«Non è importante la vita. Importante è cosa si fa della vita» (Beppe Niccolai - Roma, Dicembre 1984)

Anno IV - n° 1 - 31 Gennaio 1995

 

l'ultima

Born to kill


In America hanno scoperto un'inquietante industria familiare, la Teen-Mitchell, che mediante mamma e figlie s'occupava di impalmare arzilli e ricchi vecchietti per poi ucciderli e intascarne le sostanze. Antar Hall, sedici anni, è morto nell'androne della “Cardozo High School” di Washington, ucciso dalle pallottole sparate da un suo concorrente in amore appena quattordicenne. Sono solo due dei quotidiani e numerosi esempi di vita violenta che si trascorre nell'Impero del Mondo, nello Stato-Guida che si prefigge nella sua Magna Charta di assicurare la felicità agli uomini. Ma l'ultima che hanno combinato, dalle parti dell'Hudson, è l'omicidio di Jesse Jacobs. L'uomo è stato ucciso nel penitenziario texano di Huntsville per un omicidio che non aveva commesso. E di ciò erano convinti tutti, dalla Corte Suprema al Governatore dello Stato. Eppure lo hanno lasciato morire, nel disinteresse generale. È orribile!
È orribile che questo Paese, che si spaccia per l'avanguardia della civiltà mondiale, annoveri ancora nel suo ordinamento la pena di morte. È orribile che non se ne vergogni. È orribile che si verifichi una tendenza al rialzo di quanti chiedono che lo Stato si faccia boia. È orribile che quei masticatori di gomma ritengano, contro ogni evidenza, che la pena capitale costituisca un deterrente efficace alla devianza sociale. È orribile l'America. Ma questo orrore può essere percepito soltanto da chi può vantare un patrimonio plurisecolare di storia, che costituisce il bagaglio di civiltà. Quella civiltà ch'è soprattutto cultura. E non si può certo riconoscere una «cultura americana». Non esiste perché gli americani, avanzi di tutto ciò che l'Europa ha espulso dal suo seno, ben pensarono di distruggere ciò che in quelle terre aveva albergato dall'alba dell'uomo. La civiltà dei Pellerossa, con la loro tradizione, la loro cultura, le loro regole non scritte, non esiste più, sotterrata sotto le raffiche dei winchesters. Quelle canne tonanti, che uccidevano gli uomini, presiedevano alla distruzione della natura, fatta di piante e animali. Quella degli americani è una storia di violenza. Essi sono davvero born to kill, nati per uccidere. Hanno bisogno di sangue per sentirsi vivi. Perché avrebbero sterminato milioni di uomini e decine di popoli? La loro frontiera non è una linea che separa due territori. E la demarcazione fra il Bene, da loro rappresentato, e il resto del mondo, che costituisce il Male. Se pensano così, quanto può loro importare la vita di un uomo, di dieci uomini, di dieci milioni di uomini? Nulla, non può contare. Il loro non è il Regno dell'Individualismo? Perché non riescono a varare una legge che limiti la circolazione delle armi? E come potrebbero? Il possesso di una Colt è la loro storia di cow-boys. La Colt è l'America. E una Colt non serve a mietere grano, falcia le vite umane, che sono oggetti, sagome, obiettivi. L'America è questa, il Paese degli Obiettivi. E per confermare il loro saper essere ipocriti, c'è da scommettere che fra poco gireranno un film, nel quale condanneranno lo Stato che ha ammazzato Jesse Jacobs. Fanno sempre così, gli Americani: prima sgozzano migliaia di spagnoli, messicani, tedeschi, vietnamiti, coreani, cinesi, italiani, russi e arabi e poi girano un film di condanna. Si lavano la coscienza e si dimostrano democratici.
Questa è l'America. Perciò Silvio Berlusconi dichiara al “Washington Post”: «Con la mia TV, i miei programmi, i miei film, io ho educato gli italiani, soprattutto i giovani, all'America».
Beati noi, che fummo giovani educati da Ezra Pound!
 


Vi. Er

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