«Non è importante la vita. Importante è cosa si fa della vita» (Beppe Niccolai - Roma, Dicembre 1984)

Anno IV - n° 7 - 31 Dicembre 1995

 

la recensione

"Delle rovine ed oltre - Saggi su Julius Evola"
Antonio Pellicani Editore, pp. 264, Lire 30.000
 

 

Evola non è stato capito bene, perché non è stato studiato bene; o è stato studiato in maniera settoriale, disarticolata, creando proiezioni non proporzionate alla sua dottrina - ammesso che se ne possa parlare in tali termini. Siamo perciò lontani dal riuscire a connotare quella «equazione personale», sulla quale il pensatore metteva cautamente in avviso chiunque lo avvicinava, sedando severamente gli entusiasmi di occasionali lettori. La «scomodità» di Evola, di cui pure si è tanto parlato, per giustificare da un lato la mancanza di penetrazione della sua prospettiva teorica da parte della cultura «ufficiale», dall'altro il naufragio del tentativo d'impossessamento condotto da più parti (specialmente a sinistra) con strumenti al fine insufficienti, in concreto nasconde la «comodità» con la quale taluni divulgatori evoliani hanno abusato dei luoghi comuni partoriti da fantasiose, quanto arbitrarie, ricostruzioni di un presunto «mondo dei valori», ostinatamente «altro» dal mondo delle realtà attuali.

Si tratta in definitiva di eliminare l'orpello accessorio, talvolta responsabile del maggior numero di deragliamenti interpretativi, da quella struttura esistenziale-essenziale, presente nel lungo e tortuoso cammino di Julius Evola («matematico», poeta e pittore, filosofo e sperimentatore, studioso e comparativista delle religioni, e altro ancora). Questo, per giungere a farne un modello ontologico non trascurabile nella linea del pensiero contemporaneo.

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