«Non è importante la vita. Importante è cosa si fa della vita» (Beppe Niccolai - Roma, Dicembre 1984)

Anno IV - n° 1 - 31 Gennaio 1995

 

la memoria

Cinquant'anni dopo il discorso di Mussolini al teatro "Lirico"
Milano non rinnega la civiltà del lavoro ed il progresso sociale

 

Nella celere ed attuale successione di calendari c'è bisogno di analizzare e di capire, più dell'immissione nell'anno 1995, il sopraggiungere del nuovo millennio (il terzo dopo Cristo) per valutare in quale modo si sviluppa la situazione politica, economica e sociale d'Italia in mento alle necessita della collettività e dei singoli dal punto di considerazione e di stima non basato sugli equilibri dell'instabile altana dell'attuale momento politico bensì sugli umori delle genti della Pianura padana -in particolare di Milano e della sua regione- non solo dopo che il Po ed i suoi affluenti hanno provocato, con un'altra alluvione, troppi morti ed incalcolabile distruzione, ma mentre tutti i partiti ed i loro sindacati stanno giurando con inaudita spudoratezza di «avere pronta, in tasca» la formula per il risanamento del Paese.
Tra i fenomeni più preoccupanti di questa kermesse di manovre confondenti si pone in notevole rilievo quella interessante per chiunque ha esercitato nel passato oppure svolge ancora nel MSI un ruolo responsabile di azione politica, perchè ciò impone loro il dovere -insieme a tutta la gente rimasta simpatizzante- di denunciare e di condannare fermamente quanto sta annientando questo schieramento politico e l'intero suo patrimonio di idee, di iniziative e di sacrifici che neppure gli abili manovratori del 25 luglio 1943 riuscirono ad escogitare per annientare i propositi di socialità del Fascismo.
Orbene, sulle deviazioni reazionarie che ora spiccano nell'ineluttabilità del tradimento ideologico, in cui sta precipitando l'ultima e completa casta diligente dell'ormai comatoso MSI-DN, prossimo a finire coarcevizzato interamente nel tegame di miscuglio liberal democratico della cosiddetta Alleanza nazionale in gennaio, sono in costante aumento nella valle del Po i rilievi, le critiche e il biasimo contro questa operazione davvero badogliana di degenerazione imposta dagli attuali gestori in auge nel palazzo romano di via della Scrofa rispetto ai princìpi fondamentali dello schieramento missino del passato che faceva da traduttore nell'odierno regime tuttora postbellico (quello succeduto al tracollo dell'inetta monarchia sabauda) dalle istanze rivoluzionane e popolari nell'economia e nei valori della socialità del Fascismo primogenito e di quello della Repubblica Sociale Italiana specie per il perfezionamento della produttività, oggi indispensabili alla modernizzazione europea della Costituzione promulgata il 1° gennaio 1948 e che dev'essere compiuta mediante un referendum istituzionale includente in esso anche le richieste di annullamento di quelle norme transitorie che nell'imminente, nuovo millennio saranno pienamente oltrepassate.
Individuiamo, quindi, insieme alle genti operose del Piemonte, della Lombardia e del Veneto le ragioni per cui i missionari della cosiddetta Alleanza nazionale non possono bussare alle porte del nascente millennio -come farebbe loro comodo- nelle false vesti di trasformatori nel futuro dei valori politici e civili dell'Idea fascista, perchè ciò è fallace in quanto essi retrocedono ogni giorno di più nell'Ottocento più negletto per abbracciare, con i ruderi monarchici e con i liberaloidi ancora esistenti, gli ultimi afflitti di passione vandeista che faceva indignare G. Sorel nella maniera più giusta.
Le genti della Valle padana continuano ad essere portatrici per lo sviluppo dell'Europa unita di quelle istanze di civiltà sociale che si sono evolute maggiormente nei secoli, dall'emancipazione intrapresa agli albori delle epoche etrusca e romana sino a quella più avanzata dell'era fascista che nessuna malinconia dell'oscurantismo medioevale della destra conservatrice può tentare di offuscare in quanto quest'ultima e già stata condannata, per estraneità all'etica, sia da F. Nietzsche quanto da D. La Rochelle.
Consideriamo invece il passato più vivo dell'altro ieri, quello in particolare che la Lombardia ha ben presente quando la sua tradizionale volontà costruttiva si affina mediante i princìpi e le strutture più idonei per realizzare la Civiltà del Lavoro. Infatti, sebbene avviluppato nel grigio nebbione che ad ogni volgere dell'autunno in inverno cinge in un unico, gocciolante cappotto d'umidità ogni suo luogo più simbolico quali il Duomo con la Madonnina e la loro piazza, la vicina Galleria V. Emanuele, il Castello Sforzesco, l'anello dei bastioni insieme alle rogge, ai Navigli ed ai tanti quartieri meno rinomati, ma ben vivificati dalle famiglie e dal popolo meneghini ovunque presenti con le loro qualificate doti di tenacia e di capacita nel lavoro, el vec Milàn del 16 dicembre 1944 si scosse di dosso non solo la mestizia della brutta stagione, ma anche il pesante fardello di lutti e di guai del 2° conflitto mondiale e, con il grande medagliere di tutti i sacrifici affrontati e sofferti con abnegazione dalla metropoli lombarda e dalla sua popolazione per l'avvenire migliore della Nazione, partecipò con la dovuta attenzione di molti cittadini e di tanti suoi soldati all'importante incontro del "Lirico" per capire l'ampiezza della metamorfosi introdotta nel nostro Stato dalla costituzione della Repubblica Sociale Italiana e la sostanza rivoluzionaria per l'equilibrio economico innestata dal Manifesto di Verona nel quadro dell'ordinamento del lavoro attraverso il principio della socializzazione, nonché da ogni altra innovazione sul piano storico, istituzionale, anche in politica estera, tanto più che ad illustrare la validità veniva il suo più qualificato relatore, Benito Mussolini.
È opportuno ribadire come questa realtà socio-economica equamente proiettata in tutela di ogni categoria produttrice e per garantire nel contempo anche ai datori di lavoro la piena corrispondenza di responsabilità da parte di tutti gli operatori nella gestione delle aziende, iniziò ad essere difesa e seguita dal Fascismo sino dai primordiali segni di cedimento dell'arroganza delle plutocrazie occidentali ed anche dei marxisti (i successori della scissione nel partito socialista al congresso di Livorno divisi poi in continuatori della vecchia maniera e in comunisti) perchè dalla saggezza del discorso mussoliniano di Dalmine e dall'approvazione del programma di S. Sepolcro nel marzo 1919 si perviene nel 1927 -il giorno del Natale di Roma- alla promulgazione della Carta del Lavoro con la creazione dello Stato corporativo.
A Milano e nella Lombardia l'ordinamento della struttura corporativa apportò più che altrove l'affermazione nelle categorie produttrici del contratto nazionale e collettivo di lavoro e concretizzò le garanzie dell'occupazione pervenendo alla realizzazione di uffici di collocamento per la selettività degli aspiranti all'assunzione nella certezza della piena occupatività. Si perfezionò indi la espansione della previdenza nelle assicurazioni sugli infortuni, sulla maternità, sulle malattie professionali e su quelle del lavoratore e dei suoi familiari, debellando la disoccupazione involontaria e con norme speciali si tennero in funzione i collocamenti dei giovani mediante la specializzazione nei mestieri. Infine, ecco la sicurezza della pensione per chiunque ha lavorato e per i suoi familiari al compimento del 60° anno di età oppure per invalidità o per altre cause giustificanti il privilegio di assistenza speciale.
La città di sant'Ambrogio (il padre della Chiesa cattolica che in Lombardia introdusse il rito della Liturgia ambrosiana) e della Lega dei Comuni che nel 1914 era abitata da 665.975 cittadini iniziò a svilupparsi come gli altri centri industriali e commerciali europei mediante la costruzione di fabbriche, di officine, di stabilimenti siderurgici, di aziende elettriche, di manifatture, di strutture tecniche per la meccanica, di tessili, di chimici, di agricoltori e con nuove banche, più attivi uffici commerciali ed ulteriori perfezionamenti che impegnarono le autorità politiche e quelle amministrative nell'ampliamento urbanistico dell'antico Mediolanum essendosi verificato nel 1928 l'incremento della popolazione a 941.000 residenti, aumentati nel 1934 a 1.115.848 unità, poi cresciute nel 1938 a 1.772.700 abitanti. La realizzazione di un efficiente Piano regolatore generale e di quello particolareggiato favorì il compimento di una impronta nuova in ogni quartiere milanese, seguito dalla copertura dei Navigli, dalla cura specifica nelle costruzioni delle case popolari da assegnare a tutti i lavoratori, dall'apertura di arterie moderne di comunicazione con l'intero hinterland lombardo e degne della nascente metropoli, opere invidiateci tutte da Francia, da Benelux, da Germania e da molti altri Paesi del mondo.
Non si può non rammentare a questo punto che la patria dei Borromeo, di C. Bonaventura, degli Sforza e dei Visconti ebbe nel 1713 -dopo quasi due secoli di dominazione spagnola, tutta caratterizzata di solo malgoverno- la fortuna della saviezza amministrativa di Maria Teresa d'Asburgo che, come seppe ben operare in ogni altro territorio dell'eterogeneo Impero austro-ungarico, anche nel milanese e nell'altra parte d'Italia prima soggiacente all'occupazione iberica, portò insieme ai suoi successori il risanamento delle arti, la valorizzazione dell'artigianato, i migliori stimoli occupazionali nelle professioni e nei mestieri, nel commercio, nelle colture delle campagne, mentre poterono tornare a scrivere Giuseppe Parini, Cesare Beccaria, Pietro Verri e tanti altri letterati con persone di nuovo libere per curare le proprie vocazioni e le loro doti artistiche. In precedenza, i territori milanese e lombardo conobbero, dal tempo dell'Editto di tolleranza religiosa promulgato dall'Imperatore romano Costantino il Grande (313 d.C), conflitti, occupazioni di barbari, atroci guerriglie intestine, dominazioni di Signorie e calamità politiche e naturali d'ogni specie, tra le quali si evidenzia l'epidemia di peste che devastò la città meneghina durante l'occupazione spagnola e che venne descritta nella sua tragicità ne "I promessi sposi" di Alessandro Manzoni.
Furono anche quelli momenti duri da superare, ma tutto venne comunque vinto dalla volontà della gente cresciuta tra Porta Ticinese ed Affori, tra Rogoredo e la Bovisa, tra San Siro e Lambrate, non scordando come el gamba de legn -lo sbuffante, patetico trenino collegante tra colonne di fuliggine, scampanate, fischi e stridenti frenate il terminale di corso Vercelli agli abitati di Magenta e di Boffalora- riuscì a mandare in pensione i barchett del Naviglio facendo superare i ventitre chilometri di percorso in un'ora e un quarto, anziché in quel tempo molto superiore necessario ai navichieri (come P. Vaierà cantò i barcaioli dell'Alzaia) per raggiungere i medesimi luoghi. Ma lasciando ai meneghini più sentimentali la descrizione con il canto popolare su el gamba de legn che ha segnato la sorte a el barchett de Boffalora, perché anca quell'è andàa in malora, ritorniamo all'appuntamento più ardente che Milano ha conosciuto con gli uomini politici nel secolo che sta finendo, quello al teatro "Lirico", non mancando di sottolineare quanto sul piano storico e nell'evoluzione della civiltà sociale esso rappresenta.
A quanti è riuscito di comprendere il valore assunto in tale momento dalle indicazioni politiche e sociali fornite da Mussolini su quel palco milanese (trasformato idealmente in tribuna per la Storia) scompare subito dalla visuale di ognuno il dramma degli eventi bellici che pure stavano decidendo in quei mesi quali eserciti sarebbero prevalsi su quelli nemici sia nell'Europa quanto in Asia, applaude ciascuno con convinzione la forbita dialettica di critica e di condanna contro il capitalismo reazionario ed il bolscevismo materialista entrambi causa diretta delle seconda guerra mondiale, balza chiaro dinanzi a tutti che il figlio del fabbro di Predappio ha colto l'incudine per incidere sulla pietra miliare del futuro i dogmi di quell'equilibrio sociale che ogni destra conservatrice ha soltanto, sempre, tradito. In analogia di quanto pragmatizzato a Castelvecchio di Verona nel novembre '43 dagli esponenti più fedeli alla dogmatica sociale del Fascismo della prim'ora e di quello repubblicano, in essenza popolare si precisa quanto la base dello Stato e suo oggetto primario è il lavoro, manuale, tecnico, intellettuale, in ogni sua manifestazione e Mussolini conferma al mondo che «la socializzazione è la soluzione logica e razionale che evita da un lato la burocratizzazione attraverso il totalitarismo di Stato e supera l'individualismo dell'economia liberale, che fu efficace strumento di progresso agli esordi dell'economia capitalistica, ma oggi (veniva precisato questo sul finire dell'autunno 1944! - N.d.R.) è da considerarsi non più in fase con le nuove esigenze di carattere sociale delle comunità nazionali»
Attraverso la "Corrispondenza repubblicana" diramata dal dicastero della Cultura Popolare della RSI il precedente 13 novembre '44 era stato particolareggiato con la nota Rivoluzione sociale (attribuita dallo stesso ministro F. Mezzasoma a Mussolini quale estensore) come il carattere squisitamente sociale dell'azione politica della nuova Repubblica trovava immediata conferma da quanto intrapreso -ad esempio- dove erano state attivate due comunità di lavoro con funzioni operative dal dirigente agli operai nell'agricoltura e nella lavorazione del legno e che ciò, dopo la redenzione dell'Agro pontino e della Maremma toscana con la consegna delle terre ai coloni e dopo l'assalto al latifondo siciliano con tutti i problemi sociali ad esso connessi, stabiliva quanto il Fascismo e tutte le forze politiche di ciò continuatrici nel futuro non avrebbero rinnegato il principio dell'iniziativa privata con questa però, mai iugulatrice per i lavoratori. Le mète sociali della RSI erano e rimangono preconizzate in avanti, nel futuro europeo e mondiale non solo per la ristrutturazione dell'equilibrio politico nelle varie comunità plurinazionali che sarebbero venute alla luce negli ultimi lustri, come si è verificato, ma per impedire che la pace conquistata con tanti sacrifici venga nuovamente turbata -specie in Europa- dal ripetersi di operazioni di secolarizzazione dell'egemonia sempre speculativa dei capitalismi statunitense e britannico.
Difatti, dopo le prove di tentata americanizzazione commerciale esercitata da USA e dal Regno unito d'Albione sulla Russia e sugli altri Paesi orientali apparsi nell'Eurasia in seguito alla polverizzazione politica e geografica dell'URSS e del suo impero, dopo la tragedia dello smembramento dell'ex-Jugoslavia con il genocidio tra le razze che dovevano formare questo popolo artificiale sotto la scure del titoismo più slavo che comunista, dopo la crescente monopolizzazione da parte anglo americana di ordinazioni per lavoro e commercio nell'America latina, dopo la sempre più pressante azione di capitali inglesi e nordamericani nell'intero bacino del Medio Oriente e nell'Africa per salvaguardare le influenze finanziane e speculative in queste zone sottoposte a travolgenti fasi di sconvolgimento sociale, ecco i flussi ondeggianti delle immigrazioni irregolari di masse incontrollabili verso i Paesi ritenuti economicamente più evoluti e quindi più stabili nei redditi. Questi movimenti di popolazioni a raggio intercontinentale si verificano in contemporaneità alla rigenerazione nel mondo di quelle condizioni di insicurezza che l'ONU e le potenze responsabili della distruzione dell'Europa e del bombardamento atomico di Hiroshima e di Nagasaki mezzo secolo fa, dovevano riuscire a prevedere e ad evitare se nel Palazzo di Vetro a New York i piani di equilibrio sociale fossero stati realizzati quale dovere prioritario verso la pace dell'Umanità.
I drammi dell'Umanità che hanno assillato e tormentato i Paesi della Terra nei periodi storici antecedenti il primo e il secondo conflitto mondiale si stanno adesso rigenerando non solo per l'incremento sempre più accelerato tra continenti razze e religioni dei dissesti socio-economici, ma per l'aggravante pauroso del dilagare di droga di delinquenza e di malattie contagiose (l'Aids accompagna il contagio di epidemie quali il colera le infezioni veneree, la sottonutrizione, ecc.) con la fame intenta a fare compagnia alle moltitudini di persone che si interrogano per conoscere quale senso può avere il trionfo del capitalismo chiuso nel narcisismo egoistico specie quando i progressi ed i benefici delle plutocrazie rimangono chiusi nei forzieri di fulcri reazionari.
La gente milanese presente al «Lirico» vide proiettato con chiarezza dal discorso di Mussolini quanto si e verificato dopo il 1945 nel mondo, mentre il capo della RSI fece conoscere l'altro volto nel nuovo Stato, quello proteso all'edificazione dell'ordine sociale e dell'equilibrio di occupazione e di redditi nell'avvenire in quanto era li con il dispositivo di ordinamenti legislativi sulla socializzazione, sulla gestione nuova delle imprese, sulle funzioni degli appartenenti ad esse, su gli statuti e sui regolamenti a ciò necessari per dimostrarlo e che il ministro Angelo Tarchi aveva illustrato in precedenza alla stampa e poi direttamente ai lavoratori nelle fabbriche e nei cantieri.
Altrettanto volle fare tra gli operai del Settentrione un uomo che era stato capo carismatico del comunismo, quel Nicola Bombacci che cadrà assassinato insieme ai ministri della RSI sulla piazza di Dongo e che Beppe Niccolai nel 1987, prima della sua scomparsa, indicò tra i migliori redenti all'alternativa popolare del fascismo contro il modello conservatore del liberal-capitalismo.
Gli eventi bellici erano frattanto degenerati anche a Milano nella scelleratezza della guerra civile dopo che Aldo Resega, segretario federale del PFR nel capoluogo lombardo fu colpito dalla violenza omicida dei ribelli di GAP comunisti per fomentare l'odio tra gli Italiani e per scatenare reazioni dure dai fascisti aggrediti.
Il 20 ottobre '44 -poche settimane prima del grande incontro di Mussolini con i milanesi- era anche avvenuto il massacro degli alunni delle scuole elementari «F. Crispi» nel quartiere di Gorla quando alcune squadriglie di bombardieri americani B 24 e B 27 della XV Forza aerea USAF avevano sganciato su Milano tra Affori e Lambrate, tra Greco e il Monumentale, tonnellate e tonnellate di esplosivi che in pochi istanti trucidavano 635 persone di cui 194 scolari, la direttrice scolastica, 11 maestre e 4 bidelli dell'istituto indicato.
Milano era all'apice del suo tormento anche in ciò, perchè tra le troppe rovine provocate dalle incursioni aeree dei liberatori più di 144 scuole del capoluogo e nella sua provincia erano andate distrutte. E in quell'atmosfera che la RSI manifesta tra i quartieri milanesi di Brera, del museo Pezzoli, della pinacoteca Ambrosiana e nei luoghi di cultura il pregio artistico della sua esistenza e, nella poesia con ispirazione profonda, Carlo Borsari -grande invalido, cieco di guerra medaglia d'oro al valore militare- svolge la lirica sulla luce e sulla vita con Desiderio che nella sua chiusa patetica dice «dischiudi la tua notte nella speranza / essa è l'aurora / e al bacio delle stelle / prepara la tua fronte solitaria / luce sola e il pensiero / luce eterna che non si spegne / al soffio della morte».
Prima del suo commiato dalla folla accorsa al "Lirico", Mussolini sottolineò l'indispensabilità per l'Italia di essere parte integrante dell'Europa da rigenerare e da rafforzare in comunione di popoli aperti al progresso civile della socialità, mentre i tragici eventi che condussero alla conclusione del 2° conflitto mondiale hanno impedito che la comunità politica ed economica del nostro Continente si realizzasse con l'impronta sociale liberata e vaccinata dalla minaccia anchilosante delle influenze reazionarie della plutocrazia anglo-statunitense.
Adesso, l'intera CEE deve riuscire a distinguersi in un'azione politica che la salvaguardi dalla pressione avvolgente degli USA ai quali fa sempre da spalla il Regno unito d'oltre Manica, perchè i centri decisionali operativi e commerciali dell'economia europea possiedono una capacità di produzione per i mercati mondiali che può molto bene concorrere con quella d'oltre Atlantico e con l'altra del Giappone e di tutto l'Estremo Oriente.
Vi sono però, nella CEE, squilibri interni che fanno emergere la crescente efficienza finanziaria e industriale della Germania federale (avviata a concretizzarsi economicamente in Quarto Reich) del Benelux e della Francia, mentre l'Italia con i rimanenti Paesi consociati del bacino mediterraneo non riesce a superare i ritardi politici che la conservano tra gli Stati comunitari meno evoluti.
Frattanto a Milano, in Lombardia e nella valle del Po, il dopoguerra antifascista (che continua ad esistere più del finito muro di Berlino non essendosi esaurita in Italia la prima repubblica) persiste a solcare con le rughe logoranti della propria vecchiaia i programmi di politica finanziaria, industriale, commerciale e dell'occupazione non in sintonia con le indicazioni e le richieste primarie della CEE, dovendo poi ricorrere a correzioni sui metodi di produzione nelle fabbriche, nell'agricoltura e nell'artigianato che si ripercuotono negativamente nella trattazione mercantile e nei piani di assorbimento della manodopera rendendo vulcaniche nell'intero bacino padano le fasi recessive accentuate nel trascorso novembre dai danni dell'alluvione.
Pochi purtroppo in Italia prestano attenzione alla riduzione del tasso annuo di incremento naturale della popolazione che sottrae non soltanto elementi futuri di ricambio nel lavoro, ma ha anche contribuito ad incrementare nella nostra Penisola il flusso migratorio di genti extra-comunitarie (africani, asiatici, sud-americani ecc) ed allo sconvolgimento dell'ambiente insieme ai molteplici fenomeni di inquinamento, di esplosioni urbanistiche per decentramento di residenti dove viene a primeggiare l'insufficienza delle abitazioni, l'ampliamento del sottosviluppo, l'incremento pauroso del consumo di stupefacenti, la dilatazione a raggiera -dai centri urbani alle periferie, e viceversa- di criminalità e di prostituzione insieme alla diffusione generale di maggiori infezioni conseguenti all'inosservanza delle tutele sanitarie e dell'igiene.
Sebbene nel passato venisse ostacolato in Italia l'utilizzo di energia nucleare per la produzione pulita di quella elettrica, sottoponendo il nostro Paese all'assoggettamento delle speculazioni delle principali compagnie petrolifere (definite nel mondo della finanza le «sette sorelle» influentissime anche per la pace nel mondo) sono ora indispensabili capaci iniziative per ottenere tramite la CEE e le autorità capaci di tutelare l'equilibrio ecologico della Penisola le indicazioni utili al governo e al parlamento nazionali per realizzare la sostituzione dell'impiego di carbone, di petrolio ed altro inquinante per produrre l'elettricità, tanto più che l'ENEL è oggi acquirente a prezzi maggiori di quello di produzione della elettricità pulita che viene generata da quelle centrali a propulsione nucleare esistenti a due passi dai confini di casa nostra, ad iniziare dalla pacifica ed armatissima Confederazione Elvetica che tutela così la sua indipendenza e la sua neutralità.
Eppure su ciò il silenzio e costante, nessuno accenna all'utilità per l'Italia di usare centrali nucleari per produrre elettricità e, nel contempo, lo smog fornisce alla gente dell'intera Valle padana un composto di polveri, di ossidi di azoto, di anidride solforosa, di particelle solide e di idrocarburi che lo struzzo più resistente considererebbe micidiali.
Quanto le altre parti del mondo, dove le megalopoli di San Paolo, Città del Messico, New York, Shanghai, Calcutta hanno rispettivamente un tasso tumultuoso di confluenza abitativa (in ciascuna -per ordine- del 68, 113, 15, 69, 43 e 75 per cento) la metropoli milanese pur non avvicinandosi alla quantità intensiva di affollamento residenziale che affanna Londra, Parigi, Berlino e Amburgo, e tormentata insieme alle altre città italiane dal ritardo di realizzo di una regolamentazione urbanistica efficace, capace di avere dimensioni e funzioni europee.
Quando si fanno maturare le scelte ideologiche soltanto dopo avere assistito alla proiezione di films sul genere di "Berretti verdi", anche se interpretati da un attore capace qual era John Wayne, è scontato che vengono perdute le rappresentazioni della vita reale sullo schermo della Stona, specie di quella europea negli insegnamenti di etica politica e sociale comparse sul quadrante della Civiltà delle valutazioni dell'éthos (comportamento, costume) di Aristotele all'agathòs (dottrina del bene) di Socrate, dalle Meditazioni sulle sintesi cristiane in teologia di san Tommaso d'Aquino e di sant'Agostino alla tematica di Storia ideale eterna di G. B. Vico alla ragione pratica di E. Kant per accostarsi poi alla germanica Kultur e Zivdisation del primo Novecento ed alla Genesi e struttura della società di G. Gentile sino ai Cantos pisani di Ezra Pound
Accade cosi che chi slitta in Alleanza nazionale, forse dopo essersi accostato al gusto yankee di politica effervescente come la coca-cola in uso in riva all'Hudson di New York, guarda poi all'Europa della CEE con fatale carenza di logica sociale dinanzi alla realtà operosa del fertile delta del grande fiume della Stona del nostro Continente dove, con l'armonia sinfonica di Ludwig van Beethoven e sull'onda maestosa con il Crepuscolo degli Dei e del Parsifal di Richard Wagner, si presenta l'allegoria del crollo e della redenzione delle genti europee e delle loro terre che sfocia vincente nel suo Terzo Millennio non tradendo e non rinnegando alcunché di quanto costruito dalla nostra cultura e dalla nostra civiltà nel passato a favore del futuro migliore di questa Europa che Mussolini, già con la Repubblica sociale, apriva all'economia della socializzazione, perchè «l'unico socialismo attuabile socialisticamente e il corporativismo punto di confluenza, di equilibrio e di giustizia degli interessi privati rispetto all'interesse collettivo».
Nei dopoguerra in genere -specie quando sono ad interesse mondiale- valgono le iniziative politiche che, insieme alla programmazione economica per il perfezionamento del progresso sociale, riescono a proiettare per il futuro degli Stati e delle Comunità internazionali nonché dei loro popoli quelle trasformazioni idonee a garantire gli equilibri di civiltà e di evoluzione più avanzati.
Dal tempo della battaglia di Waterloo (giugno 1815) alla capitolazione del Giappone dopo i bombardamenti atomici degli USA sulle città del Sol Levante (agosto 1945) la pace imposta al mondo dai vincitori di conflitti militari è sempre stata artificiale. Dopo il congresso di Vienna (1815) la restaurazione di Metternich riportò nell'Europa quell'ancien regime che alla Francia fornì poi con il bonapartismo la borghesia reazionaria, dopo la «conferenza di pace» a Versailles (1919) i rappresentanti dell'Intesa quali Clemenceau, Wilson e Lloyd George generarono con la fallimentare Società delle Nazioni e il tramonto della supremazia politica dell'Europa nel mondo anche l'oligarchia capitalista anglo-statunitense nell'universo mercantile e l'affermazione del bolscevismo nella Russia, dopo l'incontro di Potsdam (1945) ecco Truman, Churchill, Stalin e De Gaulle imporre sull'orbe terracqueo, con la distruzione dell'Europa e del nuovo ordine nell'Estremo Oriente, il dramma della «guerra fredda», la fomentazione strutturale dell'accentramento plutocratico sull'intera finanza dei Paesi liberal-democratici e con l'ONU la ripetizione fallace dell'ex Società delle Nazioni.
Sono l'accettazione di questa politica del secondo dopoguerra mondiale e la propria omologazione nella liberal-democrazia di marchio anglo-statunitense le mete politiche di Alleanza nazionale nell'avvenire che, dopo essere stata il becchino del MSI e del suo patrimonio ideologico, si aggrappa sulle posizioni della destra conservatrice per contribuire, insieme alla coalizione partitocratica governativa ed a quella dei «progressisti» in genere, a rendere irraggiungibile la realizzazione della seconda repubblica.
Cinquanta anni dopo il discorso di Mussolini al teatro "Lirico", e facendo il confronto tra l'impegno della RSI sul completamento delle realizzazioni sociali più avanzate con il progresso della civiltà del Lavoro e quanto adesso vagamente propone Alleanza nazionale con il suo regresso sulle posizioni reazionarie della destra conservatrice, si evidenzia l'abisso ormai invalicabile che divide quelle idee di evoluzione positiva per i popoli da quanto adesso AN vorrebbe fare credere moderno.
È un confronto che a Milano e nella Lombardia la gente ha saputo bene effettuare e per cui continua a credere nella civiltà del Lavoro.
 


Bruno De Padova

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