«Non è importante la vita. Importante è cosa si fa della vita» (Beppe Niccolai - Roma, Dicembre 1984)

Anno V - n° 3 - 31 Maggio 1996

 

con la Decima il solco italico sui confini orientali
Il calvario del «bel battaglione» per Gorizia
 

Dopo il cimento nel Piemonte, l'ardimento del «Sagittario» contribuì a suggellare nella Selva di Tarnova (inverno 1944-45) la libertà delle genti friulane.

 

Gorizia, la Santa Gorizia della «Grande Guerra» (1914-18) redenta dai Fanti italiani della III Armata nello sviluppo della VI battaglia dell'Isonzo il 9 agosto 1916 con il vessillo tricolore issato dal S. Ten. A. Baruzzi sulla stazione centrale, la Città Martire del Friuli orientale nel 2° conflitto mondiale (1939-45) abbandonata col tradimento e la resa incondizionata del re, di Badoglio e di generali massoni dello Stato Maggiore l'8 settembre 1943 a patire ogni conseguenza del dissolvimento del Regio Esercito per l'intervento della Wehrmacht germanica sulla nostra Penisola onde frenare nel Bacino mediterraneo e nei Balcani la pressione militare delle Forze USA, inglesi e di bande slave contro il cuore della nuova Europa, ha ospitato di recente il raduno dei Combattenti della X Flottiglia Mas svoltasi -come negli anni precedenti- per confermare mediante la celebrazione della ricorrenza dei fatti d'arme verificatisi durante l'inverno 1944-45 nella Selva di Tarnova e dintorni l'alto valore del compito assolto da tutte le FF.AA. della Repubblica Sociale Italiana a tutela dell'identità italica delle terre friulane, giuliane e dalmate.

La metamorfosi introdotta dal maresciallo Graziani nell'istituzione delle FF.AA. repubblicane riuscì allora, nonostante la drammaticità della situazione i-taliana, a concretizzare il ritorno dei Soldati in «grigioverde» sulle fronti contro il nemico anglo-statunitense. Quindi, in contemporaneità all'arruolamento di nuove classi di leva (1923-1924-1925), al riassorbimento dei veterani e all'impiego di giovani senza remore per inquadrarli nelle Grandi Unità del nascente Esercito (le Divisioni "Italia" di bersaglieri, "Littorio" di granatieri, "San Marco" di fanti della Marina e "Monterosa" di alpini vennero addestrate in Germania, ad Heuberg, Munsingen, Feldstette e Grafenwohr) la X Flottiglia Mas accoglieva a La Spezia -prima nella Caserma di Muggiano e poi in quella di S. Bartolomeo- l'afflusso imponente di volontari di ogni età, decisi di condurre a fianco della Medaglia d'Oro J. V. Borghese e con la Bandiera tricolore la più coraggiosa battaglia per l'Onore della Patria.

 

All'ateneo di eroismo

La leggenda eroica della Decima era stupendamente emersa dai flutti del Mediterraneo insieme al valore dimostrato dai suoi uomini nell'impiego dei mezzi d'assalto della Marina da guerra (i famosi «maiali»!) contro le potenti navi da battaglia delle Flotte nemiche, occultate invano nelle Basi munitissime di Malta, Suda, Alessandria, Algeri, Gibilterra ecc., avendo essi affondate o rese inservibili cinque corazzate o unità di analoga dotazione offensiva (77.380 tonn.) e 27 navi da trasporto (187.412 tonn.) per totali 264.729 tonnellate, conseguendo ai suoi ardimentosi incursori la decorazione di 26 Medaglie d'Oro al Valore militare (delle quali, dieci alla memoria) insieme ad uguali onorificenze per gli stendardi della Decima e del sommergibile Scirè.

Quel fascino della Decima sugli Italiani si decuplicò il giorno successivo alla fuga della flotta dalle basi della Regia Marina per consegnarsi al nemico senza combattere (l'auto-affondamento della Flotta Imperiale Germanica per ordine dell'ammiraglio tedesco von Reuter nella baia di Scapa Flow nel dicembre 1918 aveva insegnato nulla in fatto di «coscienza militare all'ammiraglio badogliano R. De Courten!), perché -a differenza degli ufficiali fuggiaschi- il comandante Borghese fece sventolare all'alba del 9 settembre 1943 sul pennone più visibile del Muggiano il bel Tricolore italico mondato dalla vergogna dello stemma sabaudo, trasformando l'intera Decima in simbolo d'audacia per l'esaltazione dei valori della Nazione. La straordinarietà patriottica di tale rivolta morale per la Causa politica dell'Onore nazionale, intesa come salvazione della Nazione quale Stato moderno dischiuso dal Fascismo al perfezionamento etico dell'ordinamento corporativo in quello più innovatore con la Socializzazione per l'Economia produttrice (ecco il «nuovo ordine di sviluppo comparato della Civiltà sociale per la Terra intera»!) maturerà appieno nella coscienza dei Soldati della RSI allorché Mussolini proiettò con il discorso al Teatro Lirico di Milano (16 dicembre 1944) la visione mondiale di questo modello di equilibrio e di pace per le genti di ogni Continente, mentre la sublimazione italica dei volontari stabiliva al Com.te J. V. Borghese il Momento eccezionale di incidere sul monumento della Storia autentica quello della gloria della X Flottiglia Mas, non soltanto per le gesta degli incursori sui mari, ma anche per l'eroismo dei suoi marò della Divisione Fanteria di Marina Decima sulle fronti di Anzio e Nettuno, delle Alpi occidentali, del Goriziano e Venezia Giulia sino alla Linea Gotica, in riva al Senio e alla zona di Comacchio, con-clusisi a fine aprile 1945 con lo scioglimento di ogni Reparto, mai con la resa al nemico.

 

«Mai morti» per l'onore

Quest'atmosfera di virilità morale maturò con rapidità l'organizzazione di molteplici battaglioni della Decima come reparti d'impiego sulla terra, unità militari strutturate con quella capacità di funzionamento che Clausewitz riconosceva idonea al nuovo genere di strategia operativa, consentendo al gruppo di volontari «Mai morti!» provenienti da Trieste e ad altri nuclei di giovani arrivati da tante città diverse di partecipare alla formazione di quel «Sagittario» che ebbe per primo comandante il Cap. di Corvetta Beniamino Fumai. Ben presto, anche il canto della nuova Unità divenne familiare a La Spezia e altrove. Attestava: «O Sagittario bel battaglione / plotoni pieni di gioventù / cantiamo al vento una canzone / di Fede pura e di Virtù / Siam marinai sul suolo amico / fedeli sempre al nostro onor / andiamo avanti contro il nemico / distruttore ed invasore / L'onor, la dignità, l'Italia riconquisterà / speriamo nell'avvenire che la vittoria ci darà».

La genesi in Liguria, poi il «battesimo del fuoco» nel Canavese (Piemonte) con i primi Caduti sulla strada per Ribordone, fino al Santuario di Prascondù, nella salita per Ceresole Reale, in vetta al monte Soglio e attorno ad Ivrea, quindi il perfezionamento tattico del Reparto con la successione del Ten. di Vascello Ugo Franchi al suo comando e con il trasferimento nella Marca trevigiana, inoltre il cimento nel Friuli contro il IX Korpus di Tito con molti altri Marò sacrificatisi in trincea e, in conclusione, l'approntamento nell'Alto Vicentino all'ultima battaglia distinguono la partecipazione del «bel Battaglione» (come lo definì il Com.te Borghese) all'epopea della Decima quale Corpo militare di prim'ordine nell'intero schieramento delle FF.AA. della Repubblica Sociale, ma finora -pur essendo stata edita un'ampia bibliografia sulle diverse vicende dei decumani- nessuno ha conservato nella penna un po' d'inchiostro per sottolineare le prove affrontate, sofferte e superate dal Btg. Sagittario. Eppure, già nelle vallate del Piemonte il primo elenco di Caduti del «bel Battaglione» attribuiva al S. Ten. di Vascello Salvatore Becocci, Guardiamarina Maurizio Russo, Serg. A. U. Mario Mercalli, Secondi Capi Rodolfo Vitali e Vittarelli, marò Vincenzo Granata, Mario Colleo-ni, Mario Crivellaro, Giorgio Gasparini, Giorgio Bondanini, Renzo Zannoni, Francesco Di Lauro, Fulvio Rubieri e ad alcuni Dispersi la qualità di valorosi Combattenti della RSI.

 

Nel diario dei Marò

Per ovviare questa penosa carenza, Gianni Savoini si è fatto promotore -cinquant'anni dopo quelle vicissitudini- della pubblicazione del volume "Il bel battaglione - Diario dei Marò del Sagittario, 1943-45" chiamando al suo approntamento i camerati che in tale Reparto condivisero l'esperienza della Decima per l'Italia, affidando il coordinamento a Franco Minelli, la stesura dei testi per la I e la II Compagnia a Luigi Farina, per la III allo scrivente, per la IV Mortai al già indicato coordinatore, usufruendo inoltre di materiale e di memorie forniti da Tonino Annuzzi, Vittorio Bonomi, Giovanni Di Prete, Sigfrido Ghigino, Giovanni Prelli e Benito Vignudelli, tutti appartenenti all'Unità militare indicata, nonché da parte di Tullio Ciappi (Btg. N.P.), di Carlo A. Panzarasa e di Stefano Zarini (Btg. Fulmine), di Sergio Nesi (Com.te Base Est dei Mezzi d'Assalto Decima in Istria), di Teodoro Francesconi (Btg. Bersaglieri Mussolini), degli storiografi L. Berrafato, P. C. Dominioni, F. Sparacino e M. Viganò poi amalgamato nella realizzazione elettronica e nell'impaginazione di Massimo Raniero e di Marcelle Lupo per la composizione e la stampa della C.D.L. EDIZIONI di Casteggio. Quest'opera è stata realizzata dai «ragazzi» (oggi veterani) del Btg. Sagittario nella conferma di continuità dei Valori e del Credo per cui l'intero Reparto partecipò alla battaglia per l'Onore della Patria, consente di comprendere quanto ogni Marò di Fumai e di Franchi ha già dato con il proprio sacrificio nell'edificazione della Storia, quella che si imprime senza variazione di stile e mai con il ripudio -specie in ambito politico- della coerenza alla lotta contro la schiavitù alla plutocrazia dell'oro e il ritorno al servaggio del marxismo. È la mistica di Enrico Toti e di Teseo Tesei!

 

Leggenda al Piave

Allorché nell'autunno 1944 il Governo della RSI, mediante Mussolini, Graziani e Borghese, volle l'intervento della Divisione F. M. Decima nel Friuli e nella Venezia Giulia per frenare gli intrighi politici del gauleiter F. Reiter nel «Litorale Adriatico (l'Adriatìsches Küstenland creato dall'OKW tedesco dopo il tradimento di Badoglio) e per impedire al «Fronte di Liberazione» titino (l'Osvobodilna Pronta) di penetrare col IX Korpus sloveno in territorio italiano, il Btg. Sagittario venne dislocato sulla sponda sinistra del fiume Piave, prima a Conegliano Veneto, poi a Pieve e Farra di Soligo ed a Sernaglia della Battaglia, dove potenziò le forze e l'armamento per il nuovo impiego bellico. Questa terra, già sconvolta dalla strage di gente inerme perpetrata dall'aviazione USA il tragico Venerdì Santo '44 a Treviso con più di mille morti in pochi minuti di bombardamento orrendo, trafitta ovunque dalle incursioni aeree del nemico, contribuì con il proprio stoicismo a temprare la volontà del bel Battaglione per la nuova missione.

Già dopo Caporetto nel 1917-18, quando la «Grande Guerra» raggiunse il bacino del Piave ed imperversò con le battaglie d'Inverno (dicembre 1917), del Solstizio (giugno 1918) e di Vittorio Veneto (ottobre 1918) la sana qualità della Marca sempre ridente ottenne con il suo sacrificio e con quello dei Fanti italiani l'elezione a «suolo sacro alla Patria» che l'inno di E. A. Mario esaltò con quell'enfasi poi trasmessa ai marò del Com.te U. Franchi durante la marcia verso le doline carsiche.

 

Sulle trincee con i mortai

All'inizio dell'inverno 1944-45 l'incontro della Decima e dei suoi Reparti -tra i quali il Sagittario- con Gorizia e la sua gente fu appassionato. Nella città del glottologo G. Ascoli, che aprì l'Italia allo studio del nesso tra la lingua e la vita pubblica («la tua loquela tifa manifesta / di quella nobil patria natio», DANTE, Inferno, X, 25) e dove il Leone di San Marco venne scolpito da Giovanni di Campione sull'antico Castello (1509) lo slancio patriottico dei marò contribuì a consolidare l'azione delle Autorità militari della RSI contro la «disitalianizzazione» perseguita da F. Reiter, specie dopo l'aprile precedente, quando il piccolo re Savoia e Badoglio avevano riconosciuto la «legittimità» dell'invasione delle bande di J. Broz (Tito) e degli altri slavi nell'Italia orientale, cioè di ustascia croati (Pavelic), domobranci sloveni (Rupnik) e di cetnici serbi (Mihajlovic). Furono anche i «pezzi» della IV Compagnia Mortai del Sagittario e le altre armi della I e II Compagnia a negare la concrezione politica di tale assurdità e nelle località tra la Bainsizza e il Vipacco, a Rainuzza, Casale Nemci, Loqua, Tarnova, Chiapovano e dintorni caddero con valore il Serg. A. U. Giorgio Agostini, i marò Rocco Muccino, Luigi De Porti, Mario Furi, Giuseppe Scarabello, Roberto Mercantini, Quinto Lusenti, Luigi Mirana, Angelo Ratti e Marino Lucceri. Numerosi anche i feriti. Infatti, con l'Operazione Aquila (Adler-Aktiorì) la pressione d'inverno del IX Korpus titino si esaurì ed a fianco dei Btgg. Fulmine, Valanga, N.P., Freccia, Barbarico e Grp. Art. S. Giorgio, il Sagittario stroncò prima gli attacchi del DK (Difesa Korpus) sloveno, poi quelli delle brigate comuniste «5. Kosovel» e «/. Gradnik».

Ecco, di nuovo l'italianità di Gorizia è salvata!

 

Sui perdenti la mattanza

Poi, tra l'1 e il 2 maggio '45, calò su Gorizia -per oltre sei settimane- la cupa notte della «liberazione» da parte del IX Korpus titino e di altre bande jugoslave, rendendola orribile con l'infoibamento di oltre un migliaio di persone, con la deportazione di quasi 5.000 friulani, con tutto ciò compiuto dai comunisti come una mattanza collettiva di alta criminalità.

Intanto, nell'Alto Vicentino, anche il Btg. Sagittario viveva con l'intera Decima e con le altre FF.AA. di Graziani il tramonto bellico della RSI, quest'ultimo funestato da terribili persecuzioni sui vinti.

Nel contempo, cadde a Schio il 29 aprile il T.V. Ugo Franchi e con lui il bel Battaglione perdeva il Comandante; in precedenza, erano caduti anche il Capo di I cl. Pannunzio, il G. M. Paolo Gemizio, il marò Aldo Terrazzi, il S.T.V. Aldo Meledandri. Poi, morirono il G.M. Italo Daria e il 2° Capo Ettore Daria. Il sacrificio dei marò per l'Italia continuava.

Appartiene alla leggenda della Decima, è la ricchezza della gioventù senza vecchiaia!

Bruno De Padova

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