l'ultima
Da
Stalingrado, prima di morire
«Sta’
attenta ai suoi occhi e a come stringe la mano»
Da questa maledetta città ti ho
già scritto ventisei volte e tu mi hai risposto diciassette lettere. Ora ti
scrivo ancora una volta e poi mai più. Ecco, l'ho detto, ci ho pensato a lungo
cercando la maniera di formulare questa frase così importante e dirti tutto in
modo, però, da non farti tanto male.
Mi congedo da te, perché la decisione è stata presa già da stamattina. Non
voglio toccare nella mia lettera l'aspetto militare della questione: è un fatto
che riguarda solo i russi. Si tratta soltanto di vedere per quanto tempo ancora
noi dureremo: ancora un paio di giorni o un paio d'ore. Abbiamo davanti agli
occhi la nostra vita. Ci siamo rispettati e amati e abbiamo atteso per due anni.
È stato giusto, in un certo senso, che il tempo ci abbia diviso: ha aumentato il
desiderio di rivederti, ma ha pure facilitato di molto il distacco. Ed è il
tempo che può rimarginare la ferita per il mio mancato ritorno.
In gennaio avrai ventotto anni, è ancora un'età molto giovane per una donna
tanto bella, ed io sono contento di averti potuto fare questo complimento.
Sentirai molto la mia mancanza, ma non sfuggirai gli altri per questo. Lascia
passare un paio di mesi, ma non di più. Gertrud e Claus hanno bisogno di un
padre. Non dimenticare che devi vivere per i figli, non darti tanta pena per il
loro padre. I bambini dimenticano in fretta, soprattutto alla loro età. Guarda
bene all'uomo che scegli, sta' attenta ai suoi occhi e a come stringe la mano,
come abbiamo fatto noi, e non sarai delusa. Una cosa soprattutto: educa i
bambini a diventare gente che può camminare a testa alta e che può guardare in
faccia a tutti. Ti scrivo queste righe col cuore pesante. Del resto tu non mi
crederesti, se ti dicessi che mi è facile scrivere così, ma non ti preoccupare,
non ho paura di ciò che avviene. Ripetilo sempre e continuamente, e anche ai
bambini, quando saranno più grandi, che il loro padre non è mai stato un
vigliacco e che anche loro non dovranno esserlo mai.
da
“Ultime lettere da Stalingrado”
Einaudi Ed., 1985
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