«Non è importante la vita. Importante è cosa si fa della vita» (Beppe Niccolai - Roma, Dicembre 1984)

Anno IV - n° 1 - 31 Gennaio 1995

 

Caro Fini...



È da un po' di tempo che ho nella mente e nel cuore di scriverti questa ipotetica lettera. La affido alle pagine di "Tabularasa", se l'amico Antonio avrà la voglia e la bontà di prenderla in considerazione e, quindi, pubblicarla. Non è, come si suol dire, una lettera tradizionale né ha tanto meno la presunzione di voler correggere la strada da te intrapresa. I giochi sono fatti. Più volte hai affermato che il cosiddetto strappo è irreversibile, che non si torna indietro, che la scelta conservatrice e di centro-destra non è più in discussione. Come non è, di conseguenza, in discussione l'alleanza di governo con Berlusconi.
È proprio sulla scelta conservatrice di centrodestra nonché sull'alleanza con Berlusconi che voglio soffermarmi e attirare la tua attenzione. Tu sei, o meglio eri, il segretario nazionale di un movimento politico che ha radici non certo conservataci, né ha mai avuto una collocazione, soprattutto sul piano sociale, di centro o di destra. Tu sei, o meglio eri, il segretario nazionale di un movimento che nacque, sotto il motto «non restaurare, non rinnegare», per difendere le tesi ed i valori soprattutto morali e sociali di chi aveva sì perso una guerra, ma aveva anche combattuto fino all'ultimo sotto le insegne della RSI. Sei cresciuto e hai fatto la tua troppo agevole e fortunatissima carriera politica all'ombra della fiamma e di tutto quanto essa rappresentava. Questo non dovresti dimenticare mai. Il posto che occupi, lo dico senza eccessiva acrimonia né esclusiva vena polemica, ma va detto, te lo hanno garantito le sofferenze, i sacrifici, la cocciutaggine, il coraggio di migliaia e migliaia di camerati (penso mi perdonerai se uso ancora questo termine che a te e ad altri non piace più) che nel corso di quasi cinquanta anni hanno splendidamente tenuto alti e difeso certi valori e certe tesi sociali. Migliaia e migliaia di militanti che mai hanno avuto paura di essere chiamati «fascisti». Proprio perché avevano il coraggio delle proprie idee, ed in esse credevano fermamente. Come, fino a non molto tempo addietro, capitava anche a te e a tanti altri che ti hanno seguito nella liquidazione del MSI e di tutto quanto ha rappresentato.
Vorrei ricordarti che la scelta del moderatismo, riferito ovviamente a un certo tipo di politica, non ha mai pagato più di tanto. La storia più lontana e più vicina lo insegna. Così come non ha mai pagato più di tanto, in termini politici, la scelta di destra. Vorrei ricordarti le fallaci e fugaci fortune elettorali degli anni Settanta (Costituente di destra, Birindelli, Plebe, Greggi, lo ricordi?). Nella tradizione storica del nostro Paese una destra esiste da molto tempo ed è liberale. Il movimento nel quale sei entrato negli anni Settanta per caso, lo si può affermare perché sei proprio tu a dire questo in una recente intervista, non ha sicuramente origine di destra. Basta andare a rileggere i documenti congressuali degli anni della fondazione del MSI. Vi si sosteneva addirittura che, sul piano sociale, nascevamo all'estrema sinistra. Vogliamo rinfrescarci la memoria?
Ecco quanto si leggeva sul n° 71 de "L'ordine sociale" del 3 giugno del 1948 (questo foglio era allora l'organo ufficiale del MSI): «A destra collochiamo tutti i partiti, dai liberali ai comunisti, a sinistra, all'estrema sinistra, noi o quelli di noi che sono disposti a battersi per la rivoluzione del lavoro».
Non sono mai stati di destra i massimi punti di riferimento, cioè Mussolini ed il fascismo. Potrei citarti a tale proposito centinaia di documenti e di esempi. Non lo faccio perché penso che qualcosa in proposito conosca anche tu. Sicuramente qualcosa sapevi quando affermavi testualmente: «Il MSI è moderno assertore di una sintesi di valori formulata quasi settanta anni fa ma che rimane, e ogni giorno di più si dimostra, attualissima e ineluttabile».
Lo sapevi ancora meglio quando nel non lontano 1988 dichiaravi: «Sono convinto che l'intuizione mussoliniana di una terza via sia ancora oggi attualissima. Il nostro compito è quello di attualizzare gli insegnamenti del fascismo che con la Carta del Lavoro del 1926 (sic!), l'umanesimo del lavoro di Gentile ed i 18 punti di Verona della RSI ha lasciato un testamento spirituale dal contenuto profondamente sociale dal quale non possiamo prescindere».
Ed ancora, un anno dopo nel 1989: «Per quanto mi riguarda il fascismo è questo: visione spiritualistica non materialistica dell'uomo, un forte sentimento nazionale, una via partecipativa in termini economici per il superamento del capitalismo e del comunismo».
Ma andiamo avanti. Nel 1991 ti spingevi a dire: «Il fascismo ha perso la guerra, il comunismo ha perso la pace. Il fascismo ha lasciato una eredità ideale cui il MSI si rifà senza alcuna vergogna. Il comunismo, al contrario, costringe alle abiure chi vi aveva creduto».
E avanti ancora. Nel 1992 affermavi: «Non abbiamo nulla di cui rimproverarci, il movimento da cui traiamo origine è stato sconfitto dal verdetto delle armi, non dalla storia... Non abbiamo mai rinnegato le nostre radici. »
Potrei continuare con altre tue fedelissime citazioni, fino ad arrivare a quando, e anche questo non molto tempo fa, dichiaravi: «Io sono un fascista di sinistra». Erano i tempi, lo ricordi?, di quella che veniva definita all'interno del MSI «la banda dei quattro» (Rauti, Fini, Servello, Valensise). Erano i tempi del convegno di Taormina e del congresso di Sorrento.
Oggi tutto è cambiato. Hai avuto la cosiddetta folgorazione sulla via di Damasco. Iniziano così le tue contro-dichiarazioni. Quelle abiure che dicevi essere prerogativa dei comunisti. Sarebbe interessante fare un testo a fronte di quanto affermavi ieri e di quanto sostieni oggi. Non passa giorno senza una tua professione di fede antifascista o una tua presa di distanza dal fascismo.
«L'antifascismo non è un valore in sé ma un passaggio essenziale per raggiungere la democrazia». Ed ancora: «Non condivido il corporativismo e lo statalismo di Mussolini e sostengo invece le privatizzazioni». Ti sei oramai spinto tanto in là da sostenere che: «Sull'Opera Omnia di Mussolini vi sono quattro dita di polvere». Ti sei poi avventurato in dichiarazioni del tipo: «II fascismo è morto ed è consegnato alla storia». L'esatto contrario di quanto affermavi nel 1992 quando sostenevi che: «II movimento da cui traiamo origine è stato sconfitto dalle armi, non dalla Storia».
Ma c'è ancora di più. Quando il tuo amico Berlusconi grida ai quattro venti «Fini non è un fascista, è un liberale in politica ed un liberista in economia» tu stai zitto ed accetti questa definizione. Anzi, vai oltre affermando: «Ma se la destra si batte per la libertà non solo civile ma anche economica, è chiaro che il modello liberal-democratico è perfettamente compatibile».
E poi ancora: «Non siamo anticapitalisti e non può esistere un mercato che non sia un libero mercato».
Che differenza con quanto sostenevi poco meno di due anni orsono quando teorizzavi, in linea con gli autentici postulati del fascismo movimento, «il superamento del capitalismo»!
Tutto questo è avvenuto, consentimelo, per un effimero posto al sole e per qualche ministro e sottosegretario, peraltro, ahimè!, di basso livello. Senza volere minimamente incidere, soprattutto sul piano sociale, sulle decisioni di questo governo. Mi ricordo, quando anche io ero nel movimento, che eravamo soliti dire con fierezza e concretezza, che stavamo alla opposizione con la cultura di governo. Molti si sarebbero aspettati, nei fatti, che Fini e soci fossero andati al governo con la cultura della opposizione. In poche parole che tu fossi, se non altro per le radici e la memoria storica, l'anima sociale di questo governo. Al contrario e pur di restare lì sei diventato la ruota di scorta di Berlusconi e del suo modo di intendere la politica e l'economia.
La vicenda delle pensioni, ma non solo quella, ne è una chiara dimostrazione. Hai subito tutto, in silenzio. La socialità, alla quale non molto tempo addietro facevi esplicito e giusto riferimento, è scomparsa dal tuo vocabolario. Hai pubblicamente rinnegato persino la socializzazione. Ha ragione Berlusconi: liberale in politica, liberista in economia. Hai accettato in pieno quel capitalismo verso il quale poco meno di due anni orsono lanciavi i tuoi sacrosanti strali. Su questi presupposti ti avvii a cancellare, nella forma, ma più ancora nella sostanza, quel movimento al quale devi le tue, meritate?, fortune.
È abbastanza recente una tua intervista al "Financial Times" nella quale tra l'altro dici «far morire il MSI e far nascere Alleanza Nazionale». Veramente brutto e irriverente quel «far morire il MSI». E comunque il logico e naturale sbocco di quella accelerazione politica che hai voluto imprimere fin da quando ti è stata inopinatamente riconsegnata la segreteria nazionale del MSI.
Un colpo di spugna per cancellare radici e memoria storica. Lacrime e sangue. Sacrifici e umiliazioni. Speranze ed illusioni. Un colpo di spugna per abbandonare uomini e ideali e schierarti con ex-democristiani, liberali, conservatori, riciclati, arrivisti, portaborse, ruffiani e tornacontisti.
Questa è la enorme responsabilità che ti sei assunto. Di fronte agli uomini e a quella storia a cui spesso in questi ultimi tempi tanto ti piace fare riferimento.
Per quanto mi riguarda non aspetto di certo il responso della storia per giudicarti. Questa ipotetica lettera è di per sé un giudizio. Estremamente negativo. Pesante come un macigno. Ma, credimi, dovuta e soprattutto sentita.


Gianni Benvenuti

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