«Non è importante la vita. Importante è cosa si fa della vita» (Beppe Niccolai - Roma, Dicembre 1984)

Anno V - n° 2 - 31 Marzo 1996

 

21 aprile 1996: la corsa al «posto»
 

«L'elettore si trova dinanzi a un vero paradosso, perché a invitarlo a scegliere liberamente è un potere che, per parte sua, non ha alcuna intenzione di rispettare le regole del gioco. Ed è questo stesso potere, che ha eletto lo spergiuro a regola di vita, a pretendere da lui di prestare giuramento»

 

Ernst Jünger, "Trattato del ribelle", Adelphi Edizioni, Milano, 1990

 

 

E così, ancora, siamo chiamati alle urne per dimostrare di avere, oltre la conclamata libertà, anche l'idoneità (quanta generosità!) a mandare impunemente qualche centinaio di cialtroni -in una o più sale- a discutere e legiferare sul nostro avvenire. Migliaia di maddaleni fanno riprodurre le loro facce a volte gioiosamente babbee, altre seriosamente pensanti, sempre e comunque imbellettate artificiosamente per nascondere l'intimo desiderio di farci subire l'imbroglio. Promettono «posti» ma intanto si assicurano il loro. Lordano facciate e tabelloni, deturpano paesaggi, danneggiando ulteriormente l'aspetto delle nostre già lerce, sconce disastrate periferie.

«Scendono in campo» nuovi ciarlatani, emuli del grande mistificatore che due anni fa prese per le mele tutto un popolo (bue) che credette alle sue dichiarazioni, l'essere egli l'unto da dio, l'inviato da dio... (Vien voglia di schiacciare un moccolo!) Gli tengon dietro ciurme di invasati imbonitori, incravattati rimpulizziti setacciati, scaricati sulle nostre strade, tracimati dal grande depuratore della memoria che ci da l'oblio come valore dell'attualità. Sono gli stessi che non molto tempo addietro si mettevano in coda, in trepida attesa, per essere ricevuti da un altro imbroglione: Mendella.

Ed a proposito del quale mi sovviene un episodio: vi fu chi, nell'amministrazione comunale di Viareggio, ebbe l'idea di proporlo come cittadino onorario. Ma se Viareggio è una piccola città -ed il rumore che può fare una proposta insensata può essere spazzata via dalla prima libecciata- cosa pensare di quei milioni di nati sotto i cavoli che vegetano in quell'espressione geografica chiamata Italia e che, due anni fa, hanno delegato un chiappaminchioni a reggere le sorti di tutti noi? E il bello è che ancora ci credono e ce lo vorrebbero nuovamente rifilare...

Oh, sì, insisto: siamo un popolo bue, con il giogo assicurato alle corna. Che si sottomette giulivo a tutte le imposizioni e giocondamente si inchina sotto le forche dei novelli Sanniti. Un popolo irretito dai media, portavoce dei politici che gabbano gli interessi di gruppo (vedi i bottegai) e di aziende come interessi nazionali.

Ed a proposito dei bottegai io ricordo l'intervento, alcuni anni fa (non era ancora deputato), di un ex-ministro del Venditore. Costui, in una sessione del Comitato centrale del MSI, quando venne posta in discussione la proposta governativa di dotare del registratore di cassa ogni attività commerciale, per controbattere le perplessità di alcuni membri, con grande convinzione e fermezza dichiarò: «Non uno, ma due registratori di cassa in ogni bottega».

Altri tempi. Eravamo nel ghetto, non frequentavamo i salotti romani (qualcuno, però, i nights li conosceva già), i nostri voti erano congelati e i bottegai non ci votavano. Oggi, invece, alta finanza, borghesia industriale, costruttori, magistrati, speculatori, monarchici, porno-dive, attorucoli, si adattano a cambiar padrone e, con i bottegai, votano per costui ed i suoi soci.

Qualcuno si chiede: per chi dobbiamo votare? Altri soggiungono: votiamo per il meno peggio. Ma il meno peggio fa parte del peggio.

È la rivelazione tragica di una politica ambigua, fiacca, sfiduciata in sé stessa, traballante su basi debolissime. Che produce individui che vogliono andare al potere per morire al potere -stringendo nelle mani l'ultimo portafoglio-, sazi di immeritati onori perché dominatori di un Paese che non sa contrapporre, al cinismo dilagante, la creazione di un sogno da trasporre nel vivere quotidiano.

Vivere per reagire. Per convincerci che è meglio la negazione aperta di ogni forma partitica, piuttosto che accettare la presenza di abulici personaggi affogati nel loro caos e che si accusano di plagio per i programmi.

Sono tutti uguali. Si respira aria di sfacelo, di disfatta. La corruzione regna e sovrasta ancora tutti gli organi vitali dello Stato e l'opinione pubblica si inabissa nella montante marea fangosa. Il Parlamento è una spelonca nella quale neppure la presidenza di una beghina, verginella fallita (pur con l'ausilio del suo angelo custode), è riuscita a mettere ordine.

Sarebbe più auspicabile che cominciassero ad esplodere le bombe dell'anarchia, piuttosto che obbedire ad uno stato di cartone dove la legge è il libito dei governati. Fuori dalla legge integrale, per noi non vi può essere che la ribellione ad ogni legge. L'ordine può nascere dal disordine, la pace sociale dal contrasto delle volontà individuali, la verità dalle discussioni, la legge dall'arbitrio, lo stato dal contratto, l'autorità dalla libertà.
 

a.c.

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