«Non è importante la vita. Importante è cosa si fa della vita» (Beppe Niccolai - Roma, Dicembre 1984)

Anno III - n° 7 - 30 Novembre 1994

 

Meridionali senza credito

 

Niente più ci ha ferito, in questi ultimi anni, della vicenda di Nicholas, venuto in Calabria per un appuntamento con la morte. Niente ci ha impressionato quanto la compostezza dei signori Green che hanno voluto che gli organi del loro bambino continuassero a vivere e dare vita, nel nostro Paese. Una lezione per tutti in un'epoca di egoismi e chiusure mentali.
Da calabresi riusciamo a trattenere a stento la rabbia. D'accordo, c'è il dato oggettivo: questi fatti accadono a qualunque latitudine. Ci sono volgari assassini in ogni angolo del pianeta. Ma l'eco delle loro ripugnanti gesta non è uguale dappertutto. Qui da noi i costoni dell'Aspromonte, i pendii della Sila l'amplificano, la diffondono, la rendono più cupa e minacciosa. Quanti visitatori, quanti turisti, quanti imprenditori saranno distolti dal ricordo di quest'ultima tragedia? Quanti avvoltoi vi si tufferanno al momento opportuno?
E torna la domanda di sempre: che fare? Continuare a piangersi addosso maledicendo il destino, imprecando ai banditi di turno? È di tutta evidenza che i primi a pagare, per atti criminosi che vi si moltiplicano, sono proprio i nostri territori, la nostra gente.
Non sembri perciò strana questa premessa ad una riflessione sulla politica creditizia in Calabria e nelle altre regioni meridionali. Infatti, a parte i necessari e doverosi interventi di natura repressiva, fino a quando non si porrà mano alla ricostruzione di un tessuto sociale, economico e produttivo non ci sarà un vero argine alla criminalità. E la stragrande maggioranza dei meridionali onesti continuerà a pagare per via di spregevoli minoranze, fino a sentirsi moralmente coinvolta.
È tempo dunque di disegnarlo questo nuovo modello di sviluppo -che, altrimenti, rischia di diventare un'araba fenice- passando dal chiacchiericcio sterile ai fatti, ovvero andando al cuore delle questioni.
Una di queste è la questione creditizia, tornata prepotentemente d'attualità. Le cronache relative allo strozzinaggio sono ormai un bollettino di guerra e, finalmente, ci si interroga su cause e concause, non escludendo dall'analisi l'operato delle banche nelle nostre regioni. Nei giorni scorsi, "RaiTre Calabria" ha mandato in onda un servizio che conferma cifre e dati sui quali stiamo dibattendo da tempo giungendo alla determinazione di chiedere, sull'argomento, una riunione straordinaria del Consiglio regionale che, per impegno assunto dal Presidente dell'Assemblea, dovrebbe tenersi nelle prossime settimane.
L'iniquità del sistema creditizio meridionale, la sperequazione dei tassi d'interesse tra le diverse aree del Paese sono diventati ormai insopportabili, vero e proprio fattore inibente ogni ipotesi di serio e moderno sviluppo.
Viviamo una fase difficile e complessa di transizione, né ci rassicurano i quotidiani conflitti tra poteri costituzionali. La democrazia si trova ad un bivio, nel pieno di una crisi che, come tutte le crisi, potrà avere uno sbocco di maturità o d'involuzione. Nella prima, auspicabile, ipotesi i prevedibili esiti della transizione segneranno, sul versante istituzionale, il passaggio da un modello di organizzazione dello stato centralizzato a forme di decentramento ed autonomia reale, ovvero al federalismo; sul versante economico, dall'assistenzialismo, nei suoi vari aspetti, ad un sistema di regole che non potranno non privilegiare, sia pure tendenzialmente, la razionalizzazione delle risorse, la loro utilizzazione a fini produttivi, l'efficienza e la competitività sui mercati delle aziende, la creazione di nuove intraprese.
Ora, al di là degli interventi strutturali ed infrastrutturali necessari per rendere più vicini i mercati tradizionali o acquisirne di nuovi -penso al Mercato comune del Mediterraneo- non si vede come il meridione possa partecipare a queste sfide se non attivando tutte le energie e risorse, materiali ed umane, di cui dispone. Né come questo possa accadere con il sistema di pesanti penalizzazioni tutt'ora vigente. Come possano, cioè, mantenere e rafforzare la propria competitività le poche aziende che l'hanno sin qui conservata, riacquisirla le tante che l'hanno perduta, come possano nascerne di nuove se i meridionali continueranno a non avere... credito.
La tendenza sembra essere quella di una progressiva riduzione degli interventi di sostegno statali e comunitari, mentre quelli regionali non potranno non prevedere il superamento della fallimentare politica di finanziamento in conto capitale per passare ad incentivazioni in conto interesse.
Dunque, le banche! I tassi d'interesse bancario praticati nelle diverse regioni dimostrano come quelle meridionali siano costrette a sopportare mediamente, un differenziale negativo di tre punti in più. Anzi, se il riferimento si sposta al Taeg (tasso annuo effettivo globale) questa differenza sale a cinque, sei punti.
Dicono le banche: c'è un rischio insolvenza che va remunerato, ovvero la percentuale di sofferenza media su piazza è maggiore al Sud. Questa faccenda del rischio è un vero rompicapo. Intanto non spiega come mai non abbia scoraggiato l'apertura degli sportelli al Sud da parte dei grandi Istituti di credito e, perché, essi si precipitino ad acquisire il controllo di quelli meridionali, dalla Carical al Banco di Sicilia. Non è certo un caso che il sistema bancario italiano abbia scelto di essere assai più presente al Sud se è vero che la provincia con più sportelli per numero di abitanti è Palermo e la città che detiene analogo primato è Trapani.
Rischio! Può esso derivare dall'insolvenza di privati che offrono, in cambio del prestito, ridondanti garanzie? Oppure esso dipende da incauti affidamenti che le banche troppo frequentemente riservano ai soliti amici degli amici? Ed in questo caso il rischio non dovrebbe gravare sui bilanci delle banche piuttosto che sulla testa dei meridionali?
Rischio! E spesso si tira in ballo la mafia... salvo poi confermarsi che la regione meridionale in assoluto la più penalizzata è, guarda caso la Basilicata, l'unica esente da significativi fenomeni di criminalità organizzata.
Bisogna parlarne, altroché! Perché, a ben vedere, a parte la remunerazione del rischio, gli altri due elementi oggettivi che determinano il costo del denaro (costo della provvista e ricarico/spese di gestione) stanno tutti dalla parte delle banche, in termini di convenienza. Bisogna discuterne, perché non è più possibile che in regioni con livelli record di risparmio pro capite i cittadini che depositano ricevano tassi attivi minimi e quelli che comprano denaro, quando e se vi riescono, paghino tassi massimi.
Queste riflessioni cercheremo di approfondire, insieme ad addetti ai lavori quali non siamo, nella imminente riunione di Consiglio regionale. Essa non dovrà avere soltanto funzione simbolica, ma servire ad individuare concrete ed immediate iniziative per la soluzione di un problema che, forse, è la chiave di lettura di una Calabria e di un Sud apparentemente incapaci di superare condizioni di degrado e marginalità, arretratezza e sottosviluppo. Non si tratta di chiedere la luna. Semplicemente, dovendosi riscrivere regole e reinventare politiche, che i meridionali possano finalmente avere condizioni di pari dignità e opportunità.
Solo allora, se essi non saranno in grado di costruire una prospettiva ed una speranza, per sé e per i propri figli, si potrà dire: è colpa loro. E noi saremo i primi a gridarlo.


Beniamino Donnici

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