dall'Etruria
Dove l'esigenza sociale non
sopporta il letargo
Castigato in
Etruria il tradimento politico
della destra reazionaria
Esistono molteplici stili e varie tecniche per condurre politica, i quali
valgono -in funzione della civiltà- soltanto se vengono utilizzati per
l'avanzamento migliorativo delle condizioni sociali di ogni categoria
intellettuale e produttiva di tutte le Nazioni, altrimenti il progresso non si
concretizza e non genera ordine complessivo come lo confermano, sino dal
primordiale volgere dei millenni, non solo la saggezza di Platone attraverso la
sua maturazione negli studi da "Repubblica", "Politico" e "Leggi" al "Fedone"
più aristotelicamente essenzialista, allorché la democrazia ateniese (dopo aver
decretato la morte di Socrate) degenerò in forme estreme dell'individualismo,
tali da essere dissolvitrici di ogni ferma consistenza statale, ma anche la
preveggenza di numerosi altri pensatori, di cui va tratteggiata anche quella più
recente, nell'inizio del Novecento, del filosofo germanico F. Nietzsche.
«Il deserto cresce: guai a chi dentro a sé cela deserti!» annuncia il
nietzschiano Zarathustra con autorità ammonitrice addirittura dall'VIII secolo
a.C. nel Zend-Avesta ed è ciò valido anche nell'attuale e tormentosa vigilia del
Tremila, mentre la potenza di questo pericolo è in ebollizione negli «altiforni»
demagogici del pseudo umanesimo liberal-democratico e nelle fucine del
materialismo con vigilanza neo-marxista, evidenziando quanto il dissolvimento
del «popolo» con l'utopia del «pensiero» astratto circoscrive e restringe i
limiti umani, troppo umani, delle nuove generazioni specialmente in Europa e
nell'Italia.
Nel caso specifico italiano, le analisi sociologiche sulle virtù attive che
qualificano le nostre diverse regioni oppure zone più ampie della Penisola,
insieme a quelle delle popolazioni coinvolte, sono frequenti nei molteplici
settori d'azione e contribuiscono in modo determinante all'accertamento delle
esigenze nella loro realtà. Tra tali analisi noi riteniamo davvero significativa
quella inerente la potenzialità di evoluzione futura della politica reale nel
comprensorio interregionale riguardante l'Etruria delle dodici Lucumonie
(Arezzo, Cerveteri, Chiusi, Cortona, Perugia, Populonia, Roselle, Tarquinia,
Vetulonia, Volterra, Volsini e Vulci) dove ogni Lauchme della prima
confederazione germinata sulla terra italica riuscì ad imprimere un operoso
contributo di maturazione evolutiva dell'Alto Lazio (Tuscia), dell'Umbria e
della Toscana, rammentando come in quest'ultima plaga vennero particolarmente
interessate le odierne province di Arezzo, di Grosseto e di Siena, unitamente
all'intera litoranea affacciata sul mare Tirreno tra Ansedonia, Orbetello e
Luni.
Non importa ai vari politici attuali (specie a quelli che si esibiscono troppo
di frequente sugli schermi televisivi di diverse emittenze) se, nonostante gli
studi più impegnativi di G. Herbig, A. Nehring, P. Kretschmer e di A. Trimbetti
non è sinora riuscita l'interpretazione vera della lingua etrusca, la quale
-d'origine egea- fu una delle più parlate nel bacino mediterraneo dal termine
del periodo paleolitico sino alla divulgazione di quelle fenicia, greca e
latina.
Infatti, sarebbe stato utile conoscere nettamente i punti salienti
dell'emancipazione nella religione, nell'arte, nell'architettura, nell'esercizio
della metallo-tecnica, nell'artigianato e nell'agricoltura di tutte le genti
etrusche, indicando però, come questa confederazione delle dodici lucumonie non
si impegnò mai sulla necessità fondamentale di salvaguardare lo Stato con un
forte ordinamento di difesa anche militare che la tutelasse nell'esistenza e che
fosse di presidio alle loro libertà, evitandosi così la successiva sudditanza a
Roma e ad altri potentati mediterranei. Va suffragato che dal sodalizio civile
dell'Etruria nell'Italia centrale sgorgò il vitale contributo -subito dopo il
VII secolo a.C.- di edificazione sociale dell'Urbe ed essa ebbe in Tarquinio
Prisco il primo dei suoi monarchi etruschi, mentre soltanto dopo la sconfitta di
Porsenna ad Ariccia, in seguito alla sua lotta contro la Lega latina nemica di
Roma, venne la fine (tra il 500 ed il 470 a.C.) di ogni ascendenza ed egemonia
della dodecapoli dei Lucumoni da dominatrice del proprio territorio, della sua
operosità qualificata e dell'espansione mercantile nel mondo allora conosciuto
sino all'assoggettazione e ad un'inesorabile decimazione delle sue
«città-stato», unite in confederazione, da parte dei romani e dei loro alleati,
tanto che unicamente con la restaurazione religiosa augustea gli etruschi
ottennero dall'Imperatore discendente di Cesare la costituzione del VII Regio e,
infine, con Diocleziano, quella della provincia Tuscia et Umbria della VIII
Præfectura. Una sorte pressoché affine toccò in quell'epoca agli etruschi
inseritisi nella Campania oppure nella pianura padana.
Il dissolvimento della Dodecapoli etrusca nell'epoca romana, le successive fasi
turbolente del Medio Evo, lo splendore del Rinascimento inducono all'impressione
di un notevole frastagliamento dello sviluppo in quest'area delle varie vicende
socio-politiche e di quello degli interessi economici. Invece, proprio la
Valdichiana insieme alla città di Cortona permette di concentrare oggigiorno in
un'unica analisi, e la più veritiera, quella dell'intera zona dell'ex-territorio
etrusco e di constatare il suo persistere omogeneo nella caratterizzazione
dell'ambiente e delle sue risorse che rimane però, soggetto ad un andamento con
costante insufficienza di evoluzione rispetto alla realtà europea, in quanto la
situazione italiana è stagnante sugli scogli del naufragio della «prima
repubblica» e, mentre, con l'inarrestabile declino dell'intera partitocrazia
(anche quella travestitasi come «nuova» forza politica oppure quella falsa
«sostenitrice» d'innovazioni istituzionali) continua a rendere inavvistabile
qualsiasi primo, anche timido albore della «seconda», perché in realtà nessun
vecchio schieramento anche se truccatosi come nuovo e neppure un sindacato della
«triplice» veramente la vogliono.
È scontato nel contempo che la più sofisticata mutazione del sistema elettorale
non condurrà ad effettive trasformazioni istituzionali, capaci d'introdurre
nella nuova Costituzione repubblicana quei postulati di modernizzazione sociale
già avanzati mezzo secolo fa dal «Manifesto di Verona» e che distinsero la RSI e
il PFR con un'indiscutibile qualità di istituzioni e di forze promotrici
dell'ordine evolutivo, produttivo e di socializzazione idonea all'equilibrio
delle Comunità nazionali e che, nel futuro, garantirebbero un maggiore, più
incisivo ruolo dell'Italia anche in seno alla CEE. Nell'intera Valdichiana ed a
Cortona l'economia del territorio coinvolge le sue risorse in aziende di media e
piccola industria, maggiormente nell'artigianato ed altrettanto intensamente sul
perfezionamento dei raccolti agricoli, oltreché nello sviluppo delle capacità
ricettive delle strutture del turismo, fedele ancora oggi a quanto tratteggiato
dalla convulsa maturazione della sua leggenda che attribuisce al re Corito
-figlio di Giove- la fondazione di questa città sul contrafforte appenninico del
monte S. Egidio e che poi la Storia riversa sugli etruschi, impegnandoli a
continuarne la crescita con opere di alta ingegneria per affrontare seriamente
la complessa condizione idraulica ed orografica comprensoriale, proseguita a
venire curata nella fertilità poi dagli aretini, dalla Repubblica fiorentina, da
Leonardo da Vinci, dal papa Clemente VII e con il cardinale Ippolito, da
Alessandro e Cosimo de' Medici sino ai Granduchi di Lorena che con Leopoldo
fecero stilare dal ministro Fossombroni unitamente a F. Cepei ed a Manetti il
progetto di risanamento integrale per l'intero territorio che si estende tra
Chiani e Chiusi, ottenendo poi da Ferdinando III l'istituzione della
Sovrintendenza permanente ai lavori di bonifica.
Sulle tavolate delle genti della Valdichiana e del Cortonese, attorno alle quali
con il gustare di brustico, di tegamaccio e degli «ignudi» (ravioli alla
toscana), di stacciata con uva, crostini e salsicce con pulezze, sempre
annaffiate con sorsate del nettare delle vendemmie sui vitigni tra Montepulciano
e Castiglione del lago Trasimeno, tra Chiusi e Rigutino, ciascuno frequentemente
rammenta i momenti salienti del volgere dei secoli in questo territorio e non
mancano mai le osservazioni precise sugli aspetti sociali che hanno accompagnato
ogni ceto popolare attraverso il risanamento con interventi sull'agricoltura,
sulla zootecnia pervenuta a primeggiare tra gli allevatori della Toscana con i
noti bovini di «razza chianina», sulle attività collaterali con caratteristiche
commerciali di trasformazione dei prodotti dell'agronomia, quali la molatura di
grano ed olive, la trattura della seta, poi -in altri settori- con canapifici,
linifici, tintorie per le stoffe, funifici e molti altri vincoli operativi.
E dopo la prima guerra mondiale, quando nella Valdichiana ed in particolare
attorno all'epicentro di Foiano si sviluppò l'incendio delle agitazioni violente
del «biennio rosso» 1919-1921, che il Fascismo ebbe qui il suo sviluppo
rivoluzionario (anziché reazionario, come invece avvenne in alcune zone del
Mezzogiorno) con l'azione del cap. Corrado Montagnoni, poi podestà di Cortona
sino al 1929, dei fratelli Polvani, di Italo Scatoni e di tanti altri cittadini
ed ex-Combattenti, tutti partecipi successivamente al giuramento promosso nella
città del Casali il 12 novembre 1922 dalla madrina dei gagliardetti di ogni
gruppo di fascisti della Val d'Elsa, Teresa Crociani, e per impegnare ciascuno
sull'ulteriore potenziamento del progresso sociale in questo comprensorio, ad
iniziare dall'avvio del podere nuovo nell'esercizio dell'agricoltura, al
potenziamento dell'allevamento del bestiame e con la creazione di nuovi posti di
lavoro per quanti abbandonavano vecchi mestieri non più redditizi, come quelli
di sellai, maniscalchi, vetrai, ambulanti (da non confondere con gli attuali
extracomunitari) e di tutte quelle figure a cui le innovazioni dei metodi lavoro
non concedevano più funzioni di comparsa attiva. La trasformazione politica
realizzata dal fascismo a Cortona e con la collaborazione di validi podestà
quali Martelli, Montagnoni, Cordaro, Pasta, Ristori, Mancini Griffoli ed
Angelelli concretizzò l'impegno in ogni settore delle varie categorie nella
realizzazione di qualificata produzione per garantire ai lavoratori, agli
imprenditori e all'economia più risorse di benessere e così giunsero l'acqua
potabile in ogni abitazione, i centri rurali con la scolarizzazione dei
contadini nelle campagne, il nuovo piano regolatore per il centro e per tutte le
numerose frazioni della città, mentre il 22 maggio 1936 scaturì la prima Mostra
agricola, industriale, artigianale e degli altri prodotti di Cortona che, nel
secondo dopoguerra mondiale, si caratterizzò in Mostra-mercato nazionale del
mobile antico.
Lo sviluppo della Valdichiana, di Cortona e del territorio indicato si
interruppe in questo secolo con lo sbarco degli invasori anglosassoni nel 1943
in Sicilia e quando con il tradimento di Grandi, Bottai, Ciano, Federzoni e
altri venne effettuato il complotto del 25 luglio e con quello dei Savoia e di
Badoglio la vergogna della resa incondizionata dell'8 settembre, anche la città
di artisti quali L. Signorelli, Pietro da Cortona, G. Severini soffrì le
conseguenze della guerra civile, lottizzata con armi e altri mezzi dai
cosiddetti alleati, che venne utilizzata a loro esclusivo vantaggio dai
comunisti per tentare di installare poi nella nostra Penisola una repubblica
sovietica.
Furono quelli i momenti di maggiore sofferenza per le genti chianine, perché con
la trasformazione dell'ex-regno sabaudo in Repubblica sociale italiana, nei
territori rimasti liberi dall'invasione del nemico, fu necessario intervenire
con la migliore volontà di abnegazione per tutelare tutti coloro che
maggiormente soffrivano le nefandezze degeneri dell'antifascismo di comodo. Sia
il commissario federale aretino del PFR Bruno Rio Torres quanto quello
prefettizio Francesco Valuti ebbero da assolvere l'improbo compito di assicurare
alle popolazioni gli approvvigionamenti e, nel contempo, di salvaguardare i
preziosi beni artistici che abbondavano anche in questa parte della Toscana,
mentre contro di loro e contro le genti di buona volontà veniva subdolamente
puntato l'agguato di quanti tramavano alla disintegrazione di ogni struttura
vitale del nuovo Stato.
Indi, quando a metà maggio '44 il feldmaresciallo Albert Kesselring ritenne
strategicamente conveniente spostare la linea di difesa italo-germanica dalla
fronte tra Minturno e Ortona a quella più solida della linea Gotica, bloccando
così l'incalzare di V ed VIII Armate dei generali «alleati» Clark ed Alexander,
le forze aree nemiche RAF e USAF scatenarono sulle strade e sulle linee
ferroviarie colleganti le principali vie di comunicazione dell'Italia centrale
un'ondata continua di attacchi devastanti che, con bombe di ogni peso,
distrussero quanto in precedenza era rimasto indenne. Pertanto, dopo gli
spezzonamenti nella frazione cortonese di Camucia, il 28 e 29 maggio 1944 i
bombardieri anglostatunitensi -attuando l'operazione «Strangle»- sganciarono a
più ondate sull'abitato di Terontola molte tonnellate di esplosivo con il loro
carico di morte per distruggere un nodo ferroviario che, quando le arterie
ferrate di trasporto funzionavano rappresentava un centro importante di
smistamento per convogli passeggeri e di merci sulla tratta tra Firenze e Roma,
nonché su quella tra il capoluogo chianino, Perugia e Foligno, ma allora
sopravviveva come struttura inutilizzabile delle FS perché, nell'attuazione del
piano di spostamento della fronte dalla linea Gustav su quella Gotica, i genieri
della Wehrmacht procedevano a smantellare con perfezionate attrezzature tutti i
binari di tratte possibilitate a collegamenti mediante convogli su ruote ferrate
tra i porti caduti in mano agli invasori (Bari, Pescara, Napoli, Salerno,
Civitavecchia ecc.) e le zone di Toscana ed Emilia-Romagna dove si assestavano
le Divisioni dei generali Hube, Vietinghoff ed Herr, alle quali si stavano
aggiungendo quelle italiane addestrate in Germania, come la «Monterosa»,
l'«Italia», insieme ai volontari della X Flottiglia Mas e ad altre truppe della
RSI.
Nel periodo post-bellico e lustri successivi, sulle popolazioni della
Valdichiana e di Cortona -come in tutto l'altro territorio già etrusco ed
esclusa Assisi- prevalsero più i dogmi politici di Carlo Marx che i fedeli delle
parrocchie oppure gli estimatori delle spinte pragmatiche di Platone e di
Nietzsche, dimodoché le rappresentanze politiche cortonesi dell'ex-PCI e
dell'ex-PSI sono riuscite a detenere per quasi dieci lustri il potere
amministrativo della città anche di Santa Margherita, e che ospitò nell'Eremo
delle Celle il suo fondatore San Francesco, mentre i caparbi «compagni» locali
si dichiararono devotissimi di entrambi, nonostante i reiterati «moccoli» in uso
nel proprio linguaggio che ovviamente potrebbe imbarazzare il filosofo
Buttiglione durante le sue ricerche di «dialogo» a 360 gradi.
Nella primavera 1995, al momento del rinnovo delle assemblee municipali,
provinciali e regionali mediante la nuova legge elettorale in vigore anche per
gli Enti locali, la prospettiva della futura maggioranza richiederà molteplici
compromessi per il Comune di Cortona in quanto i risultati delle consultazioni
europea e politica in giugno e marzo di quest'anno impongono ai responsabili di
ogni coalizione aspirante al successo una capacità di compromesso politico, di
agglomerazione di forza elettorale (cioè, di voti) e di strategia
propagandistica non di più di arrangiamento.
Lo confermano le variazioni nei risultati alle elezioni europee del 12 giugno
rispetto a quelle politiche del 29 marzo '94: PSD voti 5010 (35,78%) -766; PPI
1136 (1,11%) -392; Lega Nord 129 (0,92%) -24; PSDI 59 (0,42%) -15; La Rete 24
(0,17%) -61; Lista Pannella 152 (1,09%) -176; Verdi 188 (1,34%) -3; Forza Italia
3013 (21,52%) +1671 ; Patto segni 336 (2,40%) -374; Alleanza Nazionale 1745
(12,46%) -429; Democratici per l'Europa PSI + AD 418 (2,99%) -257; Rifondazione
Comunista 1860 (11,93%) + 187; inoltre, presenti alle europee e non alle
politiche: Federalismo, voti 25 (0,18%); PRI 49 (0,35%); Lega d'Azione
Meridionale 27 (0,19%); Lega Alpina Lumbarda 19 (0,14%).
A nostro avviso, tra i risultati elettorali conseguiti in giugno dalle forze
politiche il più interessante da esaminare resta quello di Alleanza Nazionale,
in quanto successivo all'alterazione introdotta arbitrariamente nel programma
originale di azione del MSI, con il forzato deragliamento ideologico del partito
ed imposto agli iscritti dalla sua classe dirigente -non più fascista e tanto
meno missina- intenta soltanto ad affrettare la caduta dell'intera compagine su
posizioni liberal-democratiche e di destra reazionaria, facendo maturare nella
gente e nelle categorie produttive la prima condanna di questo tradimento di
pretto stile badogliano. Infatti, Alleanza Nazionale è caduta in una
consociazione reazionaria nella quale le si è paralizzato l'udito ed è diventata
definitivamente sorda ai richiami di volontà civile e socializzatrice inserita
dai reduci politici della Repubblica sociale nel programma innovativo del MSI
autentico -nel 1946 e negli anni successivi- non per il motivo che, secondo
tentativi fuorvianti, con l'arrivo del terzo millennio dopo Cristo le istanze di
progresso sociale annunciate da Mussolini al mondo nel suo discorso nel teatro
Lirico di Milano nel dicembre 1944 appartengono unicamente alla Storia, bensì
per la ragione che nel palazzo romano di via della Scrofa domina la bramosia
luculliana e tutta democratica di non mancare all'appuntamento per il deflusso
collettivo dei due Poli, variegati per l'uso al Nord oppure al Sud, in una
corrente unica governata da Forza Italia e dai suoi «clubs».
Nella Valdichiana, a Cortona, nei territori ad esse affini come tradizione ed
autentica qualità di fede politica, la condanna del voltafaccia perpetrato
dall'elite dirigenziale di Alleanza Nazionale contro chi agli ideali di maggiore
progresso sociale e civile propugnati dalla RSI e dal MSI autentico per
l'avvenire d'Italia e d'Europa, è iniziata ad ampliarsi dal rifiuto di farsi
turlupinare nei suffragi elettorali alla ricerca di un conclave ideologico ad
ampio raggio organizzativo, capace di rivitalizzare quelle energie politiche che
gli altri vorrebbero sterilizzare.
Tutto questo, nel modo più simpatico ce lo ha fatto intendere sulla «rugapiana»
di Cortona un giovane che, scrollando il capo dopo aver letto su un giornale le
più recenti trovate demagogiche della destra reazionaria, l'ha buttato in un
cestino della spazzatura e si è intonato la conclusione di un celebre ritornello
dei legionari toscani della RSI: «Vogliamo morire tutti crocefissi / per
riscattare un 'ora di viltà / se ci restasse di vita un sol minuto / noi lo
vivremo per un 'eternità».
La Storia non si fa a Montecitorio.
Bruno De Padova
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