«Non è importante la vita. Importante è cosa si fa della vita» (Beppe Niccolai - Roma, Dicembre 1984)

Anno IV - n° 2 - 15 Marzo 1995

 

Maschilismo, femminismo e complementarità dei sessi



Anticamente la nostra natura non era la stessa di ora, ma differente...
A quel tempo, infatti, l'androgino era un'unità e partecipava per aspetto e per nome di entrambi,
il maschio e la femmina, ma ora non è se non un nome, di intenzione oltraggiosa.

Platone, "Simposio"


Nonostante gli aspetti più intransigenti del movimento femminista siano ormai oggetto di profonda e meditata revisione non solo da parte dei saggisti e degli ideologi (d'ambo i sessi, naturalmente) che avevano operato per promuoverlo e diffonderlo in tutto il mondo, anche quest'anno, come sempre, ma ora più che altro per tradizione e stanco ritualismo, viene celebrata la cosiddetta giornata o festa della donna, in coincidenza con la data dell'otto marzo.

Diciamo ciò con una buona dose di rammarico, se non di tristezza, causati dallo squallore in cui si viene a trovare il mondo contemporaneo, divenuto preda del più sfrenato consumismo, artatamente orchestrato dagli occulti dominatori dell'odierno sistema, nonché dei loro palesi tirapiedi, cioè gli attuali impolitici politicanti, che ingrassano alla greppia dei loro padroni, dimentichi del proprio altissimo compito, consistente nel rappresentare degnamente e con la dovuta competenza la collettività che ha loro affidato il delicato compito di tutelarla e di stimolarne l'evoluzione. Ahimè, tutto ciò è ben lungi dall'essere realizzato, dal momento che ci si accontenta (e questa è la colpa maggiore del popolo-bue) di una pseudodemocrazia, assolutamente distorta e deviante nel suo significato etimologico, che suona come potere del popolo.

Ora, pur convenendo che una democrazia diretta sia difficile a realizzarsi in uno Stato vasto e dalle complesse funzioni quale può essere una moderna nazione, mentre appariva possibile per il governo delle pòleis greche o dei comuni medievali, non si può passar sotto silenzio il fatto che il pattume che viene spacciato per democrazia non s'accosti nemmeno lontanamente all'intenzione di rappresentare gli interessi attinenti alla sfera della vita materiale o le istanze riguardanti quella psichica o spirituale degli individui e dei gruppi.
A nostro avviso, il corporativismo ed il socialismo prospettato dal Mussolini rivoluzionario pre e post-ventennio (del tutto infausto, quest'ultimo, per aver palesemente tradito le aspettative delle cose) si avvicinava forse più di ogni altro sistema politico a quanto andiamo dicendo, sebbene anche in tal caso occorresse operare i necessari aggiustamenti, per non scadere in un fatto puramente economico e sociale, rivelante la matrice ideologica di stampo materialistico che l'aveva a suo tempo prodotto. Prima e più ancora del Mussolini, il quale giocava a fare il socialista sui generis probabilmente con intenti demagogici, visto che tirava fuori quest'asso dalla manica solo quando gli conveniva o si sentiva minacciato, cioè prima di prendere il potere e dopo averlo ormai irrimediabilmente perduto per i guasti che il suo regime aveva provocato alla nazione italiana e non solo ad essa, l'idea democratica rettamente intesa era stata vagheggiata dal Mazzini e dal Garibaldi, ma si sa poi quali furono le forze a prevalere alla fine del Risorgimento ignobilmente tradito: il trono e l'altare tornarono ad essere solidali, rinverdendo i nefasti dello spirito restauratore che aveva caratterizzato i primi anni del secolo decimonono, mentre i borghesoni, soddisfatti del colpaccio realizzato, ingrassavano spropositatamente nei loro loschi traffici, preparandosi all'avventura imperialistico-coloniale ai danni dei fratelli africani e poi di quanti si credeva potessero in qualche modo ostacolare i loro interessi.
Quanto detto non appaia una digressione rispetto all'assunto che ci siamo proposto; ne costituisce, anzi, una necessaria ed ineludibile premessa, atta a far comprendere a coloro che non lo avessero ancora capito in che razza di pasticciaccio ci hanno fatto cadere o siamo caduti anche per colpa nostra, visto che ormai il malgoverno mondiale dovrebbe risultare evidente anche agli occhi dei più sprovveduti. Dunque, gli stessi artefici del mercantilismo, del liberismo o del capitalismo che dir si voglia (del resto, capaci di mascherarsi sotto le etichette più svariate e contrastanti, grazie al compiacente appoggio delle marionette politiche, non escluso il fascismo reale, il nazismo ed il bolscevismo traditore di Marx), questi stessi figuri sono coloro che incanalano e sfruttano a proprio vantaggio -che è sempre e solo quello economico- anche le sacrosante istanze dei giovani perennemente traditi nelle loro aspettative rivoluzionarie o delle donne, ignobilmente tuttora ingannate nel loro tentativo di liberazione e finalmente di realizzazione della propria indole.

Come si vede, si tratta di un discorso estremamente complesso, dalle mille sfaccettature, che invita ad addentrarsi in settori che, almeno momentaneamente, esulano dalla nostra indagine, anche se, a ben vedere, tutto appare intimamente correlato. Del resto, non poteva che essere così, dal momento che le menti indicibilmente criminali che hanno ordito quest'apocalittico apparato di potere planetario sono infinitamente astute e tessono la loro tela come il ragno invisibile nell'ombra, ma palese in trasparenza, se vi si proietta un raggio di luce.

Orbene, il compito che ci siamo prefissi è quello di gettare anche solo un debole fascio di luce negli occhi del mostro che giace acquattato nella sua fetida palude, in modo che non si vada a cadérgli inavvertitamente in bocca. Coloro che, nonostante tutto però, restino imbambolati dal suo malefico fascino, finiscano pure per cadérgli nelle fauci; noi crediamo d'aver fatto la parte che ci spettava. Come si dice? Chi è causa del suo mal, pianga sé stesso. Del resto, non è nostro costume, né lo sarà mai, quello di piegare violentemente al nostro volere chi non si vuoi dare per vinto; tentiamo, è vero, di consigliare, di orientare, di far ragionare, mai di plagiare gli interlocutori o, nel caso presente, i lettori, di cui ci auguriamo non alienarci le simpatie per la nostra franchezza. In ogni caso, anche se ciò avvenisse, ognuno sia il diretto responsabile delle scelte di campo; l'esperienza mostrerà poi a ciascuno -ne siamo convinti- se la propria scelta, operata anche in buona fede, sia stata o meno felice.

Focalizzando, quindi, la nostra attenzione sulla questione femminista, non c'è comunque da star troppo allegri. Infatti, almeno a nostro avviso, la presunta liberazione della donna è lungi dall'avvenire, checché possa sembrare ad un osservatore meno attento. Le giuste, sacrosante, ultralegittime rivendicazioni della stessa, oppressa in altre epoche da un bieco e becero maschilismo, sono state senza mezzi termini ignobilmente tradite.
Per fare un esempio, cosa farsene del voto tanto invocato dalle oggi patetiche suffraggette, se questo poi non rappresenti un'effettiva garanzia per tutelare i nostri diritti, come abbiamo cercato di spiegare all'inizio? Nulla, un bel nulla; fumo negli occhi, tanto per dar credito alla pseudodemocrazia di cui sopra e per continuare a perpetrare indisturbati il proprio più o meno occulto potere sulle masse eternamente gabbate.
Quindi, se è corretto definire il maschilismo una mostruosa prevaricazione compiuta sull'altro sesso, approfittando della sua debolezza e di secoli di educazione errata, frutto di pregiudizi indotti ad arte, sempre per perpetuare una situazione di comodo che s'intendeva cristallizzare a tempo indefinito, non meno errato è il femminismo, anche se tale atteggiamento si può in qualche modo giustificare come una reazione uguale e contraria, in fondo prevedibile. Tutti gli -ismi, a nostro avviso, rappresentano un eccesso ed un errore, una distorsione, una deviazione, un elemento dissonante volto ad infrangere l'armonia del tutto.
Se si vuoi continuare a procedere nell'esame della presente questione in modo obiettivo e sereno, bisogna riconoscere che la donna (dal latino domina, signora) e non femmina (spregiativo, indice della personalità di coloro che coniano non a caso i termini per i loro sporchi giochi), dal momento che ciascuno di noi, a prescindere dal proprio sesso, razza, condizione sociale ed economica, credo politico-religioso, dovrebbe essere non solo libero artefice del suo destino, ma anche capace di tracciare con impegno e capacità la linea evolutiva che caratterizza l'esistenza personale, abbia clamorosamente mancato il proprio obiettivo. Nessuno, infatti, può agire per noi. Ci si riscatta solamente con i propri mezzi, acquistando indiscutibile dignità e riscuotendo, nel contempo, il meritato rispetto. Altrimenti, si è inevitabilmente succubi di qualcun altro, sia un metafisico Ente (e ciò vale per il campo religioso), sia un'istituzione o un'altra persona (e ciò vale nell'ambito politico e sociale).

Insomma, non si può certo dire di riscattare sé stessi, operando quella che può definirsi una semplice e poco ponderata identificazione col maschio.

Se questo è ridicolo, viste le conclamate differenze psico-fisiche della donna nei confronti dell'uomo (ed è per questo che le teorie delle femministe più arrabbiate non potevano durare in eterno); se questo è comico, o tragico a seconda dei punti di vista, nel caso in cui fosse lui ad imitare lei (e questa è una tendenza che, visto il presente momento di confusione, tende a prendere piede), diventa addirittura angosciante se, nell'illusione di una liberazione dal ruolo di succube casalinga tuttofare e macchina per i figli, si diventa schiavi in fabbrica o in ufficio di altri padroni ancora molto spesso maschi.
Si potrebbe invocare come unica attenuante per tale stato di cose la necessità economica, ma anche in tal caso non siamo d'accordo, perché non ci sembra il giusto modo di reagire nei confronti di chi, per smodata sete di potere, tende a trasformare l'intero genere umano in una massa di robots pronti ad ubbidire ai suoi ordini. Infatti, non ci sembra logico, qualora l'onnidilagante potere economico strappi l'uomo al lavoro dei campi, o alla sua bottega artigianale, o al commercio minuto, attività in cui si svolgeva un ruolo padronale ed un lavoro libero, per schiavizzarlo in una fabbrica gigantesca rutilante di fumo e di fiamme (questo è il caso della «liberazione» degli schiavi neri ad opera dei nordisti e, più in generale, di tutti i nati di sesso maschile nei Paesi cosiddetti progrediti, a partire dall'epoca della rivoluzione industriale) che la donna, invidiosa di questo stato di soggezione e di alienazione in cui il suo compagno è caduto, lo segua per emularne le gesta. Dal momento che ciò è palesemente assurdo, bisogna convenire che tale scelta non possa essere stata compiuta liberamente, ma sotto l'influsso di una malefica, subdola, costante fascinazione ordita da chi, non pago di aver rovinato l'esistenza di metà del genere umano, intendesse parimenti distruggerla per l'altra metà, ma in modo indolore, inavvertibile; anzi, riscuotendo addirittura il consenso delle proprie vittime che, subito il lavaggio del cervello, convinte che questo sia il migliore dei mondi possibili, si gettano cantando tra le fiamme che le arderanno.
Mentre Mangiafuoco ride dei suoi burattini così docili alla trazione dei fili da lui abilmente maneggiati, continuiamo nella disamina dei fatti. Il primo passo da compiere sarebbe quello di uscire da questa illusione, ma forse si chiede troppo a chi è ancora preso dalle formule dell'incantatore. Uscire dal capitalismo, certo; ma non subito, purtroppo. Occorre tempo, il tempo necessario a che i guasti prodotti da un tale sistema siano così catastrofici, da risvegliare anche coloro che vivono in uno stato di sopore sonnambolico. Forse, siamo più vicini di quanto non si creda a quest'evento memorabile, perché non riusciamo davvero a comprendere come una simile mostruosa congiura ordita ai danni dell'intera umanità, questa gigantesca impostura sia potuta durare tanto.

Comunque sia, all'interno di questo sistema che, pur fatiscente e percorso da sinistri scricchiolii che ne preannunciano il crollo, resiste ancora e mantiene le posizioni di potere acquisite con subdola lotta, non disdegnando di far scorrere il sangue d'interi popoli o affamando vaste nazioni, la donna più che l'uomo può senz'altro svolgere un ruolo positivo, importantissimo e riequilibratore. La donna più che l'uomo, certo, perché costui sembra essere stato più di lei facilmente e velocemente fagocitato da questa società impazzita, che conosce uno sviluppo abnorme perché unilaterale, più tecnologico che morale. Ciò può essere spiegato da alcune caratteristiche psicologiche dell'animo maschile che sembrano predominare nello spirito dei tempi attuali: il razionalismo spesso esasperato e, quindi, negatore di realtà più profonde esistenti nell'ancora insondato mondo dell'Essere, l'egoismo e l'individualismo più sfrenato, la violenza, l'arrivismo privo di scrupoli, l'ottimismo ingenuo e fanfarone che rivela superficialità ed immaturità di giudizio, la scarsa sensibilità per le doti dell'anima e la naturale propensione per il mondo della quantità e dei suoi pseudovalori. È innegabile che tali manifestazioni caratteriali allignino di preferenza ed in maggior misura nell'animo maschile, piuttosto che in quello femminile. Ci sembra superfluo, a questo punto, ribadire quanto esse siano pericolose, soprattutto quando, come avviene nella nostra società, riescano a prendere il sopravvento su ideali più nobili ed alti che, invece, hanno caratterizzato epoche trascorse, quando, se non d'istinto, ma eventualmente grazie all'azione moderatrice ed orientatrice di Guide più sagge, l'umanità sembrava preferire ciò che era legato alla qualità della vita.
È chiaro, poi, che questa tendenza diventi addirittura allarmante quanto più si generalizzi e ciò avviene allorché anche la donna che, per natura, rifugge da certe scelte che appaiono in stridente contraddizione con la sua natura più profonda e genuina, tende ad allinearsi su certe posizioni, non tanto spontaneamente, quanto perché abilmente pilotata in quella direzione da chi ha tutto l'interesse a completare l'imbarbarimento dell'essere umano, in modo da poterlo più facilmente tenere in pugno.
Ci auguriamo che questo non avvenga; altrimenti, sarebbe davvero la fine e l'affermarsi di un mondo disanimato e perverso, in cui il Bene, il Bello e lo Spirito siano definitivamente uccisi e calpestati in nome dell'efficienza tecnica e dell'utile immediato. La donna, quindi, facendo appello alle caratteristiche peculiari della sua natura, potrebbe invero frenare questa caduta libera verso l'abisso, potrebbe intervenire come elemento fortemente contrastante e riequilibratore nei confronti di una tendenza generale alla distruzione, perché dettata da motivi particolaristici, che non possono che disgregare e far cadere profondamente malato un organismo originariamente sano.
La donna, infatti, se vuole essere sincera con sé stessa, presenta una natura irrazionale, fantastica, creatrice, intuitiva, istintiva, passionale certamente inadatta ad operare in una società assurdamente programmata, dove i rapporti umani più genuini vengono continuamente negati.

La donna è più portata all'altruismo, alla solidarietà, a vivere e a credere a rapporti di fratellanza; avverte maggiormente la pietà per il prossimo, è più disposta al sacrificio ed alla tolleranza; sfugge istintivamente dalla violenza fisica o verbale, non sia altro che per la sua fragilità psicofisica e per la squisita sensibilità che la caratterizza. Il suo ideale più vero non coincide con l'arrivismo che tanto piace eventualmente al partner, quanto piuttosto con la sicurezza che può infonderle la presenza maschile, con il desiderio d'affetto e/o d'amore che può derivarle da un amante o da un figlio. La donna è portata a coltivare le arti e le discipline umanistiche più che le scienze esatte e la logica matematica; è ovvio, perché le prime vengono incontro alla sua natura sognatrice e creativa, mentre le altre tendono a distruggerla o quantomeno a velarla.

Potremmo continuare a lungo in questo senso, ma crediamo di aver sufficientemente chiarito il concetto; pertanto, possiamo senz'altro fermarci qui.
Ora, la soluzione del problema non consiste tanto in una semplicistica sostituzione della donna rispetto all'uomo nella gestione del mondo. Occorre, prima di effettuare ciò, una riconversione della stessa verso la sua natura più vera e profonda. Altrimenti, abbagliata dai miti contemporanei del successo e del potere, la creatura femminile sbanda facilmente ed assume atteggiamenti che non le sono propri, come avviene nel caso della donna-manager, della donna soldato, della donna di ferro in politica, che riequilibra il bilancio dissestato della nazione perpetuando dottrine profondamente ingiuste, spegnendo vite umane, dimostrandosi cinica e spregiudicata quanto se non più dei maschi che l'hanno preceduta su questa via.

D'altra parte, sempre credendo di liberarsi, la donna getta alle ortiche il suo innato pudore, dimostrandosi disinibita e disinvolta oltre misura, con l'unico risultato di divenire oggetto di desiderio e di piacere, quindi, prostituendosi al miglior offerente e perdendo ogni residua dignità come persona. L'attricetta porno, la strip-tease, la top-model che ammicca dai cartelloni pubblicitari evidenziando le sue doti fisiche, sono davvero più libere di una casalinga, di una schiava all'interno di un gineceo o di un harem?

Il discorso sulla libertà ci porterebbe troppo lontani e lo rimandiamo ad un'altra occasione. Per ora, ci limitiamo a professare la nostra fede nella libertà da ogni condizionamento, piuttosto che quella nella possibilità di dar sfogo ai più bassi istinti o desideri.

Quest'ultima, infatti, come insegnava il Buddha o gli antichi filosofi stoici, non consiste in altro che nel rendersi schiavi della parte meno nobile dell'essere umano. Qui ci fermiamo, perché, come già detto, il discorso sarebbe lungo e complesso. Quindi, si sentirebbe più realizzata una donna, svolgendo uno dei tanti lavori meccanici e ripetitivi che caratterizzano la nostra società tecnologica ed industrializzata? Quelle che dicono la verità affermano che non è così e che si adattano a queste spesso mortificanti occupazioni per sbarcare in qualche modo il lunario e per aiutare a mandare avanti la baracca. Il vero problema, pertanto, resta irrisolto e viene in tal modo continuamente rinviato.

Non intendiamo certo affermare che la donna non possa o non debba seguire le orme dell'uomo; se vuole, può farlo; del resto, lo sta abbondantemente dimostrando. Comunque, non riteniamo né un merito, né un'impresa epica adattarsi al ruolo oggi attribuito indistintamente a tutti: quello dì puntellare la società borghese dei consumi.

Non occorre né particolare forza fisica, né eccezionale acutezza d'ingegno. Si tratta il più delle volte di lavori anodini, di tipo burocratico ed amministrativo, meccanico, ripetitivo che potrebbero venir ugualmente svolti dalle macchine; il che, anzi, sta già avvenendo, comportando l'irreversibile crisi dell'occupazione e rivelando il bieco aspetto del capitalista che, dopo aver sfruttato ignobilmente i suoi schiavi, se ne disfa quando scopre di non averne più bisogno.

Tristissima cosa, dunque, il vedere come esseri dotati di ragione si lascino ingabbiare in un sistema così disumano. Se l'uomo non è stato in grado di comprenderlo, perché diabolicamente raggirato, si ribelli almeno la donna ed aiuti il suo compagno ad uscirne.

Questa, però, dovrebbe essere la prospettiva finale; per ora, un bel passo avanti sarebbe costituito dal realizzare una complementarietà ottenibile differenziando i ruoli all'interno della società. Ciò non vuoi dire assolutamente tornare indietro, come insinuerebbero alcuni, ma ripristinare un'armonia perduta e rispettare la specificità naturale dei sessi. Non è affatto detto che la donna debba essere solo moglie, amante ed angelo del focolare; può benissimo dedicarsi ad altre occupazioni, anche identiche a quelle praticate dagli uomini, ma rispettando quella che abbiamo definito la specificità del suo ruolo, indissolubilmente legato al carattere psicofisico, che crediamo di aver sufficientemente illustrato.

Quindi, pur operando, almeno per ora, in attesa di successivi sviluppi, nell'ambito della società tecnologica, consumistica ed industrialmente avanzata, la donna potrebbe portare al suo interno una ventata di freschezza e di novità. Anche solo agendo in modo più giusto ed umano, eventualmente contraddicendo alcune delle leggi che regolano il libero mercato, ma acquistando qualcosa nell'ambito della qualità della vita e dei rapporti interpersonali. Produrre beni di consumo (tra l'altro, il più delle volte inutili) con la minima spesa ed il massimo utile può essere gratificante per il capitalista, ma certamente danneggia chi collabora a tale produzione, distrugge l'ambiente, opprime e sfrutta interi popoli costretti a subire, se non una colonizzazione tradizionale, almeno quella di tipo economico. Ciò a lungo andare produce tensioni sociali, politiche, internazionali che spesso sfociano in guerre sanguinose che comportano investimenti ingentissimi nell'ambito militare, a spese di quello sociale, finendo per arricchire col traffico d'armi e l'incremento dell'industria pesante coloro che già erano detentori di ricchezza. Il mondo, invece, potrebbe fin d'ora trasformarsi in un paradiso, purché lo si volesse: non più fame, carestie, guerre.
Le risorse economiche e mentali oggi disponibili sarebbero sufficienti per operare quello che può sembrare un miracolo, pur non essendolo affatto. Basterebbe che gli ingegni umani, anziché arrovellarsi per la distruzione e la sopraffazione, si applicassero a costruire una società migliore, lavorando con spirito altruistico e rispettoso dell'ecosistema.
In un'altra occasione, abbiamo detto che, per operare in tal senso, non occorrono rivoluzioni imposte dall'alto, casomai ricorrendo a mezzi violenti che, prima o poi, suscitano il desiderio di vendetta. Basterebbe, infatti, mutare l'atteggiamento interiore, spostare la propria coscienza verso interessi più elevati rispetto al dio denaro, verso valori morali e civili, verso miti ed ideali che non siano quelli del Moloch odierno, del materialismo, mostro idiota, brancolante nelle tenebre, che calpesta, strazia, divora le sue vittime.

Difficile, abbiamo detto, che l'uomo, solleticato nelle sue ambizioni, allettato da infinite lusinghe che fanno appello anche alla sua specificità psicofisica, muti rotta o resista ad esse. Più facile, invece, che ciò accada alla donna, sempre che questa sappia fare appello a tutte le sue forze, non lasciandosi invischiare nella rete del Grande Ingannatore, che sa far leva anche sulla sua vanità, smania di rivincita e fondamentale ingenuità, originata dalla bontà innata di tutte le anime, di cui l'essere femminile ha conservato un ricordo forse più limpido e chiaro.

Pertanto, se la democrazia esistesse davvero, se le donne, prima e più degli uomini, rinsavissero, dal momento che rappresentano un numero maggiore di loro, potrebbero davvero mutare le sorti del mondo. È chiaro che, al minimo tentativo di mettere in discussione l'attuale potere assoluto dell'Economia si scatenerebbe una lotta senza pari contro chi avesse osato attentare al sistema. Allora vedremmo cadere tutte le maschere, gli orpelli e scoprirsi molti altarini. Forse, tutto ciò costituirebbe un bene; infatti, aiuterebbe a svelare il volto mostruoso del Potere.

Alla Donna, dunque, è affidato un grande compito: quello di sgominare una volta per tutte la Grande Bestia, l'Idra dalle teste sempre risorgenti. Ne sarà all'altezza?
Se ciò avvenisse, non solo la società intera verrebbe riequilibrata al suo interno, ma ognuno si sentirebbe più soddisfatto e realizzato, perché non più costretto a procedere contro natura. E così, operando in settori distinti, ma in fondo complementari, oppure congiunti, ma finalizzati al raggiungimento d'unica mèta ideale, si potrà ripristinare quella perduta armonia, la cui contraddizione continua genera tutti i mali che affliggono il mondo moderno.
Il vero sviluppo può avvenire solo rispettando le leggi naturali, non certo contraddicendole; a lungo andare, non si potrà ottenere che la catastrofe. È lapalissiano e logico, ma le menti annebbiate e distorte non vedono più la luce. Un antico detto ricorda che gli dèi accecano coloro che intendono perdere. C'è da chiedersi quali dèi abbia evocato questa società impazzita.

Il fine ultimo di questo processo armonioso, sempre che si giungesse a realizzarlo, non può essere che la ricostituzione di quell'Unità primigenia da cui il tutto ha avuto origine. Tale unità è simboleggiata nella nostra cultura occidentale dal mito platonico dell'Androgine, che abbiamo voluto precedesse quest'articolo, a mo' di didascalia. L'idea non appartiene ovviamente solo al mondo occidentale; essa, invece, presenta il carattere universale che è proprio di ogni verità. La ritroviamo, quindi, anche nell'Oriente precristiano, in cui Shakti e Shiva appaiono come le polarità dialettiche del Tutto che va progressivamente manifestandosi nel molteplice e, quindi, nell'inevitabile dualità necessaria alla manifestazione stessa. Ogni contraddizione di questa legge non può che comportare confusione, disordine, arresto e distruzione del processo cosmico.
Come si vede, qui andiamo ben oltre l'assunto che ci siamo proposti all'inizio ed è per questo che non intendiamo procedere oltre in questa direzione, anche se sarebbe interessante e proficuo per molti. Ci basta, tuttavia, aver fornito delle indicazioni, utili a comprendere che quanto abbiamo detto finora non è certo frutto di idee retrograde, meno che meno maschiliste e nemmeno utopiche, bensì dettate da un estremo realismo, da un'impellente urgenza di raddrizzare la barca prima che si capovolga ed affondi. Le nostre idee, in fondo, a ben vedere, non sono nemmeno nostre, ma si fondano sui possenti bastioni della Saggezza Perenne, la cui Legge ha prodotto, mantiene in vita ed un domani riassorbirà l'intera manifestazione universale, in attesa di una successiva emanazione. Il tutto, in vista di una continua evoluzione, di un infinito arricchimento di esperienza e di possibilità espressive e creative, per noi attualmente nemmeno immaginabili.
Tuttavia, per coloro che sanno per visione diretta, per i Maestri che hanno insegnato queste verità, il percorso è ben chiaro e tracciato con sicurezza. Non si tratta di possedere una fede cieca, perché queste idee sono fondate su una diretta visione delle cose, per esplicita ammissione delle stesse Guide, come i rishi vedici, veri e propri Fratelli Maggiori a cui affidarci con sicurezza e fiducia.

Comunque, coloro che volessero contraddire la Legge possono farlo; ovviamente a proprio rischio e pericolo. Nessuno, nemmeno la Mente che ha ideato le infinite manifestazioni universali, può impedire agli esseri dotati di intelletto e ragione d'intraprendere un cammino diverso. Remare contro corrente è sempre possibile, ma a lungo andare stanca; sarà l'esperienza ad insegnarci una correzione di rotta.

 

Alfredo Stirati

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