Anno IV - n° 2 - 15 Marzo 1995
Maschilismo, femminismo e complementarità dei sessi
Platone, "Simposio"
Diciamo ciò con una buona dose di rammarico, se non di tristezza, causati dallo squallore in cui si viene a trovare il mondo contemporaneo, divenuto preda del più sfrenato consumismo, artatamente orchestrato dagli occulti dominatori dell'odierno sistema, nonché dei loro palesi tirapiedi, cioè gli attuali impolitici politicanti, che ingrassano alla greppia dei loro padroni, dimentichi del proprio altissimo compito, consistente nel rappresentare degnamente e con la dovuta competenza la collettività che ha loro affidato il delicato compito di tutelarla e di stimolarne l'evoluzione. Ahimè, tutto ciò è ben lungi dall'essere realizzato, dal momento che ci si accontenta (e questa è la colpa maggiore del popolo-bue) di una pseudodemocrazia, assolutamente distorta e deviante nel suo significato etimologico, che suona come potere del popolo.
Ora, pur convenendo che una
democrazia diretta sia difficile a realizzarsi in uno Stato vasto e dalle
complesse funzioni quale può essere una moderna nazione, mentre appariva
possibile per il governo delle pòleis greche o dei comuni medievali, non si può
passar sotto silenzio il fatto che il pattume che viene spacciato per democrazia
non s'accosti nemmeno lontanamente all'intenzione di rappresentare gli interessi
attinenti alla sfera della vita materiale o le istanze riguardanti quella
psichica o spirituale degli individui e dei gruppi. Come si vede, si tratta di un discorso estremamente complesso, dalle mille sfaccettature, che invita ad addentrarsi in settori che, almeno momentaneamente, esulano dalla nostra indagine, anche se, a ben vedere, tutto appare intimamente correlato. Del resto, non poteva che essere così, dal momento che le menti indicibilmente criminali che hanno ordito quest'apocalittico apparato di potere planetario sono infinitamente astute e tessono la loro tela come il ragno invisibile nell'ombra, ma palese in trasparenza, se vi si proietta un raggio di luce. Orbene, il compito che ci siamo prefissi è quello di gettare anche solo un debole fascio di luce negli occhi del mostro che giace acquattato nella sua fetida palude, in modo che non si vada a cadérgli inavvertitamente in bocca. Coloro che, nonostante tutto però, restino imbambolati dal suo malefico fascino, finiscano pure per cadérgli nelle fauci; noi crediamo d'aver fatto la parte che ci spettava. Come si dice? Chi è causa del suo mal, pianga sé stesso. Del resto, non è nostro costume, né lo sarà mai, quello di piegare violentemente al nostro volere chi non si vuoi dare per vinto; tentiamo, è vero, di consigliare, di orientare, di far ragionare, mai di plagiare gli interlocutori o, nel caso presente, i lettori, di cui ci auguriamo non alienarci le simpatie per la nostra franchezza. In ogni caso, anche se ciò avvenisse, ognuno sia il diretto responsabile delle scelte di campo; l'esperienza mostrerà poi a ciascuno -ne siamo convinti- se la propria scelta, operata anche in buona fede, sia stata o meno felice.
Focalizzando, quindi, la nostra
attenzione sulla questione femminista, non c'è comunque da star troppo allegri.
Infatti, almeno a nostro avviso, la presunta liberazione della donna è lungi
dall'avvenire, checché possa sembrare ad un osservatore meno attento. Le giuste,
sacrosante, ultralegittime rivendicazioni della stessa, oppressa in altre epoche
da un bieco e becero maschilismo, sono state senza mezzi termini ignobilmente
tradite. Insomma, non si può certo dire di riscattare sé stessi, operando quella che può definirsi una semplice e poco ponderata identificazione col maschio.
Se questo è ridicolo, viste le
conclamate differenze psico-fisiche della donna nei confronti dell'uomo (ed è
per questo che le teorie delle femministe più arrabbiate non potevano durare in
eterno); se questo è comico, o tragico a seconda dei punti di vista, nel caso in
cui fosse lui ad imitare lei (e questa è una tendenza che, visto il presente
momento di confusione, tende a prendere piede), diventa addirittura angosciante
se, nell'illusione di una liberazione dal ruolo di succube casalinga tuttofare e
macchina per i figli, si diventa schiavi in fabbrica o in ufficio di altri
padroni ancora molto spesso maschi.
Comunque sia, all'interno di
questo sistema che, pur fatiscente e percorso da sinistri scricchiolii che ne
preannunciano il crollo, resiste ancora e mantiene le posizioni di potere
acquisite con subdola lotta, non disdegnando di far scorrere il sangue d'interi
popoli o affamando vaste nazioni, la donna più che l'uomo può senz'altro
svolgere un ruolo positivo, importantissimo e riequilibratore. La donna più che
l'uomo, certo, perché costui sembra essere stato più di lei facilmente e
velocemente fagocitato da questa società impazzita, che conosce uno sviluppo
abnorme perché unilaterale, più tecnologico che morale. Ciò può essere spiegato
da alcune caratteristiche psicologiche dell'animo maschile che sembrano
predominare nello spirito dei tempi attuali: il razionalismo spesso esasperato
e, quindi, negatore di realtà più profonde esistenti nell'ancora insondato mondo
dell'Essere, l'egoismo e l'individualismo più sfrenato, la violenza, l'arrivismo
privo di scrupoli, l'ottimismo ingenuo e fanfarone che rivela superficialità ed
immaturità di giudizio, la scarsa sensibilità per le doti dell'anima e la
naturale propensione per il mondo della quantità e dei suoi pseudovalori. È
innegabile che tali manifestazioni caratteriali allignino di preferenza ed in
maggior misura nell'animo maschile, piuttosto che in quello femminile. Ci sembra
superfluo, a questo punto, ribadire quanto esse siano pericolose, soprattutto
quando, come avviene nella nostra società, riescano a prendere il sopravvento su
ideali più nobili ed alti che, invece, hanno caratterizzato epoche trascorse,
quando, se non d'istinto, ma eventualmente grazie all'azione moderatrice ed
orientatrice di Guide più sagge, l'umanità sembrava preferire ciò che era legato
alla qualità della vita. La donna è più portata all'altruismo, alla solidarietà, a vivere e a credere a rapporti di fratellanza; avverte maggiormente la pietà per il prossimo, è più disposta al sacrificio ed alla tolleranza; sfugge istintivamente dalla violenza fisica o verbale, non sia altro che per la sua fragilità psicofisica e per la squisita sensibilità che la caratterizza. Il suo ideale più vero non coincide con l'arrivismo che tanto piace eventualmente al partner, quanto piuttosto con la sicurezza che può infonderle la presenza maschile, con il desiderio d'affetto e/o d'amore che può derivarle da un amante o da un figlio. La donna è portata a coltivare le arti e le discipline umanistiche più che le scienze esatte e la logica matematica; è ovvio, perché le prime vengono incontro alla sua natura sognatrice e creativa, mentre le altre tendono a distruggerla o quantomeno a velarla.
Potremmo continuare a lungo in
questo senso, ma crediamo di aver sufficientemente chiarito il concetto;
pertanto, possiamo senz'altro fermarci qui. D'altra parte, sempre credendo di liberarsi, la donna getta alle ortiche il suo innato pudore, dimostrandosi disinibita e disinvolta oltre misura, con l'unico risultato di divenire oggetto di desiderio e di piacere, quindi, prostituendosi al miglior offerente e perdendo ogni residua dignità come persona. L'attricetta porno, la strip-tease, la top-model che ammicca dai cartelloni pubblicitari evidenziando le sue doti fisiche, sono davvero più libere di una casalinga, di una schiava all'interno di un gineceo o di un harem? Il discorso sulla libertà ci porterebbe troppo lontani e lo rimandiamo ad un'altra occasione. Per ora, ci limitiamo a professare la nostra fede nella libertà da ogni condizionamento, piuttosto che quella nella possibilità di dar sfogo ai più bassi istinti o desideri. Quest'ultima, infatti, come insegnava il Buddha o gli antichi filosofi stoici, non consiste in altro che nel rendersi schiavi della parte meno nobile dell'essere umano. Qui ci fermiamo, perché, come già detto, il discorso sarebbe lungo e complesso. Quindi, si sentirebbe più realizzata una donna, svolgendo uno dei tanti lavori meccanici e ripetitivi che caratterizzano la nostra società tecnologica ed industrializzata? Quelle che dicono la verità affermano che non è così e che si adattano a queste spesso mortificanti occupazioni per sbarcare in qualche modo il lunario e per aiutare a mandare avanti la baracca. Il vero problema, pertanto, resta irrisolto e viene in tal modo continuamente rinviato. Non intendiamo certo affermare che la donna non possa o non debba seguire le orme dell'uomo; se vuole, può farlo; del resto, lo sta abbondantemente dimostrando. Comunque, non riteniamo né un merito, né un'impresa epica adattarsi al ruolo oggi attribuito indistintamente a tutti: quello dì puntellare la società borghese dei consumi. Non occorre né particolare forza fisica, né eccezionale acutezza d'ingegno. Si tratta il più delle volte di lavori anodini, di tipo burocratico ed amministrativo, meccanico, ripetitivo che potrebbero venir ugualmente svolti dalle macchine; il che, anzi, sta già avvenendo, comportando l'irreversibile crisi dell'occupazione e rivelando il bieco aspetto del capitalista che, dopo aver sfruttato ignobilmente i suoi schiavi, se ne disfa quando scopre di non averne più bisogno. Tristissima cosa, dunque, il vedere come esseri dotati di ragione si lascino ingabbiare in un sistema così disumano. Se l'uomo non è stato in grado di comprenderlo, perché diabolicamente raggirato, si ribelli almeno la donna ed aiuti il suo compagno ad uscirne. Questa, però, dovrebbe essere la prospettiva finale; per ora, un bel passo avanti sarebbe costituito dal realizzare una complementarietà ottenibile differenziando i ruoli all'interno della società. Ciò non vuoi dire assolutamente tornare indietro, come insinuerebbero alcuni, ma ripristinare un'armonia perduta e rispettare la specificità naturale dei sessi. Non è affatto detto che la donna debba essere solo moglie, amante ed angelo del focolare; può benissimo dedicarsi ad altre occupazioni, anche identiche a quelle praticate dagli uomini, ma rispettando quella che abbiamo definito la specificità del suo ruolo, indissolubilmente legato al carattere psicofisico, che crediamo di aver sufficientemente illustrato.
Quindi, pur operando, almeno per
ora, in attesa di successivi sviluppi, nell'ambito della società tecnologica,
consumistica ed industrialmente avanzata, la donna potrebbe portare al suo
interno una ventata di freschezza e di novità. Anche solo agendo in modo più
giusto ed umano, eventualmente contraddicendo alcune delle leggi che regolano il
libero mercato, ma acquistando qualcosa nell'ambito della qualità della vita e
dei rapporti interpersonali. Produrre beni di consumo (tra l'altro, il più delle
volte inutili) con la minima spesa ed il massimo utile può essere gratificante
per il capitalista, ma certamente danneggia chi collabora a tale produzione,
distrugge l'ambiente, opprime e sfrutta interi popoli costretti a subire, se non
una colonizzazione tradizionale, almeno quella di tipo economico. Ciò a lungo
andare produce tensioni sociali, politiche, internazionali che spesso sfociano
in guerre sanguinose che comportano investimenti ingentissimi nell'ambito
militare, a spese di quello sociale, finendo per arricchire col traffico d'armi
e l'incremento dell'industria pesante coloro che già erano detentori di
ricchezza. Il mondo, invece, potrebbe fin d'ora trasformarsi in un paradiso,
purché lo si volesse: non più fame, carestie, guerre. Difficile, abbiamo detto, che l'uomo, solleticato nelle sue ambizioni, allettato da infinite lusinghe che fanno appello anche alla sua specificità psicofisica, muti rotta o resista ad esse. Più facile, invece, che ciò accada alla donna, sempre che questa sappia fare appello a tutte le sue forze, non lasciandosi invischiare nella rete del Grande Ingannatore, che sa far leva anche sulla sua vanità, smania di rivincita e fondamentale ingenuità, originata dalla bontà innata di tutte le anime, di cui l'essere femminile ha conservato un ricordo forse più limpido e chiaro. Pertanto, se la democrazia esistesse davvero, se le donne, prima e più degli uomini, rinsavissero, dal momento che rappresentano un numero maggiore di loro, potrebbero davvero mutare le sorti del mondo. È chiaro che, al minimo tentativo di mettere in discussione l'attuale potere assoluto dell'Economia si scatenerebbe una lotta senza pari contro chi avesse osato attentare al sistema. Allora vedremmo cadere tutte le maschere, gli orpelli e scoprirsi molti altarini. Forse, tutto ciò costituirebbe un bene; infatti, aiuterebbe a svelare il volto mostruoso del Potere.
Alla Donna, dunque, è affidato
un grande compito: quello di sgominare una volta per tutte la Grande Bestia,
l'Idra dalle teste sempre risorgenti. Ne sarà all'altezza?
Il fine ultimo di questo
processo armonioso, sempre che si giungesse a realizzarlo, non può essere che la
ricostituzione di quell'Unità primigenia da cui il tutto ha avuto origine. Tale
unità è simboleggiata nella nostra cultura occidentale dal mito platonico
dell'Androgine, che abbiamo voluto precedesse quest'articolo, a mo' di
didascalia. L'idea non appartiene ovviamente solo al mondo occidentale; essa,
invece, presenta il carattere universale che è proprio di ogni verità. La
ritroviamo, quindi, anche nell'Oriente precristiano, in cui Shakti e Shiva
appaiono come le polarità dialettiche del Tutto che va progressivamente
manifestandosi nel molteplice e, quindi, nell'inevitabile dualità necessaria
alla manifestazione stessa. Ogni contraddizione di questa legge non può che
comportare confusione, disordine, arresto e distruzione del processo cosmico. Comunque, coloro che volessero contraddire la Legge possono farlo; ovviamente a proprio rischio e pericolo. Nessuno, nemmeno la Mente che ha ideato le infinite manifestazioni universali, può impedire agli esseri dotati di intelletto e ragione d'intraprendere un cammino diverso. Remare contro corrente è sempre possibile, ma a lungo andare stanca; sarà l'esperienza ad insegnarci una correzione di rotta.
Alfredo Stirati |