«Non è importante la vita. Importante è cosa si fa della vita» (Beppe Niccolai - Roma, Dicembre 1984)

Anno V - n° 6 - 15 Ottobre 1996

 

Mai mozzate le "Penne nere" dalla tormenta senza pietà
 

Quei viandanti che si recano nel Levante ligure e nelle sue valli oppure s'inoltrano in quella del Serchio per incontrare la Garfagnana o si addentrano tra i bacini fluviali dell'Aostano e del Piemonte, specchianti i contrafforti nevosi delle Alpi occidentali, possono considerare che sebbene siano trascorsi più di cinquant'anni dall'epoca con le deflagrazioni di granate per gli scontri tra gli uomini in armi del II conflitto mondiale nel quadrilatero anti-sbarco affacciato sui golfi di Genova e Tigullio tra Nervi e Levante con alle spalle i passi montani della Scoffera a Cento Croci, nel settore tirrenico della Linea Gotica dal borgo di Palleroso fino alla vetta del Monte Altissimo (m. 1589 slm) in prossimità di dove Pascoli scoprì che «La grande proletaria (l'Italia!) si è mossa per diventare Nazione», nonché nei 150 chilometri della fronte italo-francese snodantesi dal valico del Piccolo San Bernardo (m. 2188 slm) fino giù al Colle della Maddalena (m. 1996 slm), cioè dovunque le «Penne Nere» della Divisione Alpina Manierosa incisero con il proprio sangue i cippi e le maestà obbliganti ogni visitatore di quei luoghi a riflettere sulle imprese di eroismo affrontate dai combattenti della Repubblica Sociale per la salvezza dell'Onore della Patria, quando colgono un mughetto delle Agoraie, una santolina delle Apuane o una genziana delle Cozie uniscono al profumo di tali fiori l'essenza primigenia (sempre vigorosa!) della coscienza effettiva della Storia vincente, della Politica capace di maturare la collaborazione tra gli imprenditori ed i produttori, di potenziamento del cittadino nella Dignità, tutte le realtà vincolanti a non tollerare qualsiasi ripudio degli speculatori della partitocrazia in auge contro i princìpi fondamentali delle Civiltà italiche, mediterranea e anche europea.

Per convincersi sull'autenticità in valentìa della Divisione Monterosa e per contemporaneizzarsi alla sua fermezza per il futuro operoso della Nazione è indispensabile però, amalgamarsi alla coerenza cosciente degli Alpini nell'essere autentica forza motrice del proprio Corpo d'elite, certezza già imposta come essenzialità nel 1872 dal cap. Perucchetti al momento della sua istituzione.

Non è retorica, perché questa energia plasmò sempre in modo apartitico l'intera Divisione Monterosa nella sua funzione d'interprete più qualificata della tradizione degli Alpini nella realtà costruttiva della RSI, cioè uno Stato evoluto con il patrimonio d'avanguardia dei 18 Punti del Manifesto di Verona in materia di socializzazione dell'economia produttiva, fedele contemporaneamente al battesimo del fuoco in Eritrea (1895-96), all'impegno di lotta contro i beduini ed i dervisci nella Libia (1911-14), alla temerarietà nei combattimenti della Grande Guerra (1915-18), alla redenzione dell'italianità del Quarnaro col Natale di Sangue a Fiume (1919), all'ardore nelle conquiste di Amba Aradam e del Tembien creando I'A.O.I. (1935-36), alle disperate tenzoni con la baionetta sulla fronte greco-albanese (1940-41) dove le Penne Nere cantavano che «Sui monti della Grecia / c'è la Vojussa, / col sangue degli Alpini / s'è fatta rossa. / Alpini della Julia / in alto i cuori, / sul ponte di Perati / c'è il Tricolore!», al supplizio dei veci reduci dalla tragedia dell'ARMIR sulla fronte russa (inverno 1942-43) per cui avevano affrontato con le Divisioni Cuneense, Tridentina e Julia tutti gli accerchiamenti dell'Armata Rossa a Malajewka, Warwarowka e Nikolajewka, sbaragliandoli.

 

La rivolta alla resa

Al tramonto dell'estate 1943 vennero per l'Italia il tradimento sabaudo, il dramma della resa incondizionata di Badoglio, il disfacimento del Regio Esercito e delle altre Forze Armate. Tale tragedia colpì gli Alpini in patria, nel Delfinato (Francia), nei Balcani e nell'Epiro, ovunque alle prese d'improvviso con l'ex-alleato germanico inferocito dal voltafaccia dello Stato Maggiore regio e deciso di fare pagare a tutti la vergogna di Cassibile.

Contro l'ignominia dell'8 settembre insorsero anche le nostre genti di buona volontà che istituirono la Repubblica Sociale e, ripetiamolo per la Storia e per gli smemorati, tornarono alla guerra per la salvaguardia dell'Onore nazionale e per la generazione di uno Stato civile e più moderno. Infatti, già il 28 ottobre 1943 con Decreto legislativo vennero costituite le FF.AA. repubblicane, riattivati i Distretti militari, maturò la formazione di quattro Divisioni da potere impiegare al più presto sulle fronti contro il nemico.

La concretizzazione di tali grandi Unità ebbe una specificazione dettagliata nella Circolare Ministero FF.AA.-RSI del 25 marzo 1944-XXII EF- n° 2094/sm, ma in pratica -nell'osservanza degli schemi più perfezionati della Wehrmacht e seguendo la tecnica degli istruttori più capaci dei campi d'addestramento del Terzo Reich- già nell'autunno '43 iniziò l'adeguamento di ufficiali e graduati italiani alle regole più avanzate di strategie e di tattiche belliche, mentre con il sorgere del 1944 fu intrapresa l'istruzione rigorosa per la Divisione Italia (Bersaglieri) ad Heuberg, per la Littorio (Granatieri) a Senne, per la San Marco (Fanteria di Marina) a Grafenwohr e per la Monterosa (Alpini) a Münsingen. A tutti i soldati della RSI, senza distinzioni di grado e di specialità, furono impartite le lezioni indiscutibili per il comportamento e per il combattimento di ogni militare.

 

Il nuovo soldato

Nella nuova, concreta preparazione del Soldato della RSI (quindi, anche per gli Alpini) alle sue funzioni di cittadino-difensore in armi della Patria e di tutela della Civiltà a Münsingen ebbe ruolo determinante la volontà di rinnovamento sentita dai militari della Monterosa, dimodoché la qualità di sensibilità all'ordine, la razionalità nella selezione per l'impiego in base alle individuali capacità morali, la coscienza vigile nei rapporti tra superiori, pari-grado e subordinati in relazione alla qualità dell'uomo garantirono la maturazione di capacità del combattente (C. Cornia, "Monterosa - Storia della Divisione Alpina della RSI", 1971) unitamente alla certezza di venire impiegati sulle fronti con il concetto di salvaguardia per ogni persona, anche nelle situazioni più difficili. Nelle fasi dell'addestramento, la Monterosa prima dipese dal Col. Umberto Manfredini, poi dal Gen. Goffredo Ricci, infine -nel momento del giuramento, con la visita di Mussolini (luglio '44)- passò agli ordini del Gen. Mario Carloni, pluridecorato al V.M. con alti riconoscimenti italiani e germanici. Al rientro in Patria, la Divisione Monterosa costituiva una forza operativa di prim'ordine, con oltre 19mila militari tra ufficiali, graduati e soldati. Insieme al Comando, con il Quartier generale dell'intera Unità, operavano i Gruppi Esploranti (Bersaglieri), di rifornimento, d'intendenza e di sanità, i Btgg. Operativi Saluzzo e Vestane, quello Complementi Ivrea, il SAF (Servizio Ausiliario Femminile) e la 1ª Sezione GNR Mobile; il 1°Reggimento Alpini -guidato all'inizio dal Col. Armando Farinacci- era composto dai Btgg. Aosta, Bussano e Intra con complessive 15 Compagnie; il 2° Rgt. veniva comandato dal Col. U. Manfredini e formato dai Btgg. Brescia, Morbegno e Tirano con altre 15 Compagnie; il 1" Rgt. Artiglieria da Montagna dipendeva dal T. Col. Binda con i Gruppi Aosta, Bergamo e Vicenza tutti someggiati, con il Grp. Mantova ippotrainato, per una potenza complessiva di fuoco di 12 Batterie. A disposizione dei singoli Reggimenti funzionavano inoltre Compagnie di collegamento, di Cacciatori di carri, colonne leggere di carreggio e le salmerie per soddisfare le necessità di tutti i reparti; tra i «mezzi di trasporto» il mulo rimase il veterano più stimato.

L'armamento della Monterosa era pressoché identico a quello delle Unità da montagna della Wehrmacht, con fucili Mauser mod. 98K cal. 7,92, con pistole Luger P08 oppure Walther P38 cal. 9, con mitragliatrici MG 42 (circa 1200 colpi al minuto), con mitraglie Breda 38, cannoni anti-carro per fanteria 75/40 e da cavalleria per il Gruppo Esplorante, mitragliatrici da 20 mm per la difesa contraerea, le armi anti-carro Panzerschreck e Panzerfaust più perfezionate, mentre all'artiglieria someggiata erano in dotazione gli obici Skoda da 75/13 ed a quella ippotrainata i «pezzi» da 105/17, con una riserva di munizioni misurata, ma sufficiente per impegni differiti.

 

Ta-pum – Ta-pum: gli agguati!

Quando la Monterosa raggiunse il Levante ligure sostituì la 42ª Divisione Jàger germanica nell'area strategica anti-sbarco già indicata. Dopo l'insediamento del 1° Rgt. tra Nervi e Lavagna, del 2° Rgt. tra Cavi e Levante, del Comando e dei Gruppi d'Artiglieria (insieme ai servizi) tra la Scoffera e il Vara, i veci ed i bocia vollero fraternizzare con le popolazioni, ma alle loro spalle erano già in agguato gli organismi del CLN Alta Italia con i partigiani della IV e VI zona operativa ligure, nonché della XIII piacentina, per impedire la maturazione di rapporti di solidarietà tra i nuovi soldati della RSI e le genti della Riviera e dell'entroterra.

Apparvero tra le Penne Nere i volantini badogliani d'invito alla diserzione, poi si susseguirono gli agguati ai militari isolati, indi vennero anche gli attacchi notturni ai piccoli presidi più distaccati. Caddero uccisi a Calvari -sempre alle spalle!- gli alpini L. Bellasio e C. Magnini, a Cicagna furono finiti V. Brambilla e il Gap. C. Cossutta, a San Colombano il Ten. De Kummerlin, alla Squazza il Caporal maggiore Gallino e poi molti altri nelle varie località del Levante (Associazione Amici Fra' Ginepro, "I Caduti della RSI a Genova", vol. II, 1993) sino all'ammazzamento del Magg. Girolamo Cadelo nella frazione Brizzolara di Borzonasca dove guidava il Gruppo Esplorante dell'intera Divisione. Il Serg. magg. Giovannini (Btg. Ivrea) morì fucilato dai ribelli, perché -dopo la cattura- rifiutò di disertare. Scomparve anche il Caporale Gian Piero Civati (Btg. Morbegno) dopo questo suo esplicito scritto: «Testamento Militare 5.12.1944. Pochissime parole mi spiego le mie idee, e il mio sentimento. Sono figlio d'Italia, di anni 21. Non sono di Graziani e nemmeno badogliano ma sono Italiano: e seguo la via che salverà l'Onore d'Italia».

Quasi contemporaneamente, ma altrove, il S. Ten. P.C. Broggi -alfiere del 1° Rgt. Alpini- fu prelevato dai ribelli nell'ospedale di Careggi, ov'era ricoverato per ferite in combattimento, rifiutò di rinnegare il proprio giuramento alla RSI e, al momento dell'esecuzione, dichiarò: «L'Italia può fare a meno di me, ma non del mio Onore!».

 

Ai Brasiliani stop deciso

Dopo che il nemico attuò l'Operazione Anvil (Incudine) nella Francia meridionale, con lo sbarco della VII Armata USA e del 2° Corpo gollista tra Tolone e Cannes, svanì la sua minaccia di un assalto via mare nel Levante ligure e il Comando dell'Annata italo-germanica Liguria (agli ordini di Graziani) consentì l'impiego della Monterosa sul settore montano tirrenico della Linea Gotica, in Garfagnana.

Le Penne Nere della RSI riebbero così la loro «tradotta» ideale di marcia per andare in prima linea tra Campagrina e Castelvecchio Pascoli, annunciando al nemico con il loro canto che «è tutta piena di ventenni / visi freschi, cuori spaccati / dalle granate dell'allegria.  / Hanno preso la via del Serchio / questi giovani in "grigioverde " / col prurito nelle mani / e l'amore nei tascapani».

Ad accorgersi per primi che con la Monterosa non conveniva scherzare furono i 15mila fanti del FEB (Força Expeditionaria Brasileira) armatissimi, dotati di numerosissime bocche da fuoco da 105/22 e da 155/23 sempre in eruzione di granate e protetti in continuazione da squadriglie di caccia-bombardieri USA, i quali già negli scontri d'inizio con il Btg. Brescia e con la la Compagnia del Btg. Aosta dovettero retrocedere sulle posizioni di partenza, mentre il Ten. Glauco Frenquelli frenò l'attacco degli invasori con una mitragliatrice su una trincea avanzata, sinché una raffica nemica non l'abbattè sull'arma, fornendo una superba prova di eroismo.

Il generale brasiliano Mascarenhas dovette allora informare Alexander che gli Alpini della RSI impedivano con decisione alla V Armata di avvicinarsi a Castelnuovo e di avanzare. Ciò indusse gli anglo-americani a sostituire su quella fronte i brasiliani con la 92ª Divisione USA Buffalo, composta esclusivamente da truppe di colore, forte di tre Reggimenti di fanteria, uno di artiglieria e di altri reparti di appoggio (con potenti carri armati), che rappresentava una solida massa d'urto, resa più efficiente dal continuo sostegno con squadriglie di Spitfire e di Mustang.

 

Controffensiva in Garfagnana

A questa Unità USA così ben armata andò tuttavia in modo peggiore che al 1° Corpo di Spedizione del Brasile, perché -alla vigilia di Natale 1944- la Divisione Monterosa, insieme ai reparti della Divisione Italia, al 2° Btg. - 6° Rgt. San Marco ed a contingenti germanici, approntò una controffensiva per ristabilire a favore dell'Asse le principali posizioni di controllo e di difesa della Garfagnana e quando, nella notte del 26 dicembre, le truppe italo-tedesche effettuarono l'attacco con 4.600 uomini (e nessun carro armato di rincalzo) con rapidità le prime linee yankees furono travolte e le truppe di Cartoni dilagarono sulle pendici del Monte Palodina (m. 1171 slm) oltre Bolognana, Barga, Fornaci sino in prossimità di Bagni di Lucca.

L'intera V Armata tremò, sentì che l'ardimento di quei bocia dei Btgg. Brescia, Intra, Aosta, insieme a quello dei Gruppi Mantova e Bergamo con gli esploratori del Cadelo, costituiva una possente forza d'attacco che, se rinforzata, poteva dilagare su Lucca, Pisa e Livorno. Al 36° Raduno dei veci della Divisione Monterosa, svoltosi quest'anno a Verona, i veterani dell'eroica Unità hanno precisato come la loro tradotta non stazionò in Garfagnana dopo la controffensiva vittoriosa: lasciati alcuni reparti a fianco della Divisione Italia (ivi subentrata, al cui comando restò il Gen. Carloni), perfezionati i presidi del Levante ligure, il Col. Giorgio Milazzo condusse sulla fronte italo-francese delle Alpi occidentali uno schieramento di oltre cinquemila combattenti, dislocati dal Piccolo San Bernardo sino alla valle Stura.

 

In vedetta sulle Alpi

Ecco in prima linea la XII Batteria del Gruppo Mantova sopra la Thuile, i Battaglioni Brescia in Val Locana, Morbegno nella Val di Lanzo, Tirano e due Batterie sul Monginevro (m. 1854 slm), Bussano nelle valli Varaita e Maira, l'Aosta e le Batterie del Gruppo Vicenza sull'Argenterà, tutti schierati contro le Armate USA e golliste. La Monterosa assolse in pieno il suo compito. Nel frattempo, domenica 4 marzo 1945 il periodico "Vedetta Alpina" del Btg. Bussano (n° 3, pag. 1) fece anche il punto sulle funzioni della RSI per l'avvenire dei cittadini, indicando che il progetto «Italia - Repubblica – Socializzazione» additava alla Patria la via del progresso e il Gap. A. Barbaro aggiungeva come la costituzione del Raggruppamento Nazionale Socialista del prof. Edmondo Cione a Milano -non vincolato al PFR- apriva il nuovo Stato italiano alla pluralità politica.

Anche nel Piemonte gli attentati ed i sabotaggi contro le FF.AA. repubblicane da parte dei ribelli si ripeterono: il più grave è quello del 12 marzo al passaggio a livello tra Villafranca e Villano va d'Asti, dove con una mina a scoppio ritardato venne sventrata la «tradotta» del Btg. Brescia provocando la morte dei S. Ten. U. Zaini e L. Previtali, del Maresciallo R. Kern (tedesco), Sergente G. Bossi, Caporale Costantino, degli alpini R. Gigante, B. Rivadossi, V. Polvara, G. Sguerzoni, G. Guerini, G. Aquini, G. Pagani, Locatelli, Martinelli, Salvagno, Cavadini, Cecconi e uno non identificato.

Nell'aprile 1945 si unì alla Divisione Manierosa il Btg. Cadore, formatesi a Conegliano Veneto con il Col. R. Perico prima del suo assassinio, poi condotto dal Cap. A. Aurili a potenziare lo schieramento italo-germanico negli avamposti sulle Alpi occidentali con nuovi eroismi.

Alla fine del 2° conflitto mondiale, la Divisione Manierosa -concluse le operazioni belliche con l'onore delle armi del nemico- soffrì con molti Alpini la prigionia di Coltano, quelli che caddero in mano ai partigiani subirono il martirio e una morte atroce.

 

Vero albo di gloria

Per conoscere appieno il contributo di sofferenze e di sacrifici umani offerto dalla Divisione Monterosa per la Patria è doveroso considerare l'Albo di Gloria di questa Unità combattente della RSI: 995 Caduti, dei quali 203 catturati e fucilati dai partigiani durante il conflitto, 129 dopo la cosiddetta «liberazione», 38 i Dispersi con fine ignota - oltre il 5% complessivo della forza organica; 149 sono stati i Decorati al Valore Militare, dei quali tre con Medaglia d'Oro alla memoria (Alpino Renato Assante, Sottotenenti Eraldo Boschi e Mario Da Re), 89 gli Encomi solenni, 6 le Promozioni per merito di guerra e 18 le Decorazioni germaniche.

L'Associazione Divisione Alpina Manierosa, che sinora ha avuto come segretari il Ten. Licitra, l'Alp. Portalupi, il S. Ten. Franciosi, il Caporale Bonanni e il S. Ten. Massey, ha realizzato una molteplicità d'iniziative, dal fondo (con il contributo dei suoi Reduci) per le pensioni di guerra ai familiari dei Caduti, ai Mutilati ed Invalidi sino al patrocinio legale per le Penne Nere perseguitate dai vincenti. In particolare, ha saputo onorare la memoria delle proprie Penne mozze con la lapide murata al Tempio della Fraternità a Cella di Varzi, con cippi sui luoghi del sacrificio in Liguria e Piemonte-Aostano, poi con il restauro mediante il suo contributo dell'Oratorio S. Rocco di Palleroso (comune di Castelnuovo Garfagnana) dove nell'Anno Domini MCMLXIX sono stati infissi i marmi con i nominativi di tutti gli Alpini scomparsi.

Attorno a quest'Oratorio, giù per i pendii che distinguono con il profumo sano della Garfagnana i luoghi che le Penne Nere del Gen. Cartoni hanno inserito nella geografia splendente della Storia, quando questi veci si ritrovano s'eleva l'inno della Monterosa per ribadire come «Su pei monti vien giù la neve / la tormenta dell'inverno / ma se venisse / anche l'inferno / sol l'Alpino può stare lassù!»

È una vetta con grandezza di sacrifici, è il monumento alla Monterosa, Divisione di Ferro.

Bruno De Padova

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