memoria - archivio
Con la
fronte alta nel futuro politico
L'alzabandiera scioltosi di recente con l'armonia della campana dell'oratorio
San Rocco di Palleroso nel cielo e sui declivi della Garfagnana, elevando
nell'alta valle del Serchio l'ode genuina di fedeltà ideale di ogni combattente
-militare e civile- ai valori della Repubblica Sociale Italiana per cui si sono
sacrificate le «penne mozze» della Divisione alpina Monterosa, recise soltanto
dalla violenza di fuoco e dalla superiorità di mezzi operativi con le quali
venne concluso dagli invasori anglo-statunitensi nella nostra penisola e
nell'Europa il secondo conflitto mondiale, si è sintonizzato con quello elevato
dai reduci della RSI con padre Santucci al Santuario degli Italiani in Predappio,
agli altri delle Associazioni combattentistiche repubblicane e, in particolare,
della X Flottiglia Mas alla «Piccola Caprera» di Ponti sul Mincio nonché a
Genova, nel Cimitero monumentale di Staglieno, dove dinanzi al sacrario dei
Caduti rimasti travolti nella terra di Silvio Parodi anche dalle molteplici
efferatezze della lotta fratricida, i veterani delle FF.AA. del Maresciallo
Graziani si sono ritrovati non dimentichi di quanto concretizzato nel 1943-45 da
Luigi Sangermano, in veste di Commissario straordinario per la Liguria del
Governo repubblicano di Mussolini, in continua difesa degli interessi delle
genti.
Quest'anno, ogni alzabandiera eseguito in onore di tutti i Caduti civili e
militari della RSI ha un più ampio significato non solo perché con essi si
concludono le celebrazioni del 1° Cinquantenario di quell'epoca, ma perché dai
suoi eventi si inserisce nella Storia italiana il solco realizzatore di civiltà
aperta all'etica dell'Idea socializzatrice dell'economia e del lavoro. Quindi,
questa ricorrenza non ha rappresentato la patetica rimembranza di vicende
eroiche e di sacrifici sofferti per condannare soltanto i traditori del 25
luglio e dell'8 settembre di allora, ma anche i loro seguaci di adesso che
l'altro ieri a Fiuggi gettando nelle ortiche il patrimonio di princìpi politici
dell'originario Movimento Sociale, hanno osato ripudiare i Martiri della Fiamma
tricolore che dal 1946 in poi si sono succeduti sull'altare dell'offerta
maggiore e sono Virgilio Mattei e fratello (Roma), Ugo Venturini (Genova),
Enrico Pedenovi (Milano), Giuseppe Mazzola (Padova), Carlo Falvella (Salerno,
Giuseppe Santostefano (Reggio Calabria) e tanti, tanti altri.
La sfida innovatrice ai regimi conservatori
Nel volume "Dal cielo ci guardano" di Roberto Mieville si narra che «cori di
guerra si intrecciano sommessi, poi si confondono si fondono, si perdono. Il
chiarore rossastro diventa per un attimo più intenso, quasi fosse un bagliore di
fiamma, poi svanisce. Altre stelle prendono evidenza. E un gran silenzio. E gli
Eroi cominciano a raccontare ...» che gli sbandieratori di quell'Alleanza
nazionale artificiosamente collocata insieme per consentire loro di travestirsi
in chitarristi della più conservatrice liberal-democrazia che si possa
smerciare, nulla hanno in comune con i valori morali e politici tracciati da De
Marsanich ad Ezio M. Gray, da Spampanato a Beppe Niccolai che comunque volevano
proiettare la loro azione lungo il tracciato ideale proteso dal fascismo
nell'avvenire costruttivo.
L'inserimento nella Storia di quanto delineato dalla RSI per la realizzazione di
uno Stato Nazionale del Lavoro con la più ampia estensione possibile vuole
concretizzare che la base fondamentale di tale istituzione e suo soggetto
primario è il lavoro, manuale, tecnico, intellettuale, in ogni sua
manifestazione, con il quale l'economia dei popoli esce dalla sua concentrazione
edonistica (plutocrazia) dell'interesse del singolo per entrare in quello
collettivo e rispettoso della proprietà privata, della valenza della personalità
fisica e morale (socializzazione) rendendo attuabile nell'imminente Terzo
Millennio il superamento del liberalismo accentratore (egemonia del capitalismo)
delineatosi negli USA e altrove mediante le indicazioni da De Tocqueville sino
alle teorie di Keynes e oltre, nonché del socialismo pianificatore (comunismo e
camuffamenti successivi) applicato nella Russia partendo dal 1917 e poi nei vari
Paesi satellizzati all'URSS ad iniziare dagli intendimenti propositivi di K.
Marx ed Engels sino al naufragio provocato anche nelle amministrazioni
decentrate, proposte dal polacco O. Lange, e di quelle con la dinamica del
«banditore» successiva ai modelli suggeriti dal francese Walras. Infatti, la
grande sfida del Fascismo repubblicano alle plutocrazie egemoniche del
capitalismo conservatore (quelle che utilizzano gli «utili idioti» degli
schieramenti autarchici di ipocrita liberal-democrazia quali menscevichi per
nuove stagioni kerenskyane) ed al socialismo marxista in ogni suo travestimento
(come il laburismo britannico, di cui il PDS si proclama agente mandatario nella
nostra Penisola) diede già il 20 aprile 1945 a Palazzo Monforte la propria
conferma di continuità nel futuro quando Mussolini tratteggiò a G. Cabella,
valido direttore de "Il Popolo di Alessandria", la irrinunciabile necessità di
un progetto effettivo per attuare la socializzazione mondiale con frontiere a
carattere esclusivamente storico, di abolizione di ogni dogana, di libero
commercio tra Paese e Paese regolato da una convenzione mondiale, moneta unica e
conseguentemente l'oro di tutto il mondo in proprietà comune e così tutte le
materie prime suddivise secondo i bisogni dei diversi Paesi, abolizione reale e
radicale di ogni armamento. Riescono a capire i fragili avversari-amici politici
di via delle Botteghe Oscure e di quella della Scrofa in Roma com'è impossibile
per loro riuscire ad approdare -anche nell'immaginazione- all'impegno e allo
sviluppo di una tanto ampia rivoluzione sociale che chiede alla stessa ONU di
plasmare un ampliamento delle sue funzioni e di liberare il Consiglio di
sicurezza da quel genere di gestione post-bellica che riconosceva a Stati Uniti,
Unione Sovietica, Gran Bretagna, Cina e Francia il diritto-funzione di
controllori e garanti sulla Terra di intoccabilità del regime imperialista
approntato alle conferenze di Yalta e di Potsdam? Non possono farlo, perché loro
sono in realtà i più ostinati continuatori della «prima repubblica», adattata
alle nuove possibilità elettorali del sistema maggioritario.
Entra la socializzazione nelle fabbriche italiane
È nella considerazione di quanto specificato in precedenza che la celebrazione
del 1° Cinquantenario della Repubblica Sociale, dalla rivolta di soldati e di
cittadini contro l'ignominia del tradimento dei Savoia e di Badoglio alla
programmazione della rinascita nazionale con l'applicazione dei Punti sulla
socializzazione stabiliti dal Manifesto di Verona del PFR, dal perfezionamento
delle attività industriali, cantieristiche e commerciali al rilancio delle
iniziative nello sport, nei teatri e in cinematografia allo svolgimento del
campionato di calcio 1943-44, assume equa valutazione storica e politica
nell'attualità, perché nella diffusione della sua stampa (57 quotidiani, 264
periodici, moltissimi libri, tante pubblicazioni artistiche, ecc.) si comprende
come la partecipazione dei produttori alla gestione di aziende quali la Pirelli,
Snia Viscosa, Marzotto, Lanifici Rossi, ecc. con l'approvazione anche dei
bilanci, delle ripartizioni degli utili e non ignorando la remunerazione del
capitale significò per ogni impiegato e per ogni operaio lo scavalcamento
automatico delle minacce sotterranee degli industriali (diventati
sovvenzionatori della Resistenza dopo l'applicazione della legge socializzatrice)
e di quelle delle organizzazioni clandestine del Partito comunista che dovevano
respingere questa nuova conquista sociale del nuovo Stato.
«Temporale d'inverno» scuote la Garfagnana
Non è possibile affermare quanti soldati della RSI che nella primavera del 1945
sulle fronti delle Alpi e della Linea Gotica stavano conducendo l'ultima
battaglia in difesa dell'Europa, fossero coscienti di combattere anche a tutela
di rivoluzionari diritti nel lavoro, ma è certo che nell'intimo della loro
responsabilità si era formata la maturazione di una maggiore coscienza popolare.
D'altronde, questa sincronia si era avvertita tra i Soldati repubblicani nella
parte tirrenica della Linea Gotica già a fine dicembre '44 allorché, dopo il
discorso di Mussolini al teatro Lirico di Milano, radio-fante portò nelle buche
e nelle trincee delle Alpi Apuane più che la speranza delle Neue Waffen (armi
nuove) di Peenemünde, lo sprone a difendere con le unghie e con i denti la valle
del Po e fu in quell'atmosfera di maggiore volontà che maturerà l'operazione
offensiva «temporale d'inverno» (il Wintergewitter) che, approntato dai generali
Mario Cartoni e Pretter Pico, consentì alle «penne nere» dei battaglioni Intra e
Brescia, del Gruppo esploranti Cadelo e dei Gruppi d'artiglieria da montagna
Mantova e Bergamo della Divisione Monterosa insieme ai marò del Battaglione
Uccelli del 6° Reggimento della Divisione FM San Marco ed alle truppe scelte
delle 148ª e 232ª Divisioni germaniche di travolgere lo schieramento nemico
della 92ª Divisione USA Buffalo, dell'8ª Divisione indiana e dei Gruppi
reggimentali dell'85ª Divisione USA che evacuarono subito il territorio lucchese
del monte Palodina e la valle del Serchio con gli abitati di Trassilico, Verni,
Gallicano, Barga, Castelvecchio, Fornaci e pronti a fare altrettanto a Bagni di
Lucca.
Fu una bella vittoria, ma non era un successo momentaneo sulle Alpi Apuane che
potesse capovolgere le sorti dell'intera fronte della Linea Gotica e quando
nell'aprile '45 si scatenò l'operazione Aurora del nemico (cioè, l'assalto
finale della V Armata USA e dell'VIII Armata britannica alla Pianura padana) la
12ª Forza aerea USAF -quella che durante l'azione italo-germanica di «Temporale
d'inverno» impedì con il massiccio intervento di bombardieri e apparecchi da
caccia ad alpini, bersaglieri e marò della RSI di puntare con più rinforzi alla
liberazione di Lucca, Pisa e Livorno- entrò in azione per ostacolare con la sua
forza devastante la strategia di comandanti delle Grandi Unità combattenti della
RSI e di quelle della Wehrmacht per riuscire a disimpegnarsi dal rischio di
accerchiamento.
Genova: la RSI salva il porto
In precedenza, su "Tabularasa" (Anno IV, n° 2, pag. 23) abbiamo tratteggiato
parte dello sviluppo degli eventi militari successivi allo sfondamento della
Linea Gotica, ma ritorniamo su quelli inerenti V Armata Liguria agli ordini del
Maresciallo Graziani per evidenziare come, in virtù dell'alto senso di
responsabilità dimostrato in quei drammatici frangenti dalle Autorità civili e
militari della Repubblica Sociale, le principali strutture industriali, portuali
e di primaria importanza per l'economia dell'Italia settentrionale e, in questo
caso, della Liguria sono state salvate da totale distruzione, intrapresa da USA
e Gran Bretagna con tanti bombardamenti terroristici sia navali quanto aerei, ma
poi minacciata anche dai tedeschi in ritirata.
Già nel marzo '44, quando il conflitto in Italia era stato immobilizzato dal
feldmaresciallo Kesselring su Montecassino e nella testa di ponte di Anzio e
Nettuno, al generale Meinhold -comandante dei reparti germanici in Genova- l'OKW
(V Oberkommando della Wermacht) aveva fornito il «Piano Z» che, nell'eventualità
di evacuazione della metropoli ligure, disponeva la distruzione completa non
solo delle centrali elettriche, di forniture d'acqua, di fabbriche, ponti e
gallerie, ma principalmente del porto, insieme alla diga foranea, ai moli ed ai
cantieri navali. Ognuna delle attrezzature indicate era stata minata dai genieri
delle truppe di fanteria e da quelli della Kriegsmarine (guidata dall'Ammiraglio
Loewisch) con quest'ultimi sempre più dubbiosi sulla capacità esecutiva da parte
di Meinhold degli ordini impartiti dal Führer e dal Grand'Ammiraglio Doenitz. In
data 3 ottobre '44, per scongiurare così grave minaccia agli scali portuali
della Liguria, Luigi Sangermano -commissario governativo della RSI in questa
regione- inoltrava a Mussolini questo telegramma cifrato:
«Al Capo del Governo - at seguito segnalazioni organi locali provinciali liguri
rappresento che distruzioni iniziate da Forze Armate germaniche in Liguria non
comprendono solo impianti solo interesse bellico ma abbracciano ogni campo vita
industriale et civile popolazione punto at La Spezia sono state distrutte aut
minate totalità industrie meccaniche et inoltre pastifici - tipografie -
centrali elettriche - acquedotti - magazzini consorzio agrario punto distruzioni
predisposte et in parte compiute porto Genova prevedono totalità moli et bacini
dalle fondamenta oltre che sovrastrutture determinando inattività per decenni
maggiore porto italiano punto at nome popolazione che subirà gravissime
conseguenze invoco vostro diretto intervento per limitare distruzioni militari
punto seguirà dettagliata relazione punto commissario straordinario Liguria
Sangermano - precedenza assoluta su tutte le precedenze»
All'invio della dettagliata relazione, L. Sangermano preferì recarsi di persona
a Gargnano e, a villa Feltrinelli, il commissario per la Liguria della RSI
espose a viva voce a Benito Mussolini la gravita del pericolo incombente su
Genova e il suo territorio.
Da quell'istante, ogni Autorità della RSI operò per evitare al porto e agli
impianti industriali genovesi qualsiasi rischio di distruzione da parte della
Wehrmacht o di altri Reparti germanici in caso di evacuazione della città, ma
dominava il danno notevole già arrecato dalle incursioni aeronavali
anglo-americane. In particolare, alla salvezza del porto di Genova si prodigò il
capitano di corvetta Medaglia d'Oro M. Arillo non solo quale comandante
operativo della Marina repubblicana nel Tirreno, ma in veste di Primo ufficiale
delle Unità di mare della X Flottiglia Mas che, dagli scali marittimi di La
Spezia, Genova, Varazze, Imperia e San Remo e altri minori, attaccavano le navi
nemiche impegnate a cannoneggiare dal largo ogni possibile obiettivo
individuabile sulla costa. Anche dopo la resa incondizionata sottoscritta dal
gen. Meinhold la sera del 25 aprile al CLN ligure nella villa genovese Migone
(dove il mattino seguente, per vergogna di tale capitolazione, il Feldwebel
dott. Joseph Pohl -interprete di Meinhold- si suicidò) i marò della Decima
rimasero a vigilare il porto con la Lanterna affinchè ogni struttura rimanesse
salva e, soltanto dopo avere accertato che nulla le minacciava, si sentirono
sciolti dall'impegno assunto l'indomani dell'8 settembre '43 nella caserma
spezzina di San Bartolomeo in difesa dell'Onore d'Italia. A riconoscimento di
quanto compiuto da questi marò e dalla Marina della RSI, per impedire la totale
distruzione dello scalo indicato, nel gennaio 1983 il Cardinale di Genova S. E.
Mons. Giuseppe Siri volle consegnare al Com.te Arillo l'attestato comprovante
l'opera svolta da lui e dai marinai della Repubblica Sociale.
Nessuna bandiera bianca a Chiavari e dintorni
In seguito al tradimento di Meinhold a Genova, e per cui Kesselring e von
Vietinghoff volevano punire quel generale che già sulla fronte russa aveva
palesato parecchia incapacità di operatività e mentre la Geheime Staats Polizei
(Gestapo) con il magg. Werner avanzava ulteriori sospetti di sua infedeltà al
dovere militare, collimanti a quelli del magg. Engel delle Schutzstaffeln (SS)
operanti in Liguria, fatti tra l'altro particolareggiati da C. Brizzolati nel
libro "Genova Piano Z" dell'Erga, 1971, la ritirata di parte dell'Armata Liguria
dalla Garfagnana e dall'Alta Versilia incontrò la difficoltà
dell'attraversamento della metropoli nel golfo Paradiso, dopo Recco,
costringendo le colonne a deviare nella val Fontanabuona -verso il passo della
Scoffera- per congiungersi nel basso Piemonte alle altre Unità delle FF.AA.
repubblicane. Dietro, le prudenti avanguardie della V Armata USA seguivano con
le truppe della 92ª Divisione di fanteria e con i 473° e 442° Reggimenti
nippo-americani che erano entrati a Massa e poi a Carrara nei giorni 10 e 11
aprile. A Chiavari, a metà percorso tra La Spezia e Genova, il 22 aprile era
uscito il n° 44 di "Fiamma Repubblicana" (settimanale fondato e diffuso dopo il
'43 nel Levante ligure dall'ispettore del PFR tigulo Vito Spiotta) con
l'articolo di fondo "È questa l'ora dei giovani!" del ministro Fernando
Mezzasoma, mentre nel capoluogo regionale -soltanto pochi giorni prima della
resa di Meinhold- al Teatro comunale dell'Opera continuava a venire presentata
la Bohème di Puccini con cantanti lirici quali la Mafalda Favero, Dora Di
Stefano e Antonio Annoloro.
Nel contempo, il bollettino di guerra germanico informava che un
cacciatorpediniere inglese era stato colpito dal siluri dei mezzi d'assalto
della X Flottiglia Mas, nel golfo di Genova, ove continuava anche sul mare la
sua eroica battaglia.
Il giorno 24 partiva da Chiavari il 3° Btg. della XXXI Brigata Nera S. Parodi
che si univa al 1° e 2° Btg. della stessa Unità comandata da Livio Faloppa e che
puntava al ridotto della Valtellina per affrontare lassù insieme al Duce e
Pavolini l'ultima lotta.
Dal bacino del fiume Entella anche i reparti di alpini dei Btg. Ivrea e Aosta,
il comando del 1° Rgt. Alpini con il col. A. Pasquali, la Compagnia anticarro e
la «colonna leggera» della Divisione Monterosa, insieme ai marò del Btg. Uccelli
della Divisione San Marco si inoltrarono nella Fontanabuona e nel corso di tale
manovra il Grp. Esploratori Cadelo, incaricato di retroguardia, rispose ovunque
con energia alle manovre di disturbo delle Unità partigiane della loro VI zona
operativa, sulle cime della quale osservavano il passaggio dei soldati in
grigioverde (Cornia, "Monterosa", 1971) attendendo però... il successivo arrivo
dei «liberatori».
A Uscio, questa colonna concluse la ritirata ricevendo l'onore delle armi dalla
V Armata USA che rimase stupita nel vedere i Reparti monterosini adunarsi nei
ranghi per lanciare l'ultimo, proprio grido di combattimento dell'Esercito
repubblicano mediante «Italia, a noi!» e concludere così, con orgogliosa
dignità, la propria esistenza bellica.
Le nuove Termopili nella valle del Po
Sulla fronte delle Alpi occidentali frattanto, dalla testa del ghiacciaio Rutor
(m 3486 slm) difesa dal 4° Rgt. Alpini della Divisione Littorio del gen. T.
Agosti sino agli avamposti sul mare di Ventimiglia, attraverso l'intero
schieramento del LXXV Korps del gen. H. Schlemmer in cui si distinguevano i
soldati italiani dei Rgt. Folgore e Moschettieri delle Alpi, il Btg. IX
Settembre, di quello del Lombardia Korps del gen. K. Jahn che inquadrava nel
Ponente ligure la Divisione FM San Marco del gen. A. Farina, nel Cuneese i Btg.
alpini Tirano, Morbegno, Brescia, Aosta ecc. della Divisione Monterosa comandati
dal col. G. Milazzo, il Rgt. Cacciatori degli Appennini e altre Unità militari
della GNR e delle BB.NN., si sviluppava agli ordini del Maresciallo Graziani
l'operazione «Nebbie artificiali» per realizzare nella valle del Po il
concentramento maggiore di Soldati repubblicani e garantire ad essi il rispetto
con l'onore delle armi da parte del nemico anglo-americano. Non si dimentichi
che, in prossimità degli avamposti di Ventimiglia dove la 34ª Divisione Tedesca,
i presidi della Guardia Nazionale Repubblicana, dei Volontan delle BB.NN. di San
Remo e Imperia iniziavano a spostarsi verso il basso Piemonte, i marò della X
Flottiglia Mas con i mezzi d'assalto MAS 561, 553 e 556 la notte del giorno 23
uscivano dalla base di Imperia per la missione «Onore» e concludere la guerra
attaccando i porti nemici di Nizza, Antibes, Saint Tropez e Cannes, le navi alla
fonda oppure in movimento. Nell'alto savonese, prima che l'operazione Aurora del
nemico contro la Linea Gotica avesse inizio, due Leonida della causa per l'onore
d'Italia -uno politico e l'altro militare- tentarono di evitare al nuovo Stato
repubblicano promulgatore della socializzazione il dramma della «risoluzione
finale» progettato dai traditori di allora, quella che doveva condurre al
massacro di Dongo, al ludibrio di piazzale Loreto in Milano e al martino di
un'elevatissima quantità di fascisti.
Alessandro Pavolini, segretario del PFR, propugnatore della continuità dell'Idea
socializzatrice mediante l'evoluzione dello Stato corporativo per la Civiltà del
Lavoro nel Terzo Millennio, auspicava la conclusione italiana del 2° conflitto
mondiale nel Ridotto alpino repubblicano della Valtellina, mentre il generale A.
Farina sincronizzava nel piano Area Difesa sulle posizioni strategiche tenute
dalla Divisione FM San Marco nell'area appenninica di Altare, Dego e Pontinvrea
la zona di sicurezza per le personalità della RSI in attesa di una «pace
concordata» con le Autorità politiche di USA, URSS e Gran Bretagna. La prima
(quella di Pavolini) era la finalità politica nella conclusione degli eventi
storici della RSI, la seconda (quella di Farina) indicava il termine militare
del conflitto nel rispetto dei contendenti. Conoscendo adesso quale era la reale
volontà di pace di Churchill, di Truman (appena succeduto al defunto Roosevelt)
e di Stalin si può asserire che, nella tragicità del dramma incombente, Pavolini
previde l'ineluttabilità di una Norimberga italiana se fosse stata evitata
l'incancellabile vergogna di piazzale Loreto, quasi invocando quindi
un'emulazione del sacrificio del temerario figlio di Anassandrida nelle gole
della nuova Tessaglia, per determinare in Valtellina la moderna realtà delle
Termopili contemporanee e facendo erigere poi una colonna all'inizio della
grande arteria del futuro con il detto: «O lettore degli insegnamenti della
Storia, va a dire ai giovani che siamo morti in obbedienza della civiltà sociale
nello sviluppo delle Nazioni e dei loro popoli».
Orbene, chi diserta -anche oggi- questo dovere morale, può liberalizzare nel
conservatorismo più ottuso della destra reazionaria la propria involuzione
politica ai vecchi principi di Mirabeau oppure di Giolitti ma ignorando l'etica
sociale indispensabile allo sviluppo europeo del progresso non entrerà nella
Storia della civiltà.
Bruno De Padova
|