la memoria
Cinquant'anni
dopo il discorso di Mussolini al teatro "Lirico"
Milano non
rinnega la civiltà del lavoro ed il progresso sociale
Nella celere ed attuale
successione di calendari c'è bisogno di analizzare e di capire, più
dell'immissione nell'anno 1995, il sopraggiungere del nuovo millennio (il terzo
dopo Cristo) per valutare in quale modo si sviluppa la situazione politica,
economica e sociale d'Italia in mento alle necessita della collettività e dei
singoli dal punto di considerazione e di stima non basato sugli equilibri
dell'instabile altana dell'attuale momento politico bensì sugli umori delle
genti della Pianura padana -in particolare di Milano e della sua regione- non
solo dopo che il Po ed i suoi affluenti hanno provocato, con un'altra alluvione,
troppi morti ed incalcolabile distruzione, ma mentre tutti i partiti ed i loro
sindacati stanno giurando con inaudita spudoratezza di «avere pronta, in tasca»
la formula per il risanamento del Paese.
Tra i fenomeni più preoccupanti di questa kermesse di manovre confondenti si
pone in notevole rilievo quella interessante per chiunque ha esercitato nel
passato oppure svolge ancora nel MSI un ruolo responsabile di azione politica,
perchè ciò impone loro il dovere -insieme a tutta la gente rimasta
simpatizzante- di denunciare e di condannare fermamente quanto sta annientando
questo schieramento politico e l'intero suo patrimonio di idee, di iniziative e
di sacrifici che neppure gli abili manovratori del 25 luglio 1943 riuscirono ad
escogitare per annientare i propositi di socialità del Fascismo.
Orbene, sulle deviazioni reazionarie che ora spiccano nell'ineluttabilità del
tradimento ideologico, in cui sta precipitando l'ultima e completa casta
diligente dell'ormai comatoso MSI-DN, prossimo a finire coarcevizzato
interamente nel tegame di miscuglio liberal democratico della cosiddetta
Alleanza nazionale in gennaio, sono in costante aumento nella valle del Po i
rilievi, le critiche e il biasimo contro questa operazione davvero badogliana di
degenerazione imposta dagli attuali gestori in auge nel palazzo romano di via
della Scrofa rispetto ai princìpi fondamentali dello schieramento missino del
passato che faceva da traduttore nell'odierno regime tuttora postbellico (quello
succeduto al tracollo dell'inetta monarchia sabauda) dalle istanze rivoluzionane
e popolari nell'economia e nei valori della socialità del Fascismo primogenito e
di quello della Repubblica Sociale Italiana specie per il perfezionamento della
produttività, oggi indispensabili alla modernizzazione europea della
Costituzione promulgata il 1° gennaio 1948 e che dev'essere compiuta mediante un
referendum istituzionale includente in esso anche le richieste di annullamento
di quelle norme transitorie che nell'imminente, nuovo millennio saranno
pienamente oltrepassate.
Individuiamo, quindi, insieme alle genti operose del Piemonte, della Lombardia e
del Veneto le ragioni per cui i missionari della cosiddetta Alleanza nazionale
non possono bussare alle porte del nascente millennio -come farebbe loro comodo-
nelle false vesti di trasformatori nel futuro dei valori politici e civili
dell'Idea fascista, perchè ciò è fallace in quanto essi retrocedono ogni giorno
di più nell'Ottocento più negletto per abbracciare, con i ruderi monarchici e
con i liberaloidi ancora esistenti, gli ultimi afflitti di passione vandeista
che faceva indignare G. Sorel nella maniera più giusta.
Le genti della Valle padana continuano ad essere portatrici per lo sviluppo
dell'Europa unita di quelle istanze di civiltà sociale che si sono evolute
maggiormente nei secoli, dall'emancipazione intrapresa agli albori delle epoche
etrusca e romana sino a quella più avanzata dell'era fascista che nessuna
malinconia dell'oscurantismo medioevale della destra conservatrice può tentare
di offuscare in quanto quest'ultima e già stata condannata, per estraneità
all'etica, sia da F. Nietzsche quanto da D. La Rochelle.
Consideriamo invece il passato più vivo dell'altro ieri, quello in particolare
che la Lombardia ha ben presente quando la sua tradizionale volontà costruttiva
si affina mediante i princìpi e le strutture più idonei per realizzare la
Civiltà del Lavoro. Infatti, sebbene avviluppato nel grigio nebbione che ad ogni
volgere dell'autunno in inverno cinge in un unico, gocciolante cappotto
d'umidità ogni suo luogo più simbolico quali il Duomo con la Madonnina e la loro
piazza, la vicina Galleria V. Emanuele, il Castello Sforzesco, l'anello dei
bastioni insieme alle rogge, ai Navigli ed ai tanti quartieri meno rinomati, ma
ben vivificati dalle famiglie e dal popolo meneghini ovunque presenti con le
loro qualificate doti di tenacia e di capacita nel lavoro, el vec Milàn del 16
dicembre 1944 si scosse di dosso non solo la mestizia della brutta stagione, ma
anche il pesante fardello di lutti e di guai del 2° conflitto mondiale e, con il
grande medagliere di tutti i sacrifici affrontati e sofferti con abnegazione
dalla metropoli lombarda e dalla sua popolazione per l'avvenire migliore della
Nazione, partecipò con la dovuta attenzione di molti cittadini e di tanti suoi
soldati all'importante incontro del "Lirico" per capire l'ampiezza della
metamorfosi introdotta nel nostro Stato dalla costituzione della Repubblica
Sociale Italiana e la sostanza rivoluzionaria per l'equilibrio economico
innestata dal Manifesto di Verona nel quadro dell'ordinamento del lavoro
attraverso il principio della socializzazione, nonché da ogni altra innovazione
sul piano storico, istituzionale, anche in politica estera, tanto più che ad
illustrare la validità veniva il suo più qualificato relatore, Benito Mussolini.
È opportuno ribadire come questa realtà socio-economica equamente proiettata in
tutela di ogni categoria produttrice e per garantire nel contempo anche ai
datori di lavoro la piena corrispondenza di responsabilità da parte di tutti gli
operatori nella gestione delle aziende, iniziò ad essere difesa e seguita dal
Fascismo sino dai primordiali segni di cedimento dell'arroganza delle
plutocrazie occidentali ed anche dei marxisti (i successori della scissione nel
partito socialista al congresso di Livorno divisi poi in continuatori della
vecchia maniera e in comunisti) perchè dalla saggezza del discorso mussoliniano
di Dalmine e dall'approvazione del programma di S. Sepolcro nel marzo 1919 si
perviene nel 1927 -il giorno del Natale di Roma- alla promulgazione della Carta
del Lavoro con la creazione dello Stato corporativo.
A Milano e nella Lombardia l'ordinamento della struttura corporativa apportò più
che altrove l'affermazione nelle categorie produttrici del contratto nazionale e
collettivo di lavoro e concretizzò le garanzie dell'occupazione pervenendo alla
realizzazione di uffici di collocamento per la selettività degli aspiranti
all'assunzione nella certezza della piena occupatività. Si perfezionò indi la
espansione della previdenza nelle assicurazioni sugli infortuni, sulla
maternità, sulle malattie professionali e su quelle del lavoratore e dei suoi
familiari, debellando la disoccupazione involontaria e con norme speciali si
tennero in funzione i collocamenti dei giovani mediante la specializzazione nei
mestieri. Infine, ecco la sicurezza della pensione per chiunque ha lavorato e
per i suoi familiari al compimento del 60° anno di età oppure per invalidità o
per altre cause giustificanti il privilegio di assistenza speciale.
La città di sant'Ambrogio (il padre della Chiesa cattolica che in Lombardia
introdusse il rito della Liturgia ambrosiana) e della Lega dei Comuni che nel
1914 era abitata da 665.975 cittadini iniziò a svilupparsi come gli altri centri
industriali e commerciali europei mediante la costruzione di fabbriche, di
officine, di stabilimenti siderurgici, di aziende elettriche, di manifatture, di
strutture tecniche per la meccanica, di tessili, di chimici, di agricoltori e
con nuove banche, più attivi uffici commerciali ed ulteriori perfezionamenti che
impegnarono le autorità politiche e quelle amministrative nell'ampliamento
urbanistico dell'antico Mediolanum essendosi verificato nel 1928 l'incremento
della popolazione a 941.000 residenti, aumentati nel 1934 a 1.115.848 unità, poi
cresciute nel 1938 a 1.772.700 abitanti. La realizzazione di un efficiente Piano
regolatore generale e di quello particolareggiato favorì il compimento di una
impronta nuova in ogni quartiere milanese, seguito dalla copertura dei Navigli,
dalla cura specifica nelle costruzioni delle case popolari da assegnare a tutti
i lavoratori, dall'apertura di arterie moderne di comunicazione con l'intero
hinterland lombardo e degne della nascente metropoli, opere invidiateci tutte da
Francia, da Benelux, da Germania e da molti altri Paesi del mondo.
Non si può non rammentare a questo punto che la patria dei Borromeo, di C.
Bonaventura, degli Sforza e dei Visconti ebbe nel 1713 -dopo quasi due secoli di
dominazione spagnola, tutta caratterizzata di solo malgoverno- la fortuna della
saviezza amministrativa di Maria Teresa d'Asburgo che, come seppe ben operare in
ogni altro territorio dell'eterogeneo Impero austro-ungarico, anche nel milanese
e nell'altra parte d'Italia prima soggiacente all'occupazione iberica, portò
insieme ai suoi successori il risanamento delle arti, la valorizzazione
dell'artigianato, i migliori stimoli occupazionali nelle professioni e nei
mestieri, nel commercio, nelle colture delle campagne, mentre poterono tornare a
scrivere Giuseppe Parini, Cesare Beccaria, Pietro Verri e tanti altri letterati
con persone di nuovo libere per curare le proprie vocazioni e le loro doti
artistiche. In precedenza, i territori milanese e lombardo conobbero, dal tempo
dell'Editto di tolleranza religiosa promulgato dall'Imperatore romano Costantino
il Grande (313 d.C), conflitti, occupazioni di barbari, atroci guerriglie
intestine, dominazioni di Signorie e calamità politiche e naturali d'ogni
specie, tra le quali si evidenzia l'epidemia di peste che devastò la città
meneghina durante l'occupazione spagnola e che venne descritta nella sua
tragicità ne "I promessi sposi" di Alessandro Manzoni.
Furono anche quelli momenti duri da superare, ma tutto venne comunque vinto
dalla volontà della gente cresciuta tra Porta Ticinese ed Affori, tra Rogoredo e
la Bovisa, tra San Siro e Lambrate, non scordando come el gamba de legn -lo
sbuffante, patetico trenino collegante tra colonne di fuliggine, scampanate,
fischi e stridenti frenate il terminale di corso Vercelli agli abitati di
Magenta e di Boffalora- riuscì a mandare in pensione i barchett del Naviglio
facendo superare i ventitre chilometri di percorso in un'ora e un quarto,
anziché in quel tempo molto superiore necessario ai navichieri (come P. Vaierà
cantò i barcaioli dell'Alzaia) per raggiungere i medesimi luoghi. Ma lasciando
ai meneghini più sentimentali la descrizione con il canto popolare su el gamba
de legn che ha segnato la sorte a el barchett de Boffalora, perché anca quell'è
andàa in malora, ritorniamo all'appuntamento più ardente che Milano ha
conosciuto con gli uomini politici nel secolo che sta finendo, quello al teatro
"Lirico", non mancando di sottolineare quanto sul piano storico e
nell'evoluzione della civiltà sociale esso rappresenta.
A quanti è riuscito di comprendere il valore assunto in tale momento dalle
indicazioni politiche e sociali fornite da Mussolini su quel palco milanese
(trasformato idealmente in tribuna per la Storia) scompare subito dalla visuale
di ognuno il dramma degli eventi bellici che pure stavano decidendo in quei mesi
quali eserciti sarebbero prevalsi su quelli nemici sia nell'Europa quanto in
Asia, applaude ciascuno con convinzione la forbita dialettica di critica e di
condanna contro il capitalismo reazionario ed il bolscevismo materialista
entrambi causa diretta delle seconda guerra mondiale, balza chiaro dinanzi a
tutti che il figlio del fabbro di Predappio ha colto l'incudine per incidere
sulla pietra miliare del futuro i dogmi di quell'equilibrio sociale che ogni
destra conservatrice ha soltanto, sempre, tradito. In analogia di quanto
pragmatizzato a Castelvecchio di Verona nel novembre '43 dagli esponenti più
fedeli alla dogmatica sociale del Fascismo della prim'ora e di quello
repubblicano, in essenza popolare si precisa quanto la base dello Stato e suo
oggetto primario è il lavoro, manuale, tecnico, intellettuale, in ogni sua
manifestazione e Mussolini conferma al mondo che «la socializzazione è la
soluzione logica e razionale che evita da un lato la burocratizzazione
attraverso il totalitarismo di Stato e supera l'individualismo dell'economia
liberale, che fu efficace strumento di progresso agli esordi dell'economia
capitalistica, ma oggi (veniva precisato questo sul finire dell'autunno 1944! -
N.d.R.) è da considerarsi non più in fase con le nuove esigenze di carattere
sociale delle comunità nazionali»
Attraverso la "Corrispondenza repubblicana" diramata dal dicastero della Cultura
Popolare della RSI il precedente 13 novembre '44 era stato particolareggiato con
la nota Rivoluzione sociale (attribuita dallo stesso ministro F. Mezzasoma a
Mussolini quale estensore) come il carattere squisitamente sociale dell'azione
politica della nuova Repubblica trovava immediata conferma da quanto intrapreso
-ad esempio- dove erano state attivate due comunità di lavoro con funzioni
operative dal dirigente agli operai nell'agricoltura e nella lavorazione del
legno e che ciò, dopo la redenzione dell'Agro pontino e della Maremma toscana
con la consegna delle terre ai coloni e dopo l'assalto al latifondo siciliano
con tutti i problemi sociali ad esso connessi, stabiliva quanto il Fascismo e
tutte le forze politiche di ciò continuatrici nel futuro non avrebbero rinnegato
il principio dell'iniziativa privata con questa però, mai iugulatrice per i
lavoratori. Le mète sociali della RSI erano e rimangono preconizzate in avanti,
nel futuro europeo e mondiale non solo per la ristrutturazione dell'equilibrio
politico nelle varie comunità plurinazionali che sarebbero venute alla luce
negli ultimi lustri, come si è verificato, ma per impedire che la pace
conquistata con tanti sacrifici venga nuovamente turbata -specie in Europa- dal
ripetersi di operazioni di secolarizzazione dell'egemonia sempre speculativa dei
capitalismi statunitense e britannico.
Difatti, dopo le prove di tentata americanizzazione commerciale esercitata da
USA e dal Regno unito d'Albione sulla Russia e sugli altri Paesi orientali
apparsi nell'Eurasia in seguito alla polverizzazione politica e geografica
dell'URSS e del suo impero, dopo la tragedia dello smembramento
dell'ex-Jugoslavia con il genocidio tra le razze che dovevano formare questo
popolo artificiale sotto la scure del titoismo più slavo che comunista, dopo la
crescente monopolizzazione da parte anglo americana di ordinazioni per lavoro e
commercio nell'America latina, dopo la sempre più pressante azione di capitali
inglesi e nordamericani nell'intero bacino del Medio Oriente e nell'Africa per
salvaguardare le influenze finanziane e speculative in queste zone sottoposte a
travolgenti fasi di sconvolgimento sociale, ecco i flussi ondeggianti delle
immigrazioni irregolari di masse incontrollabili verso i Paesi ritenuti
economicamente più evoluti e quindi più stabili nei redditi. Questi movimenti di
popolazioni a raggio intercontinentale si verificano in contemporaneità alla
rigenerazione nel mondo di quelle condizioni di insicurezza che l'ONU e le
potenze responsabili della distruzione dell'Europa e del bombardamento atomico
di Hiroshima e di Nagasaki mezzo secolo fa, dovevano riuscire a prevedere e ad
evitare se nel Palazzo di Vetro a New York i piani di equilibrio sociale fossero
stati realizzati quale dovere prioritario verso la pace dell'Umanità.
I drammi dell'Umanità che hanno assillato e tormentato i Paesi della Terra nei
periodi storici antecedenti il primo e il secondo conflitto mondiale si stanno
adesso rigenerando non solo per l'incremento sempre più accelerato tra
continenti razze e religioni dei dissesti socio-economici, ma per l'aggravante
pauroso del dilagare di droga di delinquenza e di malattie contagiose (l'Aids
accompagna il contagio di epidemie quali il colera le infezioni veneree, la
sottonutrizione, ecc.) con la fame intenta a fare compagnia alle moltitudini di
persone che si interrogano per conoscere quale senso può avere il trionfo del
capitalismo chiuso nel narcisismo egoistico specie quando i progressi ed i
benefici delle plutocrazie rimangono chiusi nei forzieri di fulcri reazionari.
La gente milanese presente al «Lirico» vide proiettato con chiarezza dal
discorso di Mussolini quanto si e verificato dopo il 1945 nel mondo, mentre il
capo della RSI fece conoscere l'altro volto nel nuovo Stato, quello proteso
all'edificazione dell'ordine sociale e dell'equilibrio di occupazione e di
redditi nell'avvenire in quanto era li con il dispositivo di ordinamenti
legislativi sulla socializzazione, sulla gestione nuova delle imprese, sulle
funzioni degli appartenenti ad esse, su gli statuti e sui regolamenti a ciò
necessari per dimostrarlo e che il ministro Angelo Tarchi aveva illustrato in
precedenza alla stampa e poi direttamente ai lavoratori nelle fabbriche e nei
cantieri.
Altrettanto volle fare tra gli operai del Settentrione un uomo che era stato
capo carismatico del comunismo, quel Nicola Bombacci che cadrà assassinato
insieme ai ministri della RSI sulla piazza di Dongo e che Beppe Niccolai nel
1987, prima della sua scomparsa, indicò tra i migliori redenti all'alternativa
popolare del fascismo contro il modello conservatore del liberal-capitalismo.
Gli eventi bellici erano frattanto degenerati anche a Milano nella scelleratezza
della guerra civile dopo che Aldo Resega, segretario federale del PFR nel
capoluogo lombardo fu colpito dalla violenza omicida dei ribelli di GAP
comunisti per fomentare l'odio tra gli Italiani e per scatenare reazioni dure
dai fascisti aggrediti.
Il 20 ottobre '44 -poche settimane prima del grande incontro di Mussolini con i
milanesi- era anche avvenuto il massacro degli alunni delle scuole elementari
«F. Crispi» nel quartiere di Gorla quando alcune squadriglie di bombardieri
americani B 24 e B 27 della XV Forza aerea USAF avevano sganciato su Milano tra
Affori e Lambrate, tra Greco e il Monumentale, tonnellate e tonnellate di
esplosivi che in pochi istanti trucidavano 635 persone di cui 194 scolari, la
direttrice scolastica, 11 maestre e 4 bidelli dell'istituto indicato.
Milano era all'apice del suo tormento anche in ciò, perchè tra le troppe rovine
provocate dalle incursioni aeree dei liberatori più di 144 scuole del capoluogo
e nella sua provincia erano andate distrutte. E in quell'atmosfera che la RSI
manifesta tra i quartieri milanesi di Brera, del museo Pezzoli, della pinacoteca
Ambrosiana e nei luoghi di cultura il pregio artistico della sua esistenza e,
nella poesia con ispirazione profonda, Carlo Borsari -grande invalido, cieco di
guerra medaglia d'oro al valore militare- svolge la lirica sulla luce e sulla
vita con Desiderio che nella sua chiusa patetica dice «dischiudi la tua notte
nella speranza / essa è l'aurora / e al bacio delle stelle / prepara la tua
fronte solitaria / luce sola e il pensiero / luce eterna che non si spegne / al
soffio della morte».
Prima del suo commiato dalla folla accorsa al "Lirico", Mussolini sottolineò
l'indispensabilità per l'Italia di essere parte integrante dell'Europa da
rigenerare e da rafforzare in comunione di popoli aperti al progresso civile
della socialità, mentre i tragici eventi che condussero alla conclusione del 2°
conflitto mondiale hanno impedito che la comunità politica ed economica del
nostro Continente si realizzasse con l'impronta sociale liberata e vaccinata
dalla minaccia anchilosante delle influenze reazionarie della plutocrazia
anglo-statunitense.
Adesso, l'intera CEE deve riuscire a distinguersi in un'azione politica che la
salvaguardi dalla pressione avvolgente degli USA ai quali fa sempre da spalla il
Regno unito d'oltre Manica, perchè i centri decisionali operativi e commerciali
dell'economia europea possiedono una capacità di produzione per i mercati
mondiali che può molto bene concorrere con quella d'oltre Atlantico e con
l'altra del Giappone e di tutto l'Estremo Oriente.
Vi sono però, nella CEE, squilibri interni che fanno emergere la crescente
efficienza finanziaria e industriale della Germania federale (avviata a
concretizzarsi economicamente in Quarto Reich) del Benelux e della Francia,
mentre l'Italia con i rimanenti Paesi consociati del bacino mediterraneo non
riesce a superare i ritardi politici che la conservano tra gli Stati comunitari
meno evoluti.
Frattanto a Milano, in Lombardia e nella valle del Po, il dopoguerra
antifascista (che continua ad esistere più del finito muro di Berlino non
essendosi esaurita in Italia la prima repubblica) persiste a solcare con le
rughe logoranti della propria vecchiaia i programmi di politica finanziaria,
industriale, commerciale e dell'occupazione non in sintonia con le indicazioni e
le richieste primarie della CEE, dovendo poi ricorrere a correzioni sui metodi
di produzione nelle fabbriche, nell'agricoltura e nell'artigianato che si
ripercuotono negativamente nella trattazione mercantile e nei piani di
assorbimento della manodopera rendendo vulcaniche nell'intero bacino padano le
fasi recessive accentuate nel trascorso novembre dai danni dell'alluvione.
Pochi purtroppo in Italia prestano attenzione alla riduzione del tasso annuo di
incremento naturale della popolazione che sottrae non soltanto elementi futuri
di ricambio nel lavoro, ma ha anche contribuito ad incrementare nella nostra
Penisola il flusso migratorio di genti extra-comunitarie (africani, asiatici,
sud-americani ecc) ed allo sconvolgimento dell'ambiente insieme ai molteplici
fenomeni di inquinamento, di esplosioni urbanistiche per decentramento di
residenti dove viene a primeggiare l'insufficienza delle abitazioni,
l'ampliamento del sottosviluppo, l'incremento pauroso del consumo di
stupefacenti, la dilatazione a raggiera -dai centri urbani alle periferie, e
viceversa- di criminalità e di prostituzione insieme alla diffusione generale di
maggiori infezioni conseguenti all'inosservanza delle tutele sanitarie e
dell'igiene.
Sebbene nel passato venisse ostacolato in Italia l'utilizzo di energia nucleare
per la produzione pulita di quella elettrica, sottoponendo il nostro Paese
all'assoggettamento delle speculazioni delle principali compagnie petrolifere
(definite nel mondo della finanza le «sette sorelle» influentissime anche per la
pace nel mondo) sono ora indispensabili capaci iniziative per ottenere tramite
la CEE e le autorità capaci di tutelare l'equilibrio ecologico della Penisola le
indicazioni utili al governo e al parlamento nazionali per realizzare la
sostituzione dell'impiego di carbone, di petrolio ed altro inquinante per
produrre l'elettricità, tanto più che l'ENEL è oggi acquirente a prezzi maggiori
di quello di produzione della elettricità pulita che viene generata da quelle
centrali a propulsione nucleare esistenti a due passi dai confini di casa
nostra, ad iniziare dalla pacifica ed armatissima Confederazione Elvetica che
tutela così la sua indipendenza e la sua neutralità.
Eppure su ciò il silenzio e costante, nessuno accenna all'utilità per l'Italia
di usare centrali nucleari per produrre elettricità e, nel contempo, lo smog
fornisce alla gente dell'intera Valle padana un composto di polveri, di ossidi
di azoto, di anidride solforosa, di particelle solide e di idrocarburi che lo
struzzo più resistente considererebbe micidiali.
Quanto le altre parti del mondo, dove le megalopoli di San Paolo, Città del
Messico, New York, Shanghai, Calcutta hanno rispettivamente un tasso tumultuoso
di confluenza abitativa (in ciascuna -per ordine- del 68, 113, 15, 69, 43 e 75
per cento) la metropoli milanese pur non avvicinandosi alla quantità intensiva
di affollamento residenziale che affanna Londra, Parigi, Berlino e Amburgo, e
tormentata insieme alle altre città italiane dal ritardo di realizzo di una
regolamentazione urbanistica efficace, capace di avere dimensioni e funzioni
europee.
Quando si fanno maturare le scelte ideologiche soltanto dopo avere assistito
alla proiezione di films sul genere di "Berretti verdi", anche se interpretati
da un attore capace qual era John Wayne, è scontato che vengono perdute le
rappresentazioni della vita reale sullo schermo della Stona, specie di quella
europea negli insegnamenti di etica politica e sociale comparse sul quadrante
della Civiltà delle valutazioni dell'éthos (comportamento, costume) di
Aristotele all'agathòs (dottrina del bene) di Socrate, dalle Meditazioni sulle
sintesi cristiane in teologia di san Tommaso d'Aquino e di sant'Agostino alla
tematica di Storia ideale eterna di G. B. Vico alla ragione pratica di E. Kant
per accostarsi poi alla germanica Kultur e Zivdisation del primo Novecento ed
alla Genesi e struttura della società di G. Gentile sino ai Cantos pisani di
Ezra Pound
Accade cosi che chi slitta in Alleanza nazionale, forse dopo essersi accostato
al gusto yankee di politica effervescente come la coca-cola in uso in riva
all'Hudson di New York, guarda poi all'Europa della CEE con fatale carenza di
logica sociale dinanzi alla realtà operosa del fertile delta del grande fiume
della Stona del nostro Continente dove, con l'armonia sinfonica di Ludwig van
Beethoven e sull'onda maestosa con il Crepuscolo degli Dei e del Parsifal di
Richard Wagner, si presenta l'allegoria del crollo e della redenzione delle
genti europee e delle loro terre che sfocia vincente nel suo Terzo Millennio non
tradendo e non rinnegando alcunché di quanto costruito dalla nostra cultura e
dalla nostra civiltà nel passato a favore del futuro migliore di questa Europa
che Mussolini, già con la Repubblica sociale, apriva all'economia della
socializzazione, perchè «l'unico socialismo attuabile socialisticamente e il
corporativismo punto di confluenza, di equilibrio e di giustizia degli interessi
privati rispetto all'interesse collettivo».
Nei dopoguerra in genere -specie quando sono ad interesse mondiale- valgono le
iniziative politiche che, insieme alla programmazione economica per il
perfezionamento del progresso sociale, riescono a proiettare per il futuro degli
Stati e delle Comunità internazionali nonché dei loro popoli quelle
trasformazioni idonee a garantire gli equilibri di civiltà e di evoluzione più
avanzati.
Dal tempo della battaglia di Waterloo (giugno 1815) alla capitolazione del
Giappone dopo i bombardamenti atomici degli USA sulle città del Sol Levante
(agosto 1945) la pace imposta al mondo dai vincitori di conflitti militari è
sempre stata artificiale. Dopo il congresso di Vienna (1815) la restaurazione di
Metternich riportò nell'Europa quell'ancien regime che alla Francia fornì poi
con il bonapartismo la borghesia reazionaria, dopo la «conferenza di pace» a
Versailles (1919) i rappresentanti dell'Intesa quali Clemenceau, Wilson e Lloyd
George generarono con la fallimentare Società delle Nazioni e il tramonto della
supremazia politica dell'Europa nel mondo anche l'oligarchia capitalista
anglo-statunitense nell'universo mercantile e l'affermazione del bolscevismo
nella Russia, dopo l'incontro di Potsdam (1945) ecco Truman, Churchill, Stalin e
De Gaulle imporre sull'orbe terracqueo, con la distruzione dell'Europa e del
nuovo ordine nell'Estremo Oriente, il dramma della «guerra fredda», la
fomentazione strutturale dell'accentramento plutocratico sull'intera finanza dei
Paesi liberal-democratici e con l'ONU la ripetizione fallace dell'ex Società
delle Nazioni.
Sono l'accettazione di questa politica del secondo dopoguerra mondiale e la
propria omologazione nella liberal-democrazia di marchio anglo-statunitense le
mete politiche di Alleanza nazionale nell'avvenire che, dopo essere stata il
becchino del MSI e del suo patrimonio ideologico, si aggrappa sulle posizioni
della destra conservatrice per contribuire, insieme alla coalizione
partitocratica governativa ed a quella dei «progressisti» in genere, a rendere
irraggiungibile la realizzazione della seconda repubblica.
Cinquanta anni dopo il discorso di Mussolini al teatro "Lirico", e facendo il
confronto tra l'impegno della RSI sul completamento delle realizzazioni sociali
più avanzate con il progresso della civiltà del Lavoro e quanto adesso vagamente
propone Alleanza nazionale con il suo regresso sulle posizioni reazionarie della
destra conservatrice, si evidenzia l'abisso ormai invalicabile che divide quelle
idee di evoluzione positiva per i popoli da quanto adesso AN vorrebbe fare
credere moderno.
È un confronto che a Milano e nella Lombardia la gente ha saputo bene effettuare
e per cui continua a credere nella civiltà del Lavoro.
Bruno De Padova
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