«Non è importante la vita. Importante è cosa si fa della vita» (Beppe Niccolai - Roma, Dicembre 1984)

Anno V - n° 6 - 15 Ottobre 1996

 

Svegliati, popolo bue!


«Rendi forti i vecchi sogni perché questo mondo non perda coraggio»

Ezra Pound

 

I due articoli, che peraltro condivido in larghissima misura, del nostro direttore apparsi sull'ultimo numero di "Tabularasa" mi stimolano e mi inducono ad alcune osservazioni e considerazioni. Molte di queste, il lettore più attento lo constaterà, sono anni che le andiamo facendo e dicendo. Ma credo che, mai come in questo momento, repetita juvant. Viviamo tempi tristemente bui, caratterizzati da un conformismo schifoso e da una rassegnazione ripugnante. Le passioni sono scomparse insieme agli ideali. Hanno lasciato il posto alla vigliaccheria, al perbenismo e alla più spudorata ipocrisia. Quasi nessuno riesce financo ad indignarsi. Sulle nostre teste passa di tutto; stiamo affogando in una palude sempre più putrida e vischiosa.

Siamo governati da omuncoli, da predatori, da incapaci, da razziatori, da incompetenti. Non c'è più cultura. Tutto è, bene che vada, mediocrità e litigiosità fine a sé stessa. Ci si scanna sugli interessi personali o di gruppo. Prevalgono i faccendieri e gli arrivisti.

«La realtà italiana è ormai quella di una cultura esaurita, con un sistema di idee totalmente depauperato. Lo si potrebbe comprendere anche soltanto analizzando quanto povere di proposte siano le forze politiche, quanto povere di pensiero siano le discussioni culturali ...». Così si esprimeva Ida Magli in "La bandiera strappata".

Sono più di cinquanta anni che il popolo italiano viene deriso e taglieggiato. Sfruttato e turlupinato. Viviamo in un Paese alla deriva. Lo sfacelo è totale. Sono milioni i disoccupati, milioni le famiglie che sono entrate nel novero dei cosiddetti «nuovi poveri». Sono migliaia e migliaia gli anziani senza assistenza. Un esercito infinito coloro in cerca di una dimora certa e sicura. Scuola e ospedali allo sbando. L'ambiente devastato, saccheggiato e deturpato. Balzelli sempre più frequenti e imposti senza regole e ragione. Pensioni che non bastano neppure per pagare le medicine necessarie. Una stangata dietro l'altra. Senza ritegno, in dispregio ad una dignità che non esiste più.

Ora si dice che occorre essere ulteriormente «stangati» per entrare in Europa. E nessuno che abbia la voglia e il coraggio di urlare «Ma chi se ne frega di entrare in questa Europa!». L'Europa dei mercanti, serva dell'America e delle grandi lobbies e multinazionali. Anche di questo dovremo discutere nel convegno annunciato ai primi di novembre. Siamo gli unici che possiamo gridare, a fronte alta, il grande imbroglio in atto. Portato avanti e pilotato dai vari Prodi, Berlusconi, Fini e D'Alema, con il beneplacito di Bertinotti. Tutti legati a doppio filo ai cosiddetti poteri forti. Tutti d'accordo nel tenere soggiogato questo popolo inerme e spappolato. Per questo hanno creato un sistema elettorale, quello maggioritario, che li tutela e consente loro di fare i propri interessi. Come vogliono e quando vogliono. Di giorno fanno finta di litigare per poi mettersi d'accordo di notte, come i famosi ladri di Pisa.

Non c'è giorno che qualcuno venga colto con le mani nel sacco. La cosiddetta Tangentopoli è diventata una telenovela disgustosa e financo ridicola. Magistrati e politici sono roba da voltastomaco. Ricattati e ricattabili. È mafia ovunque. Ma il popolo bue beve, a garganella. Si è fatto in modo che apparisse un Paese spaccato in due: centrodestra contro centrosinistra. Niente di più falso e fasullo. Sono tutti uguali. Oggi come cinque, dieci, venti, quaranta anni fa. Si governa, sempre e comunque, con la vecchia logica democristiana. Doroteismo e moroteismo la fanno da padroni. Non esiste una opposizione. È un paese di pentiti, riciclati, indagati, affaristi, leccapiedi.

Mai come in questo momento c'è bisogno di gente come noi. Presunzione? Utopia? No di certo. È consapevolezza dell'insostituibile ruolo che possiamo e dobbiamo svolgere. Perché, come dice il nostro direttore, «non vogliamo più rassegnarci alla continua umiliazione di sentirci derisi e disprezzati». Dobbiamo dare un potente cazzotto nello stomaco a un popolo che deve pur ritrovare sé stesso. Molti anni fa Berto Ricci scriveva su "L'Universale": «C'è in Italia un po' di gente, e cominciano oramai a conoscersi e contarsi, che non si sente nata a fare da fedelissimo interprete a nessuno; che saggia, sonda, sposta la visuale, rasenta talvolta l'eresia; che parla un linguaggio proprio e ha proprie e ben riconoscibili idee; che considera il presente unicamente in funzione del futuro; che ha buone gambe e una tremenda voglia di cambiare». Anche oggi un po' di questa gente esiste, grazie a Dio.

Qualcuno si riconosce sulla rivista su cui scriviamo, altri ancora si trovano altrove. Poco importa. Ma ci siamo. Legati saldamente alle nostre radici e alla nostra memoria storica. Fedeli custodi di un patrimonio culturale e sociale inestimabile che deve diventare lo strumento essenziale per la nostra battaglia. Anche e soprattutto di questo si dovrà discutere a novembre a Lido di Camaiore. Come di tante altre cose. Perché questa Italia, che la si riscopre soltanto perché un Bossi qualsiasi va in barca sul Po, ha tremendamente bisogno di noi. Sempre su "L'Universale" Gioacchino Nicoletti scriveva: «Abbiamo contratto un impegno: lo manterremo. È l'impegno di non retrocedere, di non mollare, di non tradire [...] Di dare infine tutti noi stessi alla causa. Siamo forse degli allucinati? Certamente no perché ci sostiene la fiducia in una giustizia immanente nella storia e sappiamo che un popolo come il nostro non può andare facilmente per le terre [...] Vinceremo questa guerra subdola, economica e finanziaria».

Questo popolo oggi è purtroppo «per le terre». Perché gli hanno tolto tutto. Lo hanno reso servo e bue, umiliato e deriso. A noi l'insostituibile compito di ridargli coraggio, valori e certezze.

«Dobbiamo riuscire a far sì che gli umori delle genti volgano in passioni». È proprio così, Antonio. Ed anche con questo imperativo arrivederci a novembre a Lido di Camaiore. Per discutere, dibattere, confrontarsi, e se necessario scontrarsi. Come è nel nostro irrequieto e sanguigno carattere. Ma nella consapevolezza, e già lo so perché siamo fatti così, che da lì ripartiremo per continuare insieme quel cammino che tanto tempo fa abbiamo iniziato.

Gianni Benvenuti

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