«Non è importante la vita. Importante è cosa si fa della vita» (Beppe Niccolai - Roma, Dicembre 1984)

Anno V - n° 1 - 29 Febbraio 1996

 

Se è la politica ad essere giustiziata


 

Si sa, la politica-spettacolo -ed un sistema maggioritario sempre più inceppato sembra ribadirlo con pervicacia inesauribile- si nutre di tormentoni e ribaltoni. Le tinte sporche e gli accenti del melodramma mirano a confondersi e ci rimette, prima di qualcos'altro, la riconoscibilità dei ruoli istituzionali. Dietro, appena alle spalle dell'avanspettacolo, della commedia gratuita e spesso buffa, il potere si infittisce attraverso una serie spietata di realtà in conflitto, intricate, atomizzate. Ci pare che questo ricorra anche e soprattutto nelle vicende alle quali Tangentopoli ha regalato un nome di battesimo che ha fatto fortuna. Ed oltre Tangentopoli, oltre lo spirito opportunistico di tutti quegli Italiani che sapevano ed ora recitano la parte dei dissociati e degli ignari, oltre l'effimero del «nuovo miracolo» dei pregressi mesi, si è sviluppata una versione ulteriormente squilibrata di questa democrazia.

Nulla togliendo alle inchieste giudiziarie che hanno dato il via alla parziale sostituzione della classe dirigente di marca socialista e democristiana -a voler tacere delle forze di ispirazione «laica»- nello scenario si sono aperti dei varchi. L'azione penale è obbligatoria, ma la si è promossa con tante ombre. È infatti importante stabilire se la caduta -non completata- di certi assetti politici e del peso condizionante di taluni partiti debba per forza considerarsi il viatico per l'irruzione nel contesto sociale di nuovi soggetti privi di adeguati bilanciamenti.

In un ambito collettivo che si richiami ad un corretto «posizionamento» delle varie funzioni statuali ognuno dovrebbe porre in prim'ordine una consapevole ricerca dell'ottimizzazione dei fini. Uno Stato senza Giudici non potrebbe garantire le esigenze di giustizia dei governati; non appresterebbe la necessaria tutela dei soggetti più esposti; si renderebbe latitante ed indifferente dinanzi alle turbative di valori. Ma anche l'ipotesi, concretamente realizzatasi nella presente congiuntura di un Ordine Giudiziario che operi in assenza dello Stato (ovvero di altri Poteri) non rende del tutto operanti i tratti sostanziali della legalità.

La smania giustizialista dell'elettorato, sia che si collocasse a destra o a sinistra, ha influenzato negativamente le condizioni di fondo dei comparti istituzionali. L'amplificazione del principio di pubblicità dei processi ha reso insidiato e problematico lo svolgimento dei dibattimenti e sono venuti alla ribalta nuovi protagonisti. Ognuno con la sua serietà, la sua preparazione, il suo «curriculum»: anche, però, con debolezze narcisistiche, con richiami personalistici che hanno nuociuto e nuociono ai criteri di imparzialità e serenità.

Ma il punto su cui è opportuno soffermarci non è solo quello segnato da certe «sbavature» inquisitorie. Non è solo il disarmante utilizzo della toga, la pregnante «promozione» -favorita o meno dai rotocalchi- delle fisionomie di indaffarati e solerti Controllori che danno il ritmo ai processi che può recare pregiudizio all'insieme degli eventi. In fondo la polemica sull'uso disinvolto o, peggio, distorto della custodia cautelare che ha battuto molto anche il tasto del pavoneggiamento di molti Pubblici Ministeri, potrebbe riflettersi sui termini della «tecnica processuale»; i problemi risulterebbero, in questo senso, inscritti nel novero dei rischi connaturati al confronto che tutti i giorni si attua nelle aule di Giustizia; gli Avvocati protestano, certe Camere Penali si mobilitano e tutto si riversa nelle intraducibili formule che sostanziano il linguaggio della Legge.

Ma le dissonanze non si rendono visibili nei soli Tribunali. Il problema non sta nel solo conflitto accusa-difesa. La parola è alla folla virtuale e la posta è più alta. Sintetizziamo con un interrogativo: se una scelta politica si rivela sbagliata, se una delibera prevede oneri pubblici troppo alti o comunque inadeguati, se un assessore è un debole reso ostaggio di Consigli o comitati, tutto ciò ha per forza un profilo penalmente rilevante! La evidente carenza di efficacia decisionale, le tare politiche gestionali hanno un solo momento risolutore, questa è l'opinione diffusa. Ed esso si palesa nel potere che la «vox populi» attribuisce al prestigio dell'Ordine Giudiziario. Nella Toga si intravede e si immagina una forza e poco importano ai cittadini gli articolati di legge, i Testi Unici, il potere-dovere di promuovere l'azione penale ed i limiti intrinseci e ragionevoli che l'esercizio di una funzione così delicata porta con sé.

Gli idonei elementi di giudizio, la distinzione tra attività di Polizia ed attività del Magistrato, l'irriconducibilità dei fatti politici in determinate figure criminose poco interessano: gli Italiani «dissociati» e «ignari» evocano comunque la catarsi, la nèmesi inarrestabile. I mali della Vecchia Repubblica, la corruttela, le sperequazioni sociali, il cappio clientelare che attanaglia tuttora il cittadino non sono una fantasia leggera e non sono formule di un moralismo «un tanto al chilo» (come qualcuno ebbe a dire). La «Città del Sole» non è stata ancora edificata, il bisogno di giustizia è reale e motivato e non è tempo per i soli giudizi storici retrospettivi. Ma è altrettanto vero che una società ordinata ed organica deve comporre i propri contorni rispettando i compiti istituzionali e non ridurre sé stessa nello spazio angusto ed unilaterale di un giustizialismo retorico: «Un giustizialismo contro la politica», ha ammonito G. Baget Bozzo dalle colonne de "il Giornale" del 16 gennaio, osservando l'empito di una nuova «antipolitica» qualunquistica capace di aggregare a destra, al centro, a sinistra. Il problema è che i vecchi vizi si ricapitalizzano e nulla cambia.

Finché gli «avvisi di garanzia» costituiranno un nuovo modo di governare, adottato illegittimamente da soggetti più o meno occulti; finché il giudizio politico sarà collocato pedissequamente in una fase d'attesa rispetto alle valutazioni di merito e di legittimità dei cittadini togati; finché si combatterà nell'arena elettorale a colpi di memoriali, querele, perquisizioni e sequestri documentali, ben poco credibile e probabile sarà una nuova alternativa di idee. È bene dirlo. Anche a costo di essere fraintesi.

Roberto Platania

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