«Non è importante la vita. Importante è cosa si fa della vita» (Beppe Niccolai - Roma, Dicembre 1984)

Anno V - n° 2 - 31 Marzo 1996

 

le cronache sanitarie
 

Ma lo sciopero no!

 

Del medico e del prete è più facile dirne male che farne senza: antica saggezza popolare dalle molte conseguenze... Su una faccia della medaglia: se i medici costituissero una categoria, invece che essere -loro malgrado- un branco di lupi affamati pronti ad addentarsi fra di loro pur di assicurarsi una sia pur legittimo boccone, avrebbero il governo in mano, la magistratura comprensiva e la popolazione ai piedi. Pagati poco più di una colf che lava i piatti e spazza i pavimenti, protestano poco e male, ma soprattutto nel modo e col mezzo peggiore.

Si consideri il sequestro di persona: si rapisce una persona cara (estraneo innocente) a qualcuno, a questi (controparte) si estorce denaro facendo leva sui suoi più umani sentimenti (ricatto), usando come arma la vita di un terzo, che nel fatto entra solo come vittima. Si consideri lo sciopero nel servizio pubblico: si consideri che nella sanità se mai la cosa è ancora peggiore: bloccando un servizio, si creano danni, ritardi, disagi ai cittadini (estranei innocenti), si estorce denaro al governo (controparte) ricorrendo come arma al danno di terzi ed al timore delle proteste e del malcontento (ricatto). L'illecito è appannaggio del ricattatore, non certo del ricattato né tanto meno dell'estraneo innocente, quindi, moralmente siamo del tutto fuori strada. Tant'è che da oltre vent'anni non prendo parte a scioperi, coerentemente, senza guardare se siano motivati o meno. Quando va bene, vantaggi ne portano ben pochi, mentre danni alla figura, alla dignità, alla affidabilità di tutta la categoria ne portano sempre, e gravissimi. Perché il medico, che ormai non lo è più, è tuttora nella mente popolare il classico professionista arrivato e benestante, ora anche avido, venale e prepotente.

Quindi, tutto, ma lo sciopero no... ! L'altra faccia della medaglia di quel detto antico: è una faccenda tutta contro di noi. Abbiamo di fronte lo spauracchio della omissione di soccorso; guai ad incapparci: la magistratura non perdona, mentre noi doverosamente e coscienziosamente, ai magistrati che ci fanno barba e capelli, perdoniamo sempre. Se occorre, ecco la precettazione, e noi siamo nel mirino, a lavorare malvisti, con le botte e le beffe. Se dobbiamo garantire le urgenze, allora le nostre azioni fanno ridere: potremmo evitare di ricoprirci di fango.

Potremmo, e qui si fa per dire, escogitare altre vie, altre forme di lotta: contemporanee e totali dimissioni dalla FNOM-CEO e dagli albi provinciali, radiazione immediata d'ufficio per chi non si attiene agli ordini di «scuderia». Nessuno può costringermi a fare il medico se non voglio fare il medico! Possibile? Certo che no! Anzitutto, c'è chi osa credere nella «totalità» delle dimissioni? e poi, che ne facciamo della moltitudine di impiegati, funzionari, dipendenti, «pezzi grossi», pezzetti e pezzettini della Federazione che, senza più iscritti e senza più chi versi le tasse e contributi, si troverebbero senza stipendio sul lastrico? Loro sì che hanno sindacati che li tutelano e non vorrebbero che ne facessimo dei disoccupati o dei cassaintegrati! Oppure tutti al «confine» con lettera raccomandata pronta in tasca, contenente dimissioni immediate ed irrevocabili da ospedali cliniche università mutue ambulatori e via dicendo, spedizione contemporanea all'apertura mattutina degli uffici postali ed emigrazione in massa... Possibile? No di certo! Troppi sarebbero i furbi che nelle altrui dimissioni vedrebbero un magnifico terreno di caccia a proprio beneficio: sia di lezione la percentuale di partecipazione agli scioperi.

Pura utopia, dunque? E chiaro che sarebbe moralmente un alibi, non una giustificazione; la gente morirebbe senza assistenza; da nessuna parte sta scritto che io devo fare il medico se non me la sento più, e se non sono dipendente ospedaliero e non sono più iscritto all'Albo non posso esercitare; neppure la precettazione penso possa più sussistere, e se sono all'estero, men che meno. Concludo: occorrerebbe anzitutto ritrovare la profonda consapevolezza di essere sempre e soprattutto medici, assai prima che di destra o di sinistra, e prima che primari, assistenti, condotti o mutualisti e poi che -chi di dovere- e-scogitasse mezzi di lotta sensati, duri oltre il possibile, ma soprattutto efficaci e senza scappatoie, evitando nel modo più categorico tutto ciò che assomigli al ricatto e che ci tiri addosso del fango. Qualunque cosa, qualsiasi mezzo, ma lo sciopero no. Quello fa sempre e solo del male alla nostra immagine!
 

Renzo Lucchesi

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