«Non è importante la vita. Importante è cosa si fa della vita» (Beppe Niccolai - Roma, Dicembre 1984)

Anno IV - n° 7 - 31 Dicembre 1995

 

l'ultima

L'unto del signore vorrebbe ungerci anche le mele 


da "la Repubblica", 3.9.1995:

«Io ho costruito un gruppo da 8.000 miliardi [...] La verità è che io sono il più bravo di tutti. Non vedo nessuno tranne il sottoscritto in grado di governare, di rivoltare questo Paese -che ne ha bisogno- come un guanto».
Speriamo non intenda farlo con un «guanto» usato. E poi, è così sicuro di riuscire a procurarsi sufficiente vasellina? E gli untori? O italiani, accozzaglia di bischeri, raddrizzatela quella maledetta schiena ... [n.d.R.]


Gli rispondiamo con Malaparte


Ma se tutti gli italiani fossero, come i toscani, di mele strette (il che vuoi dire che non si fidano di nessuno, nemmeno degli amici), potrebbero senza timore voltare il sedere alla storia, e non correrebbero così quei grandissimi pericoli che ogni tanto, per colpa loro, tutti corriamo.
O italiani grassi che usate abbracciarvi l'un l'altro, e prendere tutto in facile, e veder tutto roseo, e tutto quel che fate lo gabellate per eroico, e vi credete virtuosi, e avete la bocca piena di libertà mal masticata, e pensate tutti a un modo, sempre, e non v'accorgete d'esser pecore tosate. O italiani che non amate la verità, e ne avete paura. Che implorate giustizia, e non sognate se non privilegi, non invidiate se non abusi e prepotenze, e una sola cosa desiderate: esser padroni, poiché non sapete essere uomini liberi e giusti, ma o servi o padroni. O poveri italiani che siete schiavi non soltanto di chi vi comanda, ma di chi vi serve, e di voi stessi; che non perdete occasione alcuna di atteggiarvi a eroi e a martiri della libertà, e piegate docilmente il collo alla boria, alla prepotenza, alla vigliaccheria dei vostri mille padroni: imparate dunque dai toscani a ridere in faccia a tutti coloro che vi offendono e vi opprimono, a umiliarli con l'arguzia, il garbato disprezzo, la sfacciataggine allegra e aperta. Imparate dai toscani a farvi rispettare senza timor della legge, né degli sbirri, che in Italia tengon luogo della legge, e della legge son più forti. Imparate dai toscani a sputare in bocca ai potenti, ai Re, agli Imperatori, ai Vescovi, agli Inquisitori, ai Giudici, alle Signorie, ai cortigiani d'ogni specie, come si è sempre fatto in Toscana, e si fa tuttora. Imparate dai toscani che «un uomo in bocca a un altro non s'è mai visto», che «un uomo vale un altro, e anche meno». Imparate dai toscani che non c'è nulla di sacro a questo mondo, fuorché l'umano, e che l'anima di un uomo è uguale a quella di un altro: e che basta sapersela tener pulita, all'asciutto, che non pigli polvere né umido, come sanno i toscani, che dell'anima propria son gelosissimi, e guai a chi gliela volesse sporcare, o umiliare, o ungere, o benedire, o impegnare, affittare, comprare; e che vi sono anime femmine e anime maschie, e che le anime dei toscani son maschie, come si vede da quelle che escon di bocca ai morti nel Camposanto di Pisa: il solo camposanto che sia al mondo, tutti gli altri son cimiteri. Imparate dai toscani a non temer l'odio della gente, né l'invidia, il livore, la superbia, a non temer nemmeno l'amore. Imparate a rispondere alla malvagità coi calci bassi, al sospetto con i morsi alla gola, ai baci sulla guancia con le dita negli occhi.

Curzio Malaparte
"Maledetti toscani", Vallecchi Editore, Firenze, 1967

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