«Non è importante la vita. Importante è cosa si fa della vita» (Beppe Niccolai - Roma, Dicembre 1984)

Anno IV - n° 4 - 30 Luglio 1995

 

l'ultima «scoperta» del semiologo: l'Ur-Fascismo
Eco alleva i mostri della ragione


Ma che cos'è il Fascismo Eterno (mi raccomando, tutto rigorosamente maiuscolo!), l'Ur-Fascismo di cui l'ammonitore Umberto coglie cifre archetipiche, tratti esemplari, ricorrenti contrassegni? Spiega il Moltedo: «II Fascismo Eterno, l'Ur-Fascismo di cui parla il più famoso intellettuale italiano, non è necessariamente il ritorno dei lager o delle camicie nere (si disilludano gli speranzosi - n.d.r.): è un insieme di caratteristiche che "non possono essere irreggimentate in un sistema" ma è "sufficiente che una di loro sia presente per far coagulare una nebulosa fascista". Il tradizionalismo, il culto dell'azione per l'azione, la paura della differenza, l'appello alle classi medie frustrate, il populismo, la neolingua, ecco alcuni degli archetipi citati da Eco alla platea americana. Dunque, l'Ur-Fascismo, il Fascismo Eterno, "può ancora tornare sotto le spoglie più innocenti"».
Insomma, l'Ur-Fascismo (caspita, però, che forza evocativa in quell'Ur! E come è solleticato il nostro spirito adolescente dalla suggestiva potenza filosofica -hegeliana? nietzschiana? spengleriana?- di quel Fascismo Eterno!) incombe, o qualcosa del genere: e chi prende alla leggera Eco è un traditore o una spia.
Un po' stimolati e un po' perplessi, siamo andati a leggerci su "la Rivista dei Libri" l'allettante, già a partire dal titolo, "Totalitarismo «fuzzy» e Ur-Fascismo", laddove il fuzzy provvidamente spiega l'Accademico, è un termine «usato attualmente in logica per indicare insieme sfumati, dai contorni imprecisi» e quindi potrebbe essere tradotto come «sfumato, confuso, impreciso, sfuocato». Va da sé, ma questo è un sottinteso, che un Barone Progressista (tutto rigorosamente maiuscolo, mi raccomando!) usa fuzzy, che fa più fine.
Dunque, in quattro paginoni Eco trova il modo di raccontarci come e qualmente dal primo premio conquistato nel 1942, all'età di dieci anni, nei fascistissimi Ludi Juveniles (aveva eloquentemente, dunque da par suo, spiegato che i bravi bambini sono quelli che muoiono «per la gloria di Mussolini e il destino immortale dell'Italia»), sia passato, attraverso una sequenza di eventi apparentemente piccoli ma significativi, a una sempre più matura coscienza antifascista.
Apprendiamo, ad esempio, che «il primo Yankee che incontrò era un nero, Joseph, che gli fece conoscere le meraviglie di Dick Tracy e di Li'l Abner. I suoi fumetti erano a colori e avevano un buon odore». Il profumo della Libertà! Chewing gum, I suppose, visto che la Nutella non era stata ancora inventata...
Quante democratiche emozioni, quanti teneri e delicati ricordi antifascisti nel vissuto di Eco! Apprendiamo, ancora, che il Nostro ascoltava da Radio Londra i messaggi degli Alleati per la Franchi, l'organizzazione partigiana che faceva capo a Edgardo Sogno: «Era un monarchico -rievoca Umberto- così anticomunista che dopo la guerra si unì a gruppi di estrema destra, e venne anche accusato di collaborare a un tentativo di colpo di Stato reazionario. Ma che importa? Sogno rimane ancora il Sogno della mia infanzia».
Tanto è vero che, come ognun ben ricorda, il memore Umberto, quando il povero Franchi si trovò sotto il fuoco di fila persecutorio di tutti i progressisti d'Italia, prese a sventolare immediatamente la bandiera del garantismo e fu con lui solidale, in nome della par condicio, così come lo era con i gruppuscoli.
Ma andiamo avanti, lasciandoci alle spalle le pur colorite ricordanze.
Eco parla del Fascismo italiano e dei vari fascismi europei, elenca pluralità di riferimenti culturali e differenze anche sostanziali, per arrivare alla conclusione che il nome Fascismo, «pur non possedendo alcuna quintessenza, e neppure una singola essenza», pur essendo «un totalitarismo fuzzy», pur non essendo «una ideologia monolitica, ma piuttosto un collage di diverse idee politiche e filosofiche, un alveare di contraddizioni», finisce per assorbire le varie, specifiche terminologie dei fascismi europei: «II Fascismo è diventato un termine che si adatta a tutto perché è possibile eliminare da un regime fascista uno o più aspetti, e lo si potrà sempre riconoscere per fascista. Togliete al Fascismo l'imperialismo e avrete Franco o Salazar; togliete il colonialismo e avrete il Fascismo balcanico. Aggiungete al Fascismo italiano un anti-capitalismo radicale e avrete Ezra Pound. Aggiungete il culto della mitologia celtica e il misticismo del Graal (completamente estraneo al fascismo ufficiale) e avrete uno dei più rispettati guru fascisti, Julius Evola».
Tanta confusione, sì, ma ecco le caratteristiche tipiche, ricordate da Moltedo, con l'avvertenza, ripetiamo, che «è sufficiente che una di loro sia presente per far coagulare una nebulosa fascista».
L'Ur-Fascismo? Il culto della Tradizione, il rifiuto del Modernismo, il culto dell'azione per l'azione, il rifiuto dello spirito critico, la paura della differenza, l'appello alle classi medie frustrate, l'ossessione del complotto, l'incapacità di valutare obiettivamente la forza del nemico, l'idea che la vita è una guerra permanente, il disprezzo per i deboli e l'élitismo popolare, il mito dell'Eroe, il machismo, il populismo qualitativo, la neolingua («tutti i testi scolastici nazisti o fascisti si basavano su di un lessico povero e su una sintassi elementare, al fine di limitare gli strumenti per il ragionamento complesso e critico»).
A tutte queste voci Eco dedica una serie di riflessioni esplicative, concludendo che «l'Ur-Fascismo è ancora intorno a noi, talvolta in abiti civili», che «il nostro dovere è di smascherarlo», che «Libertà e Liberazione sono un compito che non finisce mai».
E l'ossessione del complotto, il rifiuto dello spirito critico, la neolingua banalizzante e terroristica, la paura della differenza, l'idea che la vita è una guerra, anzi una guerra civile, permanente ecc. ecc. sarebbero tratti propri dell'Ur-Fascismo? O non, piuttosto delle argomentazioni di Eco?
Sì, Libertà e Liberazione sono davvero un compito che non finisce mai, caro Eco: quando il conformismo culturale, l'astio ideologico, l'incapacità di serene riflessioni storiche e di altrettanto serene discriminazioni (nel senso di distinzione e di discernimento) generano queste idee-vampiro, questi mostri della ragione, c'è davvero da stare in guardia per difendere le condizioni minimali di convivenza civile e di dialettica delle idee.
Tutto giulivo "il Manifesto" da fiato alle trombe: «Fascismo eterno? Bravo Eco, e ora di riparlarne». Sul fatto che il barbuto guru alessandrino sia avvezzo a conquistare i cuoricini tamburellanti comunismo e rivoluzione dei collaboratori e dei lettori del manifesto, nessun dubbio. Non fosse nato per altre ragioni, l'Eco avrebbe questa da rivendicare a proprio distintivo: quella di fingere nel variare delle stagioni, da eterno lecca lecca degli snob del sovversivismo, si tratti di esser solidale con gli espropriatori proletari e i compagnucci delle parrocchiette terroristiche o di discettare, con astute movenze che vanno dal discorsivo all'aulico, dallo spiritoso al sentenzioso, del male assoluto di questo secolo: il fascismo.
Entrando nel merito, il gaudio del manifestante Guido Moltedo, estensore dell'articolo di plauso, deriva dalla pubblicazione sull'ultimo numero de "la Rivista dei Libri" (ma già "la Repubblica" aveva fornito ampie anticipazioni), di un intervento sul fascismo tenuto da Eco alla Columbia University (spirito di Prezzolini, se ci sei, batti un colpo!) il 24 aprile scorso, per lo scoccare del fatidico cinquantenario.

 

Mario Bernardi Guardi

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