In mezzo a tanta bontà, «organizziamo» l'odio
To', voialtri lavorate nel
«nuovo»… ci avete il tesoro!...
O San Bui... se ho vita da campare, vi vo' veder tutti ad accattà!
Lorenzo Viani, "Gli ubriachi"
Dal fallito tentativo di mettere in atto una «dittatura» personale, vi è
qualcuno, adesso, che si spinge a pensare sia possibile addirittura l'attuazione
di una dittatura larvata, magari sotto il nome di «accordo sulle regole».
Destra e sinistra, ormai, sono diventate più capricci di topografìa parlamentare
anziché schieramenti di forze opposte e divise da netti reticolati di programma.
Apostasie, diserzioni, tradimenti. «Immergete un rivoluzionario in una tinozza
di onori e ricchezze e ne otterrete uno squallido borghese». L'uomo è diventato
una variante e al suo posto c'è il consumatore. Si è svuotato il linguaggio
della sua centralità.
La politica è stata sostituita dalle statistiche, dalla corsa frenetica ai
numeri. È morta la sintesi creatrice, la cultura è diventata una immensa fucina,
un immenso disordinato archivio dove lo spirito, l'anima, le idee non trovano
posto. Nessuna pulsione di vita, nessuna memoria o reviviscenza del passato.
Brilla una insegna luminosa e incantatrice che pubblicizza l'edonismo e si fa
politica per far denaro. Il «verbo» corrente è che la saggezza suprema sta nella
pace, nella tranquillità, nella normalità del borghese che detesta la vita
superiore dello spirito - che considera espressione della pazzia e
dell'avventura.
Si vaneggia di fratellanza umanitaria, di concordia, di solidarietà. Si sparge
bontà. Tutti buoni mentre le ambizioni e la volontà di dominio di alcuni si
scatenano incontrollate. Non si levano voci sdegnose, proteste, maledizioni
contro le consorterie moderate. Spente del tutto le ondate di calore e
d'entusiasmo che trasfiguravano -sia pur nella violenza- i volti delle giovani
generazioni degli anni Settanta. Che, sia pur cadendo nei peggiori errori
vagheggiando sogni impossibili, purtuttavia avevano impressi i segni di una
nobiltà superiore. Sì, preferibili quelle generazioni a queste che stanno
crescendo: bonarie e scettiche, molli e indulgenti, ironiche e deluse e che
tollerano, apaticamente, le scorrerie degli affaristi, dei finanzieri predaci,
dei giornalisti scaltriti al ricatto, dei politici immersi nei compromessi e nei
raggiri.
Si è consumata la stagione dell'odio, è vero, ma sono rimasti gli ammassi di
detriti ideologici che ostruiscono i rapporti, il parlare, il comunicarsi. Siamo
rozzi e infelici. Con un modo di pensare e di essere che denota l'angoscia della
noia per sazietà di stimoli. Un'Italia che va verso l'americanizzazione totale,
con tendenze calviniste ma che custodisce dentro di sé la luce cinquecentesca, i
suoi estetismi corruttori, le malattie e gli inquinamenti cortigianeschi dove
svettano le rapacità dei condottieri di ventura. Viviamo dimenticando di essere
vivi. Avviliti, umiliati, senza difesa. Vergogne agghiaccianti e turpitudini del
costume politico non riescono a scuotere gli animi. Vedono la luce documenti che
fanno rotolare nel fango ex-ministri e personaggi politici tra cui emerge anche
un ex-presidente del consiglio... niente, tutto tace. Nessun cenno di rivolta,
nessuna agitazione. Perdendo la memoria, ci siamo privati della capacità di
comprendere i problemi del tempo, l'epoca che viviamo e i conflitti che da
questa epoca scaturiscono.
È follia pensare ad una rigenerazione? No! Quando gli interessi meschini, i vili
compromessi hanno il sopravvento, ci vogliono iniezioni di spregiudicatezza. È
indispensabile, che si faccia viva l'aggressiva audacia di minoranze battagliere
e ribelli e che le loro idee non siano sorrette dalla retorica che, se così
fosse, quelle idee non potrebbero avere potenzialità creativa. Minoranze che
assumano su di sé piena autonomia politica ed intellettuale e che siano in grado
di far recuperare agli italiani uno tra i maggiori valori perduti: la morale;
affinchè il popolo prenda coscienza che la sua sovranità è superiore a quella
del denaro. E il progetto deve crescere intorno all'idea che l'impegno politico
è anche il prepararsi ad affrontare prove estreme, le più pesanti. Dopo tutto,
la storia si fa con il sangue, non con l'inchiostro.
a.c.
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