«Non è importante la vita. Importante è cosa si fa della vita» (Beppe Niccolai - Roma, Dicembre 1984)

Anno V - n° 2 - 31 Marzo 1996

 

Ripeterà il 1999 le «cose ultime» del Mille?

 

«Il mondo si trova nella condizione di un condannato a morte, che conta le ore che lo separano dall'eternità. Tutte le passioni tacciono; i nemici più acerrimi si riconciliano, l'offeso rinuncia al piacere della vendetta e stringe la mano all'offensore. Il signore affranca gli schiavi...» è la figurazione davvero appropriata che l'economista elvetico J. L. C. Sismondi tratteggiò in relazione alle condizioni d'indugio determinatesi sulla Terra all'approssimarsi dell'Anno 1000, in quanto nella notte di San Silvestro del 999 d.C. -secondo la dottrina delle «cose ultime»- l'attesa escatologica del Mille avrebbe dovuto compiersi e concludersi con quell'Apocalisse che il poeta versiliese Giosuè Carducci nel "Discorso primo dello svolgimento della letteratura nazionale" (1868) specificò, in analogia di valutazioni a quelle dello storico francese J. Michele! e dell'inglese W. Robertson emergenti nelle loro opere in materia, quale condizione di gravita della «crisi collettiva» di coscienza che andava tormentando l'Umanità più evoluta ed anche quella più tarda allora esistenti nei Continenti conosciuti in fatto di discernimento civile, di capacità politica e di responsabilità storica dirimpetto al dovere-obbligo di ciascuno per la strutturazione positiva del Futuro.

Dieci secoli più tardi, quindi oggigiorno, se la trepidazione generale di quel tempo per l'imminenza del sopraggiungere del Satana disciolto, sino alla considerazione degli «alcuni, a dir il vero, [che] moveansi: cercavano peregrini la valle di Josafat, per ivi aspettar più da presso il primo squillo della tromba suprema» (così enfatizzò il cantore delle «Odi barbare»!) non fosse stata obliata quale esortazione al rispetto dei valori della coscienza dall'epoca delle rotte di esplorazione, di conquiste e di avventure sui mari e nelle possessioni di nuovo ritrovamento da parte dei Vareghi preceduti dal monaco franco Anskar, di quelli dei Normanni succeduti ai Vichinghi dei quali perfezionarono il knorr (bastimento largo e stabile) ed anche il drakkar (imbarcazione antica rinvenuta poi oltre la Groenlandia), delle spedizioni religiose dell'Islam e dei Crociati, dei commerci delle Repubbliche marinare italiane addirittura sino agli avvenimenti più recenti come le missioni degli astronauti sulla Luna (1971 e prove successive) e la demolizione pacifica del «muro di Berlino» (1989, con nascita del Quarto Reich), soltanto l'esegesi delle conquiste e delle scoperte fondamentali realizzate dalla Società umana nell'ambito del Diritto, della Filosofia, di Arte e Cultura, di Scienze e della Tecnica applicata sarebbe stata sufficiente all'Uomo, ai popoli ed a tutte le razze per la più agevole maturazione di un equilibrio sociale che invece alcune oligarchie continuano a negare. Neppure le nuove rivelazioni geografiche, quali la scoperta delle Americhe nel 1492 con C. Colombo e quella dell'Australia nel 1606 da parte di Willem Janszoon (verificatasi per errore di rotta nel traffico mercantile di una nave delle Compagnie delle Indie Orientali), neanche le rivoluzioni sociali per l'evoluzione e il perfezionamento della politica hanno determinato situazioni diverse da quelle che caratterizzarono la conclusione del primo millennio e di ciò che ci interessiamo con la dovuta attenzione per individuare le cause che impediscono alla Civiltà di liberarsi dal rischio del ritorno agli incubi morali di una nuova notte delle «cose ultime». Infatti, è incombente interpellare la Storia per dedurre i moventi che hanno impedito all'uomo contemporaneo, attraverso le perizie sul Rinascimento e sull'Evo moderno, di prestabilire con accorgimento il rifinimento più oculato di strutture istituzionali, politiche ed eco-nomiche, per garantirgli la sopravvivenza nel Tremila.

 

Lo schiavismo nero degli yankees '800

«Uncle jay poor people field» (cioè: campo di gioco per povera gente!) è la denominazione in uso crescente -adesso, al tramonto del secondo Millennio- in diverse aree abbandonate della megalopoli di Nuova York che evidenzia, in prossimità dei giganteschi grattacieli di Manhattan oppure dell'Empire State Building, dove l'incidenza dell'alta finanza mondiale codifica gli andamenti operativi di Wall Street e l'azione dell'economia nei vari Continenti, l'urgenza anche per gli Stati Uniti d'America di concretizzare un'effettiva statica sociale (sinora mai garantita) ai discendenti degli ex schiavi negri, quelli venduti da mercanti di uomini come Tippu Tib ai padroni terrieri delle fattorie yankees nella Louisiana ed anche della Nuova Inghilterra (il territorio USA inerente gli Stati confederati di Maine, New Hampshire, Vermont, Massachusetts, Rhode Island e Connecticut), che pur rappresentando oltre un sesto dell'intera popolazione statunitense, soltanto nel 1863 -per venire arruolati come truppa di prima linea nella «guerra di secessione» a favore dei nordisti contro i sudditi- ottennero dal presidente Abraham Lincoln la proclamazione della loro emancipazione, ma che tuttora viene frenata dai pregiudizi razziali degli altri statunitensi. In realtà, l'abolizionista negro F. Douglass chiese agli altri yankees già nel 1865 se, dopo l'eliminazione della schiavitù, l'emancipazione sarebbe avvenuta con il mantenimento delle promesse che fornisce la Costituzione Federale USA in materia e, più di un secolo dopo, oggi nessun «suddito democratico o repubblicano» amministrato dalla Casa Bianca (J. A. Garraty - P. Gay, "Storia del mondo", 1973) può dire quale sarà l'ultima risposta in fatto di parificazione delle razze nel suo Paese.

L'ipocrisia yankee dei capitalisti del Rockefeller Center è in nulla inferiore a quella dell'impassibilità britannica dei lords della City londinese !

 

«Tromba suprema» per smemorati

Non sappiamo se i gabbamondo indigeni in demagogia reazionaria e di conservatorismo neo-liberaloide, che di recente hanno compiuto visite al di là dell'Atlantico per accattivarsi della considerazione dei politici yankees di Washington e dei masters dell'Alta Finanza di Wall Street, quando si sono trovati dinanzi alla colossale statua della Libertà eretta a Nuova York su un'isoletta della Baia Superiore (da cui si può osservare anche il ponte di Brooklyn) hanno rammentato come quell'enorme monumento nasconde in realtà la vergogna storica delle rotte dei negrieri che tra i secoli XV e XIX hanno scaricato sulle spiagge e nei porti USA bastimenti interi di schiavi prima e dopo il 1808, cioè successivamente l'abrogazione di tale servaggio.

Ma l'eventualità di tale memoria in fatto di considerazione della «realtà politica» affrontata adesso dagli esponenti USA in ambito mondiale è relativa, perché non si deve dimenticare come sulle rive di Nieuw Amsterdam (la Nuova York di ora) dai piroscafi e dalle navi delle Compagnie transatlantiche di Navigazione sono sbarcati milioni di emigranti -tra i quali moltissimi Italiani- che sulle banchine dell'East River iniziarono a patire la più umiliante sudditanza nei lavori di maggiore sacrificio, senza poter usufruire di quella Civiltà del Lavoro creatrice di progresso specie quando si promuove la collaborazione tra Capitale e Produzione (tra imprenditori e categorie produttrici), cioè quella Socializzazione tanto temuta ed odiata negli ambienti plutocratici di Wall Street. Non si deve dimenticare che, come disse Benito Mussolini pochi giorni prima del suo assassinio, senza la realizzazione di un piano mondiale di socializzazione nel mondo del Lavoro, sulla Terra non potrà vincere la Pace. La carducciana «tromba suprema» per l'ultima mezzanotte del 1999 suonerà la sveglia della Memoria e della Coscienza su tutti i drammi vissuti nelle Americhe e altrove dopo lo sbarco di Colombo a Guanahani, il contemporaneo San Salvador!

 

Pietra del sole calendario litico

In seguito alla reconquista da parte dei reali Ferdinando e Isabella della roccaforte di Granada occupata dai Mori, la Spagna all'inizio dell'evo moderno aveva «fame» di oro ed i re Cattolici affidarono ad H. Cortes la conquista del nuovo mondo di preziosità. E cominciò così la persecuzione delle genti autoctone delle Americhe, alle quali i conquistadores di F. Pizzarro -annullando la diplomazia dell'hidalgo Cortes- sottrassero i patrimoni in oro ed altri preziosi degli Aztechi, sopprimendo le loro leggi e tradizioni, annientando l'autorità dell'imperatore Montezuma. Analoga malevolenza colpì gli Incas (i «figli del Sole») che nel Perù, a Cuzco, Pisac, Sacsahaumàn e altrove -oltre alle ricchezze inestimabili lasciate dalla stirpe di Huayna Capac, estesasi anche sulle Ande, in Cile e nelle Colombia- erano pervenuti al perfezionamento dell'apogeo della civiltà maya (sviluppo di aritmetica, astronomia ed arte) sino alla realizzazione delle ceramiche, della tessitura e della metallurgia. Nel Brasile, il navigatore P. Alvarez Cabrai -dopo le prime visite di Vespucci e V. Y. Pinzon- chiamò llha de Vera Cruz lo stato di Bahia ed aprì quella terra alla colonizzazione per il Portogallo.

L'appropriazione da parte degli Stati iberici delle ricchezze di Aztechi, Incas e Maya vide i conquistadores, i loro hidalgos, i gesuiti e molti avventurieri polarizzare le proprie aspirazioni sul trinomio «oro, gloria e Vangelo» (R. Bosi, "Vita e tempo di Cortes", 1969) rendendolo sincrono, nella logica dei cosiddetti «poveri selvaggi» creatori della piramide dell'Adivino, dei pilastri istoriati delle «mille colonne» di Chichén Itzà e dei «temazcalli» (le saune azteche), quale loro obbligazione di dare quanto con capacità avevano realizzato per le proprie necessità. Senza dubbio, per gli aztechi la data dell'arrivo a Tenochtitlan (Città del Messico) degli Spagnoli resterà indicato nel calendario litico della storia del mondo come una ricorrenza negativa, ma per l'Umanità questa celebre «Pietra del Sole» -adesso conservata nel Museo nazionale di antropologia della Capitale messicana- contraddistingue quello sviluppo di ere cosmiche in cui ognuna di esse «ha la durata di mille anni e si conclude ogni volta con l'estinzione della razza umana» (M. Straniero, "In America: Apogeo e tragedia", 1973) e fa riscontro con le tesi della dottrina delle «cose ultime» (escatologia) inerenti l'attesa già contenuta nell'Antico Testamento, poi con la resurrezione di Cristo nel secolo XII del teologo Gioacchino da Fiore per la piena restaurazione del Regno di Dio, sino a J. Moltmann con la sua Teologia della Speranza (1964) nella Chiesa protestante della Germania.

 

L'immolazione dei pellirosse

Quando nel 1776 gli USA proclamarono l'indipendenza e la propria Costituzione, designando G. Washington presidente (1789), si ampliò l'espansione dei bianchi dalle sponde atlantiche del Nord America verso quelle dell'Ovest, sul Pacifico. Già prima della creazione degli USA, nei grandi tenitori che si estendono tra il Maine e l'Oregon, dalla Georgia al Colorado, l'uomo bianco aveva scatenato la caccia dei castori, la guerra delle pellicce, l'assalto alle praterie e al bestiame (ecco i cow-boys!), la febbre dell'oro e la conquista dei «sentieri selvaggi» oltre i Grandi Laghi e le Foreste del Nord-Est, ma gli «yankees» -divenuti padroni di tutti questi tenitori- effettuarono nei decenni successivi un colossale cambiamento dell'ambiente, distruggendo quasi completamente le originarie popolazioni indiane di nomadi-cacciatori, più di cinquanta milioni di bisonti (nei primordi del '900 erano sopravvissute poche migliaia di questi buoi selvatici), compiendo così l'autentica immolazione dei Pellirosse, di tutte le loro tribù (Comanche, Cheyenne, Araphao, Sioux, Crow, Irochesi, Mohawks, Dakota ecc.) che vennero concentrate in quelle riserve trasformate dai «visi pallidi» in autentici campi di sterminio (George Fronval, "La vera storia dei Pellirosse", 1973) dai quali sopravvissero all'inizio di questo secolo soltanto trecentomila indiani. L'olocausto dei Pellirosse maturò l'implacabile requisitoria della scrittrice H. Hunt Jackson contro gli yankees che, in seguito al loro genocidio delle tribù indiane durante il trascorso centenario, lo tratteggiò in volume per gli USA come «un secolo di disonore».

Con il dipinto "La cerimonia di Cavallo Sole" il pittore W. H. D. Koerner esaltò la solennità indiana di presentazione ai capi-tribù del cavallo dal mantello immacolato che porta sulla groppa il segno benefico della Vita, indicando anche che i Pellirosse non idolatravano dèi diversi, ma credevano solo in Wanka Tonka essendo monoteisti, cioè in quel Grande Spirito al quale -come sacro dovere- rivolgevano ogni giorno la propria preghiera.

Ogni tribù seguiva rigidi riti per l'equilibrio morale; ogni indiano rispettava il calumet simbolo di pace, aveva nel totem l'estimo indicatore della socialità; tutte le cerimonie erano accompagnate da balli e la Danza degli Spettri portava l'estasi, quella del Serpente la pioggia, la Sun-Dance (per il Sole) misticismo di sacrificio.

 

«Progresso» con whisky, vaiolo e tubercolosi

L'emancipazione per i Pellirosse venne caratterizzata dai «visi pallidi» prima con l'internamento e l'isolamento degli indiani nelle «riserve della fame» dove non ebbero più risorse di caccia, poi dalla distribuzione di alcoolici adulterati (in particolare whisky e altri liquori), infine dal contagio e dall'espansione di malattie come il vaiolo e la tubercolosi, nonché della sifilide e di altre infezioni veneree. Gli yankees negarono ai Pellirosse qualsiasi forma di omogeneizzazione dei costumi, dell'educazione e del sistema di vita da parte dei nuovi arrivati con le genti originarie dell'ambiente, perseguendo soltanto l'attuazione del piano per l'estirpazione di quest'ultime dai loro territori. Il riscontro di tale modo di pensare c'è anche nella letteratura: Mark Twain inserì nel 1876 nel romanzo "Le avventure di Toni Sawyer", quindi dieci anni prima che l'eclisse al lago Walker realizzasse l'ultima visione (l'estrema speranza) di libertà dell'indiano Wovoka per ogni tribù di Pellirosse e per tutte le mandrie di bisonti, la forzatura demagogica dell'«uomo rosso» cattivo per antonomasia. La cinematografia yankee ha prodotto per decenni migliaia di pellicole con gli sceriffi difensori, sino all'ultimo millimetro dei loro films, dei... poveri cow-boys tormentati dai «feroci» indiani sempre intenti a razziare il bestiame delle fattorie, a rapire le poetiche donne dei rozzi mandriani. Mentre la persecuzione delle tribù di Pellirosse si accentuava con episodi di crudeltà sconvolgente (il francese J. A. Gobineau venne molto ascoltato dagli yankees sull'ineguaglianza delle razze e sulla presunta supremazia -a loro avviso- di quella bianca sulle altre!) il presidente USA J. Monroe decise unilateralmente che i «continenti americani, per le condizioni di libertà e di indipendenza che si sono conquistate e che mantengono, non saranno d'ora innanzi oggetti di future colonizzazioni da parte delle potenze europee» e che nel contempo -era il 1823- il promulgatore di tale impegno proclamò solennemente che «gli Stati Uniti dichiaravano di rinunciare a qualsiasi interferenza nella politica interna d'Europa». La «dottrina Monroe» fu e rimane un diktat unilaterale per quanto concerne più gli USA che le Americhe, perché -oltre allo sterminio dei Pellirosse- durante il XIX secolo gli yankees invasero il vicino Messico per appropriarsi di molti, ricchi territori.

 

Per il dollaro, unica dottrina

Infatti, l'espansionismo USA nel Messico iniziò quando questo Paese insorse contro gli Spagnoli per la sua indipendenza col padre J. M. Morelos, con A. Iturbide sino ad Antonio Lopez de Santa Anna, utilizzando anche l'aiuto fornito nel XVIII secolo dal governatore spagnolo Bernardo de Galvez (Louisiana) per affrancare tredici colonie del Nord America dall'imperialismo oppressivo di S.M. britannica.

Speculando anche sulla vicenda della distruzione da parte messicana del forte che sorgeva in prossimità di San Antonio (Ricordati di Marno! specificava il pittore R. Onderdonk nel quadro esaltante la «lotta» di D. Crockett contro gli attaccanti), il presidente J. K. Polk lanciò il generale Zachary Taylor, il suo cavallo Old Whitey e le truppe USA nel 1846 a completare l'annessione del Texas, Nuovo Mexico, Arizona, Utah, Nevada, California, Idaho, Oregon ecc. agli USA che si concluse nel 1853 (due quinti dei territori della patria di Panche Villa) e come sottolinea Fairfax Downey nel volume "Messico o morte!" (1961) il nuovo confine venne fissato al Rio Grande e da allora la terra di Emiliano Zapata potè svolgere un ruolo politico di allineamento alla volontà di Washington. Nelle sue Memorie il generale yankee Ulysses Grant indicò che la guerra USA contro il Messico fu la «più ingiusta» di quelle da lui combattute per la sua patria. L'adito dalla scienza di governo unilaterale della «dottrina di Monroe» a quella di neo-imperialismo, che si rafforzò negli USA sino all'esplosione della crisi economica del 1929 con il crollo di Wall Street, permise poi a Franklin Delano Roosevelt di applicare con il New Deal la politica finanziaria statunitense alla disciplina commerciale nel mondo regolamentato dal Gold Exchange Standard (riserve-divise convertibili in oro) senza la volontà però di garanzia di equilibrio nel cosmo della produzione mediante i diritti sanciti dalla Carta del Lavoro, quella promossa dal Fascismo nel 1927, e successivamente dalla legge sulla socializzazione delle imprese (1944) che preludeva al progetto di Mussolini (aprile 1945) per l'attuazione di un piano mondiale di questa rivoluzione per la stabilità sociale.

Tutto questo in Italia non viene considerato.

Si inasprisce invece la dannosità dei mestieranti in politica nella policromia dei compromessi, rigurgita il mercimonio delle Idee in cambio di benefici rappresentativi, dilaga il tradimento di partiti e di sindacati a danno dei cittadini. Ciò appesantisce l'onere di responsabilità per l'intera partitocrazia al processo escatologico nella notte di San Silvestre del 1999 dinanzi alle «cose ultime» di questo secolo.

I demagoghi apparterranno solo al passato, coi loro demeriti. Lasceranno unicamente molti danni ed il peggiore ricordo!

Bruno De Padova

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