«Non è importante la vita. Importante è cosa si fa della vita» (Beppe Niccolai - Roma, Dicembre 1984)

Anno IV - n° 7 - 31 Dicembre 1995

 

bussa alla porta il terzo millennio

per il progresso della civiltà

da Socrate a Mussolini,
il solco contestatore ha sempre scardinato ogni contagio della corruzione

 

 

 

Per non venire ostacolato da un fato avverso, fidente di pervenire a distinguersi in modo concreto fino dal primo bruzzico della sua esistenza, il Terzo Millennio è prossimo a presentarsi sul quadrante della Storia e, nell'osservanza di una tradizione seguita dai suoi predecessori, accoglie da Saturno -ultimo tesoriere della Civiltà romana- le indicazioni essenziali di quanto del passato sarà opportuno tenere conto e sul ruolo al quale potrà assurgere per l'affermazione dell'incivilimento del futuro. Del tempo che fu, quindi, anche da quello da noi tuttora affrontato, il Terzo Millennio riceve l'eredità di un mondo tormentato da quegli eventi succedutisi dalla comparsa sulla Terra degli uomini come quello di Neanderthal (l'homo primogenius del Paleolitico) sino all'urgenza contemporanea di una politica nuova, capace di garantire la sopravvivenza dell'umanità intera, perché quest'ultima è ormai minacciata da «sindrome della catastrofe» (J. Maddox, "The Doomsday Sindrome", 1971) della quale -questo è il bello!- conferma ogni giorno di più di fregarsene, in quanto non bada alla necessità dell'equilibrio dell'espansione demografica almeno laddove il rapporto di produzione delle risorse alimentari non è proporzionato al sovrappopolamento, non cura la generazione di energie, non si difende dalle «esplosioni» urbane di popolazioni sempre più costipate in metropoli di miseria e di degrado, tarda troppo a contestare l'accentramento delle società opulente (quelle controllate dalla plutocrazia oligarchica!) per gli «aiuti» al Terzo Mondo nel ganglio preferito da Londra e da Washington che vengono effettuati a doppio taglio, cioè alle cities anglo-statunitensi il privilegio di prelevare le risorse principali a sottocosto, ai Paesi da esse rifornite la concessione dei beni essenziali a prezzi di strozzinaggio. Inoltre, l'intera società umana usufruisce dei benefici apportati nell'esistenza quotidiana dallo sviluppo della tecnologia, ma per eccesso di comodo proprio preferisce irresponsabilmente ignorare l'enorme quantità di rifiuti generati dal ritmo consumistico in attività e l'inquinamento -più rapidamente delle stesse previsioni già pessimistiche- riesce a cagionare una putrefazione ambientale che raccoglie e moltiplica l'avvelenamento prodotto da ogni residuo di combustione, riceve dal movimento automobilistico percentuali spaventose di ossidi dannosi, subisce dai polimeri plastici il riflesso sconcertante della loro non degradabilità, soffre per la perniciosità dei detersivi, assorbe nei suoi effetti negativi anche l'azione dei pesticidi nelle campagne «drogate» dai fertilizzanti, raccoglie la tossicità di prodotti chimici inorganici in comune impiego nelle industrie e non si sottrae all'azione delle scorie radioattive.

Con Saturno, anche Esculapio contribuisce con la saggezza degli insegnamenti del centauro Chirone ad avvertire il nascente Terzo Millennio che l'Uomo con il quale dovrà maturare nuova Storia ha alle spalle secoli di invenzioni, fonti di potenza per il mondo, dalle quali però, è stato ridotto schiavo nella comodità, sino ad essere Yuomo inquinato che ha difficoltà, troppo impedimento per credere nella Civiltà.

 

la gerarchia dell'oro

II cosiddetto homo sapiens però, non si è limitato soltanto ad auto-inquinarsi.

Ha fatto di peggio: si è lasciato atrofizzare nello sviluppo delle capacità politiche e civili dalla demagogia reazionaria di coloro che, avendo conquistato cinquanta anni orsono con la forza delle armi l'Europa e l'Asia, sono illusi di avere bloccato la Storia al tramonto del 1945. Sarà il futuro a smentirli! L'ateniese Tucidide illustra al nuovo Millennio che la Storia non è così rozza da ripetersi, ma non accetta che le cause civili, economiche e sociali determinanti i suoi principali avvenimenti -specie se movente di urto tra forme di sviluppo e di esistenza delle genti- possano venire conservate per alienare l'autentico progresso della Civiltà. In dimensione analoga alla distruzione di Troia, all'espansione di Alessandro Magno nella Mesopotamia, alla trasformazione di Roma in patria di cultura ellenica e di tecnica latina, all'affermazione sui vari continenti delle religioni monoteiste mediante l'apoteosi di fedi più profonde (Cristianesimo, Islam, Buddhismo, Confucianesimo ecc. sono moventi d'elevazione spirituale), alle grandi innovazioni del Rinascimento, alla maturità e al declino del Medioevo, al germoglio dell'Età moderna con la scoperta delle Americhe, alle riforme ed alle influenze delle rivoluzioni politiche e industriali dell'Ottocento sino alla conclusione del XIX Secolo nel gioco cruento di equilibri, rivalità e spartizioni, il tramonto di quello XX soffre interamente la dominazione della «gerarchia dell'oro» e riguarda purtroppo l'intero Pianeta terrestre. Piaccia oppure no, la «gerarchia dell'oro» non possiede bandiere, è priva di qualsiasi ideologia, ignora la Civiltà ed impone agli Stati la forza della sua legge, rappresenta il dominio dell'alta finanza su qualsiasi istituzione esistente e mediante tale oligarchia viene affrancata l'egemonia della dinastia plutocratica sulla vita istituzionale, politica ed economica di ogni Paese e di tutti i popoli. I punti centrali di confluenza dei ge-rarchi della plutocrazia rimangono la City finanziaria di Londra e quella di Wall Street a Nuova York, dove non mancano di accorrere -per ricevere ordini e suggerimenti di strategia- anche tutti gli «utili idioti» della cosiddetta partitocrazia democratica esistente nella nostra Penisola.

 

socializzazione per ogni uomo

A questo punto, qualche osservatore dirà che tali considerazioni le ha già udite, specie durante il 2° conflitto mondiale, quando -per essere concreti!- c'erano quei «matti» in camicia nera dei Battaglioni «M» che, recandosi volontari a combattere sulle fronti d'Africa, dei Balcani e di Russia, cantavano «contro l'oro c'è il sangue e fa la storia, contro i ghetti profumano i giardini» e recavano nell'Europa e altrove il significato e il valore di una nuova etica politica e sociale, ben chiari nelle parole di quell'inno della nuova giovinezza italiana, patrimonio di fede nella Civiltà che turbò il sogno ai Lords della City finanziaria in riva al Tamigi ed ai loro colleghi yankees affacciati sulle sponde dell'Hudson.

È venuta l'ora di avere coraggio -spiega il saggio Zarathustra al promettente Terzo Millennio-, di manifestare la propria maturità con le grandi iniziative necessarie per realizzare quel futuro di maggiore progresso civile che i padroni dell'alta finanza credevano di avere sepolto con Mussolini. La realtà rivoluzionaria in materia sociale contenuta dal Manifesto di Verona, approvata all'unanimità nel 1° Congresso nazionale del PFR, è stata trasformata dal Governo della RSI in Decreto Legge sulla socializzazione delle imprese il 12 febbraio 1944 che, quale fulcro realizzatore dell'idea politico-sociale e corporativa motivata dalla Carta del Lavoro promulgata nella ricorrenza del Natale di Roma del 1927, stabiliva nel mondo il superamento definitivo della conflittualità tra l'industria e le categorie produttrici, creando l'equilibrio innovatore della collaborazione effettiva e davvero costruttiva tra il capitale e il lavoro. Furono il Manifesto di Verona, approvato dal PFR nel novembre 1943, e l'istituzione rivoluzionaria della socializzazione nell'economia produttiva del febbraio 1944 a determinare la condanna a morte di Benito Mussolini da parte dei suoi principali nemici e di ciò, forse, l'Uomo di Predappio ebbe coscienza il 20 aprile 1945 -pochi giorni prima del suo assassinio a Giulino di Mezz’egra- quando concesse a G. G. Gabella, direttore del periodico "Il Popolo di Alessandria", l'intervista-testamento politico nel quale annunciava, con la sensibilità e con la coscienza di grande statista, l'importanza per l'umanità attiva di potere applicare, nello sviluppo degli equilibri continentali e nel superamento delle diversità razziali, il piano di socializzazione mondiale.

 

viene sconfitta la speculazione

Gabella specificò poi che Mussolini, durante quel dialogo sul progetto di garantire al mondo nel Millennio futuro la piena realizzazione della Civiltà del Lavoro (S. Francia, "L'altro volto della Repubblica Sociale Italiana", 1988), affrontò nei particolari il significato rivoluzionario e davvero nuovo introdotto dal Fascismo repubblicano in materia di concreto equilibrio con la Legge sulla socializzazione e non esitò a dichiarare «Ricordatevi bene: abbiamo spaventato il mondo dei grandi affaristi e dei grandi speculatori. Essi non hanno voluto che ci fosse data la possibilità di vivere. Se le vicende di questa guerra fossero state favorevoli all'Asse, io avrei proposto al Führer, a vittoria ottenuta, la socializzazione mondiale!». Narrò Gabella che Mussolini sorrise lievemente quando parlò delle sue serenità e tranquillità, ma quel sorriso si mutò in una smorfia di disprezzo allorché parlò degli affaristi e degli speculatori. E subito, aggiunse: «La socializzazione mondiale e cioè: frontiere esclusivamente a carattere storico; abolizione di ogni dogana; libero commercio fra paese e paese, regolato da una convenzione mondiale; moneta unica e, conseguente-mente, l'oro di tutto il mondo di proprietà comune e così tutte le materie prime, suddivise secondo i bisogni dei diversi paesi; abolizione reale e radicale di ogni armamento». Si nota che anche Paul Gentizon, nella prefazione all'edizione in lingua francese di "Storia di un anno: il tempo del bastone e della carota", tratteggiando i momenti salienti dell'evoluzione sociale introdotta da Mussolini ha indicato con la socializzazione l'unica via di salvezza, oltre a quella per la salvaguardia dell'onore della Patria dopo il tradimento del piccolo re Savoia e di Badoglio. Nell'evoluzione della Storia e nello svolgimento dei tempi, ogni Rivoluzione germogliò dalla contestazione di Uomini davvero capaci ad affrontare qualsiasi sacrificio, anche quello supremo della vita, pur di premiare con la conquista di Civiltà maggiore e con l'acquisizione di Diritto più forte l'adempimento di ogni Dovere cosciente verso il progresso: è la volontà eroica di Nietzsche che promuove il virgulto del Millennio prossimo alla realtà di questo assioma.

Così, dalla sintesi delle grandi contestazioni della Storia viene l'avvio sulla strada maestra delle scelte meno facili, ma esaltanti!

 

le battaglie all'«asebia»

Ecco le conferme. Senza il timore di venire condannato a bere la cicuta, con l'audacia di denunciare come i politici del tempo più illuminato della Grecia e di Atene antiche -quello di Pericle- erano davvero troppi ad essere affetti di asebia. Socrate divenne il primo dei maggiori contestatori della Storia perché dinanzi alle sue severe critiche sugli errori della riforma dello Stato ateniese, dopo la cacciata dei Pisistratidi, il valido Alcibiade riconobbe che lo sposo di Santippe «era un uomo grande, capace di farlo arrossire!». Orbene, asebia in greco significa empietà, anche carenza di fede religiosa, oppure assenza di coscienza politica, e così il filosofo che trovò in Aristofane il principale interprete del suo pensiero fece indicare agli studiosi quanto il morbo della coscienza (cioè, l'asebia) degli uomini politici sarebbe rimasto per millenni il principale ritardatario nello sviluppo della Civiltà. Seguono a confermarlo nella Roma repubblicana i tribuni Tiberio e Cajo Gracco -le «perle» di Cornelia- che ponendosi con la plebe (il proletariato di allora) contro l'... aristocrazia dei sesterzi, attuarono la Legge Agraria per eliminare il latifondo insieme a ogni pericolo di sua ricostituzione, obbligando ogni possidente terriero ad una proprietà massima di 500 jugeri (1 jugero equivaleva a 2.500 mq) e contestando poi ai componenti del Senato con Lex judiciaria la facoltà di restare i soli giudici di ogni processo.

Poi, l'umile san Francesco respinse l'opulenza materiale del denaro nella Chiesa, condannò il fasto della teocrazia medievale del papa Innocenze III, compose la "Laude di Dio", formulò la benedizione speciale accompagnata dal segno TAU (nell'alfabeto greco corrisponde alla nostra T), portò nella carne il miracolo delle Stimmate (l'«orma della passione di Cristo»), rese mansueto il lupo di Gubbio, creò il Presepio di Natale del 1223 a Greccio, in «perfetta letizia» raccolse il patrimonio spirituale per i suoi «Fioretti» di sacrifici e colse l'abbraccio letale di «Sora nostra morte corporale» con la soavità dell'Uomo giusto. Con il Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo tolemaico e copernicano fatto stampare da Galileo Galilei nel 1610 dal libraio Landini a Firenze, nacque quel "Siderus Nuncius" che trascinò il massimo scienziato del Rinascimento al cospetto dell'Inquisizione (1632) e alla condanna del Sant'Uffizio (1653), lo costrinse al domicilio coatto nella villa di Arcetri, senza evitare però che Galileo osservasse l'oscillazione d'una lampada nel duomo di Pisa, intuendo così anche la legge sul moto pendolare. Quindi, questo genio di Pisa credette nel Creatore più degli influenti membri della Compagnia di Gesù! L'asebia condannata da Socrate continuava a recare danno.

 

repubblica inglese con Cromwell

Altre contestazioni nacquero in Europa. Sconvolgente fu la ribellione del monaco Martin Luterò al metodo della Chiesa di applicare il pagamento delle indulgenze ai fedeli. Infatti, con le proprie 95 tesi nel 1520 provocò la bolla papale "Exsurge Domine" di fatale scomunica, ma che egli respinse e dalla Dieta di Augusta si aprì la via alla fondazione della Chiesa Riformista (o Protestante), strappò ai papi Leone X, Adriano VI, Clemente VII e loro successori la metà dei fedeli d'Europa, suddivisisi dopo in calvinisti, presbiteriani, metodisti e, oltre la Manica, anche in anglicani. E nella Gran Bretagna che durante il XVII secolo la rivoluzione puritana portò l'intrepido Oliver Cromwell a rivendicare i valori della "Magna Charta" del 1215, mandò alla decapitazione il re Carlo I Stuart d'Inghilterra, proclamò l'istituzione della prima Repubblica Britannica, designò il cittadino Huntingdon a Lord Protettore del nuovo Stato e chiedendogli di ristrutturare con equilibrio la folle condizione della «piramide sociale inglese» allora divisa tra «nobili» ed «ignobili». Ai primi (2% della popolazione) spettavano tutti i diritti politici e civili, ai secondi (98% dei cittadini) nessun diritto, ma solo il dovere di pagare le tasse. Dopo la morte di Cromwell la monarchia inglese si riappropriò della Gran Bretagna e, anticipando di trecento anni lo scempio compiuto a fine aprile 1945 dal CLN in piazzale Loreto di Milano con i cadaveri di Mussolini e dei dirigenti fascisti assassinati a Dongo appesi ai tralicci di un distributore di benzina per il ludibrio della folla, lo fece dissotterrare ed appendere ad una forca a Tyburn, gettandolo infine in una fossa comune.

In riva alla Senna, l'«esplosione» della Rivoluzione francese trovò in Robespierre il tiranno della virtù che il 20 pratile dell'Anno II dalla presa della Bastiglia (1789) introdusse la religione dell'Ente Supremo per sanare i mali dell'ateismo e dei vizi dell'umanità, ma la Convenzione eliminò i Giacobini e mandò il forgiatore della legge sul «maximum» (calmiere dei salari e dei prezzi) sotto il rasoio nazionale, cioè la ghigliottina.

 

Europa nuova per la civiltà

Venne da Giuseppe Mazzini e da pochi altri nel 1870 la contestazione repubblicana all'estensione nell'intera Penisola del regno di Casa Savoia, perché -come preconizzò il grande idealista di Genova- fu la monarchia portatrice delle peggiori sciagure per l'Italia, schiava della massoneria, fomentatrice dei tradimenti nel 1943 e sostenitrice -insieme ai comunisti ed agli invasori inglese e yankee- dell'atroce «guerra civile» che seminò ovunque atrocità e sterminio per tutti.

Tutto ciò conferma che, dall'epoca di Socrate all'attuale tentativo di trasformare la Comunità Economica Europea in Patria unica del vecchio Continente, la contestazione di filosofi, di statisti e di politici, di uomini della scienza e dei popoli al dilagare costante del morbo dell'asebia (assioma della corruzione) è rimasta costante e la rivolta delle genti contro la metastasi reazionaria, ordita dagli «untori» della plutocrazia e dai loro servi sciocchi, ebbe nel Secolo XX la propria identificazione d'autenticità nella Legislazione sociale del Fascismo che si perfezionò all'ultimo anche con il progetto mondiale della Socializzazione, elemento conclusivo delle conquiste realizzate già con la Carta del Lavoro, il perfezionamento delle Corporazioni e la conciliazione costruttiva tra la funzione dell'esercizio dell'autorità politico-sociale e il diritto inalienabile di libertà per ogni cittadino.

È indubbio che lo stesso Trattato di Maastricht può portare più progresso all'Italia, nel processo di integrazione politica ed economica della CEE, se la «convinzione» d'unificazione dei Paesi interessati non rimarrà plagiata in continuazione -ad esempio- dall'ipocrisia partitocratica sovrastante la nostra Penisola, perché la retorica ciarlatana del conservatorismo liberaloide della destra reazionaria oppure la sterile demagogia marxiana dei «compagni» comunisti pluritrasformisti, dell'intera sinistra (entrambe utilizzate dagli pseudo-centristi ex-democristiani e dai cosiddetti «leghisti», tutti a caccia come gli altri di redditizi incarichi politici del potere pubblico), hanno per fine soltanto la perpetua continuazione dell'attuale confusione.

Quanto Dante elevò nella sua "Commedia" la poesia della Teologia, aprendo ai contemplanti del Paradiso la visione del dramma di Pisa sino al «fiero pasto» del conte Ugolino con il cranio del cardinale Ruggieri (Inferno, Canto XXXIII) per il suo tradimento, altrettanto la melodia delle Muse illumina al novello Terzo Millennio il tracciato per il futuro che la dea Clic rende più rettilineo, eliminando ogni giuoco di ombre fuorvianti, quelle che fanno comodo ai giostranti dell'asebia contemporanea.

 

l'esortazione dei Cantos

Alla proposta di Dante nella "Commedia" di un esame universale della coscienza già a metà Rinascimento, all'invito sempre valido di Nietzsche all'analisi del reale con probità in Volontà di Potenza per il trionfo di Dovere e di Diritto, si aggiunge all'alba del Terzo Millennio l'esortazione di Ezra Pound nei suoi Cantos che stimola l'uomo a superare -più di quanto chiesto da D'Annunzio- la tragedia del decadentismo e scorge, oltre l'attuale crisi delle coscienze, l'avvento di una razionalità nuova e più autentica. È nella considerazione di così vibranti contestazioni che si rafforzano i valori della Civiltà trasformandoli in forza motrice di progresso nella nuova Storia e fu nella fedeltà ai punti fermi della socialità che Mussolini affidò a Carlo Alberto Biggini, ministro dell'Educazione Nazionale anche nella Repubblica Sociale, il compito di redigere il progetto di Costituzione del nuovo Stato italiano e sul quale, alla conclusione del 2° conflitto mondiale, l'intero nostro popolo sarebbe stato chiamato ad esprimersi attraverso una libera votazione. L'ampiezza delle norme di fondo della Carta costituzionale della Repubblica Sociale indica con precisione nei suoi quattro capi e nelle molteplici sezioni di funzioni lo sviluppo civile dello Stato-Nazione (L. Garibaldi, "Mussolini e il Professore", 1983) per garantire ad ogni cittadino la sua rappresentanza con la libera scelta dei suoi esponenti all'Assemblea costituente, impegnata a stabilire le regole precise della nuova istituzione con più evoluto ordine sociale e con lo sviluppo di democrazia effettiva. Su questi particolari tratteremo prossimamente, ma quanto maggiormente si evidenzia -per il progetto di uno Stato avanzato nelle garanzie di libertà e di reale socialità- è la volontà politica di assicurare, al Terzo Millennio, quelle prospettive di evoluzione civile che rendano impossibile, agli attuali saltimbanchi della partitocrazia in auge, di continuare nel futuro il misero carnevale della dialettica dell'insulto reciproco e niente più.

Al Terzo Millennio, le scorie del XX secolo non interessano!

Bruno De Padova

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