... vicino alla perfezione dei santi
Guai a quella comunità politica
che diventa indifferente alla propria cultura fondante, alle sue radici
concettuali, per prediligere l'arruolamento di qualche «immaginifico» di
passaggio. Si casca nella propaganda, nella rappresentazione, nell'effimero.
È la memoria storica che ci tiene insieme. Fateci caso: coloro che perdono la
memoria di sé, la memoria delle proprio radical, si dissolvono: come comunità,
come popolo. Non riescono più a stare insieme. Perché non hanno più nulla in
comune. Non sanno più cosa dirsi. Parlano lingue morte.
La parola parlata e la parola scritta.
Cosa ci insegna la nostra esperienza storica? A tenere separati i valori
permanenti, essenziali della Nazione e gli strumenti burocratico-amministrativi
dello Stato; l'intelaiatura statuale che può rispondere all'anima della stirpe,
la può interpretare, servire, ma può anche opprimerla, tradirla.
Sono I fatti che ci inducono a dedicare maggiori attenzioni al «dolo
comunitario» della società e della cultura, rispetto a quelle assorbenti che la
vecchia destra ha sinora riservato alle strutture amministrative e politiche
dello Stato, ai suoi organi elettivi, alle sue Questure, alle Prefetture, ai
Tribunali.
Non è vero che il dato Nazione sia semplicemente naturalistico, e che solo lo
Stato sia in condizione di soffiarvi dentro l'alito divino della volontà e dello
spirito.
Nel deserto delle strutture statuali, l'anima nazionale ha costruito le sue
flotte e le sue cattedrali; la Torre veneta a Salonicco, la Torre dei Genovesi a
Costantinopoli, la sua potenza religiosa, economica, commerciale; ha scritto i
suoi poemi; ha riempito il Paese di castelli, di municipi, di statue, di quadri;
ha fatto le sue scoperte e ha trasmesso nei secoli, da Dante a Petrarca a
Machiavelli o Leopardi, una certa idea dell'Italia.
Il destino ha lasciato a noi, in questa terra d'Italia, questo compito.
Custodire la memoria storica ora devastata, annullata.
Facciamo del popolo la causa della Nazione, il popolo sarà con la Nazione. Amare
l'Italia. Così come Berto Ricci scriveva: «... l'Italia dura, taciturna,
sdegnosa, che porta la sua anima in salvo soffrendo delle contraffazioni, dei
manifesti, dei ciarlatani, dei buffoni, dei letterati, dei commendatori.
L'Italia che ci fa spesso bestemmiare perché la vorremmo più rigida, più
attenta, più macra, vicino alla perfezione dei Santi».
Beppe Niccolai
(Roma, 1984)
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