Meridionali senza credito
Niente più ci ha ferito, in questi ultimi anni, della vicenda di Nicholas,
venuto in Calabria per un appuntamento con la morte. Niente ci ha impressionato
quanto la compostezza dei signori Green che hanno voluto che gli organi del loro
bambino continuassero a vivere e dare vita, nel nostro Paese. Una lezione per
tutti in un'epoca di egoismi e chiusure mentali.
Da calabresi riusciamo a trattenere a stento la rabbia. D'accordo, c'è il dato
oggettivo: questi fatti accadono a qualunque latitudine. Ci sono volgari
assassini in ogni angolo del pianeta. Ma l'eco delle loro ripugnanti gesta non è
uguale dappertutto. Qui da noi i costoni dell'Aspromonte, i pendii della Sila
l'amplificano, la diffondono, la rendono più cupa e minacciosa. Quanti
visitatori, quanti turisti, quanti imprenditori saranno distolti dal ricordo di
quest'ultima tragedia? Quanti avvoltoi vi si tufferanno al momento opportuno?
E torna la domanda di sempre: che fare? Continuare a piangersi addosso
maledicendo il destino, imprecando ai banditi di turno? È di tutta evidenza che
i primi a pagare, per atti criminosi che vi si moltiplicano, sono proprio i
nostri territori, la nostra gente.
Non sembri perciò strana questa premessa ad una riflessione sulla politica
creditizia in Calabria e nelle altre regioni meridionali. Infatti, a parte i
necessari e doverosi interventi di natura repressiva, fino a quando non si porrà
mano alla ricostruzione di un tessuto sociale, economico e produttivo non ci
sarà un vero argine alla criminalità. E la stragrande maggioranza dei
meridionali onesti continuerà a pagare per via di spregevoli minoranze, fino a
sentirsi moralmente coinvolta.
È tempo dunque di disegnarlo questo nuovo modello di sviluppo -che, altrimenti,
rischia di diventare un'araba fenice- passando dal chiacchiericcio sterile ai
fatti, ovvero andando al cuore delle questioni.
Una di queste è la questione creditizia, tornata prepotentemente d'attualità. Le
cronache relative allo strozzinaggio sono ormai un bollettino di guerra e,
finalmente, ci si interroga su cause e concause, non escludendo dall'analisi
l'operato delle banche nelle nostre regioni. Nei giorni scorsi, "RaiTre
Calabria" ha mandato in onda un servizio che conferma cifre e dati sui quali
stiamo dibattendo da tempo giungendo alla determinazione di chiedere,
sull'argomento, una riunione straordinaria del Consiglio regionale che, per
impegno assunto dal Presidente dell'Assemblea, dovrebbe tenersi nelle prossime
settimane.
L'iniquità del sistema creditizio meridionale, la sperequazione dei tassi
d'interesse tra le diverse aree del Paese sono diventati ormai insopportabili,
vero e proprio fattore inibente ogni ipotesi di serio e moderno sviluppo.
Viviamo una fase difficile e complessa di transizione, né ci rassicurano i
quotidiani conflitti tra poteri costituzionali. La democrazia si trova ad un
bivio, nel pieno di una crisi che, come tutte le crisi, potrà avere uno sbocco
di maturità o d'involuzione. Nella prima, auspicabile, ipotesi i prevedibili
esiti della transizione segneranno, sul versante istituzionale, il passaggio da
un modello di organizzazione dello stato centralizzato a forme di decentramento
ed autonomia reale, ovvero al federalismo; sul versante economico,
dall'assistenzialismo, nei suoi vari aspetti, ad un sistema di regole che non
potranno non privilegiare, sia pure tendenzialmente, la razionalizzazione delle
risorse, la loro utilizzazione a fini produttivi, l'efficienza e la
competitività sui mercati delle aziende, la creazione di nuove intraprese.
Ora, al di là degli interventi strutturali ed infrastrutturali necessari per
rendere più vicini i mercati tradizionali o acquisirne di nuovi -penso al
Mercato comune del Mediterraneo- non si vede come il meridione possa partecipare
a queste sfide se non attivando tutte le energie e risorse, materiali ed umane,
di cui dispone. Né come questo possa accadere con il sistema di pesanti
penalizzazioni tutt'ora vigente. Come possano, cioè, mantenere e rafforzare la
propria competitività le poche aziende che l'hanno sin qui conservata,
riacquisirla le tante che l'hanno perduta, come possano nascerne di nuove se i
meridionali continueranno a non avere... credito.
La tendenza sembra essere quella di una progressiva riduzione degli interventi
di sostegno statali e comunitari, mentre quelli regionali non potranno non
prevedere il superamento della fallimentare politica di finanziamento in conto
capitale per passare ad incentivazioni in conto interesse.
Dunque, le banche! I tassi d'interesse bancario praticati nelle diverse regioni
dimostrano come quelle meridionali siano costrette a sopportare mediamente, un
differenziale negativo di tre punti in più. Anzi, se il riferimento si sposta al
Taeg (tasso annuo effettivo globale) questa differenza sale a cinque, sei punti.
Dicono le banche: c'è un rischio insolvenza che va remunerato, ovvero la
percentuale di sofferenza media su piazza è maggiore al Sud. Questa faccenda del
rischio è un vero rompicapo. Intanto non spiega come mai non abbia scoraggiato
l'apertura degli sportelli al Sud da parte dei grandi Istituti di credito e,
perché, essi si precipitino ad acquisire il controllo di quelli meridionali,
dalla Carical al Banco di Sicilia. Non è certo un caso che il sistema bancario
italiano abbia scelto di essere assai più presente al Sud se è vero che la
provincia con più sportelli per numero di abitanti è Palermo e la città che
detiene analogo primato è Trapani.
Rischio! Può esso derivare dall'insolvenza di privati che offrono, in cambio del
prestito, ridondanti garanzie? Oppure esso dipende da incauti affidamenti che le
banche troppo frequentemente riservano ai soliti amici degli amici? Ed in questo
caso il rischio non dovrebbe gravare sui bilanci delle banche piuttosto che
sulla testa dei meridionali?
Rischio! E spesso si tira in ballo la mafia... salvo poi confermarsi che la
regione meridionale in assoluto la più penalizzata è, guarda caso la Basilicata,
l'unica esente da significativi fenomeni di criminalità organizzata.
Bisogna parlarne, altroché! Perché, a ben vedere, a parte la remunerazione del
rischio, gli altri due elementi oggettivi che determinano il costo del denaro
(costo della provvista e ricarico/spese di gestione) stanno tutti dalla parte
delle banche, in termini di convenienza. Bisogna discuterne, perché non è più
possibile che in regioni con livelli record di risparmio pro capite i
cittadini che depositano ricevano tassi attivi minimi e quelli che comprano
denaro, quando e se vi riescono, paghino tassi massimi.
Queste riflessioni cercheremo di approfondire, insieme ad addetti ai lavori
quali non siamo, nella imminente riunione di Consiglio regionale. Essa non dovrà
avere soltanto funzione simbolica, ma servire ad individuare concrete ed
immediate iniziative per la soluzione di un problema che, forse, è la chiave di
lettura di una Calabria e di un Sud apparentemente incapaci di superare
condizioni di degrado e marginalità, arretratezza e sottosviluppo. Non si tratta
di chiedere la luna. Semplicemente, dovendosi riscrivere regole e reinventare
politiche, che i meridionali possano finalmente avere condizioni di pari dignità
e opportunità.
Solo allora, se essi non saranno in grado di costruire una prospettiva ed una
speranza, per sé e per i propri figli, si potrà dire: è colpa loro. E noi saremo
i primi a gridarlo.
Beniamino Donnici
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