«Non è importante la vita. Importante è cosa si fa della vita» (Beppe Niccolai - Roma, Dicembre 1984)

Anno III - n° 7 - 30 Novembre 1994

 

Se bastasse dire: «checca»



Chissà quale intimo capovolgimento -mi domandavo giorni fa, dopo averli visti in azione alla tivù- per i vari Pasetto, Paolone, Marenco e gli altri bravi destro parlamentari, nel sentirsi apostrofare di poco oneste inclinazioni! Proprio loro, tutti di sana e robusta costituzione, maschia gioventù e romana volontà di lotta.
No, non dev'esser stato piacevole per degli uomini tutti d'un pezzo, farsi pubblicamente trattare -da una checca come Paissan, poi- quali volgari tangentisti, come di lottizzatori d'epoca!
Sacrosanto quindi lo sdegno, ed irrefrenabile la rivolta contro il verde provocatore.
... Eppure -a ben vedere- se ad animare la virile e passionale reazione ci fosse stato (anche) l'umano e vile desiderio d'ascoltare le ragioni altrui, forse (e ribadisco: forse) loro, i passionali, un qualche motivo di riflessione o di revisione lo avrebbero potuto trovare, quel 19 ottobre 1994 alla Camera... Motivo di revisione, beninteso, non già in tema di checche (da spedire sempre e comunque in quel di Carbonia, a lavorare - se non fosse per le nuove regole che liberisticamente impongono di finirla coi privilegi lavorativi al Sulcis minerario), ma motivo -ecco il punto, il punto dolente- «di riflessione».
Magari al fine d'interrogarsi sui tanti rischi che li attendono in veste e qualità d'Alleati e Affini. Certo: «uomini tutti d'un pezzo», lo si diceva e riconosceva poc'anzi. Ma la carne -si sa- resta debole, e tante sono le tentazioni che avanzano.
Si prenda il «caso Replastic». Tale è il nome (sarà bene indicarlo ai nostri 4 incontentabili lettori, non adeguatamente edotti e soddisfatti dalla completa informazione Fininvest) del Consorzio obbligatorio per la raccolta ed il recupero ecologico dei contenitori in plastica. Consorzio, che il ministro Gnutti vorrebbe dismettere in quanto a suo dire inutile e, a detta dei bilanci, con una settantina di miliardi inutilizzati. Gli Alleati sono però di diverso avviso e difendono a spada tratta il mantenimento del «carrozzone». «Riciclare» è divenuta la parola d'ordine dei duri, ma bucolici seguaci dell'Ambiente e del suo ministro; i quali ne stan facendo una questione personale. Nel senso che, essendo ormai privo d'impegni l'ex-presidente del Fuan, ex-sen. A. Mantica, l'imperativo è uno solo: trovargli altra, presidenziale poltrona.


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Di casi simili, che una volta (altri tempi!) si sarebbero detti «di regime», roba da forchettoni del regime partitocratico che fu, son piene le fosse, e financo le cronache. E per seguire le une e le altre, basterà trovare la pista giusta, con partenza da via della Scrofa. Quindi, seguire il Polo delle libertà, annusarne le tracce lungo il cammino del Buongoverno, ed infine rilevarne le impronte, digitali of course. Si potrà allora ricavarne un identikit sfaccettato: vuoi col volto rubizzo e vorace di Storace, vuoi con quello untuoso e macilento di Gasparri, capace però costui di innalzare in un colpo solo ben 170 ministeriali, grazie alle «nuove regole» della viminale simpatia... E simpatico sicuramente deve risultare, per chi lo conosce, Publio Tinto Fiori, la testa più cotonata di AN; così amante delle vecchie compagnie e delle amicizie d'un tempo. Che lui mantiene inalterate, da un regime all'altro. Si spiega così la presenza ai vertici burocratici dei Trasporti di Giovanni Pinto, ex-amministratore delegato Italcable, da lì allontanato per alcune strane vicende statunitensi; o di Gioacchino Albanese, già confratello in fede P2 e top manager della Montedison. E che altrimenti ci farebbe in pole position per la presidenza Alitalia-Ati quel Maurizio Maspes, che è lo stesso alto papavero «dimissionato» assieme all'allora presidente Nordio, per una allegra gestione della compagnia di bandiera?


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Bando ai ricordi del passato ed alle sue tristi vicende.
Anzi, col doveroso permesso del direttore, vorrei raccontarne qualcuna -appunto- di più allegra sul Nuovo avanzante. Qualcuna che, sempre del giro di via della Scrofa, non sia troppo avanzata, ossia troppo marcia. Come quella -sarà vecchia, ma a me fa ancora ridere- di Caligola e del suo cavallo-senatore: in termini aggiornati e capovolti,
quella di Valentino-avvocato (dell'on. Abbatangelo) insignito ora della massima carica all'Unione Nazionale per l'Incremento delle Razze Equine!
Oppure, ma questa è davvero nuova, risale al 29 ottobre: sapete qual'è la Regione d'Italia che nel settore agricolo e zootecnico vanta la più alta evasione contributiva, e più precisamente per 900miliardi accertati, pari ad 1/4 dell'intero ammontare su scala nazionale? E sapete poi perché, e da chi, è stata predisposta ed inserita nella Finanziaria '94 l'estensione agli agrari del condono, a sanatoria di una pluriennale evasione di contributi previdenziali?
(Vi aiuto: la bella Regione, beneficiata di sì benevola attenzione nei suoi interessi terreni, è la stessa della ministra-latinista e filo-latifondista... pensate un po': tutto questo accadeva mentre con la stessa legge di bilancio il governo tagliava per 4-5mila miliardi le pensioni più basse... quando si dice: «destra sociale»!?!)


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Qualche storiella non proprio risaputa, l'ho promessa. Epperciò nessun accenno alle poliedriche attività del Capo clan dei pugliesi, quel Pinuccio Tatarella le cui destre imprese sembran ormai destinate ad oscurare il mito di Cirino Pomicino e, chissà, fors'anche la fauna dell'intera scuola gavianeo-napoletana. Si vedrà.


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Ma anche la sfrenata attività alleata in tema di piazzamenti alla Rai-Tv è troppo nota, per farvi riferimento, qui su "Tabularasa". Un accenno, comunque, alla eterea cupidigia di questi post-fascisti, non sarà poi male. Magari con un piccolo esempio; ma ben illustrativo -a me pare- del lavorio metodico di quanti, con l'entusiasmo dei neofiti, si apprestano a dare l'assalto al potere. E di come si possa servire il potere e di esso servirsi, tramite una modestissima interrogazione, del tipo: «Corrisponde a verità che il giornalista Fulvio Molinari [...] è stato coinvolto tra la fine della guerra e l'inizio del dopoguerra come partigiano titino nella triste vicenda delle foibe, rastrellamenti di anticomunisti italiani...» Non corrisponde. L'accusato aveva all'epoca 8 (otto) anni e dalla natia Orsera s'era rifugiato con tutta la famiglia in Italia, per sfuggire alla pulizia etnica slava. Come allora spiegare un simile attacco, tanto forsennato quanto vilmente infondato? La fondatezza sta tutta nella preoccupazione dell'interrogante (il sen. Riccardo De Corato) di far ben «rappresentare l'immagine dell'Italia nel mondo». Di qui la volontà di delegittimare (vulgo: sputtanare... tanto c'è l'immunità parlamentare) del giornalista in questione, candidato alla direzione esteri della Rai; posto che il senatore-calunniatore avrebbe certo veduto più degnamente ricoperto da altri. Da chi, ad esempio? Forse il bel Riccardo avrebbe preferito quel Saverio Garaguso, già fedelissimo di Gava. Oppure un Massimo Minisini ex-democristiano D.O.C. O magari Mario De Scalzi, originariamente uomo di fiducia dell'on. Claudio Martelli. Tutti bravi giornalisti Rai, convertitisi al culto fìniano in tempo utile.
L'operazione-sputtanamento non gli è riuscita, ma non pare che il «nostro» abbia motivo di lamentarsi troppo. Nel complesso, il Partito ne ha sistemati parecchi, con la intercessione -occorre riconoscerlo- di Donna Letizia. È stata lei infatti, nella sua augusta persona, a far saltare il criterio voluto per le nomine Rai dal tandem Billia-Marchini (con la ruota di scorta di Cardini); criterio che avrebbe reso impossibile promuovere giornalisti esterni all'azienda e con doppi o tripli tagli di carriera.
Tutti sappiamo com'è finita. Fra i neo-vicedirettori di rete ed i neo-capi struttura figurano ora i Magliaro, Socillo, Cruciani, Besana, Francia, Messina, ovvero tutti (o quasi) i bei nomi -nuovi, seminuovi o usati- d'area post-missina...


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Lo «scandalo» è stato tale da indurre "l'Osservatore Romano" del 30 ottobre a denunciare «il metodo di spartizione [che] non è cambiato, anzi va degenerando», ed a scrivere di «opinione pubblica sempre più disorientata e disgustata».
E se sull'altro versante, quello laico, un Piero Ignazi bolla come «erede naturale dell'andreottismo» quel partito da lui brillantemente definito e approfonditamente studiato come «il Polo escluso», la realtà dei fatti è che ora sono gli ex alternativi-al-sistema a potersi apertamente vantare e beare di lunghe fila davanti ai loro.


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Per concludere -cari 4 incontentabili lettori- pare proprio che il tutto rientri nella logica dei tempi nuovi, dei tempi «all'americana». Vale a dire, nel cosiddetto spoil System, per cui quando negli S.U. cambia un'amministrazione -da repubblicana a democratica, o viceversa- spetta ai vincitori portarsi dietro l'intero staff, ivi compresi clienti, parenti e affini.
O sarà anche vero (come rivela Nostra Signora dei Macelli, Donna Letizia di San Patrignano e Saxa Rubra), che qui in Penisola più non può parlarsi di «lottizzazione», bensì di «multimedialità»; però -diciamocelo- quel frodo, quel finocchio, quel busone là [ecc] (non dispongo in materia né della ricchezza polifonica di maestro Biscaroli, né della geniale versatilità del giullare Dragonera...), quella checca, insomma, sarà anche tale (: e se fosse, che non siano c... suoi?!), però -si diceva- una qualche ragione ce l'aveva, in fondo.
Anche perché, se risulta francamente eccessivo parlare di AN come di «maestra di lottizzazioni» (: tempo al tempo, che diamine!), ci sarebbe d'aggiungere che sin d'ora il governo Berlusconi annovera, fra le sue masserie demo-nazionali, personaggi e figuri già paradigmatici per la Seconda Repubblica. Sicuramente degni della memoria della posterità. Sì, cari e pochi amici rimasti, quei signori -col magico loro «nuovo modo di governare», dietro la loro facciata di sorrisi e canzoni, telenovelas e revisioni, governabilità e videozie- è alla nostra posterità che mirano.
Facciamo in modo che resti un tentativo puramente virtuale.


Alberto Ostidich

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