'ebreo
Maxwell Rabb che aggiunge: «Sì, mi sto adoperando per una visita di Fini alla
comunità ebraico-americana di cui faccio parte». Come vedi, tipiche conversioni
di comodo tanto è vero che, l'ispanico «marrano», in italiano si traduce con
«porco». La terza specie. I cani (che non vorrei offendere), se bastardi,
sappiamo quanto siano intelligenti, fedeli, affettuosi. Ma sono cani. Non
possono, quindi, assumere le sembianze umane; mentre, un uomo, con l'arbitrio
che gliene viene dalla facoltà di autodeterminarsi, può trasformarsi in porco.
Siamo al paradosso, caro Alberto. Facciamo parte di una nazione composta da
cinquantasette milioni di abitanti, ci parliamo e, dal nostro colloquio,
scaturisce una constatazione: per decifrare il comportamento degli uomini che ci
circondano, e che ci governano, siamo costretti a paragonarli ad alcune razze di
animali. Non sono forzature.
Dignità? Che roba è? Tutti mirano ad apparire ed hanno un buon maestro. Mi vedo
davanti agli occhi quella mezza tacca di Berlusconi, a Mosca, impettito con la
mano sul cuore (all'americana) mentre ascolta gli inni nazionali... e mi vien da
ridere... Poi l'occhio mi casca sul "Corriere" del 18.10.1994 e sul titolo di un
«fondo» di Angelo Panebianco: «Se l'Italia avesse Kohl» e vado fuor di senno. Al
«gigante nero» noi siam capaci di opporre soltanto un tizio che sulla fronte ha
scritto «cranio disabitato» ma che si atteggia a gigante, tanto è vero che
indossa scarpe con tacchi rialzati e relative solette per un totale di tre
centimetri... Quel tizio che gli italiani, in certi sondaggi, volevano eleggere
re. E la memoria ricorre ad un certo Vittorio Emanuele III -alto un metro e
sessantuno- che obbligò l'Esercito italiano a derogare sull'altezza degli
arruolandi: Sua Maestà un metro e sessantuno? Abili ed arruolati i marmittoni
con un metro e sessanta, così, quando li passava in rivista...
Questa è un'Italia giocherellona e carnascialesca. Un'Italia da barzelletta. E
un regime, come tu dici, di «dilettanti allo sbaraglio», ma ben accetto da
cittadini gioiosi e felici che si fanno prendere allegramente per le mele.
Ecco, "Tabularasa" serve a noi, quattro gatti (nella speranza che il Berlusca
non ci metta assieme ai quattro mafiosi) per continuare ad esistere e credere
nella nostra diversità. O non è forse un diritto, oggi, l'essere diverso? E
allora perché non vantarcene come tutti gli eterosessuali, checche, tegami e
ganzi di Veronica che fanno opinione scatenando i media?
Animo, amico mio.
Ne vedremo delle belle.
Tono
Stiacciamadonne
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