«Non è importante la vita. Importante è cosa si fa della vita» (Beppe Niccolai - Roma, Dicembre 1984)

Anno V - n° 6 - 15 Ottobre 1996

 

Fatti e spunti per un nuovo nazionalismo
 

 

«... ma Orfeo dorme riverso, ancora morto per il Mondo»

 

Vorrei premettere che quanto di seguito riportato rappresenta una prospettiva generale dì certi temi, senza riferimenti agli interventi di Errico e di Croppi, al centro di una polemica speriamo non interminabile, e che qui non si vuole alimentare: nessuna personalizzazione, quindi.

 

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"Radici e memoria" era il titolo d'apertura dell'ultimo editoriale di Carli. Due sostantivi chiari, essenziali. In chi sta scrivendo hanno indotto a considerarli sintesi di una rivendicazione, di una necessità di ordine politico e metodologico. La «cultura non conformista» pare sfuggire, materiata negli scritti dei suoi portavoce, al confronto netto con i suoi stessi punti di partenza, quasi perdendo di vista, tra itinerari e incantesimi nevrotici, la forza delle sue persuasioni e della sua natura. Forse ha agito, sul campo, la serie di condizionamenti ed intimidazioni diretti a scacciare dal linguaggio politico le cosiddette tentazioni autoritarie. Spogliandosi d'ogni etichetta che potesse alludere ad un pensiero non-democratico non situabile a sinistra (dove pure alberga un filone di autori ed esperienze totalitari, da Rousseau in poi) si sono rimosse le condizioni primarie che hanno generato le eredità di cui si era latori. Tanto è vero che c'è chi -non parlo di queste pagine- tenta di decontestualizzare il Fascismo: eccependo le «contaminazioni» reazionarie del Ventennio e rimarcando una sorta di dicotomìa tra socialità e identità di popolo, senza riconoscere la prima come corollario e strumento della seconda. Della socialità parlando, beninteso, non in quanto istinto o vocazione presente in un gruppo umano in senso lato, quanto in quello che –comunemente- definiamo come il patrimonio di misure giuridico-sociali che, durante il periodo mussoliniano, dettero il segno di una volontà di riequilibrio e redistribuzione di redditi e diritti nell'Italia di allora.

 

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È solo con la riscoperta delle radici che si possono includere «i mali della modernità» e «la libertà di essere contro» in un disegno di idee ed azioni che nulla lasci da parte. Ecco perché non è pletorico né superato ripercorrere, nelle osservazioni, il degrado delle nostre città, la decadenza anche fisica e di contegno che questo popolo sempre più informemente ostenta. Una decadenza che non è solo connaturata alla crisi istituzionale od economica, ma che rappresenta un male antropologico ed il cui baricentro si innesta in una palude americanizzata ed abbrutita. Si deve essere consapevoli che maneggiare siffatti temi possa godere di una diminuita reputazione culturale. Va per la maggiore mettere al bando le «rozze teorizzazioni del neofascismo» e la «demagogia degli scimmiottatori di Le Pen», anche da parte di chi, «reciso ogni cordone ombelicale», rinvia la propria riconoscibilità alle oggettivazioni ed alle analisi degli altri. Si sta lasciando per esempio parlare di Evola, oramai, il solo Geminello Alvi (inconsapevole?), esegeta in un mare di smemorati. Ed è -ci si conceda- tutto dire.

 

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Ma, vivendo –pare- in clima di libertà non ci verrà certo qui voglia di gettare la croce addosso a chi si fosse evoluto, emancipato ed affrancato da remore, ricordi ed errori. E torniamo, forse è meglio, ai fatti. Che rimangono il rendez-vous su cui devono convenire le idee ed i ragionamenti. Le identità, sulle quali ci piace indulgere, si scoprono sul terreno della quotidianità, ed essa è fatta di connotazioni tutt'altro che astratte.

Non è un caso che si avverta sempre più il bisogno, proprio il bisogno, di mettere nero su bianco e pronunciare parole vere, che corrispondano alle cose che viviamo tutti i giorni, anche da semplici cittadini, e che appaiano, servendo, anche espressionistiche. Così come non ci deve spaventare una grammatica delle idee che sia complessa, così non ci si deve ritrarre di fronte ad una sana dose di minimalismo, di cose rozze, di eventi anche scontati di cui prendere coscienza. Il dissolvimento di un'anima come quella, malgrado tutto, orgogliosa ed istintiva, dei nostri Padri si riassume nella brutalità a cui il Paese viene sottoposto da chi comanda.

 

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Parliamo, quindi, di più, della prosaicità, dei problemi: dell'esercito dei tossicomani che avvelenano nelle tolleranti discoteche dello Stivale la propria giovinezza e che godono nel distruggere anche quella altrui; della immigrazione incontrollata, illegale e minacciosa che si addensa nelle periferie delle metropoli in cui risiediamo, che territorializza lo sfruttamento delle donne e dei minori, che sbeffeggia i poliziotti, che ride dell'umanitarismo peloso, sciocco e borghese; dell'analfabetismo di ritorno, dello smarrimento della lingua madre e della cultura nazionale, a cui fa da riflesso l'insolenza di quanti, in dollari marchi o sterline, si impossessano delle bellezze artistiche e geografiche della nostra Italia, dai Laghi alle colline del Chianti. Parliamo di Unità e di Stato, di contro all'ubriacatura localistica ed al «federalismo» di cui si ammanta il mucchio dei «buoni».

 

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Anche queste sono le realtà con le quali, senza tipizzazioni retoriche, è giusto continuare il cammino, seguendo da vicino i cambiamenti della società italiana ed approfondendo la necessità delle distinzioni. I mille Tartufo di turno si dilettano nell'insidiare i contenuti, nel livellare gli atteggiamenti e solleticare le intransigenze -soprattutto quelle che dileguano le ambiguità- con pruriti malefici. Ed in mezzo al girotondo delle chiacchiere albergano gli inganni e le tentazioni. Un disegno storico-politico di segno opposto al modello liberale, che tuttora pare trionfare, richiede l'aspirazione ad una mobilitazione culturale, la fierezza di essere Italiani e l'orgoglio di farci promotori di un nuovo nazionalismo.

E se gli altri si ostinano a rimanere nel sottoscala della storia, acclimatati ed arresi alle logiche di questo dopoguerra squallido, se la sinistra -in particolare- vuole rimanere quella che è (con tutto ciò che ne consegue) non regaliamo ad alcuno i nostri spunti, le nostre irrequietezze, il nostro gusto -talora ingiustificato- di mettere in gioco ogni acquisizione.

Del resto, ben poco rimarrebbe, un domani, dei fantasisti e dei pronubi, destinati ad essere sommersi dal meccanismo dei poteri consolidati.

Roberto Platania

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