«Non è importante la vita. Importante è cosa si fa della vita» (Beppe Niccolai - Roma, Dicembre 1984)

Anno V - n° 1 - 29 Febbraio 1996

 

Ma che palle!


 

È oramai da qualche tempo che andiamo dicendo e scrivendo quanto sia noiosa la politica nel nostro Paese. È noia ovunque si volga lo sguardo e l'attenzione. Tutto è monotono. Ripetitivo. Fastidioso. Noiosi i cosiddetti politici. Tutti pressoché uguali nella loro insipienza, nella loro carenza di idee e di programmi, nella loro assoluta mancanza di fantasia e di slanci. Tutti protesi a conservare le poltrone per sé stessi e per i propri leccapiedi e leccaculo. Poi, punto e basta. Niente altro. Noiosi i giornalisti che parlano o scrivono di politica. Noiose le interviste o i dibattiti in TV. Tutto è noia. Ma non solo; c'è tanta rassegnazione. Disorientamento. Scarsa, scarsissima fiducia nelle cosiddette istituzioni.

«Certo, se venissero decise le elezioni gli italiani andrebbero a votare. Ma senza fervore. Si vota soltanto perché non "si sa mai"». Così si esprime Lucio Colletti. Ma nel suo pessimismo è fin troppo ottimista. A votare va sempre meno gente. E quelli che vanno lo fanno o per interesse, o per abitudine, o per ignoranza o anche per dispetto. Votare per uno schieramento o per l'altro appare oramai pressoché inutile. Tanto essi sono sempre più uguali. E che differenza c'è tra Fini e D'Alema? Tra Berlusconi e Prodi? Esclusivamente differenze di immagine e fisiche. L'ex-fascista e padre-padrone di AN non ha i baffetti come il poco simpatico e arrogante ex-comunista. Il Presidente del Milan ed ex-socialista è più elegante e più smilzo del professore bolognese, ex-democristiano, che qualcuno ha mirabilmente definito «la mortadella dal volto umano».

Tutto qui. In quanto alla politica, alle idee, ai valori il vuoto più assoluto. Parlano ore ed ore per non dire niente o tuttalpiù per scaricare su chi li ascolta un vero e proprio uragano di idiozie. Viviamo in un Paese in cui imperano ed imperversano gli ex.

Ex-comunisti, ex-fascisti, ex-democristiani, ex-sessantottini, ex-imprenditori, ex-piazzisti, ex-presentatori. Tutti personaggi che possono stare comodamente da una parte o dall'altra. L'esempio di Dini e di Di Pietro docet. Questo forse farà sorridere. Ma alla lunga annoia. Da fastidio. Crea un senso di insofferenza. Si è gridato ad alta voce che le ideologie erano sepolte. Può anche essere. Ma al loro posto c'è il niente. Irrompe la noia. È diventato noioso financo il Papa. Con le sue prediche monotone e ripetitive in favore della pace o in difesa dei diritti dei bambini o delle donne. E che dovrebbe dire un Papa? Anche lui, come tutti, denuncia, mette il dito nelle piaghe italiane che sono tante e troppe. Si fanno indagini e sondaggi quotidiani che drammaticamente ci ricordano, ad esempio, che le famiglie italiane in condizioni di povertà sono circa due milioni e mezzo per un totale di quasi sette milioni di persone interessate; che oltre un milione di bambini (uno su sette) vive in Italia in condizioni di miseria; che poco meno di tre milioni di anziani vivono soli e oltre un milione non sono autosufficienti. Ed ancora: i tempi per la ricerca di un lavoro si sono praticamente triplicati rispetto a venti-venticinque anni fa; sono aumentati i disoccupati, i senza casa e gli sfrattati; diminuiscono i matrimoni e le nascite, aumentano paurosamente i drogati, gli aborti, i suicidi. Lo stato sociale è attaccato e di strutto giorno dopo giorno inesorabilmente. Migliaia e migliaia di persone, soprattutto giovani, sono spinte dal meccanismo del mercato verso la soglia di una povertà inedita e assai inquietante. La società, la famiglia, la comunità si vanno vieppiù sfaldando.

A fronte di tutto questo vi sarebbe la necessità di una classe politica assolutamente impegnata nella ricerca di rimedi. Occorrerebbero esempi e atti concreti. I valori, appunto. Invece la palude si fa sempre più stagnante. Nessun guizzo da una parte e dall'altra. Da qui noia, delusione, rassegnazione. Per la maggior parte degli italiani si è financo persa la voglia di indignarsi. Si è detto loro che con la fine delle ideologie non ci sono più nemici ma avversari. Una castroneria grossa come l'oceano. «Abbiamo perso in ideologia senza guadagnare altro. Assisto ad uno svuotamento culturale, a un gran ballo Excelsior, alla nascita di un emporio, un supermercato... Tutti i programmi si assomigliano». Così si esprimeva qualche tempo fa Marcello Veneziani.

Di parere esattamente identico è Ida Magli nel suo libro "La bandiera strappata", laddove scrive: «La realtà italiana è oramai quella di una cultura esaurita, con un sistema di idee totalmente depauperato. Lo si potrebbe comprendere anche soltanto analizzando quanto povere di proposte siano le forze politiche, quanto povere di pensiero siano le discussioni culturali, quanto povere d'arte le creazioni artistiche». Il nulla avanza ovunque si volga lo sguardo. Nelle scuole, nelle Università tristemente ridotte a mega parcheggi.

Non ci si divide più sui valori ma esclusivamente sugli interessi personali o di gruppo. Tutti omologhi anche in questo.

Si continua a parlare, con un bla bla estenuante, di riforme istituzionali. Elezione diretta del premier, doppio turno, maggioritario all'inglese o alla francese. Una Babele. La medesima confusione avviene per quanto riguarda destra e sinistra. Si tenta pateticamente di dare dignità ad una terminologia obsoleta e superata. Utile soltanto al capitalismo internazionale. Lo impone altresì un sistema elettorale, il maggioritario appunto, che si è voluto cucire addosso agli italiani per renderli ancora più inoffensivi e rassegnati alla logica imperante del mercato. Ortega y Gasset dichiarava senza mezzi termini: «Qualificarsi di destra, di centro, o di sinistra è uno dei modi che un uomo ha per autoproclamarsi imbecille».

Più di recente lo scrittore e giornalista Massimo Fini si sintonizzava sulla medesima lunghezza d'onda: «La destra e la sinistra van bene oramai per le canzoni di Gaber e per i demenziali giochini radical chic con i quali si diletta una società che sta ballando sull'orlo del vulcano». E mentre tutto va allo sfascio e i cosiddetti politici continuano a dilettarsi e a far finta di dividersi su progetti istituzionali e schieramenti di centro-destra o centro-sinistra, gli italiani si annoiano vieppiù. E alla noia si aggiungono un senso di tristezza e di frustrazione che toglie ogni entusiasmo e velleità. Più si parla di politica e meno la gente si sente ad essa partecipe. Ci si sente presi quotidianamente in giro, ma non si riesce a reagire. È la noia che ci ha sepolti. Travolti. Quando invece sarebbe necessario, indilazionabile, ribellarsi. Tirar fuori i cosiddetti attributi. Quanto meno chi ancora li ha. Chi ancora ha la voglia e soprattutto idee e valori per farsi avanti, ha il dovere di farlo.

Lo scrittore Franco Ferrucci non ha dubbi: «Io mi domando perché gli italiani, sottoposti ad un trattamento politico inaudito, non invadano le sedi istituzionali e non caccino via chi le abita». Mugugnare perché ci si annoia tremendamente, o magari dire a bassa voce quando si è tra amici o in privato «ma che palle!» non paga.

In questo nostro Paese c'è bisogno di azzerare tutto e tutti, e ricominciare daccapo.

Gianni Benvenuti

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