«Non è importante la vita. Importante è cosa si fa della vita» (Beppe Niccolai - Roma, Dicembre 1984)

Anno V - n° 2 - 31 Marzo 1996

 

Attraverso lo specchio
 

«Siamo ancora fascisti?» interrogava e si interroga Vito Errico, in uno dei suoi soliti interventi su "Tabularasa": lucidi, provocatori, eccessivi... E già alcune risposte gli son giunte. Da parte dell'«anarco-fascista» a.c., fascista «per tutto ciò che il fascismo non fu»; dal «fascista alla Berto Ricci e alla Beppe Niccolai» Gianni Benvenuti; da Pietrangelo Buttafuoco «fascista di sinistra e libertario»; e... qual'è la mia risposta? Da quale fascismo impossibile io discendo? Non che la cosa in sé debba avere chissà quali interesse o importanza, no di certo. Ma, siccome è a tutti (?) noto, su queste pagine, che noi queste pagine riempiamo soprattutto per stravaganti e singolari esigenze d'ordine personale - ebbene, qui si proverà a sciogliere il quesito, a beneficio della propria e forse altrui curiosità.

Non dovrebbe esser difficile. Se non altro, per l'opera di maturazione iniziatasi con le prime letture di Evola, e proseguite lungo la "Linea Futura", "Spazio Nuovo", "Nuova Destra" (DOC). … È grazie a loro, infatti, che ritengo di avere da tempo imparato a distinguere il «mio fascismo» da quello professato dalle isteriche vestali e dai farisaici custodi d'ogni ordine, razza e confessione. La «fuoriuscita dal tunnel» è per me cominciata in quegli anni e, senza iattanza, è andata davvero oltre...

E tuttavia, se scorro il vecchio album di famiglia, ritrovo intatti i motivi, le ragioni e i volti per i quali non possiamo non dirci fascisti. Erano i tempi dell'«uccidere un fascista non è reato», del «dove c'è fascismo non c'è cultura e dove c'è cultura non c'è fascismo». Tempi in cui al fascismo ed ai suoi seguaci -veri o presunti, entrambi- venivano addossate le peggiori nefandezze, ora appena immaginabili... No, non era lecito, allora, dirsi fascisti a condizione che, o nella misura in cui.

Poi, si sa, i tempi cambiano. E con essi i ruoli. Sicché, per un beffardo destino, i purissimi alla Franco Franchi & Co. o i durissimi alla Mirko Tremaglia & Co. son oggi autorevoli membri di Palazzo -e gli inquieti, i dialoganti, gli eterodossi (: «i traditori» d'un tempo che fu, ed era ieri), si son visti assegnare la parte dei nostalgici, degli estremisti, dei fascisti rétro.

Il fatto poi che fra quest'ultimi vi sia chi, nel nuovo/vecchio ruolo di ultradestra, s'è trovato pienamente a proprio agio, non toglie granché all'ironia della sorte... Ma è giunto il momento anche per me di pormi davanti «allo specchio della coscienza», come ha scritto e fatto Vito Errico, lo scorso numero di "Tabularasa". E, di fronte al tempo che si fugge tuttavia, interrogare in questo modo lo specchio delle nostre brame: «Che ne hai fatto dei tuoi ideali, vecchio ragazzo?»

Di fronte a sé stessi, dunque, in un'età in cui i ricordi non sono ciò che abbiamo perduto, ma ciò che abbiamo (W. Allen), è necessario chiedere -senza infingimenti, senza la maschera delle rughe o dei capelli bianchi- se si è rimasti fedeli alla propria giovinezza (R. Brasillach).

In quest'esame a luce soffusa ma diretta, sovviene il riflesso di una breve poesia di vent'anni fa: «La verità è inafferrabile / forse è l'inconscio / le vicende che tramanda / già non possono ferire né commuovere molto / a volte temo sia una fuga / verso una certezza che si fa vana / ma ha una voce che riconosco / voce di comando / che non si rassegna perdermi».

Credo potrei, sì, trascrivere di nuovo quei versi.

 

*   *   *

Quelle immagini un po' sbiadite dell'album di famiglia conservano però una loro evidenza, una loro chiarezza di linee. Linee essenziali, che si chiamano ancora passione civile e coscienza sociale. Continuo a vedere, in quelle immagini fuori moda, la stessa volontà di stare dalla parte del torto; con le minoranze, con gli indifesi, con gli anticonformisti.

Sì, m'è rimasta la voglia di stare per conto mio, contro questo sistema che considera l'uomo un optional, ovvero un elemento trascurabile nel ciclo della produzione. Contro questa modernità fondata sull'utile, sul funzionale, sul superfluo, e dove non c'è più spazio per la bellezza e per la solidarietà. Contro questa civiltà che contabilizza ogni aspetto della vita, e non fa mai i conti con la vita.

... Il mio fascismo? È oltrepassare lo specchio interiore, per infrangere l'egoismo, l'indifferenza, il lasciarsi vivere.
 

Alberto Ostidich

Indice