«Non è importante la vita. Importante è cosa si fa della vita» (Beppe Niccolai - Roma, Dicembre 1984)

Anno IV - n° 7 - 31 Dicembre 1995

 

le lettere

Un'effimera stagione di gloria
 

 

Caro Cesare,

il tono confidenziale che uso -ancorché non ti conosca, ancora- deriva da tante ragioni che cercherò di enucleare brevemente. Prima di tutto perché ho pianto anch'io mentre ti leggevo e, mentre scrivo -non mi vergogno di dire-, due grossi lacrimoni mi bagnano il viso e un fortissimo groppo in gola mi impedisce quasi di respirare. Che rivoluzionario tutto cuore e sentimento che sono! Circa dieci anni di consigliere comunale a Polignano a Mare, tante battaglie combattute, tanti comizi fatti, tante esperienze di vita non mi hanno indurito abbastanza se, a leggere certe belle confessioni come la tua, mi sconvolgo a tal punto da crearmi emozioni profondissime e laceranti.

Eppure, penso, dovresti essere «il nemico», il fiuggiasco, il rinnegato, l'opportunista-carrierista.

Ma non riesco a portare rancore a chi scrive e parla come te, a chi si sfoga con tanta sincerità e tanto coraggio... non anino. Io e te siamo sicuramente più vicini di quanto non voglia il Pinuccio del «volemose bene» (come soleva dire quando lui aveva bisogno di tanti come me per le sorti del suo seggio a Montecitorio) o il Gianfranco tortellino, quello del «fascismo del Duemila». Io e te trascendiamo le nostre singole persone; siamo, senza falsa modestia da parte mia, molto di più: rappresentiamo due mondi che, con la morte nel cuore, hanno scelto, melius sono stati costretti dagli avvenimenti a scegliere e seguire due strade diverse, pur essendo caratterialmente e culturalmente molto simili e ugualmente animati dalla stessa passione: tu dentro AN, io fuori e contro AN col sacrificio financo di qualche splendido trentennale rapporto di amicizia, abbarbicato ad alcune irrinunciabili idee-guida: la partecipazione alla gestione aziendale del capitale-lavoro e non l'egemonia esclusiva del capitale finanziario, la difesa sociale dei più deboli (dagli invalidi veri ai giovani, con o senza diploma o laurea, in cerca di lavoro etc.), contro la liberalizzazione spinta in ogni direzione e principalmente verso il mercato del lavoro, tendente all'abolizione de facto delle garanzie a difesa dei lavoratori e di conseguenza tendente alla massima libertà di licenziare; riconsiderazione della «persona» nella sua interezza come entità non fatta solo di carne e di bisogni materiali da soddisfare senza soluzione di continuità e in crescendo; interesse pubblico prioritario, antecedente e prevalente su quello dei singoli; e tante altre cose che sicuramente conosci bene e che forse vorresti anche rappresentare come AN se questa non fosse diventata ben altra cosa da quella che spereresti che sia. Io per la verità sono attualmente un disoccupato partitico, beninteso volontario. Dopo una iniziale fugacissima voglia di partecipare alla avventura rautiana, ho meditato un po', resistendo ai richiami e ai coinvolgimenti, convincendomi che di fronte al tradimento dei più non è sensata la scelta nostalgica, autoghettizzante e per di più «ben gradita» dagli anini; né è utile rifugiarsi in un ridotto o in una riserva indiana a difesa della purezza missina e mantenendo ancora, neppure in misura molto ridotta date le dimensioni, l'ambiguità della storia cinquantennale del MSI: una attenta calibratura di presupposti programmatici e di personaggi conservatori o ultra conservatori con una scialba, annacquata, superficiale, e spesso solo di facciata, vocazione verso il sociale. Il tutto impastato in slogans che ci hanno fatto perdere la giovinezza (io ho 48 anni e sono stato consigliere comunale negli anni più difficili del MSI, dal maggio 1970 all'autunno del '79) in battaglie spesso non limpide perché al rimorchio della mai abbastanza vituperata balena bianca. Proprio come adesso AN che va al rimorchio non più della DC ma del GC (Grande Centro). Tempo al tempo: presto potrebbe capitare che il GC scarichi il peso scomodo... sotto l'aspetto lottizzatorio.

Oggi, dopo il chiarimento avvenuto a Fiuggi -che tanto dolore ci ha arrecato per le modalità truffaldine usate- credo di avere finalmente le idee chiare: mi piacciono le contaminazioni culturali anche le più lontane, mi sento di «sinistra» come all'origine, alla nostra comune origine, e sposo l'antagonismo contro il mondo berlusconiano-finiano o prodiano-dalemiano. Mi obietterai, caro Cesare, che è un comportamento da autolesionista: il nemico per vincerlo bisogna prima dividerlo. Sarà pure così, ma non mi pare che AN, a Brindisi o a Roma, operi in questa direzione. Piuttosto mi pare che lavori solo per il potere e le poltrone al servizio della destra retriva ed egoista (chi non conosce gli estremistici furori liberistici di un certo Sergio Ricossa, potente «supporter ideologico» di Silvio Berlusconi?) perché essa si è finalmente liberata, al suo interno, della componente più pulita e più idealista in senso sociale conservando l'unica ma utile stampella della destra conservatrice e reazionaria che spadroneggia, mancandole appunto il contrappeso a spiccata vocazione sociale.

L'andare verso il popolo e il vivere pericolosamente sono stati sostituiti dall'andare verso la borghesia affaristica e capitalistica e dal vivere comodamente e cinicamente a rimorchio del magnate di Arcore per qualche briciola di potere mercenario.

Perché non penserai che Fini -caduto Berlusconi sulle mazzette craxiane o su altro che prima o poi verrà fuori in una escalation infinita tendente all'annientamento- possa prendere il posto del berlusca! Abbattuto re Silvio, colpevole non tanto di connivenze craxiane (altri potenti conniventi sono presenti in abbondanza nelle fine del centro-sinistra), quanto di avere impedito di vincere alla sinistra «progressista e illuminata» (pure essa a rimorchio dei potentati economici nazionali e sovranazionali), accadrà che sarà riscoperta tutto a un tratto la storia del fascismo del Duemila del Gianfranco dai «berretti verdi». Occorre, io credo, pensare nuove sintesi politiche, nuove coraggiose aggregazioni con uomini non compromessi (Marcella Veneziani?), ad ardite contaminazioni culturali ed umane per essere veramente, autenticamente antagonisti: alla destra capitalista e massonica, alla sinistra altrettanto filocapitalistica e mondialista nonché radical-chic. lo sono convinto che se Gianfranco Fi-ninvest avesse evitato l'abbraccio berlusconiano e avesse rifiutato di uscire dall'isolamento coatto nel quale era confinato col MSI, sarebbe stato il popolo italiano, stanco di essere preso per i fondelli ed illuminato dall'opera meritoria di giudici come Di Pietro a dargli (pur con tutti i suoi limiti «culturali») quella rappresentatività «democratica» tale da determinare, da posizioni di ben altra forza che non il 10% attuale e senza il trauma di una diaspora, il futuro della Nazione.

Se tu e tantissimi altri come te avessero impedito non a Rauti di andare via, ma a Fini e compagnia brutta di fare il ribaltone ideologico costringendolo a doverosi e più che opportuni aggiustamenti programmatici e culturali alle soglie del Duemila (altro che l'antistorico e grottesco fascismo del Duemila sbandierato al congresso nazionale di pochissimi anni addietro), forse avremmo evitato una effimera stagione di gloria che presto potrà trasformarsi -ahivoi!- in disfatta. E allora ben venga la disfatta di AN se servirà per recuperare tutto quel materiale umano, come te caro Mevoli a Brindisi, e altri personaggi di valore a Bari e in altre parti d'Italia, per reimpostare la politica su basi nuove. Del resto 50 anni di opposizione potrebbero anche far sopportare qualche altro annetto su posizioni peraltro non più scomode di quelle degli Anni Settanta.

E allora, concludo, caro Cesare -anche se potrei continuare quasi all'infinito perché le argomentazioni non mancano- anche tu puoi dare un contributo alla chiarezza dell'oggi, in vista della vittoria «nazional-popolare» di domani. Come? Decidi tu in coscienza. "Tabularasa" (ma anche tanti altri giornali antagonisti che ti potrei indicare) ti aiuterà nella scelta come ha aiutato me. Lieto dell'incontro casuale, e anche delle lacrime che mi hai procurato.

Carlo De Luca
Conversano - BA

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