«Non è importante la vita. Importante è cosa si fa della vita» (Beppe Niccolai - Roma, Dicembre 1984)

Anno V - n° 6 - 15 Ottobre 1996

 

Da Fiuggi a Chianciano, putacaso
 

 

Quando i lettori di "Tabularasa" riceveranno questo numero, dovrebbero essere vicini i tempi di svolgimento, in quel di Chianciano, del congresso del Movimento Sociale - Fiamma Tricolore. Si tratta, comunque poi vadano là le cose, di un evento ormai significativo, e che non mancherà di coinvolgere in forme più o meno passionali gran parte, suppongo, del nostro pubblico.

Per ciò, in merito alle sue ipotetiche risultanze e possibili ricadute, sarà bene spendere alcune parole. A titolo individuale, certamente, com'è d'altronde d'obbligo su queste pagine libere; e senza troppo indulgere a rimarcare il ritardo strutturale con cui viene progettata e condotta l'operazione-fuoriuscita da AN, di cui questo congresso conclude la prima fase.

Mi si lasci però annotare -al di là d'ogni facile riferimento al «l'avevo detto, io»- che non occorreva davvero attendere gli esiti fiuggiaschi per accorgersi degli altrui fini... Invero sull'intempestività, e della percezione del «tradimento», e della reazione dei traditi, han gravato numerosi fattori: non tutti politicamente ineccepibili.

Ma è del presente, che qui ci si deve, se del caso, occupare. Ed è il caso in questione -il MS-FT, appunto- mi trova nello stato d'animo di chi vuole, sì, «vedere per credere», ma vuole innanzi tutto vedere per capire, per riflettere, per dubitare. Disponendo, fra l'altro, di ben scarsi strumenti e aggiornamenti: ad iniziare dalla... mancanza di "Linea", che (a seguito di regolare abbonamento - P.S.) avrebbe potuto fornirmi elementi di valutazione. Né di altre fonti ufficiali sono io in possesso, se si eccettuano i poco benevoli ragguagli su aspetti ed episodi, come dire?, folkloristici che i Signori della Notizia si incaricano periodicamente di riferire sulla nuova formazione rautiana. La solita congiura del silenzio? O forse il vuoto mass-mediatico, distillato con il consueto spirito disinformatico e deformatorio, è piuttosto da addebitare a mancanza propria, a mancanza specifica di peso, immagine e qualità delle iniziative neo-missine?

Non essendo in grado di risolvere il quesito, mi limiterò ad osservare come il MS-FT si trovi davanti ad un bivio decisivo; dal cui superamento (sia detto sottovoce) dipende il mio residuale, incidentale e personale interesse per il soggetto di cui sopra. Una prima, immediata verifica si avrà con l'apposizione del numero ordinale a quell'appuntamento. Non è estremismo bizzarro, il mio. Appare del tutto evidente, infatti, che se a Chianciano si pretenderà svolgere non già il I bensì il XVIII congresso nazionale, si verrà formalmente e sostanzialmente a rivendicare l'intera eredità missina. La qualcosa -tengo a dirlo- mi parrebbe non solo fuorviante ma alquanto ipocrita, e un tantino grottesca.

 

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Sono peraltro dell'opinione che, con una più marcata caratterizzazione vetero-missina, l'attuale Fiamma godrebbe di ulteriori chances per allargare il proprio bacino elettorale; e ciò in relazione ai possibili, anzi probabili, apporti da settori della società, non adeguatamente rappresentati dal moderatismo crescente di Alleanza Nazionale. Sicché l'1% raggiunto lo scorso aprile dal MS di Rauti, potrebbe facilmente salire a cifre più consistenti, non appena si presentassero occasioni per campagne politiche «mirate», o a favore della riapertura delle case chiuse, o contro gli omosessuali, gli zingari, i viados, e via dicendo. C'è una gran voglia di destra, nel Paese. Di destra conservatrice e di destra radicale, di destra perbene e di destra ultra: fra i lazzaroni sudisti come fra i rampanti padani, fra i borgatari come fra i pariolini...

Non è dunque privo di logica, presentando anzi una sua naturalità, il fatto che quegli spazi, ai piani bassi (abbandonati dagli ex-gladiatori, duri e puri, e boia chi molla - ora in partenza verso il nuovo Graal liberal-democratico), vengano occupati da un'altra forza istituzionalizzata. Una simile operazione di scongelamento -e successivo surgelamento- troverebbe certamente sponsor e padrini in entrambi i Poli. Da parte di quanti, per capirci, avrebbero tutto l'interesse alla creazione, a destra, di una piccola riserva indiana, da dove il vero avversario politico (ovvero il temuto alleato-concorrente) venisse tenuto fastidiosamente sotto tiro.

Non sono sospettabile, credo, di complottismo -e tantomeno di simpatizzare per Fini & C.- se pavento come potenzialmente in atto una tale manovra di concorrenza surrettizia, volta allo svuotamento controllato del contenitore AN. Eppoi, francamente, ho motivo di ritenere -dopo una ultraventennale frequentazione dell'ambiente, ed in base a riscontri e precedenti di questi mesi (dai tentativi di «desistenza» alle contiguità con gli skinheads)- sia proprio questa via, la via di destra estrema, quella che (si) sono assegnati (e/o rassegnati) i neo-missini.

Del resto, ogni diverso tracciato (: diverso rispetto ai tradizionali itinerari di servizio) richiederebbe energie, respiro, ambizioni, progettualità, che non si possono davvero né presupporre né riconoscere alla stanca rifondazione rautiana.

Ma se, putacaso, quel movimento riuscisse a gettare alle ortiche la forzata vocazione reazionaria; se riuscisse a fare i conti con la propria storia, compiendo tabula rasa non certo di quella che Giorgio Lecchi ebbe a definire «l'essenza del fascismo», bensì del proprio passato destro-nazionale di almirantiana memoria; se cioè il dopo-Fiuggi, giunto alfine in prossimità di Chianciano, divenisse percorso lineare e diretto, senza deviazioni o soste a Salsomaggiore (luogo d'origine di Almirante - N.d.R.), e senza mummificanti liturgie ed ammuffite nostalgie (tanto più se rivolte verso quel di Salsomaggiore) - «la questione missina» potrebbe riaprirsi. Voglio dire: qualora quell'appuntamento congressuale -e qui mi arrogo il diritto a non essere il solo a pensarla così- anziché celebrarsi all'insegna di un pavido continuismo comunque denominato, riuscisse a mirare altrove, e desse segnali e basi per un'intesa fra tutte le realtà antagonistiche che non intendono piegarsi e uniformarsi al Modello Unico, beh!, in tal caso, io e «gli altri» saremmo disposti a riprendere, in salita, quel percorso.

Alberto Ostidich

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