Caro Fini...
È da un po' di tempo che ho nella mente e nel cuore di scriverti questa
ipotetica lettera. La affido alle pagine di "Tabularasa", se l'amico Antonio
avrà la voglia e la bontà di prenderla in considerazione e, quindi, pubblicarla.
Non è, come si suol dire, una lettera tradizionale né ha tanto meno la
presunzione di voler correggere la strada da te intrapresa. I giochi sono fatti.
Più volte hai affermato che il cosiddetto strappo è irreversibile, che non si
torna indietro, che la scelta conservatrice e di centro-destra non è più in
discussione. Come non è, di conseguenza, in discussione l'alleanza di governo
con Berlusconi.
È proprio sulla scelta conservatrice di centrodestra nonché sull'alleanza con
Berlusconi che voglio soffermarmi e attirare la tua attenzione. Tu sei, o meglio
eri, il segretario nazionale di un movimento politico che ha radici non certo
conservataci, né ha mai avuto una collocazione, soprattutto sul piano sociale,
di centro o di destra. Tu sei, o meglio eri, il segretario nazionale di un
movimento che nacque, sotto il motto «non restaurare, non rinnegare», per
difendere le tesi ed i valori soprattutto morali e sociali di chi aveva sì perso
una guerra, ma aveva anche combattuto fino all'ultimo sotto le insegne della
RSI. Sei cresciuto e hai fatto la tua troppo agevole e fortunatissima carriera
politica all'ombra della fiamma e di tutto quanto essa rappresentava. Questo non
dovresti dimenticare mai. Il posto che occupi, lo dico senza eccessiva acrimonia
né esclusiva vena polemica, ma va detto, te lo hanno garantito le sofferenze, i
sacrifici, la cocciutaggine, il coraggio di migliaia e migliaia di camerati
(penso mi perdonerai se uso ancora questo termine che a te e ad altri non piace
più) che nel corso di quasi cinquanta anni hanno splendidamente tenuto alti e
difeso certi valori e certe tesi sociali. Migliaia e migliaia di militanti che
mai hanno avuto paura di essere chiamati «fascisti». Proprio perché avevano il
coraggio delle proprie idee, ed in esse credevano fermamente. Come, fino a non
molto tempo addietro, capitava anche a te e a tanti altri che ti hanno seguito
nella liquidazione del MSI e di tutto quanto ha rappresentato.
Vorrei ricordarti che la scelta del moderatismo, riferito ovviamente a un certo
tipo di politica, non ha mai pagato più di tanto. La storia più lontana e più
vicina lo insegna. Così come non ha mai pagato più di tanto, in termini
politici, la scelta di destra. Vorrei ricordarti le fallaci e fugaci fortune
elettorali degli anni Settanta (Costituente di destra, Birindelli, Plebe,
Greggi, lo ricordi?). Nella tradizione storica del nostro Paese una destra
esiste da molto tempo ed è liberale. Il movimento nel quale sei entrato negli
anni Settanta per caso, lo si può affermare perché sei proprio tu a dire questo
in una recente intervista, non ha sicuramente origine di destra. Basta andare a
rileggere i documenti congressuali degli anni della fondazione del MSI. Vi si
sosteneva addirittura che, sul piano sociale, nascevamo all'estrema sinistra.
Vogliamo rinfrescarci la memoria?
Ecco quanto si leggeva sul n° 71 de "L'ordine sociale" del 3 giugno del 1948
(questo foglio era allora l'organo ufficiale del MSI): «A destra collochiamo
tutti i partiti, dai liberali ai comunisti, a sinistra, all'estrema sinistra,
noi o quelli di noi che sono disposti a battersi per la rivoluzione del lavoro».
Non sono mai stati di destra i massimi punti di riferimento, cioè Mussolini ed
il fascismo. Potrei citarti a tale proposito centinaia di documenti e di esempi.
Non lo faccio perché penso che qualcosa in proposito conosca anche tu.
Sicuramente qualcosa sapevi quando affermavi testualmente: «Il MSI è moderno
assertore di una sintesi di valori formulata quasi settanta anni fa ma che
rimane, e ogni giorno di più si dimostra, attualissima e ineluttabile».
Lo sapevi ancora meglio quando nel non lontano 1988 dichiaravi: «Sono convinto
che l'intuizione mussoliniana di una terza via sia ancora oggi attualissima. Il
nostro compito è quello di attualizzare gli insegnamenti del fascismo che con la
Carta del Lavoro del 1926 (sic!), l'umanesimo del lavoro di Gentile ed i 18
punti di Verona della RSI ha lasciato un testamento spirituale dal contenuto
profondamente sociale dal quale non possiamo prescindere».
Ed ancora, un anno dopo nel 1989: «Per quanto mi riguarda il fascismo è questo:
visione spiritualistica non materialistica dell'uomo, un forte sentimento
nazionale, una via partecipativa in termini economici per il superamento del
capitalismo e del comunismo».
Ma andiamo avanti. Nel 1991 ti spingevi a dire: «Il fascismo ha perso la guerra,
il comunismo ha perso la pace. Il fascismo ha lasciato una eredità ideale cui il
MSI si rifà senza alcuna vergogna. Il comunismo, al contrario, costringe alle
abiure chi vi aveva creduto».
E avanti ancora. Nel 1992 affermavi: «Non abbiamo nulla di cui rimproverarci, il
movimento da cui traiamo origine è stato sconfitto dal verdetto delle armi, non
dalla storia... Non abbiamo mai rinnegato le nostre radici. »
Potrei continuare con altre tue fedelissime citazioni, fino ad arrivare a
quando, e anche questo non molto tempo fa, dichiaravi: «Io sono un fascista di
sinistra». Erano i tempi, lo ricordi?, di quella che veniva definita all'interno
del MSI «la banda dei quattro» (Rauti, Fini, Servello, Valensise). Erano i tempi
del convegno di Taormina e del congresso di Sorrento.
Oggi tutto è cambiato. Hai avuto la cosiddetta folgorazione sulla via di
Damasco. Iniziano così le tue contro-dichiarazioni. Quelle abiure che dicevi
essere prerogativa dei comunisti. Sarebbe interessante fare un testo a fronte di
quanto affermavi ieri e di quanto sostieni oggi. Non passa giorno senza una tua
professione di fede antifascista o una tua presa di distanza dal fascismo.
«L'antifascismo non è un valore in sé ma un passaggio essenziale per raggiungere
la democrazia». Ed ancora: «Non condivido il corporativismo e lo statalismo di
Mussolini e sostengo invece le privatizzazioni». Ti sei oramai spinto tanto in
là da sostenere che: «Sull'Opera Omnia di Mussolini vi sono quattro dita di
polvere». Ti sei poi avventurato in dichiarazioni del tipo: «II fascismo è morto
ed è consegnato alla storia». L'esatto contrario di quanto affermavi nel 1992
quando sostenevi che: «II movimento da cui traiamo origine è stato sconfitto
dalle armi, non dalla Storia».
Ma c'è ancora di più. Quando il tuo amico Berlusconi grida ai quattro venti
«Fini non è un fascista, è un liberale in politica ed un liberista in economia»
tu stai zitto ed accetti questa definizione. Anzi, vai oltre affermando: «Ma se
la destra si batte per la libertà non solo civile ma anche economica, è chiaro
che il modello liberal-democratico è perfettamente compatibile».
E poi ancora: «Non siamo anticapitalisti e non può esistere un mercato che non
sia un libero mercato».
Che differenza con quanto sostenevi poco meno di due anni orsono quando
teorizzavi, in linea con gli autentici postulati del fascismo movimento, «il
superamento del capitalismo»!
Tutto questo è avvenuto, consentimelo, per un effimero posto al sole e per
qualche ministro e sottosegretario, peraltro, ahimè!, di basso livello. Senza
volere minimamente incidere, soprattutto sul piano sociale, sulle decisioni di
questo governo. Mi ricordo, quando anche io ero nel movimento, che eravamo
soliti dire con fierezza e concretezza, che stavamo alla opposizione con la
cultura di governo. Molti si sarebbero aspettati, nei fatti, che Fini e soci
fossero andati al governo con la cultura della opposizione. In poche parole che
tu fossi, se non altro per le radici e la memoria storica, l'anima sociale di
questo governo. Al contrario e pur di restare lì sei diventato la ruota di
scorta di Berlusconi e del suo modo di intendere la politica e l'economia.
La vicenda delle pensioni, ma non solo quella, ne è una chiara dimostrazione.
Hai subito tutto, in silenzio. La socialità, alla quale non molto tempo addietro
facevi esplicito e giusto riferimento, è scomparsa dal tuo vocabolario. Hai
pubblicamente rinnegato persino la socializzazione. Ha ragione Berlusconi:
liberale in politica, liberista in economia. Hai accettato in pieno quel
capitalismo verso il quale poco meno di due anni orsono lanciavi i tuoi
sacrosanti strali. Su questi presupposti ti avvii a cancellare, nella forma, ma
più ancora nella sostanza, quel movimento al quale devi le tue, meritate?,
fortune.
È abbastanza recente una tua intervista al "Financial Times" nella quale tra
l'altro dici «far morire il MSI e far nascere Alleanza Nazionale». Veramente
brutto e irriverente quel «far morire il MSI». E comunque il logico e naturale
sbocco di quella accelerazione politica che hai voluto imprimere fin da quando
ti è stata inopinatamente riconsegnata la segreteria nazionale del MSI.
Un colpo di spugna per cancellare radici e memoria storica. Lacrime e sangue.
Sacrifici e umiliazioni. Speranze ed illusioni. Un colpo di spugna per
abbandonare uomini e ideali e schierarti con ex-democristiani, liberali,
conservatori, riciclati, arrivisti, portaborse, ruffiani e tornacontisti.
Questa è la enorme responsabilità che ti sei assunto. Di fronte agli uomini e a
quella storia a cui spesso in questi ultimi tempi tanto ti piace fare
riferimento.
Per quanto mi riguarda non aspetto di certo il responso della storia per
giudicarti. Questa ipotetica lettera è di per sé un giudizio. Estremamente
negativo. Pesante come un macigno. Ma, credimi, dovuta e soprattutto sentita.
Gianni Benvenuti
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