«Non è importante la vita. Importante è cosa si fa della vita» (Beppe Niccolai - Roma, Dicembre 1984)

Anno IV - n° 7 - 31 Dicembre 1995

 

Giorgio Spini: ma chi «cavolo» è?
 

Giorgio Spini è uno storico ed è autore di fortunati manuali per la scuola media superiore. Questo è sicuro: come si suoi dire, non ci piove. Ha anche insegnato ad Harward e da ciò gli deriva una prestigiosa consacrazione. Sul valore dello studioso, comunque, non vogliamo qui soffermarci: quando capiterà l'occasione, diremo la nostra, visto che, tra l'altro, anche a noi è capitato di studiare sui suoi testi scolastici. Restiamo invece abbastanza perplessi, ma sarebbe il caso di dire sgomenti, di fronte alle dichiarazioni -riportate da "Il Corriere della Sera"- in merito al progetto di Rutelli di dedicare una strada della Capitale a Giuseppe Bottai. E cioè al gerarca fascista che fu ministro delle Corporazioni, Governatore di Roma, ministro dell'Educazione Nazionale, grande organizzatore di cultura, fondatore e animatore di riviste di battaglia politica e culturale come "Critica Fascista" e "Primato". Ed inoltre volontario nella Prima Guerra Mondiale e in quella d'Etiopia, fascista critico e polemico ma fedele a Mussolini fino allo strappo del 25 luglio -che visse comunque con sofferta coerenza e probità intellettuale-, infine lucido osservatore degli eventi nel dopoguerra, tanto da conquistarsi ampi riconoscimenti presso tutte le parti politiche, dai cattolici ai comunisti.
Bene, sapete come Giorgio Spini, padre del baldo Valdo, liquida questo personaggio storico, quest'uomo che, comunque si giudichino le sue scelte, fu sempre in prima linea nell'assunzione, anche tragica, di quelli che sentiva come doveri?
Leggiamo: «Prescinderei completamente dal fatto che il signor Giuseppe Bottai era o non era un fascista. E mi chiederei: che genere di ministro è stato per l'Italia? E risponderei: del Bottai ministro economico, penso al titolare delle Corporazioni, non ricordo che fiaschi colossali. Era un pover'uomo salito al potere per meriti di fedeltà. E così dovremmo valutare tutti i ministri del Ventennio. Si scoprirebbe che erano in gran parte autentici capolavori di inettitudine. Una lunga serie di teste di cavolo, per dirla chiara».
Interviene, a questo punto, l'intervistatore: «E la faccenda della strada, professore?».
Risponde la Santa Canizie: «Ma a Roma regalano tante strade a tanti Carneadi. Uno più, uno meno ...».
A parte il fatto che se don Abbondio non sapeva chi era stato Carneade di Cirene (tutt'altro che un carneade, tanto per fare un giochettino di parole, visto che fu una bella testa pensante della filosofia greca e fondò la Media Accademia), ciò dipendeva dalla modesta cultura del pavido curato di campagna, mentre un uomo presumibilmente di elevata cultura come Spini dovrebbe sapere chi è stato Bottai e quindi evitare considerazioni sprezzanti da primo della classe gonfio di arroganza saccente; a parte questo, ci limitiamo a ricordargli che in questi ultimi vent'anni la statura di Bottai, politico e intellettuale, è stata oggetto di così numerose e argomentate ricerche (a partire da Giuseppe Bottai, un fascista critico che Giordano Bruno Guerri pubblicò da Feltrinelli -una casa editrice non sospettabile di revisionismo- in un anno non sospetto di compiacenze verso la cultura di destra -il 1976- e con l'imprimatur di un santone dell'antifascismo come Ugoberto Alfassio Grimaldi) che l'esprimersi con tanta acida prosopopea (saranno, che so, le finezze di Harward... che volete, non omnibus datur) squalifica chi lo fa.
Se le poteva risparmiare, caro professore, le sue irridenti note stonate: e se le ritiene degne e lecite e motivate, entri nel merito e ci spieghi il perché del demerito riservato a Bottai. Ci illustri i suoi disastri come ministro e eventualmente gli scempi da lui compiuti come uomo di cultura. Inutile dire che vorremmo anche che ci preparasse un quadrettino di raffronti tra le capacità dei ministri fascisti, cioè di una classe dirigente composta, ci pare di aver capito, di teste di cavolo, e quelle degli uomini di governo della Prima Repubblica.
E per finire, riteniamo doveroso un tributo alla memoria del prof. Armando Saitta, antifascista duro e puro, che, in un suo corso di Storia all'Università -anche in questo caso, anni non sospetti: sarà stato il '67- parlandoci di Bottai, non risparmiò certo le attestazioni di stima. Probabilmente lui, sì, prescindeva...

Mario Bernardi Guardi

L'amico Bernardi Guardi replica da par suo, ovvero in termini educati e rispettosi. Invece, caro Mario, con codesto gavorchio (pesce di palude tutto lische) occorrerebbe usare il linguaggio dei beceri. Senz'altro più confacente allo Spini.

a.c.

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