«Non è importante la vita. Importante è cosa si fa della vita» (Beppe Niccolai - Roma, Dicembre 1984)

Anno III - n° 7 - 30 Novembre 1994

 

dall'Etruria

Dove l'esigenza sociale non sopporta il letargo
Castigato in Etruria il tradimento politico della destra reazionaria
 

Esistono molteplici stili e varie tecniche per condurre politica, i quali valgono -in funzione della civiltà- soltanto se vengono utilizzati per l'avanzamento migliorativo delle condizioni sociali di ogni categoria intellettuale e produttiva di tutte le Nazioni, altrimenti il progresso non si concretizza e non genera ordine complessivo come lo confermano, sino dal primordiale volgere dei millenni, non solo la saggezza di Platone attraverso la sua maturazione negli studi da "Repubblica", "Politico" e "Leggi" al "Fedone" più aristotelicamente essenzialista, allorché la democrazia ateniese (dopo aver decretato la morte di Socrate) degenerò in forme estreme dell'individualismo, tali da essere dissolvitrici di ogni ferma consistenza statale, ma anche la preveggenza di numerosi altri pensatori, di cui va tratteggiata anche quella più recente, nell'inizio del Novecento, del filosofo germanico F. Nietzsche.
«Il deserto cresce: guai a chi dentro a sé cela deserti!» annuncia il nietzschiano Zarathustra con autorità ammonitrice addirittura dall'VIII secolo a.C. nel Zend-Avesta ed è ciò valido anche nell'attuale e tormentosa vigilia del Tremila, mentre la potenza di questo pericolo è in ebollizione negli «altiforni» demagogici del pseudo umanesimo liberal-democratico e nelle fucine del materialismo con vigilanza neo-marxista, evidenziando quanto il dissolvimento del «popolo» con l'utopia del «pensiero» astratto circoscrive e restringe i limiti umani, troppo umani, delle nuove generazioni specialmente in Europa e nell'Italia.
Nel caso specifico italiano, le analisi sociologiche sulle virtù attive che qualificano le nostre diverse regioni oppure zone più ampie della Penisola, insieme a quelle delle popolazioni coinvolte, sono frequenti nei molteplici settori d'azione e contribuiscono in modo determinante all'accertamento delle esigenze nella loro realtà. Tra tali analisi noi riteniamo davvero significativa quella inerente la potenzialità di evoluzione futura della politica reale nel comprensorio interregionale riguardante l'Etruria delle dodici Lucumonie (Arezzo, Cerveteri, Chiusi, Cortona, Perugia, Populonia, Roselle, Tarquinia, Vetulonia, Volterra, Volsini e Vulci) dove ogni Lauchme della prima confederazione germinata sulla terra italica riuscì ad imprimere un operoso contributo di maturazione evolutiva dell'Alto Lazio (Tuscia), dell'Umbria e della Toscana, rammentando come in quest'ultima plaga vennero particolarmente interessate le odierne province di Arezzo, di Grosseto e di Siena, unitamente all'intera litoranea affacciata sul mare Tirreno tra Ansedonia, Orbetello e Luni.
Non importa ai vari politici attuali (specie a quelli che si esibiscono troppo di frequente sugli schermi televisivi di diverse emittenze) se, nonostante gli studi più impegnativi di G. Herbig, A. Nehring, P. Kretschmer e di A. Trimbetti non è sinora riuscita l'interpretazione vera della lingua etrusca, la quale -d'origine egea- fu una delle più parlate nel bacino mediterraneo dal termine del periodo paleolitico sino alla divulgazione di quelle fenicia, greca e latina.
Infatti, sarebbe stato utile conoscere nettamente i punti salienti dell'emancipazione nella religione, nell'arte, nell'architettura, nell'esercizio della metallo-tecnica, nell'artigianato e nell'agricoltura di tutte le genti etrusche, indicando però, come questa confederazione delle dodici lucumonie non si impegnò mai sulla necessità fondamentale di salvaguardare lo Stato con un forte ordinamento di difesa anche militare che la tutelasse nell'esistenza e che fosse di presidio alle loro libertà, evitandosi così la successiva sudditanza a Roma e ad altri potentati mediterranei. Va suffragato che dal sodalizio civile dell'Etruria nell'Italia centrale sgorgò il vitale contributo -subito dopo il VII secolo a.C.- di edificazione sociale dell'Urbe ed essa ebbe in Tarquinio Prisco il primo dei suoi monarchi etruschi, mentre soltanto dopo la sconfitta di Porsenna ad Ariccia, in seguito alla sua lotta contro la Lega latina nemica di Roma, venne la fine (tra il 500 ed il 470 a.C.) di ogni ascendenza ed egemonia della dodecapoli dei Lucumoni da dominatrice del proprio territorio, della sua operosità qualificata e dell'espansione mercantile nel mondo allora conosciuto sino all'assoggettazione e ad un'inesorabile decimazione delle sue «città-stato», unite in confederazione, da parte dei romani e dei loro alleati, tanto che unicamente con la restaurazione religiosa augustea gli etruschi ottennero dall'Imperatore discendente di Cesare la costituzione del VII Regio e, infine, con Diocleziano, quella della provincia Tuscia et Umbria della VIII Præfectura. Una sorte pressoché affine toccò in quell'epoca agli etruschi inseritisi nella Campania oppure nella pianura padana.
Il dissolvimento della Dodecapoli etrusca nell'epoca romana, le successive fasi turbolente del Medio Evo, lo splendore del Rinascimento inducono all'impressione di un notevole frastagliamento dello sviluppo in quest'area delle varie vicende socio-politiche e di quello degli interessi economici. Invece, proprio la Valdichiana insieme alla città di Cortona permette di concentrare oggigiorno in un'unica analisi, e la più veritiera, quella dell'intera zona dell'ex-territorio etrusco e di constatare il suo persistere omogeneo nella caratterizzazione dell'ambiente e delle sue risorse che rimane però, soggetto ad un andamento con costante insufficienza di evoluzione rispetto alla realtà europea, in quanto la situazione italiana è stagnante sugli scogli del naufragio della «prima repubblica» e, mentre, con l'inarrestabile declino dell'intera partitocrazia (anche quella travestitasi come «nuova» forza politica oppure quella falsa «sostenitrice» d'innovazioni istituzionali) continua a rendere inavvistabile qualsiasi primo, anche timido albore della «seconda», perché in realtà nessun vecchio schieramento anche se truccatosi come nuovo e neppure un sindacato della «triplice» veramente la vogliono.
È scontato nel contempo che la più sofisticata mutazione del sistema elettorale non condurrà ad effettive trasformazioni istituzionali, capaci d'introdurre nella nuova Costituzione repubblicana quei postulati di modernizzazione sociale già avanzati mezzo secolo fa dal «Manifesto di Verona» e che distinsero la RSI e il PFR con un'indiscutibile qualità di istituzioni e di forze promotrici dell'ordine evolutivo, produttivo e di socializzazione idonea all'equilibrio delle Comunità nazionali e che, nel futuro, garantirebbero un maggiore, più incisivo ruolo dell'Italia anche in seno alla CEE. Nell'intera Valdichiana ed a Cortona l'economia del territorio coinvolge le sue risorse in aziende di media e piccola industria, maggiormente nell'artigianato ed altrettanto intensamente sul perfezionamento dei raccolti agricoli, oltreché nello sviluppo delle capacità ricettive delle strutture del turismo, fedele ancora oggi a quanto tratteggiato dalla convulsa maturazione della sua leggenda che attribuisce al re Corito -figlio di Giove- la fondazione di questa città sul contrafforte appenninico del monte S. Egidio e che poi la Storia riversa sugli etruschi, impegnandoli a continuarne la crescita con opere di alta ingegneria per affrontare seriamente la complessa condizione idraulica ed orografica comprensoriale, proseguita a venire curata nella fertilità poi dagli aretini, dalla Repubblica fiorentina, da Leonardo da Vinci, dal papa Clemente VII e con il cardinale Ippolito, da Alessandro e Cosimo de' Medici sino ai Granduchi di Lorena che con Leopoldo fecero stilare dal ministro Fossombroni unitamente a F. Cepei ed a Manetti il progetto di risanamento integrale per l'intero territorio che si estende tra Chiani e Chiusi, ottenendo poi da Ferdinando III l'istituzione della Sovrintendenza permanente ai lavori di bonifica.
Sulle tavolate delle genti della Valdichiana e del Cortonese, attorno alle quali con il gustare di brustico, di tegamaccio e degli «ignudi» (ravioli alla toscana), di stacciata con uva, crostini e salsicce con pulezze, sempre annaffiate con sorsate del nettare delle vendemmie sui vitigni tra Montepulciano e Castiglione del lago Trasimeno, tra Chiusi e Rigutino, ciascuno frequentemente rammenta i momenti salienti del volgere dei secoli in questo territorio e non mancano mai le osservazioni precise sugli aspetti sociali che hanno accompagnato ogni ceto popolare attraverso il risanamento con interventi sull'agricoltura, sulla zootecnia pervenuta a primeggiare tra gli allevatori della Toscana con i noti bovini di «razza chianina», sulle attività collaterali con caratteristiche commerciali di trasformazione dei prodotti dell'agronomia, quali la molatura di grano ed olive, la trattura della seta, poi -in altri settori- con canapifici, linifici, tintorie per le stoffe, funifici e molti altri vincoli operativi.
E dopo la prima guerra mondiale, quando nella Valdichiana ed in particolare attorno all'epicentro di Foiano si sviluppò l'incendio delle agitazioni violente del «biennio rosso» 1919-1921, che il Fascismo ebbe qui il suo sviluppo rivoluzionario (anziché reazionario, come invece avvenne in alcune zone del Mezzogiorno) con l'azione del cap. Corrado Montagnoni, poi podestà di Cortona sino al 1929, dei fratelli Polvani, di Italo Scatoni e di tanti altri cittadini ed ex-Combattenti, tutti partecipi successivamente al giuramento promosso nella città del Casali il 12 novembre 1922 dalla madrina dei gagliardetti di ogni gruppo di fascisti della Val d'Elsa, Teresa Crociani, e per impegnare ciascuno sull'ulteriore potenziamento del progresso sociale in questo comprensorio, ad iniziare dall'avvio del podere nuovo nell'esercizio dell'agricoltura, al potenziamento dell'allevamento del bestiame e con la creazione di nuovi posti di lavoro per quanti abbandonavano vecchi mestieri non più redditizi, come quelli di sellai, maniscalchi, vetrai, ambulanti (da non confondere con gli attuali extracomunitari) e di tutte quelle figure a cui le innovazioni dei metodi lavoro non concedevano più funzioni di comparsa attiva. La trasformazione politica realizzata dal fascismo a Cortona e con la collaborazione di validi podestà quali Martelli, Montagnoni, Cordaro, Pasta, Ristori, Mancini Griffoli ed Angelelli concretizzò l'impegno in ogni settore delle varie categorie nella realizzazione di qualificata produzione per garantire ai lavoratori, agli imprenditori e all'economia più risorse di benessere e così giunsero l'acqua potabile in ogni abitazione, i centri rurali con la scolarizzazione dei contadini nelle campagne, il nuovo piano regolatore per il centro e per tutte le numerose frazioni della città, mentre il 22 maggio 1936 scaturì la prima Mostra agricola, industriale, artigianale e degli altri prodotti di Cortona che, nel secondo dopoguerra mondiale, si caratterizzò in Mostra-mercato nazionale del mobile antico.
Lo sviluppo della Valdichiana, di Cortona e del territorio indicato si interruppe in questo secolo con lo sbarco degli invasori anglosassoni nel 1943 in Sicilia e quando con il tradimento di Grandi, Bottai, Ciano, Federzoni e altri venne effettuato il complotto del 25 luglio e con quello dei Savoia e di Badoglio la vergogna della resa incondizionata dell'8 settembre, anche la città di artisti quali L. Signorelli, Pietro da Cortona, G. Severini soffrì le conseguenze della guerra civile, lottizzata con armi e altri mezzi dai cosiddetti alleati, che venne utilizzata a loro esclusivo vantaggio dai comunisti per tentare di installare poi nella nostra Penisola una repubblica sovietica.
Furono quelli i momenti di maggiore sofferenza per le genti chianine, perché con la trasformazione dell'ex-regno sabaudo in Repubblica sociale italiana, nei territori rimasti liberi dall'invasione del nemico, fu necessario intervenire con la migliore volontà di abnegazione per tutelare tutti coloro che maggiormente soffrivano le nefandezze degeneri dell'antifascismo di comodo. Sia il commissario federale aretino del PFR Bruno Rio Torres quanto quello prefettizio Francesco Valuti ebbero da assolvere l'improbo compito di assicurare alle popolazioni gli approvvigionamenti e, nel contempo, di salvaguardare i preziosi beni artistici che abbondavano anche in questa parte della Toscana, mentre contro di loro e contro le genti di buona volontà veniva subdolamente puntato l'agguato di quanti tramavano alla disintegrazione di ogni struttura vitale del nuovo Stato.
Indi, quando a metà maggio '44 il feldmaresciallo Albert Kesselring ritenne strategicamente conveniente spostare la linea di difesa italo-germanica dalla fronte tra Minturno e Ortona a quella più solida della linea Gotica, bloccando così l'incalzare di V ed VIII Armate dei generali «alleati» Clark ed Alexander, le forze aree nemiche RAF e USAF scatenarono sulle strade e sulle linee ferroviarie colleganti le principali vie di comunicazione dell'Italia centrale un'ondata continua di attacchi devastanti che, con bombe di ogni peso, distrussero quanto in precedenza era rimasto indenne. Pertanto, dopo gli spezzonamenti nella frazione cortonese di Camucia, il 28 e 29 maggio 1944 i bombardieri anglostatunitensi -attuando l'operazione «Strangle»- sganciarono a più ondate sull'abitato di Terontola molte tonnellate di esplosivo con il loro carico di morte per distruggere un nodo ferroviario che, quando le arterie ferrate di trasporto funzionavano rappresentava un centro importante di smistamento per convogli passeggeri e di merci sulla tratta tra Firenze e Roma, nonché su quella tra il capoluogo chianino, Perugia e Foligno, ma allora sopravviveva come struttura inutilizzabile delle FS perché, nell'attuazione del piano di spostamento della fronte dalla linea Gustav su quella Gotica, i genieri della Wehrmacht procedevano a smantellare con perfezionate attrezzature tutti i binari di tratte possibilitate a collegamenti mediante convogli su ruote ferrate tra i porti caduti in mano agli invasori (Bari, Pescara, Napoli, Salerno, Civitavecchia ecc.) e le zone di Toscana ed Emilia-Romagna dove si assestavano le Divisioni dei generali Hube, Vietinghoff ed Herr, alle quali si stavano aggiungendo quelle italiane addestrate in Germania, come la «Monterosa», l'«Italia», insieme ai volontari della X Flottiglia Mas e ad altre truppe della RSI.
Nel periodo post-bellico e lustri successivi, sulle popolazioni della Valdichiana e di Cortona -come in tutto l'altro territorio già etrusco ed esclusa Assisi- prevalsero più i dogmi politici di Carlo Marx che i fedeli delle parrocchie oppure gli estimatori delle spinte pragmatiche di Platone e di Nietzsche, dimodoché le rappresentanze politiche cortonesi dell'ex-PCI e dell'ex-PSI sono riuscite a detenere per quasi dieci lustri il potere amministrativo della città anche di Santa Margherita, e che ospitò nell'Eremo delle Celle il suo fondatore San Francesco, mentre i caparbi «compagni» locali si dichiararono devotissimi di entrambi, nonostante i reiterati «moccoli» in uso nel proprio linguaggio che ovviamente potrebbe imbarazzare il filosofo Buttiglione durante le sue ricerche di «dialogo» a 360 gradi.
Nella primavera 1995, al momento del rinnovo delle assemblee municipali, provinciali e regionali mediante la nuova legge elettorale in vigore anche per gli Enti locali, la prospettiva della futura maggioranza richiederà molteplici compromessi per il Comune di Cortona in quanto i risultati delle consultazioni europea e politica in giugno e marzo di quest'anno impongono ai responsabili di ogni coalizione aspirante al successo una capacità di compromesso politico, di agglomerazione di forza elettorale (cioè, di voti) e di strategia propagandistica non di più di arrangiamento.
Lo confermano le variazioni nei risultati alle elezioni europee del 12 giugno rispetto a quelle politiche del 29 marzo '94: PSD voti 5010 (35,78%) -766; PPI 1136 (1,11%) -392; Lega Nord 129 (0,92%) -24; PSDI 59 (0,42%) -15; La Rete 24 (0,17%) -61; Lista Pannella 152 (1,09%) -176; Verdi 188 (1,34%) -3; Forza Italia 3013 (21,52%) +1671 ; Patto segni 336 (2,40%) -374; Alleanza Nazionale 1745 (12,46%) -429; Democratici per l'Europa PSI + AD 418 (2,99%) -257; Rifondazione Comunista 1860 (11,93%) + 187; inoltre, presenti alle europee e non alle politiche: Federalismo, voti 25 (0,18%); PRI 49 (0,35%); Lega d'Azione Meridionale 27 (0,19%); Lega Alpina Lumbarda 19 (0,14%).
A nostro avviso, tra i risultati elettorali conseguiti in giugno dalle forze politiche il più interessante da esaminare resta quello di Alleanza Nazionale, in quanto successivo all'alterazione introdotta arbitrariamente nel programma originale di azione del MSI, con il forzato deragliamento ideologico del partito ed imposto agli iscritti dalla sua classe dirigente -non più fascista e tanto meno missina- intenta soltanto ad affrettare la caduta dell'intera compagine su posizioni liberal-democratiche e di destra reazionaria, facendo maturare nella gente e nelle categorie produttive la prima condanna di questo tradimento di pretto stile badogliano. Infatti, Alleanza Nazionale è caduta in una consociazione reazionaria nella quale le si è paralizzato l'udito ed è diventata definitivamente sorda ai richiami di volontà civile e socializzatrice inserita dai reduci politici della Repubblica sociale nel programma innovativo del MSI autentico -nel 1946 e negli anni successivi- non per il motivo che, secondo tentativi fuorvianti, con l'arrivo del terzo millennio dopo Cristo le istanze di progresso sociale annunciate da Mussolini al mondo nel suo discorso nel teatro Lirico di Milano nel dicembre 1944 appartengono unicamente alla Storia, bensì per la ragione che nel palazzo romano di via della Scrofa domina la bramosia luculliana e tutta democratica di non mancare all'appuntamento per il deflusso collettivo dei due Poli, variegati per l'uso al Nord oppure al Sud, in una corrente unica governata da Forza Italia e dai suoi «clubs».
Nella Valdichiana, a Cortona, nei territori ad esse affini come tradizione ed autentica qualità di fede politica, la condanna del voltafaccia perpetrato dall'elite dirigenziale di Alleanza Nazionale contro chi agli ideali di maggiore progresso sociale e civile propugnati dalla RSI e dal MSI autentico per l'avvenire d'Italia e d'Europa, è iniziata ad ampliarsi dal rifiuto di farsi turlupinare nei suffragi elettorali alla ricerca di un conclave ideologico ad ampio raggio organizzativo, capace di rivitalizzare quelle energie politiche che gli altri vorrebbero sterilizzare.
Tutto questo, nel modo più simpatico ce lo ha fatto intendere sulla «rugapiana» di Cortona un giovane che, scrollando il capo dopo aver letto su un giornale le più recenti trovate demagogiche della destra reazionaria, l'ha buttato in un cestino della spazzatura e si è intonato la conclusione di un celebre ritornello dei legionari toscani della RSI: «Vogliamo morire tutti crocefissi / per riscattare un 'ora di viltà / se ci restasse di vita un sol minuto / noi lo vivremo per un 'eternità».
La Storia non si fa a Montecitorio.


Bruno De Padova

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