«Non è importante la vita. Importante è cosa si fa della vita» (Beppe Niccolai - Roma, Dicembre 1984)

Anno V - n° 1 - 29 Febbraio 1996

 

Grazie di cuore, Presidente!
 

 

Caro Carli,

da lungo tempo ricevo il periodico da te diretto. Malgrado non condivida totalmente la vostra impostazione, apprezzo vivamente il dibattito che avete il merito di suscitare.

La «lettera aperta» a Fini, di cui ti unisco copia, è frutto di riflessioni su cui mi sono fermato, nei giorni scorsi, mentre viaggiavo in macchina. Riflessioni che rispecchiano, per ciò che riguarda gli ultimi capoversi, un effettivo stato di fatto: da qualche mese riesco finalmente a leggere dei libri verso i quali ho sempre nutrito un istintivo interesse!

Non so se riterrai opportuno, o se sarà possibile, pubblicare la lettera su "Tabularasa". Se lo farai, te ne sarò grato.

Luigi Fichera

 

* * *

Carissimo On.le Presidente,

non intendo con questa mia dilungarmi su questioni ormai arcinote e abbastanza digerite dentro e fuori l'ambiente nel quale -come tu stesso hai in diverse occasioni dichiarato- ti sei venuto in gioventù a trovare «quasi per caso». Questioni che possono comunque essere riassunte -come ebbi modo di dichiarare in un mio intervento in occasione del congresso sezionale propedeutico al «congresso nazionale» del gennaio dello scorso anno- nelle seguenti quattro semplici e lineari osservazioni:

a) l'operato presunto «travaso» del partito nell'attuale più «vasto» contenitore -ma in termini più pertinenti il suo stanziamento- non è servito, come ovviamente non poteva servire, all'interno dell'ambiente, nella cui base ha generato traumi più o meno profondi e palesi, e comunque notevoli disorientamenti e perplessità;

b) non è servito nei confronti dell'opinione pubblica o, più concretamente, nei confronti dell'elettore non decisamente impegnato in politica. Questi, infatti, ha spostato il suo voto sull'allora MSI-DN ancor prima dell'operazione «annacquamento», non intendendo certo così aderire alle tradizionali tesi sociali e politiche del partito, ma anche non pensando invero di postulare alcuna potenziale «verginità» nello stesso; indotto invece, nella quasi totalità dei casi, ad una diversa scelta, dal crollo verticale della credibilità di tutti gli altri raggruppamenti politici, per via di «tangentopoli»; e volendo in tal modo affidarsi alla coerenza ed alla comprovata «pulizia» di un movimento il quale -pur sottoposto a costante emarginazione e ad infondate calunnie e persecuzioni- aveva tuttavia saputo coerentemente restare fedele alle sue impostazioni ideali;

c) non è servito, e non poteva servire, nei confronti dei partiti tradizionalmente ed autenticamente avversari, i quali se pur a volte strumentalmente, dichiarano di credere alla «sincerità» dei nuovi propositi, sono sempre lì pronti a risfoderare -al momento opportuno- la vecchia accusa della presenza, nel concreto ambiente umano del «contenitore», di tendenze ed atteggiamenti «eversivi» o comunque estranei all'organismo della «repubblica nata dalla resistenza»;

d) non è servito, e non serve, nei confronti degli altri raggruppamenti del cosiddetto «polo», i quali sostanzialmente non vedono l'ora che il «nuovo contenitore» sia definitivamente e totalmente snaturato, e -cosa assai più importante- notevolmente ridimensionato: vedi le reiterate dichiarazioni in proposito del «filosofo» Rocco Buttiglione, nonché le più recenti manovre dei «cespugli».

Non voglio altresì, più di tanto, soffermarmi sulla tela, abilmente e furbescamente, attualmente tessuta dall'«accoppiata» dei due Presidenti (il sempre democristiano capo dello Stato e l'attuale Presidente del consiglio), né su quella che, assai presumibilmente, sarebbe stata la valanga di consensi che, successivamente, con moto spontaneo, si sarebbe riversata sul vecchio MSI-DN, qualora dopo le elezioni del marzo '94 si fosse intelligentemente scelta la via dell'appoggio esterno al governo Berlusconi, nei confronti del quale (e di Bossi) si sarebbe potuta agevolmente, e proficuamente, esercitare una funzione di stimolo e di controllo. Molto probabilmente, alle successive elezioni, il MSI-DN sarebbe stato legittimato dagli elettori come forza maggioritaria, ed avrebbe quindi legittimamente potuto aspirare alla leadership governativa. Pur tuttavia a quest'ultimo riguardo, a giudicare ad onor del vero dai più recenti accadimenti, c'è da dubitare molto seriamente della concreta possibilità, da parte della classe dirigente del partito -fatte salve alcune pur degne eccezioni (ed a prescindere dalla obiettiva eccezionale gravita della situazione socio-politica)- di assolvere proficuamente al compito storico cui sarebbe stata chiamata. Ho voluto abbastanza succintamente esporti il mio pensiero di vecchio militante missino (iscritto dal lontano 1948), pensiero che mi auguro non susciti in te, «novello democratico», sentimenti di irritazione, visto che - da giovane vissuto e formatosi, per obiettivi motivi anagrafici, nel clima post-bellico di totale diseducazione, da «vestale di ritrovata verginità» sei riuscito, in uno ai tuoi validi «colonnelli», a far condurre a suo tempo «congressi» federali e successivamente un «congresso nazionale» al cui confronto i «democratici» congressi nazionali della DC dell'epoca di Fanfani, impallidiscono.

Preferisco d'altra parte dare alla presente la veste di «lettera aperta», dal momento che non mi è razionalmente dato di illudermi sulla possibilità che essa possa essere pubblicata (sia pur in sintesi, stante la sua obbligata prolissità) nella rubrica «Lettere al Direttore» del "Secolo d'Italia". Infatti, sin dall'epoca in cui è stata decisa, al vertice, l'operazione AN, mai nessuna lettera in discordanza con il pensiero dominante (del vertice) -e non potevano non essercene- è stata pubblicata dal quotidiano dell'allora MSI-DN. Ne è documentato testimone il sottoscritto, il quale per circa un cinquantennio ha comprato, quasi quotidianamente, quel quotidiano. Anche quando, per via delle norme burocratiche a suo tempo legate all'iscrizione al Movimento, ne riceveva già una copia in abbonamento, che faceva recapitare presso i locali sezionali per opportuna «intelligenza» dei camerati. E ciò in virtù della elementare, «critica», nonché libera, considerazione del fatto che -poiché non esisteva, e non esiste, e forse non può esistere, una stampa veramente indipendente e di pura asettica informazione- dovendo pur accedere ad una qualche informazione scritta, riteneva opportuno, oltreché doveroso, sostenere la stampa del Movimento, anche quando questa -in certi periodi- risultava a dire il vero, molto carente e parecchio inconsistente.

A questo punto, mi corre in tutta coscienza l'obbligo di rivelarti il motivo preminente di questa mia, che in verità è quello di rivolgere a te -cosa che non ho mai avuto occasione di fare nei confronti di alcun altro vecchio e stimabile Segretario nazionale del MSI- un assai sentito ringraziamento, per avermi tu, con l'operazione da te «democraticamente» voluta e che ha conseguentemente, nonché tempestivamente, trasformato il "Secolo d'Italia" in quotidiano di AN, liberato (ogni accostamento alla «liberazione» di altri Alleati è puramente accidentale) dalla schiavitù di leggere quotidianamente tale foglio, lettura che ormai determina in me -quelle rare volte che tento di farlo- uno spontaneo moto di ripulsa.

Solo al constatare, fra l'altro, come si possa avere dilapidato -al fine di rincorrere una assai improbabile, oltre che assai discutibile nel merito, posizione di «potere»- un patrimonio ideale e morale di cinquantennale coerenza e legame alle radici, dalle quali non si può prescindere se si vuole avere un futuro. Come ha avuto il coraggio di ammonire l'altr'anno, a Catania, quel grande Uomo che è Papa Wojtyla: «Un uomo senza memoria, è un uomo senza futuro!».

Vivissimi ringraziamenti pertanto a te, caro onorevole «Presidente» per avermi liberato da questa antica schiavitù, e per avermi dato con ciò la possibilità di utilizzare il cospicuo tempo che prima dedicavo ogni giorno a scorrere ed a leggere buona parte di quel quotidiano, in uno:

a) ai miei impegni di modesta ricerca professionale - visto che, forse senza eccessivo mio merito ed in mezzo a tante difficoltà, dovute anche alle mie posizioni politiche, svolgo l'attività di docente universitario (di disciplina scientifica) presso questa Università;

b) ma ancor più alla lettura di testi di argomento storico-politico e filosofico, che ho sempre avuto il desiderio di leggere sin da quando -giovanissimo e privo di risorse economiche- essendo stato, da nato e residente nel catanese, testimone delle vergogne abbattutesi sulla Nazione all'epoca dello sbarco «Alleato» in Sicilia, ho sentito crescere in me -che in fondo ero stato quasi per nulla coinvolto nelle attività delle organizzazioni giovanili fasciste- uno spontaneo sentimento di repulsione nei confronti dei voltagabbana dell'ultima ora, e di conseguenza un forte desiderio di documentazione e di analisi degli avvenimenti della storia recente della Nazione.

Ancora grazie di cuore, onorevole «Presidente»!

Luigi Fichera
Lecce, dicembre 1995

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